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Autore: gaeshi    05/07/2015    0 recensioni
Tokyo, sera inoltrata; un qualunque vicolo con cassonetti e immondizia sparsa.
“Facciamo una scommessa?”
La bambina comparsa davanti a lui sembrava uscita da un film horror; apparsa dal nulla, capelli lunghi, scarmigliati e decisamente sporchi, vestiti macchiati e dai bordi a tratti lacerati. Qualunque studente avrebbe provato un minimo di timore, inquietudine, o alla peggio fastidio. Yoichi Hiruma, invece, esibì il ghigno che già a quindici anni lo caratterizzava e si fermò.
“Sentiamo”
Il quarterback dei Deimon non la racconta giusta alla sua squadra; ha una sorella, diabolica quasi quanto lui, ma nessuno sa quale sia il legame che li unisce... Forse nemmeno loro. Dal reciproco sfruttamento all'amore il passo non sembra breve... La strada per il Christmas Bowl sarà abbastanza lunga da aiutarli, o porterà solo imprevisti e problemi?
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Deimon Devil Bats, Nuovo personaggio, Youichi Hiruma
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Incest
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Lo stadio era per metà divertito e per metà allibito dopo la proiezione del video dei Deimon, ma qualunque emozione venne messa da parte quando le squadre di entrambi gli schieramenti scesero in campo.

La partita, come previsto, iniziò al cardiopalma; Hiruma aveva appena ricevuto la palla, e già Don stava per placcarlo brutalmente. Kurita riuscì a fermarlo, ma ricevette un colpo che lo mandò al tappeto col naso sanguinante. Dovette essere sostituito momentaneamente da Gao, e non erano nemmeno passai cinque minuti.

-Fantastico...- pensò sconsolata Yoni, prima di occuparsi dell’emorragia del grasso lineman. Dovette pure costringerlo a stare fermo, dato che si era tutto ringalluzzito per i complimenti ricevuti dal tirannosauro in forma umana, neanche fosse stata una debuttante al suo primo ballo che viene invitata dal miglior partito della sala.

“Mi ha chiamato amico, Yoni-san! Hai sentito?”
“Ho sentito, ma stai buono, dannazione!”

“Gao-kun... È... È così un onore...”

“Kurita, cazzo, stai fermo o rischio di staccarti il naso!”

Che scene imbarazzanti.

E a proposito di scene, quelle sul campo erano meno imbarazzanti, ma ugualmente tragiche. Sena non riusciva a scollarsi Panther di dosso, sia fisicamente che mentalmente: per un qualche malato motivo, si erano tutti fissati sulla superiorità del ragazzo di colore, per via delle fibre muscolari che quelli della sua etnia possedevano, e questo era diventato una sorta di giustificazione per i fallimenti.

“Dai Sena, corri, muovi quelle gambette, accidenti a te!” urlò Yoni, quasi arrabbiata, mentre Panther placcava Sena a pochissimo dalla linea di meta. Suzuna le si avvicinò con l’aria che aveva sempre quando voleva chiedere qualcosa sentendosi molto intelligente, e la bionda le rivolse un’occhiata che aveva dell’esasperato.

“You-nee” Ecco, per l’appunto “Ma davvero i neri hanno un’abilità innata nella corsa mentre noi giapponesi siamo svantaggiati?”

Yoni sospirò intimamente; in fondo era apprezzabile che si volesse informare, invece di credere in maniera ovina a quello che dicevano in televisione. Non per questo, però, le veniva voglia di spiegarle per filo e per segno la genetica delle etnie e ciò che questa comportava.

“Più o meno. I muscoli di Panther sono effettivamente più adatti, ma... Il fatto che sia di colore non è il fattore rilevante. Sena corre molto più veloce di tutti gli altri ragazzi neri, è Panther ad essere un talento innato”.

La spiegazione sembrò soddisfare i neuroni della piccola capo-cheerleader, e Yoni poté riprendere a guardarsi la partita in santa pace. Toccava agli States attaccare.

 

“Keh!”

Il fatto che persino la combinazione di Agon e Ikkyu avesse fallito non mise di buonumore la torre di controllo del Giappone, che guardò in cagnesco il cosiddetto “quarterback migliore d’America” sfidandolo in un gioco di sguardi torvi e carichi di risentimento... Anche se nulla poteva reggere il confronto con l’aria furibonda che aveva il Kongo minore in questo momento. Furono in diversi a guardarlo con apprensione, consapevoli della pericolosità dell’atleta in quei momenti... Ma Agon semplicemente si rivolse a Gao, che lo ascoltò in silenzio fino alla fine.

Yoni non riuscì a sentire cosa si dissero, ma gli occhi del lineman brillavano di una inquietantissima luce di morte.

