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Autore: Alvin Miller    05/07/2015    0 recensioni
[ATTENZIONE - ATTO EXTRA DI FOTK:ER, potete leggerlo anche se NON avete mai toccato con mano la saga!]
Una prospettiva differente dello stesso disastro.
Quando Manehattan ha subito l'assalto da parte di una misteriosa creatura gigante, sbucata dalle profondità degli abissi, la neo-Principessa Twilight Sparkle era già sul posto per investigare sulla vicenda, con il contributo delle sue amiche e degli Elementi dell'Armonia riuniti. Ma quando il nemico è un'entità così sfuggente e ignota, possono i soliti strumenti fare davvero qualcosa? E questa entità, è davvero un predatore solitario, oppure c'è qualcuno, che da lontano amministra la situazione e prepara le sue pedine in vista della guerra che sta per infuriare?
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Le sei protagoniste, Nuovo personaggio, Princess Celestia
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 0.2: Il Messaggero

 

Twilight Sparkle era una Principessa.

Soltanto tre mesi prima non avrebbe mai immaginato di pensare a se stessa con queste parole. Quel giorno era uscita di casa accolta dal canto degli uccellini, in una mattinata che si professava assolutamente ordinaria e felice, e con in testa solo il grande desiderio di esternare il suo buon umore verso tutti. Molti pony erano già in zoccoli da un pezzo, e ognuno era dedito alla propria attività, con una maschera d’indifferenza stampata sul proprio volto.

Poi arrivò lei, cantando il suo entusiasmo, e travolse come una cascata di petali ogni stallone e ogni giumenta che le si erano trovati intorno. Improvvisamente, smettevano di pensare a se stessi e si univano a lei, contagiati dalla sua euforia; accompagnavano le sue mosse di danza in una ballata dell’amicizia che avrebbe scatenato l’invidia di Pinkie Pie, se soltanto si fosse trovata nei paraggi. Ma il fato aveva in serbo altri piani per lei.

L’incantesimo incompiuto di Starswirl il Barbuto, che Twilight aveva ricevuto la sera prima e che solo per curiosità aveva recitato ad alta voce, giusto per scoprire che cosa ne sarebbe scaturito, aveva minacciato di stravolgere quell’idillio magico, spingendo lei e le sue amiche in una nuova spirale di caos, e con loro tutta Ponyville.

L’anarchia prese zoccolo nel villaggio: tempeste di neve da una parte e pioggia a catinelle dall’altra, con in mezzo un sole così intenso e radiante da appiccar fuoco alle pietre. I pony che a malapena si sfioravano, in men che non si dica iniziavano ad azzuffarsi fra loro senza che ci fosse una ragione.

Twilight osservava tutto questo crucciandosi per il rimorso. Non se lo immaginava che sarebbe bastato così poco per trasformare Ponyville in un incubo a occhi spalancati “a la Discord”. Non per niente, questo evidenziava quanto gli Elementi dell’Armonia fossero importanti per il regno di Equestria.

Per grazia di Celestia, alla fine la tenacia della giovane unicorno viola ebbe ragione sull’incidente, e prima che la giornata fosse giunta al suo termine, aveva sul dorso un bel paio di ali robuste, e un titolo nobiliare il quale non sapeva come avrebbe fatto a indossare.

Iniziò a comprendere molti aspetti della sua vita che fino ad allora aveva candidamente ignorato. Capiva perché il suo Elemento, ai tempi, si fosse incarnato in una corona, e anche perché Princess Celestia aveva deciso di accoglierla sotto la sua ala protettrice quando era ancora una puledra. Capì molte cose, ma non fu mai in grado di capacitarsene.

Era strano come gli atteggiamenti degli altri fossero mutati subito dopo la cerimonia d’incoronazione. Pony che una settimana prima ricambiavano i suoi saluti come delle persone di pari rango, ora non potevano esimersi dall’omaggiarla con un inchino servile ogni qualvolta la incrociavano per strada.

Questo fu forse l’aspetto più scomodo col quale dovette misurarsi la nuova Principessa d’Equestria. La etichettavano come la Principessa dell’Armonia, perché aveva saputo lenire gli animi e ridare stabilità alla sua gente. Ma in cuor suo non si sentiva più speciale degli altri, neppure dopo le prove che si era dimostrata in grado di superare.

Tanto per cominciare, non sapeva come usare le sue nuove ali. Le era successo una sola volta di riuscire a spiccar il volo: a Canterlot, dopo le ovazioni del popolo, in cui l’emozione del momento le aveva concesso di completare una prima trasvolata nei cieli della capitale. Ma da quel giorno, dopo essere atterrata, si era resa conto di non sapere più come ripetere la performance. I muscoli delle ali, semplicemente, si rifiutavano di funzionare. Saltellava nell’aria, sbattendole compulsivamente, ma invece di restare sospesa, ricadeva a terra con tonfi goffi e sgraziati. Talune volte dimenticava perfino quale fosse il corretto funzionamento di ciascuno degli arti, e le capitava di dimenare le zampe anteriori quando invece doveva frullare le ali, e altre volte, addirittura, perfino di galoppare con le ali!

In tempi più recenti, si era slogata uno zoccolo dopo uno schianto più duro del solito, e il nodello della zampa anteriore sinistra aveva finito con l’infiammarsi facendole un male del tartaro per giorni, nonostante fosse stato prontamente trattato con opportuni incantesimi di guarigione. Allora aveva capito che non avrebbe potuto andare avanti da sola, se davvero voleva imparare a volare, le occorreva lo zoccolo di qualcuno. E si dà il caso che conoscesse la pony che faceva al caso suo.


