Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Zomi    05/07/2015    8 recensioni
Senza fidanzato, circondata da neve e da un inverno che sembra divertirsi nell'intralciare i treni, destinata a una riunione di famiglia disastrosa con nonna Tsuru e i famigliari più pazzi del pianeta, Nami sembra essere ormai giunta al patibolo... ma forse la rimpatriata dei Cocoyashi le nasconde ancora qualche sorpresa, e chissà, magari anche piacevole.
*Fan Fiction partecipante alla Zonami Week indetta dal Midori Mikan*
Genere: Comico, Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, RufyxRobin, Tsuru, Un po' tutti, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic
 
Fan Art di proprietà di Rolochan105




Capitolo 15: Il piano, l’ascensore, la neve
 
a Milly


-LASCIAMIIII!!!- strattono il braccio, ma a ogni tentativo di fuga la presa di Gladius diventa più dura e tenace sul mio polso, che inizia a pulsarmi scottandomi la pelle.
-Lasciami subito o io…-
Sollevo il braccio libero dalla sua morsa per colpirlo con uno schiaffo sul viso bardato, ma lui lo blocca, afferrandomi anche il polso libero, unendolo al gemello in un’unica morsa terribile.
-Gladius!!!- strillò –Lasciami, basta: mi spaventi!!! Basta!!!-
Sollevo gli occhi velati da una lieve ombra di paura su di lui, incapace di capire che diamine voglia, ma non appena noto la sua mano, libera dal costringermi i polsi sollevata in aria con fare minaccioso, mi irrigidisco, stringendomi nelle spalle e serrando gli occhi terrorizzata.
Mi farà del male, tanto e senza un motivo.
Kami del cielo: Zoro dove sei?
Quanto vorrei averlo qui, essere tra le sue braccia al sicuro e non tremante come una foglia e al freddo, incapace di oppormi all’imminente percossa di Gladius.
Serro con forza gli occhi, strattonando ancora i polsi nel palmo della guardia del corpo bionda di donna, scontrandomi con la schiena sulla balconata che da sulle piste da sci.
Non voglio, non voglio che mi faccia del male.
-Basta, basta!!! Lasciami, lasciamo… ZORO!!!-
Urlo con tutto il fiato che ho, spolmonandomi, strattonando con forza le braccia fino a segnarmele di rosso per la presa vigorosa di Gladius, cercando in tutti i modi di liberarmi e andarmene da qui.
-… ferma, miss Nami…- sono le prime parole che pronuncia ma non voglio sentirle -… io non potrei mai…-
Un tonfo.
Forte, assordante e secco, e poi caldo, un caldo abbraccio che mi cinge spalle e vita, attirandomi a un petto vestito di una fine camicia bianca, caldo e protettivo che iper ventilava di rabbia.
-AVVICINATI A LEI E’ SEI UN UOMO MORTO-
La voce forte e rotta dalla rabbia, il petto che si alza e abbassa iracondo, la sua presa sulla mia schiena vigorosa mentre il braccio libero è ancora teso verso Gladius, la mano chiusa in un pugno.
-Zo-zoro…?- affondo il viso nella sua camicia, respirando profondamente il suo profumo e stringendomi a lui.
È qui, è arrivato.
Mi aggrappo alla camicia, annaspando piano, sollevando gli occhi a incrociare le iridi nere di Zoro incenerire la guardia del corpo di nonna: il capo rivolto verso il biondo, la mascella contratta con rabbia, la mano che mi stringe a lui incandescente sulla mia schiena nuda.
-Zoro…- lo chiamo piano, ma lui mi stringe maggiormente, folgorando Gladius che si rialza da terra, dove il suo pungo lo aveva atterrato.
-Rialzati su!!!- gli ringhia contro, passandomi il braccio sulla vita e piegando l’altro a mostrare il pugno chiuso e le nocche sbancate –Ho giusto voglia di dartene un altro-
Gladius si rialza, si spolvera l’impermeabile e, sfilata la sciarpa, si tampona il naso sanguinolento, succhiandosi il labbro spaccato.
Mi faccio piccola contro il petto di Zoro, premendomi e non abbassando lo sguardo, reggendolo contro Gladius mentre il battito rabbioso di Zoro mi rimbomba nelle orecchie, martellandomi il cranio e, stranamente, tranquillizzandomi.
Rilasso la presa sulla sua camicia, accarezzandolo piano e socchiudendo gli occhi, sentendomi al sicuro e al riparo da ogni male.
Non sento nemmeno più il freddo pungente della neve che ha ripreso a scendere, e quando la mano del buzzurro si apre ad accarezzarmi la pelle delle spalle, premo il capo sul suo pettorale, sollevando gli occhi socchiusi su di lui.
-Stai bene?- soffia, abbassando il capo e stringendo l’abbraccio.
