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Autore: Stella Dark Star    05/07/2015    0 recensioni
[Le cronache di Narnia]
Ricordo molto bene le avventure vissute nel mondo incantato di Narnia, ma non è solo questo che vi racconterò. Nonostante mio marito e i miei cognati ripetano continuamente che Narnia è stata l’occasione per cambiare e migliorare le loro vite, io mi sento in dovere di aggiungere che quel luogo è stato anche la sorgente di molti problemi.
Ora come ora non riesco a contare le volte in cui ho pianto in quel mondo forse immaginario o forse reale, ma so che i sentimenti e le emozioni che ho provato erano assolutamente vere.
Ammetto che anch’io sono cambiata dopo il primo soggiorno a Narnia e che, nonostante tutto, ho trascorso dei momenti felici, ho conosciuto genti e creature che ricorderò per sempre.
Quello che desidero raccontare è l’avventura che ha cambiato per sempre la mia vita: l’amore. Un amore tormentato e appassionato al contempo, tutt’oggi vivo e forte. Iniziato quel giorno lontano, il 14 Febbraio 1943, nella villa di campagna di mio nonno, il Professor Kirke.
Una parte di me è rimasta a Narnia, letteralmente, come presto scoprirete, eppure non potrei chiedere di più di quello che ho ora.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 13
Il risveglio del male
 
Mi svegliai tra le braccia di Peter, dopo un’altra notte d’amore.
“Buongiorno, mia dea.” Tentò di baciarmi, ma io scostai il viso per impedirglielo.
Si preoccupò all’istante: “Non stai bene?”
Sospirai pensierosa: “No, è che ho un brutto presentimento. Mi sento strana.”
Lui intuì senza chiedere: “Non aver paura, Edmund tornerà almeno tra due settimane.”
“Non è solo questo. Ho paura di aver sbagliato tutto. Sto bene con te, ma dentro di me sento che c’è qualcosa che non va.”
Con la mano mi sollevò leggermente il mento in modo che lo guardassi dritto negli occhi: “Qualunque cosa accada io ti proteggerò.”
Mi misi seduta sul letto, coprendomi i seni col lenzuolo: “Mi sento così in colpa, Peter. L’ho tradito. Non ho più orgoglio.”
Lui si alzò a sua volta e mi cinse le spalle con le sue braccia: “Non dire così. Sono certo che se lo merita. Anche se non mi hai detto cosa è accaduto.”
 
Trascorsi la giornata a passeggiare per il giardino e di tanto in tanto mi sentivo rabbrividire al pensiero di Edmund. Ero colpevole e avrei implorato il suo perdono se avesse scoperto il mio tradimento.
Mi fermai di fronte ad uno dei tanti cespugli di viole di montagna e giurai a me stessa: “Stasera parlerò con Peter e porrò fine a questa storia. Io amo Edmund.”
Rimasi silenziosa per tutta la durata della cena, perciò quando fummo soli nella sua stanza, non mi sorpresi nel sentirlo chiedere: “Vera, mi spieghi cosa c’è che non va?”
Lo guardai negli occhi: “Ho preso una decisione.”
Capendo la situazione, si affrettò a posarmi un dito sulle labbra: “Dopo.”
Mi abbracciò e mi rubò le labbra con un bacio. Io cercai di fermarlo ma il suo ardore mi catturò fino in fondo all’anima. Che io sia maledetta!
Edmund entrò come un falco nella mia stanza, ma trovò solo Karen che stava riordinando gli accessori della toletta. S’inchinò: “Principe, bentornato.”
Lui chiese serio: “Dov’è mia moglie?”
Karen impallidì e non rispose.
“Voglio sapere dov’è mia moglie.”
“Principe, è necessario che voi manteniate la calma.”
Gridò: “Dov’è?”
Il respiro di lei tremò: “La principessa non…non dorme nella sua stanza da qualche tempo.”
“Perché? Non te lo chiederò più, dimmi dove si trova.”
La povera Karen dovette fare un enorme sforzo per dire la verità.
Nello stesso momento, ansimavo pregando Peter di darmi il piacere più assoluto. Si muoveva così forte che sembrava un cavallo al galoppo. Al momento cruciale gridai di piacere e insieme ricademmo esausti sul letto.
Peter si trovava ancora tra le mie gambe quando la porta si spalancò con un tonfo.
Urlai: “Edmund!”
Peter si rialzò per ricomporsi, mentre Edmund ci guardava come pietrificato.
Rimessosi la biancheria, Peter scese dal letto stando allerta: “Ed, parliamone con calma.”
Fece appena in tempo a finire la frase che Edmund si gettò su di lui e lo afferrò per la gola: “Stavolta ti ammazzo.”
Afferrai il lenzuolo per coprirmi e gli corsi incontro: “Edmund, ti prego fermati. E’ colpa mia.”
Non so per quale motivo si fermò. Lasciò il collo di Peter, lasciandolo boccheggiante per la mancanza di ossigeno e si diresse all’uscita. Prima di andarsene si voltò a guardarmi: “Per quanto mi riguarda, tra noi è finita.”
Mi portai una mano al cuore, come se si fosse davvero spezzato dentro di me, mentre lui se ne andava in rapide falcate.
Ripresa la respirazione normale, Peter si avvicinò a me e mi mise una mano sulla spalla. Mi spostai di scatto, come impaurita.
“Gli passerà, non aver paura.”
Deglutii per allentare il nodo che avevo in gola: “Non toccarmi, per favore. Voglio stare sola.”
Lui non disse niente, si limitò a lasciarmi andare.
Nella mia camera, mi lasciai cadere sul letto, priva di forze e col cuore che batteva all’impazzata. Abbracciai il cuscino e sussurrai al nulla: “Ti prego Eddy, vieni da me. Ti amo.”
La mia attesa fu vana perché Edmund non venne affatto.
Dopo lo scontro era andato dritto alle stalle a prendere un cavallo riposato ed era scappato nella notte.
 