Quel giorno si trovavano tutte al campo d’addestramento per reclute dell’Esercito Reale di Canterlot. Un ampio spazio di prato di duecento metri d’ampiezza, circondato da una pista per la corsa, che a sua volta era cinta dalle alte mura d’avorio messe a guardia delle capitale. A giudicarlo con scarsa attenzione, poteva assomigliare a un ippodromo.

C’erano cadetti Wonderbolts impegnati in esercitazioni aeree sopra le loro teste, e metri più in giù, future Guardie Reali unicorno che marciavano intorno alla pista, attraverso un percorso composto da travi, staccionate, reticolati e ostacoli di ogni forma; indossavano tutti non armature, bensì uniformi grigie, atte allo scopo di essere insozzate dalle reclute più imprudenti, mentre veterani istruttori in corazza accompagnavano le loro azioni lungo il tragitto, svilendoli con improperi impronunciabili ed epiteti di pessimo gusto, sia che commettessero degli errori, sia che fossero i migliori del loro plotone.

Nessuno di loro aveva il permesso di distrarsi, in caso contrario tutti gli sguardi si sarebbero concentrati su qualcos’altro: due pony in particolare, che proprio in quel momento stavano spartendo con loro lo stesso terreno e il medesimo spazio di cielo.

«Ora segui solo il mio ritmo, va bene Twilight?» Disse Rainbow Dash, che la teneva per zoccolo accompagnandola nella sessione di volo. «Limitati a starmi dietro, lascia che la corrente ti porti con sé, e non tentare uno dei tuoi soliti esperimenti azzardati!»

«V-vaa bene, però tu cerca di a-andare più piano, sei troppo veloce!» Balbettò lei, con l’aria spaesata e chiedendosi chi glielo stesse facendo fare.

«Ma se sono praticamente in retromarcia! Il problema sei tu, che la fai molto più dura di quanto non sia!»

La pegaso sentì tirare la sua zampa, e si accorse che l’amica era stata sbilanciata da una leggera brezza di vento, che era passata di lì per sbaglio. Seccata, la strattonò, aiutandola a riconquistare il baricentro.

«Ok, no, senti! Fermiamoci un momento!»

Si arrestarono di colpo. Twilight andò a urtarle contro e dovette essere afferrata all’ultimo secondo per evitare di cadere. Entrambe levitarono sul posto, sospese a dieci metri da terra. Ai tempi della scuola di volo, Dash aveva imparato che il saper restare in posizione semi-eretta mentre si stava per aria, era la prima tecnica pratica che qualunque giovane pegaso doveva padroneggiare prima di cimentarsi in qualsiasi altro esercizio. Nel caso dell’alicorno fucsia, era riuscita a superare quella tappa solo dopo aver messo in pratica alcuni preziosi consigli dettategli dalla pegaso della Lealtà. Sfortunatamente per lei, però, era anche l’unica cosa che era riuscita a conseguire arrivata a quel punto.

«Non riesco a capire» bofonchiò la neo-Principessa a bassa voce «ho letto tutti i libri e i manuali che avevo sull’argomento. So come determinare la forza gradiente del vento in base alla pressione atmosferica, e come l’Effetto Coriolis influenza i moti nel nostro emisfero. So tutto sull’argomento, ma non riesco a capire come eseguirli dal vivo!»

La smorfia sul volto di Rainbow Dash espresse meglio delle parole cosa le stesse passando per la testa in quel momento. «Effetto Cori-che?!» Si tirò il mento con uno zoccolo. «Cacchio Twilight, sei proprio una testa d’uovo! Devi smetterla di riempirti il cervello con quella roba! Prima o poi ti cascherà il corno a furia di studiare!»

Come ammonizione, aveva ottenuto il suo effetto: lei la guardò desolata.

Rainbow Dash addolcì le parole. «Ascolta. È molto più facile di quanto non sembra. Uhm, vediamo se riesco a spiegartelo.» Pescò nella memoria un esempio che potesse essere di facile comprensione. «Ecco, ho trovato! È come salire le scale!» Rovesciò lo zoccolo, e con l’altra zampa fece il gesto di qualcuno che sale dei gradini. «Si tratta di cercare dei flussi di aria che ti permettono di salire al piano successivo. Una volta che li hai trovati, non devi fare altro che spiegare le ali e planarci attraverso, lasciare che siano loro a sostenerti!»

Gli occhi di Twilight s’illuminarono quando realizzò di avere compreso cosa l’amica stava cercando di spiegarle. «La pressione dell’aria, ma certo! L’aria che passa sopra e sotto le ali crea una differenza di pressione che ci consente di sostenere il nostro peso!»

La pegaso arcobaleno girò gli occhi e scosse la testa, in modo appena percettibile. «Ehm, sì. È esattamente quello… che intendevo. E una volta fatto questo… devi soltanto mantenere la quota e poi puoi fare quello che ti pare!»

Lunghe colonne cilindriche, formate da nuvolette compatte delineavano un percorso in linea retta di dieci metri, utile per gli esercizi di slalom. Rainbow Dash si mise a completarlo zigzagando con grazia e disinvoltura. «Visto? Facile come bere un milkshake all’avena!»

Twilight l’aveva osservata dall’inizio alla fine, cercando di memorizzare le sue azioni. La posizione delle zampe, il raggio di estensione delle ali, le parabole che compiva quando s’inclinava a destra o sinistra. I suoi gesti erano stati rapidi e precisi, stimati con precisione matematica, centrando gli spazi tra un ostacolo e l’altro, sebbene per tutto il tempo non l’avesse vista rallentare nemmeno una volta. Quindi, forse, era veramente così facile come lei lo aveva dato a vedere.

“Devi solo provarci Twily, hai affrontato di peggio, che sarà mai?”

C’era un particolare, però, che la giovane neo-Principessa aveva scordato di considerare, e la sua testa, tanto assorta in altri ragionamenti, non le galoppò certo in aiuto.