Ho solo la forza di annuire, annegando nei pozzi di pece dei suoi occhi che mi fissano, lasciando che la linea del mio naso si incontri con la sua, accarezzandosi piano e permettendo alle nostre fronti di unirsi, sfregandosi appena.
Respiro la sua aria, mi scaldo con il suo calore, scivolo con le mani su di lui e le poso sulle sue spalle, aggrappandomi come ad un’ancora di salvezza.
-… lo ammazzo…- ringhia, premendo il capo sul mio -… lo ammazzo io…-
-Realmente mi ammazzeresti?-
La voce di Gladius mi fa sussultare, facendo scattare gli occhi di Zoro da me a lui.
-Puoi giurarci!!!- latra, riempiendo l’aria fredda di piccole nuvolette di vapore.
Scioglie il nostro abbraccio e si para davanti a me, fronteggiando Gladius senza paura, ringhiando e digrignando i denti, producendo un suono secco e freddo
-Nami…- mi chiama, e mi stringo alla sua schiena, posando le mani su di lui -… entra in sala-
Strabuzzo gli occhi, fissando la sua nuca e i capelli sparpagliati per via del vento gelido che si è alzato con la bufera. Che ha in mente di fare?
-Ma…-
-Se lo ammazzo non voglio avere testimoni- ghigna, premendo la mano nel palmo opposto, facendone scricchiolare le nocche.
-No Zoro- mi aggrappo alla sua giacca scura –Non fare cavolate, non…-
-Hai urlato di paura- ringhia, non degnandomi di mezzo sguardo e mantenendo gli occhi fissi su Gladius, intento a bardarsi nuovamente il viso con la sciarpa insanguinata -Ti ha fatto male, io…-
-Mi permetto di dissentire- afferma lapidario il biondo, sistemandosi il colletto dell’impermeabile attorno al collo.
Lo fisso esterrefatta, sporgendomi lievemente da dietro le spalle di Zoro.
-L’ordine numero 1235 è tutt’ora valido- assottiglia lo sguardo su di noi, rendendo le sue iridi chiare fredde come ghiaccio, offeso dall’accusa di avermi fatto del male quasi fosse una menzogna.
Mi prendo il polso rosso nella mano sana, accarezzandolo lieve.
In realtà, avrebbe potuto farmi molto più male, e invece ho solo, si fa per dire, un polso rossastro… ma più per il mio ribellarmi alla sua forza.
Forse…
–Non oserei mai fare del male a miss Nami- afferma stoico e deciso, finendo di coprirsi il viso con la sciarpa, permettendo alla neve di macchiargli di bianco l’impermeabile nero.
-Ah no?- ringhia Zoro, avanzando di un passo, macchiando con un’impronta la neve che si è accumulata sul terrazzo –Allora scommetto che il polso rosso della mocciosa è frutto di una reazione allergica, eh?!?-
passo piano la mano sulla pelle irritata del polso, fissandola persa nei miei pensieri.
Non fa male, è semplicemente rosso per la presa di Gladius e per i miei continui, e inutili, tentativi di liberarmi di essa. Passo i polpastrelli sul polso, sentendolo pulsare lievemente, forse più per il freddo e per il battere accelerato del mio cuore che per il dolore.
Dovrebbe fare più male, dovrebbe essere stato più violento, dovrebbe essere stato più sconvolgente.
Non capisco: avrebbe potuto farmi del male con niente.
Avrebbe potuto zittirmi con uno schiaffo, farmi perdere conoscenza con poco e nuocermi maggiormente senza difficoltà, e invece non mi ha sfiorato con un sol dito se non si considera la presa spaventosa sul mio polso.
È come se il suo obiettivo fosse stato fin dall’inizio quello di spaventarmi, di farmi urlare di paura con tutto il fiato di miei polmoni. Ma perché? A quale scopo?
-Non hai risposto alla mia domanda- parla secco la guardia del corpo di nonna.
Le sue iridi reggono lo sguardo furioso di Zoro, i cui pungi stretti lungo i fianchi scricchiolano sempre più a ogni minuto che passa –Davvero mi uccideresti per aver fatto urlare miss Nami?-
La mascella di Zoro si contrae, un basso ringhio ne esce come riposta alla domanda posta.
Un brivido, non freddo non di paura, mi solca la schiena, scaldandola di una sensazione piacevole, costringendomi a premermi con il petto sul dorso del buzzurro, posando la fronte su una sua spalla.
Lo farebbe… per me?
-Madame Tsuru ne sarà lieta- afferma annuendo Gladius, estraendo dal suo impermeabile in un piccolo taccuino rosso di cuoio, aprendolo e iniziando ad appuntare varie note velocemente.
Strabuzzo gli occhi riconoscendo il taccuino, avanzando di un passo verso di lui.
Cosa diamine se ne fa le taccuino rosso durante un’aggressione?
Cosa sta succedendo?
Possibile che…
-Che… che vuol dire?- alzo la voce, in allarme.
Sgrano gli occhi, non sentendo la mano di Zoro sfiorarmi la vita, mentre pian piano ogni pezzo va al suo posto.