-Com’è possibile che improvvisamente mi trovi a provare pietà per Mr. Don?-

 

I primi punti segnati dal Giappone furono ad opera di Musashi, che effettuò un calcio spettacolare dalle 57 yards. Peccato che l’America fosse ancora in testa, e che i tentativi da parte di Gao e Agon di abbattere Mr.Don continuassero a risultare in fallimenti e sentenze filosofico-pessimistiche di quest’ultimo.

-Ok, pietà passata, tutto a posto- pensò la preparatrice atletica dei Deimon, notando come, in qualsiasi situazione, l’espressione del figlio del Presidente degli USA rimanesse quella costante smorfia di compassione.

“Yoni-san, Yoni-san, ho smesso di sanguinare!”

La voce infervorata di Kurita richiamò la bionda dai suoi pensieri: stava osservando il tabellone, che segnava sempre più marcatamente il gap tra i risultati, dopo che anche Shin aveva fallito nel fermare Panther, e che le strategie di Clifford avevano avuto successo.

“E allora muoviti, che fai ancora qui?” gli abbaiò dietro, e il lineman si affrettò a rimettere il casco e correre in campo. Il sollievo negli occhi di Hiruma era quasi palpabile... E presto si trasformò di nuovo nel ghigno che doveva indossare sempre quando faceva qualcosa di azzardato, con parecchi contro e qualche sostanzioso pro. Praticamente sempre insomma, ma non era il caso di disquisire sui dettagli.

-Che cazz... Daaaai, ragazzi, sul serio? Ma vi sembra il caso di gonfiare i petti come dei piccioni? Fate ‘sto dannato Dragonfly e basta!-

A vedersi, Agon e Hiruma erano piuttosto divertenti: ognuno dava più o meno sottilmente dell’idiota all’altro, difendendo le proprie posizioni su quanto Kurita fosse o meno adatto al ruolo. Ma poiché, come sempre, Yoichi aveva ragione, il dio coi rasta dovette farsi domare, e accettare di collaborare come durante i “bei vecchi tempi”.

E si può dire che poche scelte, nella sua vita, furono tanto azzeccate. Quando l’arbitro fischiò la fine del primo tempo, il Giappone era sotto di “soli” 15 punti.

 

“Kekekeke, scommetto che sua altezza reale Clifford non se lo aspettava, un risultato del genere!”

“Mpf”

Agon, nonostante un barlume di soddisfazione avesse brillato nei suoi occhi viola, pareva serio. Guardò Hiruma con aria pensierosa, mentre si dirigevano verso la panchina dove il resto della squadra si stava già recando. Yoni, impegnata a controllare che il naso di Kurita avesse effettivamente smesso di sanguinare in maniera definitiva, colse solo uno stralcio della loro conversazione.

“...Ma come al solito sei spazzatura di poco conto”

-Uh? Un ma? Significa che la prima parte era qualcosa di positivo?-

Diede una pacca sulla spalla al ciccione, già con la testa rivolta altrove.

“Non abbiamo tempo da perdere per chiedere cose che non ci sono state date. Possiamo solo trovare il modo migliore per combattere con ciò che abbiamo, e continuare per tutta la vita”

Quando quel demone diventava filosofico, Yoni non poteva fare a meno di guardarlo ammirata, senza nemmeno provare a dissimulare la cosa. Il fratello se ne accorse, le fece un sogghigno in risposta, poi andò verso la manager che distribuiva bottiglie d’acqua fresca.

Ci fu chi si azzardò a fare dei complimenti ad Agon per aver imparato qualcosa ed essere migliorato, cosa che nessuno credeva possibile visto il livello del Kongo minore, sia in abilità che in fancazzismo. E infatti, la sua risposta fu un poco credibile “Non rompete fottuti maniaci delle sfacchinate, lo faccio solo per il premio”.

“Ah-ha”

Yoni non era riuscita a trattenersi; in piedi, con le braccia pigramente incrociate sul petto, osservava Agon con un sogghigno mentre questi la fulminava.

“Che cazzo hai detto?”

“Io? Nulla” fece spallucce lei, facendo per voltarsi, ma i rasta stavano già ondeggiando pericolosamente verso di lei.

“Pensi che mi stia divertendo, in mezzo a questo cumulo di merda?”

Si riferiva al resto della squadra, ovviamente. Yoni non mutò il sogghigno, e rispose:

“Oh, sì. Ti ho pure visto ridere, prima, in campo”

Per chissà quale ragione, si trovò il naso di Agon a meno di due centimetri dal proprio, con gli occhi che la fissavano incarogniti. Sembrò ponderare a lungo, anche perché, nonostante non gradisse quella vicinanza, Yoni non si era spostata di un millimetro e non aveva battuto ciglio. Era pronta a scansarsi se avesse tentato il giochetto del bacio, ma alla fine il ragazzo sogghignò a sua volta.