«Ti vuoi muovere o aspetti che siano loro a girarti intorno?» Rainbow Dash era a destra della prima colonna. Aveva raccolto, mentre l’altra discuteva con se stessa, una piccola nube cotonata e l’aveva plasmata in modo da conferirle la forma di una poltrona. Ora vi sedeva sopra, con le zampe anteriori conserte, in attesa di una mossa dell’amica.

Twilight inspirò una boccata d’aria. Erano nel pieno dell’estate, e gocce copiose di sudore fresco le scendevano dalla fronte e sugli occhi, costringendola a strizzarli più volte per disperderle. Si passò la zampa sul viso, quindi concentrò l’attenzione sul primo ostacolo: sarebbe partita da sinistra.

Ricordandosi di quanto le era stato mostrato, cercò di sentire i moti dell’aria sopra e sotto di lei. Trovò una precaria stabilità, che sperò di poter aggiustare non appena avrebbe cominciato a spostarsi.

“Coraggio, puoi farcela” si ripeté ancora “sono solo pochi metri da qui alla fine!”

Si tufò in avanti e sbatté le ali una volta per darsi la spinta. Cercò di sentire la corrente passarle attraverso le piume remiganti, e seguì il “binario” che le stava suggerendo il vento. Si fece coraggio, osando di curvare un poco, e irrigidì i muscoli per entrare nella corrente accanto.

Compiere quei gesti le fece ricordare di quando aveva provato a pattinare sul ghiaccio durante la sua prima Chiusura dell’Inverno a Ponyville. Le sensazioni che aveva provato erano praticamente le stesse di adesso: il presentimento di stare sbagliando approccio; sapeva bene che per riuscire nel suo intento, avrebbe dovuto prima di tutto rilassarsi, consentendo al suo corpo di essere reattivo ai possibili sbalzi dell’aria, che da lì a poco avrebbe potuto incontrare. Ma temeva, sua malgrado, che così facendo avrebbe dovuto rinunciare alla sola stabilità che aveva conquistato con tanta tribolazione.

Dash la studiò con occhi severi ed esperti. Chiuse le palpebre e fece di “no” con la testa. In quel momento l’alicorno ebbe conferma che non stava volando nel modo indicato.

Strinse i denti, mordicchiandosi le labbra. In qualche maniera doveva farcela, a costo di fratturarsi l’altra zampa in un tentativo fallace.

Mancava ancora poco al raggiungimento della prima asta. Le sembrò che una piccola folla di spettatori, dal basso ma anche ad alta quota, si erano arrestati dalle loro attività per scrutare curiosi sull’esito della sua prova.

Uno strano pensiero le attraversò la testa da un capo all’altro, costringendola a riflettere. “Sono i miei sudditi ora. Contano su di me, non li posso deludere così…” per quanto le apparisse sbagliato considerarli in questa maniera, si aggrappò a questo pensiero per trasfondersi un’ulteriore spinta al buon esito del test.

Curvò ancora di più, preparandosi a schivare l’ostacolo. L’azione le riuscì in modo goffo, ma fu abbastanza per permetterle di evitarlo, quindi spinse tutto il suo peso nella direzione opposta, preparandosi al successivo slancio, e alla forza d’inerzia che avrebbe fatto il resto.

Ma commise un errore, e la sua inesperienza la punì nel peggiore dei modi, facendole calcolare il momento di curvatura un istante di troppo a dispetto del necessario. Finì per impattare contro la seconda colonna, piombando a peso morto nel vuoto.

Ora, se solo Twilight avesse dato meno retta alle sue ansie, lasciando al suo cervello di processare correttamente, si sarebbe ricordata che quel tipo di pilastri non erano solo semplici formazioni di vapore, modellate in forma cilindrica, ma celavano al loro interno una chimica ben più complessa: un materiale poroso, simile nell’aspetto a del ghiaccio al cui interno vi erano intrappolate bollicine d’aria, che ne costituiva lo scheletro, intorno al quale andavano compattate autentiche nuvole, in modo da conferirgli un’aria rassicurante ma di falsa innocuità. Tale composto era stato brevettato a Cloudsdale da esperti ingegneri chimici esclusivamente per i reparti militari della Nazione, ricavandolo dal materiale di scarto delle lavorazioni sul cemento speciale cui i pegasi notoriamente si servono per fabbricare le loro case, in grado di galleggiare nell’aria come se fosse praticamente senza peso. Era però un materiale durissimo, che si poteva rimuovere solo denaturandolo con preparati appositi, e l’Aviazione se ne serviva per ricordare alle loro reclute di eseguire le loro manovre correttamente. Un solo sbaglio, e avrebbero fatto la fine che ora era a toccata a Twilight Sparkle.

Dopo l’impatto, tutto il poco che la neo-Principessa aveva imparato fino a quel momento aveva cessato di significato. Twilight, che pure aveva dimostrato in altre occasioni di saper mantenere il sangue freddo dinanzi alle difficoltà, cadde al suolo incapace di ristabilire un contatto con l’elemento aereo. La parte destra del corpo le bruciava per l’impatto, e le ali perdevano parti di piumaggio a causa della velocità di caduta. Tentò di sbatterle un paio di volte, ma il risultato fu di farle cozzare l’un l’altra, riducendo ulteriormente la sua percezione della realtà. Non fu in grado neppure di ricordarsi quale fosse la formula del teletrasporto, che in tal caso l’avrebbe levata dall’impiccio.

Nel cadere, la parte superiore del busto si piegò verso il basso, permettendole di vedere il prato del campo d’addestramento che si faceva sempre più vicino, sempre più in fretta.