Nonna che vuole parlare con Zoro, Gladius che resta con me da solo nel terrazzo, lontani da ogni parente e membro della famiglia, la sua aggressione non violenta, gli occhi fissi sulle mie labbra a studiare le mie parole, il non volermi ferire e ora il taccuino.
Annaspo incredula: è stata tutta una specie di prova? Per me? Per Zoro? Per noi?
-Gladius che cosa vuoi dire dicendo che la nonna ne sarà felice?- avanzo ancora, sentendomi ribollire il sangue nelle vene.
Non è possibile, non è possibile: non può averlo fatto!!!
Gladius continua ad annotare nel taccuino, scribacchiando velocemente e senza mai sollevare gli occhi su di me, riguardando indietro di qualche pagina prima di ogni appunto.
Nonna non può essere arrivata a tanto!
Non può aver chiesto a Gladius di aggredirmi per verificare la reazione di Zoro, per controllare se si sarebbe comportato da bravo fidanzato venendo a soccorrermi.
La rabbia mi fa digrignare i denti, infiammandomi gli occhi: come può averlo fatto? Come?
Non può giocare così con lui!!! No, non glielo permetto!!!
-Gladius!!!- urlò esasperata, pestando i piedi a terra e riuscendo a fargli sollevare gli occhi su di me –Che diamine sta succedendo?!?-
Le sue iridi fredde mi squadrano con severità mista a dolcezza, per poi ruotarle verso Zoro, al mio fianco e con una mano attorno alla mia vita.
-Complimenti- afferma atono e quasi disinteressato rivolgendosi a lui –Mr Roronoa lei è stato il più veloce fin ora: solo sette secondi-
-Che diamine farnetichi idiota?- ringhia, tornando a coprirmi e proteggermi con il corpo, stagliandosi contro a Gladius, ormai a pochi passi di distanza.
Non risponde, semplicemente ripone il taccuino nella tasca dell’impermeabile e ci da le spalle, avviandosi verso la porta che da sul balcone.
-Ehi!!!- ringhia Zoro –Non crederai di filartela così vero?-
Allunga un braccio per afferralo per una spalla e poterlo colpire con un pugno, il braccio già piegato e carico all’indietro, ma lo fermo, strattonandolo per la manica della giacca.
-Fermo!!!- ansimo, trattenendogli il gomito in entrambe le mie mani.
Si volta a fissarmi stupito, chiedendomi con gli occhi se sono impazzita o meno, mentre Gladius rientra in Hotel lasciandoci soli sul terrazzo.
-Che diamine ti prende ora?- sbotta, voltandosi totalmente verso di me.
-Che voleva dirti nonna?- chiedo svelta, cercando conferma.
Aggrotta la fonte e arriccia il anso confuso, scuotendo il capo.
-Eh?-
-Nonna!!!- mi impunto –Voleva parlarti no?-
Annuisce ma ancora non comprende.
-Che doveva dirti?- stringo le mani sul suo braccio, rilassato ora sotto le mie dita.
-Ma che ne so!!!- sbotta, sollevando la mano libera dalla mia tenue presa nell’aria, esasperato e scocciato –Quando ti ho sentito urlare il mio nome sono tornato indietro… dannazione mocciosa, mi vuoi spiegare che diamine succede?!?-
Scuoto il capo, sospirando e passandomi una mano tra i capelli.
-Quella vecchia…- sghignazzo, puntando gi occhi al pavimento ormai ricoperto di neve.
Aveva programmato tutto, tutto!
L’improvvisa necessità di parlare con Zoro, Gladius, le mie grida, la reazione del buzzurro… possibile che siamo davvero così prevedibili per lei?
Scuoto nuovamente il capo, riportando la mano sul braccio di Zoro.
-Credo…- boccheggio ancora incredula -... credo sia stata una prova della nonna-
Mi sembra così stupida come frase, eppure è così: tutto un suo piano, una sua verifica per vedere se Zoro sarebbe arrivato a soccorrermi.
Ma come faceva a sapere che avrei invocato lui e non papà?
Spalanco la bocca,a accorgendomene io stessa solo ora: ho urlato il nome di Zoro, non quello di papà o di qualche mio cugino.
Ho invocato Zoro, Zoro, solo lui.
Perché? Perché l’ho fatto? Cosa…
-Stai bene, vero?- mi passa una mano su viso, sollevandomelo e scrutandomi con occhio indagatore.
-S-si- annuisco, scaldandomi al contatto della sua mano al mio viso.
Mi accerchia la vita con il braccio libero, tornando a far toccare le nostre fronti.
Lascio che le linee dei nostri volti si uniscano ancora, circondandogli il collo con le mani e lasciando che una sua mi accarezzi i capelli, scivolando poi sulla schiena, elettrizzandomela.
-Faccio ancora in tempo a ucciderlo, se vuoi- sussurra a un soffio dalle mie labbra, sfoggiando quel suo ghigno bastardo. Ridacchiò, negando col capo.