“Se vinciamo ti metti con me?”

“Se non vinciamo te lo metto in culo, vedila così”

La risposta pronta provocò un eccesso di risate nell’altro, che si allontanò facendole un sorrisetto poco rassicurante prima di rimettersi il casco.

 

“ALLACCIATI QUEL CAZZO DI CASCO, NII-DICK!”

Possibile? Possibile che si slacciasse anche quando a fare i blitz era Panther? Yoni aveva controllato mille e mille volte l’attrezzatura, ma le cinghie e le fibbie stavano benissimo. Eppure, ogni volta che entravano su Yoichi, il suo casco volava via.

Comunque, c’era voluto l’intervento di Agon, Sena e Shin, ma alla fine anche sua altezza di 'sti cazzi Clifford Lewis aveva subito un blitz. Erano soddisfazioni, almeno per chi guardava dalla panchina.

Certo, nulla avrebbe potuto eguagliare la tattica geniale di Mizumachi per far sì che Agon battesse il cinque a Shin e Sena, ma un bel touchdown era sempre gradito.

 

“Time out!” urlò l’arbitro, su richiesta della squadra americana; anche i nipponici ne approfittarono dunque per riprendersi un attimo, fare il conto dei feriti e mettere a posto le idee.

Di grave, nel senso relativo del termine, c’era Shin: il suo legamento crociato posteriore era stato danneggiato dall’impatto con Mr. Don, e Yoni lo fissò a lungo, tastandolo con prudenza.

“Puoi farci qualcosa?” chiese Sakuraba, la cui attenzione quasi maniacale verso il senpai aveva, per l’appunto, un che di maniacalmente inquietante.

“Forse...” borbottò la ragazza, poi premette due punti dietro il triangolo popliteo (la parte posteriore del ginocchio, esattamente dietro la rotula) e si vide Shin strabuzzare per un istante gli occhi... Finendo poi a guardarsi la gamba con fare perplesso.

“Ti fa ancora male?”

“No” fu la monosillabica risposta del monoespressivo giocatore.

“Bene. Sciò, ora. Chi altro si lagna di qualcosa?”

Spostò gli occhi da uno all’altro, finché non si fece avanti Gao; il colosso indicò la sua faccia, completamente tumefatta dai tocchi poco aggraziati della sua arcinemesi, e con un brontolio cavernoso chiese:

“Mi sistemi? Con l’occhio gonfio vedo male, e il casco stringe troppo la mascella”.

Yoni si trattenne dal ridere, perché la richiesta e il soggetto avevano un che di grottesco, e si limitò ad un cenno affermativo. Fece sedere Rikiya di fronte a sé, e con una serie di tocchi rapidi e massaggi veloci riuscì in qualche modo a far rientrare i gonfiori che rendevano il lineman ancora più spaventoso del normale.

“Mh? Che vuoi?”

Si era scoperta a guardarlo negli occhi, interessata da quello che ci aveva trovato. Sogghignò e rispose:

“Niente, bestiaccia. Vai e distruggi”

Ricevette in cambio un ghigno disumano, mentre la luce nelle iridi del tirannosauro si intensificava. Yoni aveva visto giusto, il bestione si stava divertendo come un matto a scalare quella vetta insuperabile che era Mr. Don... E non vedeva l’ora di arrivare in cima per poterla fare a pezzi e provocare una valanga. Perché se non sono violenti agli Hiruma non piacciono.

Il touchdown successivo fu segnato da Sakuraba, grazie ad un passaggio di Takami che definire alto sarebbe stato riduttivo. La difesa poi riuscì a muoversi bene, galvanizzata dalle recenti piccole vittorie personali...

...Ma poi Shin dovette fermarsi, perché nonostante le sue dita fossero magiche Yoni non poteva fare miracoli. E il legamento era davvero rovinato.

Certo, quel testone sarebbe entrato in campo comunque, a costo di rimetterci una gamba, ma per fortuna i suoi compagni lo dissuasero da tale follia; Yoni era già pronta a spiegargli come e in quanto tempo venisse ricostruito un legamento crociato, con tanto di dettagli tecnici sull’operazione, ed era sicura che avrebbe avuto un effetto non troppo positivo sulla risolutezza del Cavaliere degli Ojo.

Era il momento di un cambio inaspettato. Era il momento di Rui Habashira.

 

“Yoni-sa... Yoni. Ma tu lo sapevi che l’uomo mascherato era Habashira-san?”

“Tu che dici, Mamori?” fu la risposta, accompagnata da uno sguardo di sbieco

“Perché non l’avete detto a nessuno?”

La bionda si strinse nelle spalle con fare noncurante, decidendo di non rispondere. Sapeva mantenere i segreti, per quanto discutibili fossero, e non aveva intenzione di tradire Rui, nemmeno con una persona dall’animo puro come la manager dei Deimon.