Nei secondi precedenti allo schianto, solo un pensiero riuscì a materializzarsi coerentemente nella sua testa: questa volta non se la sarebbe cavata  con solo una zampa rotta. No, si sarebbe conclusa in modo molto più grave.

Chiuse gli occhi invocando la benevolenza di Celestia, chiedendole che le facesse almeno perdesse i sensi, onde evitare così di dover subire il trauma delle sue ossa che si sbriciolavano. Più in là, sulle mura della città, le parve di udire le grida delle sue amiche, che invocavano il suo nome travolte dal panico.

La sua caduta si arrestò tutto d’un tratto. Spalancò un solo occhio, mentre serrava ancora con forza il secondo. Era atterrata su qualcosa di soffice, che aveva dissipato tutta l’energia accumulata nella caduta. Capì di essersi fermata su una nuvola, la stessa che Rainbow Dash aveva sagacemente tenuto pronta, e sulla quale si era seduta poc'anzi. La neo-Principessa poteva considerarsi fortunata di essere stata dotata della stessa prerogativa dei pegasi di trottare sulle nubi, o l’intervento della Custode della Lealtà sarebbe stato del tutto vano.

La pegaso arcobaleno fluttuava sopra di lei con l’aria di chi la sapeva lunga. Le porse il suo zoccolo per aiutarla a scendere, un gesto di derisione, dato che l’altezza della nuvola dal suolo era di sì e no mezzo metro, e Twilight avrebbe tranquillamente potuto scendervi da sola.

Le altre Custodi degli Elementi accorsero sul campo uscendo da uno degli accessi dei dormitori nelle mura.

«Twilight, tesoro! Stai bene, vero?! Dimmi che non ti sei fatta niente!» Domandò Rarity, che era sopraggiunta alla testa del gruppo.

«Ci hai fatte spaventare tantissimo!» Aggiunse Fluttershy subito dopo, più bassa di voce, ma non meno in apprensione.

Con loro c’erano anche Applejack e Pinkie Pie. Quest’ultima sorrideva alla vita, bellamente dissociata da ciò che era appena successo.

«È tutto ok, credo» rispose l’alicorno, facendosi uno screening visivo delle sue condizioni, appurando che era ancora tutta intatta «devo ringraziare Rainbow Dash per questo. Mi hai salvato la vita!» Le rivolse un caloroso sorriso.

La pegaso si mise per aria, accogliendo i plausi che le venivano elargiti. «L’Elemento della Lealtà al vostro servizio! Sette giorni su sette, soddisfatti o rimborsati!» Si glorificò.

Applejack si fece avanti tenendo in bocca un cestino di vimini ricolmo di mele, offrendone una a Twilight. Era una cerimonia, questa, che avevano ripetuto già in diversi momenti durante la giornata. Twilight, ogni volta, ne aveva addentata una durante le pause, e l’aveva trangugiata rapidamente con avida fame, per poi accumulare i torsoli su un cumulo in un angolino, che oramai aveva raggiunto un’altezza importante.

«Sai, cara… non per interferire in faccende che non mi competono. Ma forse dovresti smetterla di ingozzarti in questa maniera. Stai mettendo a dura prova la tua linea, e poi è comprensibile che tu non riesca a sostenerti in volo… »

Applejack, che aveva ascoltato la predica di Rarity, rivolse a questa uno sguardo torvo. “Le mie mele non fanno ingrassare!!” Avrebbe voluto ribattere, ma non era il momento d’inoltrarsi in futili battibecchi frutticoli.

«Non posso farne a meno!» Piagnucolò la neo-Principessa. «Io ci provo a seguire le istruzioni di Rainbow, ma poi il mio corpo fa tutto il contrario!» Abbassò il capo e fece come per piangere.

«Perché invece di pensare a cosa fare, tu ti carichi sulla groppa diecimila motivi per cui non funzionerà! Non capisco come faccia la tua testa a non prendere fuoco!»

«In realtà è già successo.» Bisbigliò Pinkie Pie alle orecchie di Rainbow Dash, per poi tornarsene sullo sfondo.

«Sono senza speranze, eh?». Pigolò Twilight.

Applejack le si strinse vicino, facendole forza con un abbraccio. «Su, non ti devi abbattere così, zuccherino. Ricorda che per imparare a far bene qualcosa è necessario, prima di tutto, tempo e dedizione. Sei stata tu stessa a insegnarcelo!»

L’alicorno alzò il collo per guardarla.

«Quando per errore ci scambiasti i nostri cutie mark, è stato solo grazie al tuo impegno se siamo riuscite a rimettere le cose a posto.» Concludendo, Applejack le pose lo zoccolo sul viso e le tolse una lacrima che si era formata sull’occhio.

«Già, hai ragione.» Ridacchiò sommessamente. «Grazie per tutto il sostegno che mi state dando. Siete le migliori amiche che una pony possa volere.»

«Ai vostri servigi, Principessa.» Cantilenò la Custode della Generosità, e tutte si strinsero intorno a lei in un abbraccio di gruppo, che rinvigorì gli animi e diede nuova grinta per gli allenamenti successivi.

Poi qualcosa di nuovo interruppe il momento idilliaco. Un fischio in lontananza attirò la loro attenzione al cielo: qualcuno stava attraversando la volta della capitale a una velocità quasi equivalente a quella necessaria per generare un arcoboom sonico.

Rainbow Dash si separò dall’abbraccio e puntò gli occhi in quella direzione. Quello che vide fu una freccia argentata che tagliava l’azzurro dell’estate, e che si dirigeva a velocità costante verso il promontorio del castello. Il pegaso che la produceva era solo un puntino nel grande firmamento del cielo, ma anche così, bastarono quei pochi indizi per spingere la giumenta a spalancare le palpebre, ed esprimere un’ampia esclamazione con la bocca aperta: «OH… CACCHIO!»