-Allora potrei rubare il bastone a tua nonna… giusto per vendetta- ghigna, rubando a me un risolino divertito.
Lo vedo tornare serio e accarezzarmi piano la schiena, mettendomi in soggezione con le sue iridi nere puntate su di me. Deglutisco, reggendo il suo sguardo e accarezzandogli la zazzera verde con la punta delle dita.
Vorrei ringraziarlo per essere accorso quando l’ho chiamato, ma le parole non mi escono di bocca e non so bene nemmeno quali usare. Sento le guance scarlatte, non di imbarazzo o di freddo, quanto più di un qualcosa di strano che non so cosa sia, o forse lo so ma ho paura a dargli un nome. La mano di Zoro si ferma sopra il mio sedere, l’altra accarezza il polso non più tanto rosso e che è fermo con la rispettiva mano ad accarezzargli il viso. Sta per dire qualcosa, lo sento, e un brivido di paura mi attraversa.
-Nami…- sussurra piano, facendomi sbatte le palpebre in segno di risposta, mentre deglutisco piano -… hai chiamato il mio nome-
Annuisco. Lo so, lo so buzzurro, ma non chiedermi, non chiedermi…
-… perché?-
Spalano la bocca, annaspando e vedendolo ghignare appena, in modo lieve, quasi fosse un sorriso... imbarazzato?
-Potevi chiamare tuo padre, Rufy, o Sabo…- smette di accarezzarmi la schiena -… quel damerino impomatata che vomita cuori quando ti vede-
-Lo so- ancora deglutisco, tartagliando appena.
-Perché hai chiamato me?-
Lo fisso negli occhi, respirando piano e non sapendo bene che rispondere.
Non lo so il perché, o forse lo so ma fa troppa paura.
Perché ci siamo incontrati in una stazione ferroviaria, perché non spaiamo molto l’una dell’altro, perchè è stupido il legame che ci unisce, perchè dopodomani le nostre strade si divideranno, perché…
-… per lo stesso motivo per cui tu sei accorso quando ti ho chiamato…- sussurro piano, sollevandomi sulle punte dei tacchi.
Lo vedo piegarsi su di me, piegare il capo sul lato opposto al lato dove lo piego io e poi, con una naturalezza disarmante e una scia calda che mi solca la schiena, le nostre labbra si uniscono, baciandosi.
La mia bocca si modella sulla sua, incastrando i nostri respiri e lasciando che le mani navighino per loro volontà sui nostri corpi. È caldo Zoro, caldo da morire.
La sua lingua entra nel mio palato, incontra la mia e si avvinghiamo mentre mi aggrappo a lui per le spalle, premendo il seno sul suo petto.
Una sua mano mi stringe le spalle, l’altra mi regge la schiena, mentre le bocche si mangiano, succhiano a tratti mordono con ferocia, leccandosi e strappandoci dei gemiti soffusi.
Ancora Zoro, ancora.
Gli circondo il capo con le mani, sollevandomi quanto più posso sui tacchi, premendo le labbra sulle sue e succhiandogli il labbro inferiore prima di leccargli il palato e giocare con la sua lingua. Le sue mani fremono prima di stringersi con forza su di me, premendo le dita su una mia natica e sollevandomi appena, facilitando il contatto delle nostre bocche.
Mi accarezza i capelli, giocandoci e scivolando con le dita tra i crini ma anche sulla pelle nuda della schiena, sfiorando volutamente le scapole e il tatuaggio sulla spalla sinistra.
Fremo, stringendomi a lui e premendo una coscia piegata sul suo cavallo, arricciando la gonna sulle gambe.
Il calore aumenta, la presa delle mie mani attorno a lui, il contatto dei nostri petti e le labbra premute con forza a scaldasi e scoprirsi.
Il mio labbro inferiore si piega contro quello di Zoro, permettendo alla sua lingua di leccarlo e portarselo in bocca, succhiandolo e mordendolo, mentre il mio organo del gusto assapora la pelle cotta dal sole del suo mento, deliziandomi col suo sapore forte e deciso.
Mi sfugge un gemito quando con una mano Zoro mi spinge su di lui, facendo cozzare i nostri bacini, e mi aggrappo alle sue spalle con maggior decisione, sfregandomi piano e permettendogli di toccarmi la pelle della coscia, sfruttando lo spacco della gonna.
Tramo, non di freddo, ma di caldo, un caldo avvolgente e lascivo che mi nasce dal basso ventre.
-Tremi- ansima, mordendomi un labbro, strattonandolo e succhiandolo, incalzando sempre più il bacio.
-… ah…-
È l’unica mia risposta, l’unica cosa che riesco a dire, gemere, ansimare.
Perché lo so, so che sto tremando di piacere, di desiderio di passione.
Lo so, e non e ho paura.