“...Perché altrimenti quei culi pesi dei suoi compagni si sarebbero stravaccati a non fare niente”

Ecco, per fortuna che Nii-dick era un maestro nel prendere per i fondelli la gente, farla caricare a mille, e mandarla in campo con lo spirito al massimo. Gli occhi di Rui incontrarono per un attimo quelli di Yoni, e la ragazza alzò impercettibilmente gli zigomi in quello che il leader dei Chameleon interpretò come un sorriso incoraggiante. Entrò quindi in campo piuttosto baldanzoso, mentre Yoni si lasciava sfuggire il pensiero formulato pochi istanti prima, in un flebile sussurro.

“Ti ammazzeranno, Rui”.

 

E infatti, a due minuti dalla fine, il povero Habashira non riusciva più a reggersi in piedi. Shin gli fece da sostegno fino alla barella, dove Yoni già l’aspettava con l’aria impassibile e le braccia conserte.

“Yoni... Hime...”

“Taci. Manda giù questo”

Gli porse un bicchierino con dentro una polverina bianca molto sottile, quasi impalpabile. Senza preoccuparsi troppo del contenuto, Rui la buttò giù in un colpo solo, chiedendo solo in seguito cosa fosse.

“Cocaina”

Gli enormi occhi dell’Habashira la fissarono attoniti, chiedendosi se stesse davvero scherzando.

“Zucchero a velo, cretino. Il corpo lo assorbe molto più velocemente, e dato che sei riuscito a non avere un collasso cerebrale fino a questo momento, gradirei tu restassi vivo un altro po’”

Rui, a forza di frequentare gli Hiruma –suo malgrado-, aveva imparato a masticare un po’ del loro linguaggio. Tradotta, la frase di Yoni poteva diventare qualcosa come “Sei stato bravo, ora riposati”; cotanta dolcezza fece ridacchiare l’Habashira, che si beccò un’occhiataccia della bionda e poi si decise a rilassarsi, concentrandosi sul respirare regolarmente e guardare gli ultimi minuti del match.

I telecronisti la chiamavano “Sacra Trinità”: si trattava della combinazione perfetta tra tattiche, forza e velocità, e rendeva il football americano lo sport meraviglioso che tutti loro amavano. E forse, fu proprio tale Triade divina a concedere al Giappone di pareggiare con gli Stati Uniti, senza bisogno dei tempi supplementari.

“Eeeeh? Vittoria per entrambi?”

Yoni non ci poteva credere; d’accordo, doveva ammetterlo, non ci sperava più in una vittoria... Ma addirittura una cosa da “Bravi tutti, vince lo sport”? Assurdo.

E infatti, a nessuno dei giocatori pareva piacere una cosa simile; gli americani non volevano ammettere una tale umiliazione, i nipponici non volevano darsi per vinti a pochi passi da una possibile vittoria.

 

“Beh?”

Yoni li guardava con le mani sui fianchi, lo sguardo scazzato, e una sfumatura ironica nella voce.

“Cosa?” fu la risposta distratta di qualcuno

“Devo essere io a dirvi di andare dagli arbitri e riferire che non accettate un risultato del cazzo così?”

Monta alzò lo sguardo, e per una volta parve esserci un barlume d’intelligenza nei suoi occhi. Sena stava cominciando a recuperare le speranze. Yoichi sogghignava, e diede la sua silenziosa approvazione.

“Mamori! Con me!”

“Eh?”

La povera manager venne trascinata per un braccio in mezzo al campo, fino a raggiungere la panchina avversaria; gli americani guardarono le ragazze perplessi, finché la bionda non pose l’altra davanti a sé e fisso Mr. Don con aria decisa.

“Forza Mamori, diglielo”
“Eh?” ripeté la ragazza, desiderando sprofondare nell’erba e non uscirne più.

“Digli che non accettiamo un pareggio, e che se anche loro sono d’accordo chiederemo agli arbitri di proseguire”
Vide un ghigno soddisfatto aprirsi sulle labbra del figlio del presidente, imitato ben presto dal resto della squadra. A parte Clifford, che voleva mantenere la facciata di principino con un ghiacciolo su per il colon, e Panther, che era troppo buono e puro per ghignare.

“Uh... Ecco... Sì, come ha detto lei...” balbettò Mamori, che aveva capito il piano della Hiruma, ma si sentiva comunque intimidita dalle figure degli americani.

Don rise, appoggiando le mani sugli enormi fianchi, poi guardò Yoni negli occhi con palese soddisfazione.

“Non c’è bisogno di scomodare gli arbitri, signorine”

 

Nello stupore dell’intero stadio, entrambe le squadre si riallacciarono i caschi e rientrarono in campo.

  
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