La mattina seguente, la colazione fu servita regolarmente, come nulla fosse accaduto. Io e Peter sedevamo a tavola senza mangiare, immobili come fantocci e con espressione smorta.
Arthur entrò nella sala e s’inchinò: “Credo che le vostre maestà saranno interessate a ciò che devo dire.”
Peter gli fece un cenno col capo: “Parlate pure.”
“Si tratta del principe comandante. Ieri sera se né andato dal castello.”
Strinsi i pugni sul tavolo per non scoppiare a piangere.
“Ma c’è dell’altro. Non sapendo le sue intenzioni l’ho fatto seguire da uno dei soldati per un certo tratto. Pare che sia diretto al castello di ghiaccio.”
Io e Peter ci guardammo col terrore negli occhi.
“Peter, cosa può aver in mente di fare? Oh no, è tutta colpa mia.”
“Non lo so, ma sarà meglio trovarlo prima che accada l’irreparabile.” Poi si rivolse ad Arthur: “Glozelle, preparate una scorta, partiamo subito per il castello di ghiaccio.”
 
Edmund nel frattempo aveva già preso il controllo del castello. Quando vi era entrato aveva cominciato a frugare dappertutto, in cerca di qualcosa, fino a quando era giunto in una stanza dove era stato allestito un piccolo sacrario per la regina Jadis. Su un piedistallo era stato ricostruito, frammento per frammento, il suo scettro del male che un tempo le aveva dato un diabolico potere.
“Allora avevo ragione io! C’è davvero un seguace sopravvissuto e in libertà!”
Sentì un vento gelido soffiare su di lui e una misteriosa forza attirarlo verso quello scettro. Passo dopo passo, con la mano tesa e le dita tremanti, arrivò a toccarlo. Nel momento in cui lo prese in mano il castello parve rivivere. L’armadio che vi era sulla parete si aprì, mostrando al suo interno un vaporoso mantello di pelliccia bianca e una corona argentata.
Edmund, vestito da sovrano, si recò alla sala del trono, dove si sedette sicuro di sé. Alzò lo scettro: “Venite a me, fedeli servitori.”
Dal nulla si materializzò il branco dei lupi che un tempo avevano servito Jadis fino alla morte.
Il capo branco ringhiò malefico: “Ai vostri ordini, mio sovrano.”
La prima cosa che Edmund fece coi nuovi poteri, fu ricoprire di neve il perimetro che circondava il castello nel raggio di un miglio. Ed eravamo in piena estate!
 