Un soffio gelido ci travolge, ricordandoci che sta nevicando e che la temperatura, nonostante i nostri corpi lo neghino, è calata drasticamente. Ci separiamo appena, un solo attimo, per prendere fiato e fissarci negli occhi, in cerca di una muta consapevolezza: è tardi per tornare indietro.
Tropo tardi, davvero troppo tardi… per fortuna.
Lo prendo per mano e, senza chiedergli nulla, lo trascino in sala, aprendo con velocità la porta della terrazza.
Sento le nostre dita intrecciarsi, stringersi con forza e rendere indissolubile il nostro contatto, mentre attraversiamo di corsa la sala, scansando parenti e clienti dell’intero Hotel.
Evito Hannyabal, evito Rufy, evito Koala, correndo sui tacchi e raggiungendo in fretta il lato opposto della sala, uscendone rapida con la mano di Zoro, calda e stordente, che mi accarezza il fianco.
I suoi passi rimbombano contro i miei ticchettati, susseguendosi ritmici fuori dalla sala gremita di persone, che sembrano non accorgersi di noi e della nostra corsa, che interrompo per potermi orientare per trovare gli ascensori più vicini.
Deglutisco, guardandomi attorno, faticando nell’individuare le porte dorate dei montacarichi.
E il buzzurro non aiuta il mio improvviso smarrimento, circondandomi la vita con una carezza e accostando la bocca al mio orecchio, mandando in tilt la poca lucidità che ho.
La suo mano risale il mio fianco, lo accarezza fin sotto i seni stringendo la mano opposta alla mia, mordendomi nel mentre la mandibola e baciandomi la guancia.
Mi abbandono al suo petto con le spalle, afferrando la sua mano sotto il mio seno sinistro e premendomela contro, gemendo piano contro la sua bocca ghignate che mi succhia il labbro inferiore.
Reclino il capo, mi lascio baciare, toccare, sfregando le natiche contro la sua patta che noto indurirsi e che gli provoca, ogni vota che la sfioro, un leggero ringhio di piacere.
Devo raggiungere gli ascensori, ora!
Io…
-Nami!!! Nami tesoro dove stai andando?-
Sobbalzo: cavolo, la voce di papà!!!
Senza aspettare un secondo di più prendo per mano Zoro e riprendo a correre nel corridoio che costeggia la sala congressi dell’Hotel, cercando freneticamente gli ascensori.
Dannazione, dove si sono cacciati?!?
-Oh Nami swaaan!!! Ti ho trovato finalmente!!!-
La presa del buzzurro sulla mia mano si accentua, e i suoi passi accelerano nel sentire le urla, sempre più vicino, di Sanji.
Dei passi pesanti mi avvertono che anche papà ci sta rincorrendo ed è con il cuore in gola che continuo a marciare sui tacchi, finché non sento un trillo leggero che mi fa sospirare: il campanello degli ascensori.
-Nami!!!- la voce di papà vicina, troppo vicina –Dove stai andando con Zoro? Nami!!!-
-Marimo!! Dove corri con la mia dorata Nami swan!!!-
Strattono Zoro e supero di gran lena la famigliola che sta uscendo dall’ascensore, premendo il pulsante del nostro paiano prima ancora di riuscire a mettere piede nella pedana della cabina, tuffandomici dentro con il fiatone.
Ruoto appena sui tacchi, cercando Zoro con gli occhi, ma mi ritrovo contro la parete finale dell’ascensore: le sue labbra sulle mie, le mie mani a circondarli il viso e immerse nei suoi capelli, le sue prepotentemente agganciate ai miei fianchi e il suo bacino scalpitante contro il mio, costringendomi a divaricare le gambe per far spazio alle sue, che premono con forza contro di me, strappandomi un gemito di piacere.
Riesco a scorgere i volti di papà e Sanji prima che le porte dell’ascensore si chiudano, basiti e pallidi nel vederci avvinghiati e ansimanti contro la cabina che inizia a salire i piani dell’Hotel.
Mi pare di sentire un urlo, o forse, è semplicemente un altro mio gemito di piacere.
 
 
***
 
Passi.
Veloci sulla moquette del piano al di fuori dell’ascensore, incespicati tra le gambe di lui, zoppicanti per le mutandine scese fino alle ginocchia, saltellati per le sue mani sulle mie natiche.
-… chiave…-
La mia lingua nella sua bocca, una mia mano nei suoi boxer, i pantaloni ormai aperti dal secondo piano, la camicia sbottonata dal primo.
-… c’è l’ho… mmm…- azzanna l’aria, mentre la mia mano continua ad accarezzargli l’asta dura del membro, mentre una sua mi penetra nella mia intimità.
È solo una percezione lontana quella che provo nel venir addossata allo stipite della porta della nostra stanza, premuta tra il legno freddo e il petto nudo e caldo di Zoro.
-… a-ah…-
Non ce la faccio, non ce la faccio più.
Lo voglio, lo voglio più dell’aria che manca nei polmoni e me li fa bruciare.