«Dash?» La interpellò Twilight, chiedendole spiegazioni.

Le sei giumente non erano le sole a essere state attirate da quel nuovo arrivato. Intorno a loro gli altri presenti sul campo d’addestramento si erano fermati a loro volta per ammirare quel prodigio dell’aria.

Il Sergente Istruttore dei Wonderbolts, un grosso stallone nero con piccole chiazze bianche sul muso e criniera color latte, si rivolse con acredine alle reclute, che nel frattempo si erano distratte a fare commenti d’ammirazione. «Beh, che state aspettando voialtri sfaticati, tornate a sgobbare, pegasi!»

Rainbow Dash schizzò per aria, andando a parlare proprio con il graduato.

«È davvero chi penso che sia?! Voglio dire, è proprio lui lui?»

Il Sergente sollevò un sopracciglio con fare di stizza, manifestando la sua insofferenza verso la Custode arcobaleno.

«E chi altri se no?! Hai visto la sua scia?»

«Ma non ha senso. Che ci fai “Lui” qui?!» Incalzò lei.

«E io come faccio a saperlo? Sei veloce come lui, perché non glielo vai a chiedere di persona?!»


Qualche mese prima, Rainbow Dash si era finalmente iscritta all’Accademia dei Wonderbolts, compiendo un passo importante verso la realizzazione del suo sogno d’infanzia. Si era distinta per meriti accademici in appena una settimana (dove questi concernevano attività fisiche e prove di abilità; sul fronte delle lezioni teoriche, qualcuno avrebbe detto, “Non svegliate il pegaso che dorme”), e dopo alcune difficoltà durante l’esordio, in cui aveva trovato il tempo di stringere rivalità-amicizia con un'altra pegaso di talento, aveva conquistato l’ammirazione del Capitano Spitfire, dalla quale era anche stata nominata, a pieno titolo, Caposquadra della truppa. Purtroppo, impegni fuori casa l’avevano costretta, poco dopo, a rinunciare alla fortuna di poter frequentare l’Accademia. Come Coordinatrice Generale del meteo a Ponyville, era richiesta la sua costante presenza al villaggio, e le era stato concesso di continuare il corso, a patto di dedicarvisi giorno e notte durante il suo tempo libero, continuando a studiare la storia dello squadrone ogni volta che le veniva recapitato il nuovo piano di studi (su questo, contava di ricevere futura assistenza da Twilight, come ricompensa per le sue lezioni di volo).

Mai fino ad allora era stato concesso a una recluta di beneficiare di questi privilegi. Ma il retaggio di Rainbow Dash come Custode della Lealtà, unitariamente alle sue doti di aviatrice conclamata, le avevano garantito una corsia preferenziale sugli altri cadetti.

E questo spiegava il perché la sua presenza causasse sempre esclamazioni di ammirazione nei giovani aviatori, e istigava antipatia nelle alte sfere, che la reputavano una giovane prepotente e viziata.  


“Young Dart” pensò tra sé, quando sentì pronunciare il suo nome dalle altre Custodi rimaste a terra. Si voltò quindi verso il Sergente, che era rimasto in attesa di una sua reazione, rivolgendogli un cenno di assenso. «Grazie, Signore. Potete tornare al vostro addestramento.» Era un congedo che non aveva nessun’allusione satirica, ma così doveva aver pensato il superiore, che le rispose sgarbatamente. «Oh, di quale onore mi omaggi. Lo apprezzo!» Chiudendo con un nitrito.

Non badando all’atteggiamento dispotico del graduato (ci aveva fatto il callo agli zoccoli, ormai), la pegaso scese di quota ricongiungendosi alle sue amiche.

«Lo conosci?» Chiese Fluttershy per prima. Anche lei aveva la sensazione che quel pegaso dalla scia argentea dovesse essere qualcuno d’importante, ma la sua lontananza da Cloudsdale faceva sì che spesso fosse l’ultima a essere informata sui fatti d’interesse della sua razza.

Rainbow Dash si limitò ad annuire, ben conscia che solo chi faceva parte dell’Accademia dei Wonderbolts aveva il dovere morale di sapere i dettagli su quello stallone. «Non l’ho mai incontrato di persona.» Ammise iniziando a spiegare. «Tra i cadetti all’Accademia è una specie di leggenda. È praticamente il modello cui tutti vorrebbero aspirare per diventare tosti… beh, come noi.» Ghignò, e qualcuna le rivolse un cenno di disappunto. « Si chiama Silver Sprint.  È di stanza a Manehattan. Un tempo era conosciuto da tutti come il pegaso più veloce di Equestria, prima che… »

«Fammi indovinare» volle provare Applejack «prima che lo diventassi tu.»

«Eheh, già.»

Occhi ruotarono all’interno delle cavità, e qualcuna nitrì.

«Comunque la sua presenza qui è insolita. Come vi ho detto è di stanza a Manehattan. È insolito che uno come lui venga mandato così lontano senza uno squadrone ad accompagnarlo.»

«Lo abbiamo visto dirigersi verso il castello, forse è qui per incontrare le Principesse, o per una missione di qualche tipo.» Ipotizzò Twilight.

«Sì, è quello che pensavo. Sai se Princess Celestia aveva qualcosa sull’ordine del giorno?»

Scosse la testa. «Non che io sappia, no. Al massimo mi ha chiesto se dopo gli allenamenti potevo aiutarla a sistemare degli archivi in biblioteca, ma non credo centri molto con l’arrivo di Silver Sprint.»

Rainbow Dash si passò lo zoccolo sul mento, riflessiva. «Uhm, molto sospetto. La faccenda mi puzza forte… »

Rarity avvicinò furtivamente il muso al manto di Applejack, per poi ritrarsi disgustata dal miasma di sudore e stalle che emanava la cowgirl. Odore che, a dire la verità, non turbò minimamente la Custode dell’Onestà.