I nostri cavalli s’impennarono quando giungemmo al confine. Davanti a noi era pieno inverno e gli alberi ancora rigogliosi che erano stati improvvisamente colpiti dal freddo erano completamente congelati.
Ci scambiammo un’occhiata e Peter disse: “Era quello che temevo.”
Arthur ordinò ai soldati: “Avanti, proseguiamo.”
Cavalcammo fino all’ingresso del castello, dove  poi scendemmo da cavallo. Peter ordinò: “Io e Vera entriamo, voi aspettateci qui.”
Sguainò la spada e mi fece segno di camminare dietro di lui.
L’enorme porta davanti a noi si aprì di colpo, all’interno  vi era un tetro silenzio. Facendo molta attenzione entrammo, attraversammo il lungo corridoio e ci fermammo all’entrata della sala del trono. Una voce ci fece raggelare il sangue nelle vene: “Entrate, visitatori.”
Facendo capolino, vidi Edmund seduto sul trono e nel suo nuovo abbigliamento. Mi feci avanti affranta: “Amore mio, cos’hai fatto?”
Peter, accanto a me, abbassò la spada: “Edmund, torna in te. E’ una pazzia.”
Lui rispose disgustato: “Non ti permetto di darmi ordini.”
“Se torni indietro con noi prometto che non ci saranno conseguenze.”
“Dopo quello che mi hai fatto credi davvero che ti ascolterò? Hai voluto vendicarti perché un tempo io ho avuto il coraggio di fare ciò che tu non volevi nemmeno pensare.”
“Di cosa stai parlando?”
Sbatté la punta dello scettro a terra, gridando: “Di mia moglie!”
Io intervenni: “No, non è andata così. Non è stata una vendetta. Si è trattato di un momento di debolezza. Devi credermi.”
Sbarrò gli occhi su di me: “Lo difendi ancora. Lo hai sempre difeso.”
“Sto solo dicendo la verità. Abbiamo sbagliato, è vero, ma siamo pronti a porre rimedio.”
“No. Voi non farete niente. Ora sarò io a decidere.”
Fece roteare lo scettro in aria creando una spirale e, prima che potessimo fare qualunque cosa, ci scatenò contro una tempesta di neve. Io caddi a terra lanciando un grido.
Fuori, sentendo il mio grido, Arthur e i soldati corsero in nostro aiuto, ma quando arrivarono all’ingresso della sala del trono, la porta si chiuse con un tonfo davanti ai loro nasi.
Udii dei forti colpi alla porta e riconobbi la voce di Arthur: “Principe, aprite la porta.”
A fatica, Peter riuscì a venire da me e mi aiutò ad alzarmi, commentato dal tono sarcastico di Edmund: “Riesci sempre a fare l’eroe! Quanto ti odio!”
Tentai di camminare verso Edmund, ma la forza del vento mi fece cadere in ginocchio: “Edmund, ferma questa atrocità. Sono pentita di quello che ho fatto. Ti giuro che m’impegnerò per riconquistare la tua fiducia. Farò qualunque cosa.”
“Perché dovrei crederti? Non farò la figura del buffone mentre voi vi amate di nascosto.”
“Io non lo amo nel modo che pensi tu. Ho scelto te perché sono innamorata di te, non di lui.”
Il suo grido si fece ancor più forte: “Bugiarda!”
La tempesta di neve poco a poco si era trasformata in una tempesta di ghiaccio che colpiva incessantemente il mio corpo dolorante. Ad un tratto, un masso di ghiaccio grande quanto una noce di cocco mi colpì violentemente ad una spalla, facendomi ricadere all’indietro.
Peter gridò: “Vera!”
Solo allora Edmund riacquistò il controllo di sé. Emise un grido straziante che riecheggiò per l’intera sala, per poi lanciarsi in una corsa disperata. Il movimento improvviso gli fece cadere di mano lo scettro che cadde rovinosamente a terra, frantumandosi ancora una volta in mille pezzi. Jadis aveva perso un’altra guerra.
Mentre Edmund correva da me, la tempesta cessò d’incanto. Si gettò accanto a me e mi prese tra le braccia: “Amore, apri gli occhi. Guardami.”
La porta della sala si riaprì e i soldati irruppero all’interno, ma subito si bloccarono di fronte a quella scena.
Delle lacrime bagnarono il viso di Edmund: “Ti prego, perdonami. Non sarò mai più geloso. Sono l’unico responsabile di tutto questo.”
Peter, lì accanto, gli mise una mano sulla spalla per infondergli coraggio.
Sforzandomi, riuscii a riaprire gli occhi e lasciai che Edmund mi abbracciasse stretto, come non faceva da tempo. Con un filo di voce dissi: “Sei tu l’amore della mia vita!”
  
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