Voglio più pelle da mordere, più bocca da baciare, più peso su di me, più dita dentro di me, più ansimi meno vestiti, più occhi a guardarmi e meno imprecazioni contro la chiave che non si lascia prendere da lui dentro la sua tasca.
È costretto a interrompere il nostro bacio, per mandare a quel paese la chiave, ora ben salda tra due sue dita ma che ancora non vuole aiutarci, incespicando nella serratura della camera.
-E andiamo!!!- ringhia massacrandola tra le dita e schiacciandola nella serratura.
È così bello con gli occhi fissi a incenerire la chiave, la mandibola contratta dall’eros, la mano ferma a coppa sul mio cavallo, le gambe divaricate a permettermi di toccarlo, il petto che annaspa e si scontra con il mio.
Sorrido maliziosa e lo strattono per il colletto della giacca, premendomelo contro e mordicchiandogli il lobo destro, succhiandolo e lappandolo, continuando a pompare con la mano su di lui e a premermi con i seni contro il suo petto sudato.
Respira con maggiore difficoltà adesso, le gambe gli tremano contro le mie e gli occhi zigzagano tra la chiave dispettosa e il mio cavallo, stretto tra le sue dita, sempre più umido.
-Dannazione- ringhia, calciando la porta –Così non aiuti, mocciosa!!!-
-Ah no?- ansimò, risalendo il suo fallo e  stringendo nel palmo la cappella, bagnandomi del liquido lubrificante e strappandogli un roco gemito.
Mi sbatte sullo stipite, baciandomi con foga e riprendendo a pompare dentro di me con le dita, mentre con la mano libera mi massaggia un seno, lasciando che la chiave elettronica penda dalla serratura.
Ansimo, ansimo senza ritengo, e voglio che mi faccia sua ora, subito, qui nel corridoio e contro la porta.
Non mi importa che qualcuno ci veda, che le mie grida sveglino gli ospiti che si sono già coricati, non mi importa che ci conosciamo poco e che il più delle volte litighiamo.
Lo voglio.
Si stacca dalla mia bocca, iniziando a baciarmi la gola, succhiandola e facendomi gemere per tutto ciò che mi sta facendo: la sua mano dentro di me, la sua mano su di me, la sua lingua che mi lecca la gola e mi fa rabbrividire di piacere…
Piego il capo verso la porta, ansimando e aggrappandomi a lui con entrambe le mani, incapace di reggermi in piedi. Stringo le cosce attorno al suo polso, scendendo con una mano a spingergli il bacino più vicino al mio, percependo la punta del suo fallo contro il ventre, premuta tra i suoi addominali e il mio vestito.
Oh kami!!
Le pupille ruotano da sole verso l’alto, puntandosi sul numero della stanza e lasciando che il resto dei sensi mi facciano tremare di piacere, facendomi gemere per il suo profumo denso e forte, per la sua voce rotta dal piacere, per il gusto che i suoi baci mi hanno lasciato in bocca, per il tatto deciso ma delicato con cui mi penetra.
Gli occhi mi si riempiono di piacere, ed è a fatica che focalizzo il numero della stanza, riuscendo a…
-… è sbagliato…-
Si ferma.
Mano, bocca, gambe, ferma tutto e rimane immobile contro di me, ad assicurarsi di quanto ho detto.
Lo sento schioccare la lingua contro la mia gola, per poi parlare a tono basso, accarezzandomi appena le spalle con il respiro.
-Se non vuoi- mi sussurra, facendomi rabbrividire –Non ti toccherò nemmeno con un dito-
Cosa?
-Fingerò non si successo nulla e… e dormirò in corridoio per non…-
Gli mollo uno scappellotto sulla nuca, afferrando la chiave elettronica con una mano e, preso per il colletto, strattonarlo ad attraversa il corridoio del piano.
-Parlo del numero della stanza- ridacchio, raggiungendo la porta opposta a quella contro cui ansimavamo due secondi fa, inserendo la chiave nella serratura e aprendola senza difficoltà.
Mi volto a fissarlo stupito e abbastanza scocciato dall’accaduto, ma non gli permetto di replicare o sbottare qualche stupida scusa per la quale ha confuso la nostra camera, tappandogli la bocca con la mia.
Le sue mani tornano ad accerchiarmi e le mie a guidarlo sull’uscio della camera, mentre i vestiti cadono a terra.
I gemiti tornano ad essere l’unica forma di conversazione che abbiamo, le mai a testimoniare il nostro desiderio, i passi incespicati a dire quanto vogliamo stare uniti.
E io lo voglio!
Voglio stare con lui, in lui, non voglio più dividermi dal suo ghigno, non voglio stare da nessun’altra parte se non davanti ai suoi occhi, non voglio vivere lontana dalle sue braccia calde e forti che mi stringono.
Gli sfilo la giacca, getto a terra la camicia, lo aiuto con il reggiseno e non smetto un secondo di baciarlo.