«Non credo intendesse quello.» Le fece notare Twilight.

«Dobbiamo sospendere gli allenamenti per oggi.» Decise la pegaso arcobaleno spalancando le ali. «Voglio vederci chiaro in questa faccenda.»

«Non sarà mica che fremi invece dalla voglia d’incontrare un idolo della tua infanzia?» Chiese Applejack, sospettosa.

«Anche, sì.» Le rispose con scioltezza, e un furbesco sorriso malamente celato sulle labbra.


Il grande portone si spalancò sulla sala del trono di Canterlot.

Ad accompagnare le sei Custodi c’erano due Guardie Reali (un pegaso dal manto bianco e un unicorno dal manto nero) che trottavano ai due lati del gruppo stringendo ben salde nelle zampe anteriori delle lunghe lance dorate.

«Vostra altezza, La Principessa Twilight Sparkle e le Custodi degli Elementi desiderano avere udienza con voi.» Annunciò il pegaso alla loro sinistra.

Allungando l’attenzione verso il trono, superate le due fila di Guardie Reali in posa alle due estremità del tappeto rosso (canoniche durante il ricevimento di personalità di spicco), la Principessa dell’Armonia scorse che oltre alla presenza delle due regnanti, Celestia e Luna, vi era anche Silver Sprint, fermo in un angolo ai piedi degli scalini, e con lui, un altro soldato unicorno. Quest’ultimo era di fronte alle due alicorno. Aveva voltato leggermente la testa verso il portone per scrutare chi era appena arrivato, quindi era tornato subito diritto.

Princess Celestia squadrò prima il loro gruppo, quindi rivolse la sua attenzione alla Guardia Reale. «Vai e avvisa gli altri che non è più necessario. Dì loro che sono già arrivate.»

Il soldato annuì e rispose con fermezza. «Ai vostri ordini!»

Attraversò la sala muovendosi all’esterno della fila dei commilitoni di destra. Giunto vicino a Twilight, s’inchinò al suo cospetto, accogliendola con un «Maestà» che la fece irrigidire, quindi uscì, accompagnato dagli stalloni venuti insieme alle Custodi.

Twilight dovette venire a patti con l’angolino di lei che ancora non si capacitava di ciò che era diventata. Fece segno alle sue compagne di muoversi, e insieme avanzarono verso il trono.

L’atmosfera che si era venuta a creare fu molto strana. Celestia aveva dato loro le spalle mentre si stavano avvicinando, e ora leggeva una pergamena che manteneva sospesa con la levitazione, dentro un alone giallognolo.

Il poco del suo viso che era visibile, era contratto in una smorfia di pena, con gli occhi spalancati fin oltre la loro massima estensione, che si soffermavano in apparenza su ogni singolo carattere del messaggio, come per assimilarne a pieno i significati.

Colonne di sole filtravano dalle vetrate in modo debole e cauto, rispecchiando, come in un’allegoria, lo stato mentale della regnante.

Le Custodi degli Elementi s’inchinarono al cospetto del trono, omaggiando le due sorelle alicorno, ma Princess Twilight galoppò subito al punto.

«Princess Celestia… è successo qualcosa?» Era una domanda di circostanza, che racchiudeva in sé tutta l’ovvietà del momento. Era chiaro che qualcosa di terribile stava estendendo le sue ombre sul morale della sala, altrimenti non si potevano spiegare le sue reazioni.

Princess Luna rivolse loro solo una cupa affermazione, e un ciuffo dei crini fluenti finì per volarle sul viso. L’alicorno dal manto blu non fece nulla per scostarlo, l’angoscia che stava provando doveva essere così forte da renderle ogni altra distrazione facilmente archiviabile. E non era la sola a manifestare quello stato di turbamento: le stesse Guardie Reali, congelate nelle loro pose marziali, contenevano a stento i tic di nervosismo sui loro visi. Era la prima volta che a Twilight capitava di vedere i valenti guerrieri dell’esercito della capitale palpitare in quella maniera.

Celestia si girò verso le giumente, e come a volersi accertare che fossero tutte presenti, squadrò le loro posizioni una per una, rinforzando quell’atmosfera carica di tensione, che si sarebbe potuta tagliare con un coltello da burro.

«Vi ringrazio per essere accorse così rapidamente.» Cominciò, per poi fermarsi, pensando a quale fosse il modo più immediato per comunicare la notizia. «Proprio in queste ore la nostra Equestria si trova sotto attacco da parte di una forza sconosciuta. Qualcosa che fino a questo momento non si era mai vista nei nostri libri di storia.»

Twilight sentì come uno schianto provenire dalla sua testa, come se la bilancia che regolava il suo stesso cosmo si fosse appena rovesciata.

«P-Principessa… » masticò le parole «c-che cosa è successo? Diccelo, per favore!»

Celestia sospirò pesantemente. Malgrado cercasse di preservale la sua solenne autorità, l’impressione che diede era di qualcuno che da un momento all’altro potesse cedere alle emozioni, perdendo così il suo comune autocontrollo, tramutando le parole in gemini, i sospiri in vagiti.

«Lasciate che vi presenti una persona.» Dunque sollevò una zampa e la puntò verso il pegaso. «Ragazze, lui è il Luogotenente Silver Sprint, dell’Aviazione dei Wonderbolts di Manehattan. Forse qualcuna di voi ne ha già sentito parlare. Sarà lui, se siete d’accordo, a illustrarvi gli accaduti.» In questo modo, pensò, avrebbe evitato di denudare quella parte di lei che in quel momento stava mordendo il freno, in balia del panico. E non per alterigia: se si fosse esposta, come avrebbero fatto tutti gli altri a mantenere il sangue freddo una volta appresa la notizia?