Lo voglio… perché dovrebbe essere sbagliato?
-Per quanto riguarda questo…- lo strattono verso il letto, studiandolo con sguardo malizioso e voce sussurrata -… non è affatto sbagliato: io voglio-
Le coperte si gonfiano e sgualciscono non appena ci gettiamo sul letto, nudi e accaldati, stringendoci e baciandoci con foga, infischiandocene di occupare il materasso in obliquo, sfilandoci gli ultimi indumenti che ci impediscono i movimenti.
Non è sbagliato, nulla lo è.
Le sue mani sulle mie gambe, la sua bocca sulla mia, le nostre gambe intrecciate, le mie mani sulla sua schiena e tra i capelli verdi.
È giusto, è bello, è caldo, è…
-AH!-
… meraviglioso.
Inarco la schiena gettando il capo ramato tra le coperte spiegazzate non appena mi penetra, e non riesco a trattenere un grido di piacere nel sentirlo dentro di me.
Devo aspettare un paio di secondi prima di risollevare il capo, riprendendomi dal piacere che mi scuote, per poter incontrare i suoi occhi neri, fissi su di me, in cerca di un’approvazione per continuare.
Gli sorrido e, divaricando le gambe e allacciandole alla sua vita, gli do una leggera spinta, aiutandolo a sprofondare in me.
Grugnisce appena, ghignando e sporgendosi a baciarmi, tendendo le braccia a lato del mio viso, iniziando a muoversi lentamente, spingendo e ritraendosi con calma.
Mi rilasso sotto di lui, mantenendomi però sollevata con il busto, reggendolo con le braccia piegate lungo il costato e lo sguardo fisso sul suo, che indietreggia e  avanza verso di me a ogni spinta.
-Dimmi che sono vere…- ansima roco, dandomi una spinta più profonda e soffermandosi a premersi sul mio clitoride.
-Mmm… co-cosa?- stringo le cosce su di lui, unendo le nostre pelli sudate.
-Queste…-
Si abbassa con la bocca su un mio seno, inghiottendone la cima e succhiandola con vigore, costringendomi a gridare di piacere e a premergli il capo con una mano sulla coppa, implorandolo di continuare.
Oh andiamo: ancora con questa storia che ho il seno rifatto?
Mi mordo il labbro inferiore cercando di restare lucida, ma la sua lingua che lambisce l’anello scuro del seno e le labbra che lo poppano mi rendono difficile la concentrazione.
La sua bocca schiocca, geme, mi fa gemere accentuando il piacere che sento per i nostri corpi uniti.
Non ce la faccio, non posso farlo vincere così.
Non voglio ricevere piacere e basta: voglio donargliene.
Con un colpo di reni ribalto la mia posizione, ergendomi sopra di lui e spingendomi sulla sua asta, affondandola completamente in me. Mi passo una mano tra i capelli leccandomi la bocca per l’incredibile carica di piacere che il mio movimento mi ha provocato, aggrappandomi con la mano libera agli addominali di Zoro.
-V-vuoi sapere se sono vere..?- animo, piegando gli occhi a sfidarlo.
Lo vedo ghignate sotto di me, le mani tremanti sui miei fianchi e un rivolo di saliva a confermare che anche lui ha goduto con me nel sentirmi sopra di lui. Sobbalzo sul suo bacino, affondando e ritraendomi, strappandogli un gemito secco e una stretta di mani sui miei fianchi.
-Ti a-assicuro che…- inizio a pompare su di lui con velocità, muovendomi rapidamente in modo che i seni ballonzolino il più possibile per il coito -… che se fossero rifatte… mmm… non si muo-ah-verebbero cooosì… ah!-
Il piacere inizia ad essere incontenibile.
Le spinte di fanno sempre più vigorose, gli affondi più veloci e le mani di Zoro più forti su di me. La sua cappella si sfrega sulla mia parete finale, elettrizzandola e scaldandola, facendomi ansimare e gemere come mai ho fatto prima di stanotte.
Mi lascio andare, urlando e gemendo senza freni, non fermandomi nemmeno quando Zoro si solleva con il busto, afferrandomi le natiche e guidandomi su di lui, affondando il viso tra i miei seni e leccandoli con il respiro corto.
Su e giù, su e giù, sempre più veloce, sempre più forte.
Gli stringo il capo al mio petto con le mani, annaspando tra i suoi capelli e non protestando quando mi stende sul letto, bloccandomi i polsi con entrambe le mani sopra il capo, facendomi divaricare le gambe e spingendo con tutto se stesso in me.
Dentro fuori, dentro fuori.
Lento, veloce, forte, piano, gioca con la mia perla, la preme e la elettrizza, mentre lecca ancora i seni che si agitano e scalpita con il glande sulla cervice, gemendo a denti stretti o a bocca spalancata, ansimando su un capezzolo che regge tra le labbra.
Sto per venire, sento le mie pareti contrarsi e il calore aumentare nel centro del mio corpo, laddove il sesso di Zoro mi sta facendo impazzire, laddove le nostre intimità si stanno conoscendo più di quanto avessi mai immaginato a inizio settimana.
-… Zo-zoro… ah ah ah ah!!!-
Mi dimeno sotto di lui, rispondendo alle sue spinte, spingendo il bacino contro di lui e facendolo ringhiare di piacere quando i miei umori lo bagnano totalmente sull’asta e sulla pelle del pube, scivolando lenti tra le nostre pelli sudate.
Anche lui ormai è al limite, e sta scalpitando per raggiungere il piacere massimo della nostra unione, spingendosi con furia in me e facendosi sentire fino in fondo, con tuto se stesso e con tuta la sua forza.
-… Na-mi….-
Mi sforzo di mantenere gli occhi aperti, di non abbandonare l’ultima briciola di lucidità che mi resta, agganciando il mio sguardo al suo e stringendo le mani con le sue, che mi bloccano tra i cuscini.
Le sue iridi nere ancora una volta, perdutamente ancora una volta, mi intrappolano nel loro campo magnetico, inchiodandomi a lui e facendomi singhiozzare gli ultimi ansimi prima dell’orgasmo.
Il piacere mi travolge, scuotendomi da capo e piedi e facendomi inarcare la schiena verso Zoro, che si abbassa, liberandosi in me, facendo aderire i nostri petti e le nostre bocche.
Un bacio, dolce, tenero e carico di piacere che attutisce le nostre grida, permettendo solamente a noi due di godercele.
Mi sento bene, completa, al sicuro e voluta tra le mani di Zoro, e quando si accascia su di me, attento a non pesarmi troppo addosso, non riesco a scivolare da sotto di lui, e mi lascio coprire dalla sua mole, abbracciandolo con un braccio e mantenendo l’altro alzato sopra il mio capo, intrecciato al suo.
Ansimiamo piano, le fronti accostate e le bocche sperate da pochi centimetri ma gli occhi ancora incatenati.
Mi accarezza il viso, con una dolcezza che mi fa arrossire e chiudere gli occhi per un breve istante, rilassandomi contro di lui e abbandonando il capo vicino al suo.
Non so il perché di quanto appena successo, ma so che l’ho voluto dal primo all’ultimo tocco.
Non è sbagliato, non è stato sesso, non è privo di perché: è stato, e ciò mi basta.
La mano di Zoro scende ad accarezzarmi il fianco, il ventre, arrivando a posarsi sulla coscia e scivolando ancora fin sul sedere, strappandomi un sorriso malizioso.
-Nami…- posa le labbra sulle mie -… ti avviso: è da un po’ che non sto con una donna…- la mano si inoltra tra le natiche, arrivando a spingersi sulla mia entrata umida, giocherellandoci -… potrei desiderarti ancora stanotte-
Mi morde le labbra, premendo il membro non più molto morbido nel mio sesso, dove è rimato fin ora.
Ridacchio, baciandolo e sistemandomi meglio sotto di lui, piegando una gamba e portando la gemella sopra una sua spalla.
-Zoro ti avviso…- porto entrambe le mani sulle sue natiche, graffiandole con avidità -… è un po’ che non sto con un uomo…-
E con un po’ intendo un anno, un mese e nove giorni, ma tanto chi tiene il conto?
-… e potrei non accontentarmi tanto facilmente…- faccio schioccare le labbra, posandole sulle sue -… e la notte non potrebbe bastarmi-
Le bocche si uniscono, le lingue si rincontrano e i corpi ricominciano a fremere tra loro, mentre fuori dalla finestra della camera la neve continua a scendere.
 
 









ANGOLO DELL’AUTORE DISGRAZIATO E CHE NON AGGIORNA MAI:
Ma salve *evita con agilità (?) lancio di coltelli e pallottole*, come state? Tutto bene? Ottimo.
Ammetto che il qui presente capitolo doveva essere diviso in due… ma! e sottolineo MA! sono stata buna e l’ho lasciato unto: contenti?
Detto ciò siamo quasi alla fine, mancano due capitolini che pero di riuscire a postare entro fine mese (seh!! Whahahahaha!!!! Illusa me!!!), dopo di che spero di riuscire a dedicarmi a un’altra FF AU che ho abbandonato da Gennaio.
Ebbene, direte voi, un angolo dell’autore solo per campar scuse per aria?
Eh no! È un angolo dell’autore per ingraziare la mia Milly u.u
Lei è lì, nell’ombra della notte, che attende e minaccia, facendomi scrivere e punendomi aiutandomi con grande spirito a mandare aventi questa storia: a lei devo molto, a lei devo questa FF.
Questo è un angolo dell’autore per dirti grazie: grazie Milly, senza di te Nami sarebbe morta vergine e la FF sarebbe incompiuta.
Grazie davvero, di cuore, di spirito, di anima: grazie 
Zomi
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Zomi