Rainbow Dash, che in un primo momento era stata ansiosa di fare la conoscenza di Silver Sprint, dovette restare al suo posto, fiutando la delicatezza del momento.

Celestia gli fece un cenno di capo, il segnale che ora toccava a lui parlare.

«Grazie, Maestà.» Fece un passo in avanti, si cimentò quindi nel rituale dell’inchino. «Lieto di fare la vostra conoscenza, Princess Twilight. E anche di tutte voi, Custodi.»

Le giumente ricambiarono con sorrisi a fior di labbra e brevi gesti. Persino Pinkie Pie aveva avuto sentore che non era il momento di comportarsi da “se stessa”, e si fermò a una delicata risata.

«Addolorato che sia successo in una circostanza così tragica.»

«Parla pure, Sprint.» Lo incitò Twilight. «Spiegaci.»

Mentre attendeva, ebbe tempo di studiare più da vicino le caratteristiche del pegaso: indossava un’uniforme da Wonderbolt che gli copriva tutto il corpo eccetto la testa, esponendo le spalline del suo grado, insieme ai caratteristici simboli della squadra. La sua criniera era dello stesso colore argenteo lucente del suo manto, solo di una tonalità più scura, pettinata all’indietro in tre punte decrescenti, simili per aspetto alla cresta di un drago. Mentre la coda, se possibile, era ancora più caratteristica; lunga e orgogliosa, con un ciuffo nella parte inferiore, che si estendeva per conto suo come un’appendice secondaria. Osservandola, a Twilight venne in mente la tipica pinna dello squalo volpe, e anzi, era proprio così che l’avrebbe descritta a posteriori.

Sui fianchi, sopra la tuta, esibiva un simbolo che aveva tutta l’aria di essere il suo cutie mark (un facsimile del suo cutie mark), era formato da due piume d’argento, una più corta dell’altra, che s’incontravano alla radice abbozzando una “V”. Non era comune per un membro dei Wonderbolts esibire il proprio simbolo sopra gli indumenti, ma alcuni individui speciali, se lo desideravano, potevano farne richiesta. Questo denotava una forte individualità, un pony sicuro di sé, conscio di quale fosse la sua posizione all’interno della squadra.

Le giumente degli Elementi si posizionarono a ferro di cavallo intorno allo stallone, quindi Sprint si mise a parlare.

«Si tratta di Manehattan. Oggi, poco dopo l’ora di pranzo, la città ha subito un pesante attacco da parte di un’ignota creatura gigante. Non sappiamo precisamente che cosa sia, ma è stato un disastro.»

Twilight sentì come se le avessero appena tirato uno schiaffo. Una creatura? Che genere di creatura?! La metropoli era in pericolo?!

Le sue amiche non furono da meno. Le ascoltò gemere, mentre si ponevano tra di loro le sue stesse domande.

«Q-quanto è grave?» Balbettò lei, ottenendo dal Luogotenente dei Wonderbolts una scrollata di spalle.

«Difficile a dirsi, almeno fino a quando non avremmo un rapporto completo dalle squadre di soccorso. Dalle prime testimonianze, dicono che sia apparso dal mare del nord. Ha attraversato la città, buttando giù tutto quello che trovava sul suo percorso. Edifici, mezzi, qualsiasi cosa… chi l’ha visto dice che era alto fino a trenta metri, una cosa incredibile. E… ci sono state delle vittime.»

Nessuna commentò, tutte si fecero attonite.

“Oh no… no!” La neo-Principessa sentì le zampe farsi pesanti come di piombo, e cercò conferme negli sguardi altrui, in qualcuno che magari le potesse dire che in realtà aveva capito male (Celestia ad esempio, che in qualunque circostanza aveva sempre una soluzione da proporre). Ma nessuno aveva avanzato del sollievo per lei (nemmeno l’alicorno del sole), e perciò dovette proseguire con la sua sola forza di spirito. Era come trovarsi al netto confine tra illusione e realtà: un passo indietro e ogni cosa sarebbe tornata al suo posto, ordinaria come sempre. Solo che non c’era un comando per fare marcia indietro; avanzare era la sola opzione, oltrepassare il fumo, schiarirsi gli occhi, e accettare che era tutto reale.

Silver Sprint esitò per un momento, poi si mise a esporre un particolare, assente del contenuto della lettera, che secondo lui meritava una menzione. «Columbine Circle è stata l’area che ha subito la maggior parte dei danni. Il mostro si è arrestato lì, non so dirvi perché. È rimasto per diversi minuti fermo a… »

«Columbine Circle, hai detto?!» Esclamò Rarity. «Ma è dove si trovano i tuoi Zii, Applejack!»

Si voltarono tutte insieme a guardare la giumenta. «Sì, la famiglia di Babs. Sulla 20ª strada.» Annuì la cowgirl, dandosi un tono di contegno. In verità avrebbe desiderato sbrigliarsi, prendere la prima cosa che le capitava sotto zampa e scalciare fino a ridurla in polvere gridando, ma non era il suo modo di fare.

«Poi che è successo?» Domandò Twilight, spronandolo a continuare.

Sprint si passò uno zoccolo sulla cresta, come per cercare di saldare un concetto non del tutto fermo nella sua testa. «Si agitava sul posto. Colpiva e buttava giù i palazzi senza un’apparente motivo. L’esercito aveva mandato dei contingenti a cercare di gestire la situazione, ma è stato tutto inutile… sono morti anche loro.»

Tra le fila delle Guardie Reali, qualcuno si lasciò scappare un nitrito. Apprendere della dipartita dei loro compagni d’armi non era una notizia facile, nemmeno per dei combattenti addestrati come loro. Non nell’Equestria che conoscevano.

Il Wonderbolt concluse il resoconto spiegando come il mostro fosse poi schizzato in avanti e avesse cominciato a correre fino a raggiungere la costa sud-occidentale dell’isola, dove poi si era inabissato svanendo. A quel punto avevano incaricato lui di diramare la notizia. Con la sua velocità, disse, era riuscito a recapitare la pergamena in un quinto del tempo che avrebbe richiesto una carrozza volante.

«E nessuno sa che cosa fosse la creatura?» Chiese Fluttershy, che tra tutte era la più interessata a fare chiarezza sull’attacco.

«Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che si sia trattato di un drago marino. Ma non vedo perché un drago dovrebbe fare ciò che è accaduto lì.» Rispose Sprint, e la pony giallo canarino si trovò ad accordare con lui.

«Un drago non si comporterebbe mai così… » mormorò lei abbassando lo sguardo.

Princess Celestia disse qualcosa a sua sorella Luna, che le rispose con un cenno di testa, quindi si mosse verso di loro. «È una fortuna che siate qui oggi. Mayor Sue, il sindaco di Manehattan, ha richiesto la presenza delle Principesse in città.» Si focalizzò sulla neo-eletta Twilight. «Andremo io e te, mentre mia sorella si occuperà delle questioni a palazzo. Mi spiace, ma temo che dovremmo rimandare il nostro appuntamento in biblioteca.»

«Non fa niente.» Rispose l’alicorno viola, anche se non immaginava quale contributo poteva apportare con la sua presenza.

«E vorrei che veniste anche voi, ragazze.» Interpellò ora le Custodi. «Benché non sappiamo con che cosa abbiamo a che fare, gli Elementi dell’Armonia potrebbero ugualmente tornarci utili.»

Twilight si morse un labbro e s’impennò agitata. «N-non li ho portati con me, Principessa… sono rimasti a Ponyville!»

A quel punto si sarebbe aspettata che Celestia ne venisse turbata, ma al contrario delle aspettative, lei le distese un sorriso.

«Ho già previsto quest’eventualità. In cortile c’è una carrozza che è pronta per te. Silver Sprint si è offerto volontario per accompagnarti.»

«Quando volete, Princess Twilight. Le mie ali sono al vostro servizio.» Disse lui, inchinandosi di nuovo dopo aver divaricato ala sinistra e ala destra.

Mentre stava per annuire, la neo-Principessa fu fiancheggiata da Rainbow Dash. L’amica arcobaleno era immota in un’espressione arcigna. «Chi sarà il secondo cocchiere?» Chiese a Celestia.

Malgrado la perplessità della domanda, lei le rispose. «Un pegaso che ho selezionato personalmente in caserma. Le garantirà di andare e dirigersi a Manehattan prima che cali la sera. Voi invece, verrete con me sul mio trasporto privato.»

«Veramente, se il Luogotenente Silver Sprint me lo permetterà, vorrei essere io a fiancheggiarlo.»

«Dash!» Ricevette una replica da parte di Twilght.

«Non per mettere in discussione la vostra decisione, Princess Celestia» continuò imberbe, non risparmiando, questa volta, un’occhiata superba verso il Wonderbolt «ma credo di essere la più adatta per questo incarico. Sono l’unica in grado di stare dietro a Silver. Gli altri finirebbero soltanto per rallentarlo. E non mi sembra che siamo nella condizione di potercela tirare tanto per le lunghe.» L’ultima parte risuonò come una frecciata all’alicorno viola, ma malgrado la puntura nell’orgoglio, Twilight non poté che riconoscere le argomentazioni dell’amica.

Silver Sprint si disse più che favorevole ad accoglierla in squadra. Era a sua volta curioso di testare sul campo le capacità di quella pegaso di cui tanto si chiacchierava. E poi, come giustamente aveva accentato lei, la città non ammetteva ritardi quel giorno.

Questo bastò a Celestia perché si convincesse ad assecondarla.

«Andate pure allora. Noi ci rivedremo più tardi.» Disse alla sua ex-allieva, poco prima di congedarsi.

Twilight annuì con un debole «sì», guardando per un’ultima volta le sue amiche. Era come se sentisse che da quel giorno in poi le loro vite non sarebbero più state le stesse, qualunque cosa avessero trovato a Manehattan.

D’improvviso una Guardia Reale unicorno richiese la loro attenzione. Aveva rotto la fila di sinistra con un balzo in avanti, e guardava verso di loro mentre le labbra gli tremavano vistosamente. Tra i denti, una richiesta che agognava di poter esprimere.

«Che cosa c’è?» Gli domandò Celestia, in modo sobrio e attento.

«I-io… » fece per ritrarsi, ma poi deglutì tutto il suo terrore, e parlò deciso. «Mia Signora, invoco umilmente il permesso di poter venire con voi. I… i miei genitori sono di Manehattan! Devo sapere se stanno bene!» Mantenne gli occhi stretti su quelli della sua sovrana. Non gl’importò delle condanne che i suoi superiori gli avrebbero impartito più tardi, né dei biasimi dei commilitoni per il suo oltraggio alla reggia. In quel frangente di tempo, per lui, contava solo sapere se la sua famiglia era perita nell’incidente, o no.

Celestia ritrasse debolmente il collo, perché quello non era l’atteggiamento che tipicamente si aspettava da un membro del Corpo di Guardia, ma era una richiesta che lei ampiamente condivideva.

Non ebbe bisogno di spendere del tempo per soppesare una decisione. «Sia. Parla con il tuo Capitano, e avvisalo che ti ho autorizzato personalmente a unirti a noi. Dopo di che, presentati in cortile. Sii svelto.»

Una lacrima aurea tracciò un sentiero sul zigomo del soldato. Fu una scena straziante. «G-grazie, mia Principessa! Grazie!»
   
 
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