Videogiochi > Final Fantasy VII
Ricorda la storia  |      
Autore: Aoboshi    06/07/2015    5 recensioni
C'è la pioggia in tutta la città di Midgar, tra i cunicoli scuri e isolati una donna cammina da sola, ha lo sguardo torvo. Non lo sopporta, tutto quello attorno a lei, ma presto finirà, se ha fatto bene i suoi calcoli, se il suo piano funziona, allora le cose potranno cambiare, allora si potrà vendicare. Una macchina si ferma è nera, elegante, uno sguardo verde e penetrante si posa su di lei, lo sguardo di un eroe, secondo i suoi fan, per lo meno, ma lei non è una di loro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core
- Questa storia fa parte della serie 'il soldier e la tecnopate'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Avvertenze: è giusto un raccontino, non so se lo continuerò, è solo che mi ronzava in testa da molto. Non sono la fan n° 1 di ff7, adoro solo crisis core. La fan fiction è incentrata sul nuovo personaggio, è una sorta di presentazione, potreste trovarla noiosa e forse anche un po' irritante e superba. 

Piove, l’acqua scroscia tra i marciapiedi, l’odore di umido appesta le vie della città. L’acqua sembra un serpente, scuro e nero, e
scorre in ogni dove e si diffonde come veleno. Tra le frustate di pioggia spiccano le insegne luminose, i neon sono troppo sgargianti per le mura scure di Midgar. Passo davanti al teatro, lì sembrano dare sempre la solita rappresentazione, Loveless, loveless loveless… Le mura del teatro sono sudice. Già, e pensare che non sarebbero così nere se l’inquinamento non fosse il compagno giornaliero della nostra vita. Ogni volta che esco sul mio balcone, trovo sempre quella stramaledetta patina nera. Il lampione in fondo alla strada sembra un grosso soffione, come quelli della campagna della mia infanzia, praticamente una vita fa. Ho i capelli appiccicati alla fronte, sembrano liane umidicce e scure, ecco l’utilità dell’ombrello quando la pioggia è verticale. Un mattone sconnesso, ovviamente lo prendo, ci inciampo e il mio famigerato equilibrio si perde, forse è stato raschiato via dalla pioggia acida. Rido, posso incolpare la ShinRa di un sacco di cose, ma la mia mancanza di equilibrio non è tra queste. Cerco di riprendermi, maledico il giorno in cui il mio sguardo ha incontrato quelle scarpe, un tacco considerevole, per me almeno, incapace di camminare a più di cinque centimetri da terra.  I lacci sono incrociati sul davanti, sono una sorta di stivaletto, mi avevano conquistato non appena avevo messo piede in città. Rispetto a dove vivevo, i negozi erano davvero tutt’altra cosa. Oh, ecco una vetrina infatti, cedo alla mia vanità e mi specchio. La mia figura minuta spicca sul vetro scuro,  non c’è che dire, sembro proprio una troia. Le scarpe alte, le gambe nude e bagnate e la fascetta nera che spaccio per gonna, quando so perfettamente essere una cintura stiracchiata. La camicia bianca sbracciata è aperta sul seno, un ciondolo anonimo pende da quelle parti, lo indosso a mo’ di freccia come un ulteriore “guardate qua”. Che mezzucci vili che utilizzo. Passa una macchina, spero non mi bagni, sono già fradicia. Gli abbaglianti si abbassano, la loro luce smette di abbronzarmi le gambe, le ruote rallentano e mi fanno tirare un sospiro di sollievo: non mi innaffieranno.  Sotto la pioggia non riesco a riconoscere bene l’auto, è nera. Come tutto, tutto in questo stramaledetto posto, è tutto nero. I finestrini sono oscurati, ora che la guardo meglio è molto elegante e il motore non fa il minimo rumore, sembra un gatto sornione  pronto a fare le fusa non appena l’autista premerà sull’acceleratore. Be’, o mi compravo l’appartamento o l’auto, e in ogni caso, con il mio lavoro di giornalista, una così  non me la potrei mai permettere. Il finestrino si abbassa. Io continuo a camminare, mentre la macchina segue il mio passo, bene, ce l’ha proprio con me. Colore e linea dicono una sola cosa: “élite ShinRa”. In realtà non ho bisogno di voltarmi, so chi mi sta seguendo, e, in ogni caso, il bagliore acquamarina di quegli occhi sarebbe visibile anche a chilometri di distanza. Riesco a figurarmi benissimo lo sguardo da rettile mentre mi risale le cosce, lui cercherà di non darlo a vedere, di controllarsi, quasi di contemplarle per sbaglio, come se non le vedesse davvero. Lo guardo di sottecchi… Non mi stancherò mai di aver ragione. Il suo sguardo cambia, va dal freddo e puramente disinteressato al sardonico. Già lo odio, cerco di non guardarlo o di sputargli addosso, ma la tentazione è forte e io sono estremamente debole e anche un po’ maleducata, a sentire quel ragazzo con i capelli cobalto, almeno. Mi scappa un sorriso, quel ragazzo è così sciocco, non riesco proprio a capirlo, mi chiedo sempre cosa ci faccia con loro, ma non ho modo di pensare, il tizio nella macchina avrà creduto che stessi sorridendo per lui, tanto meglio, almeno ha visto un mio sorriso sincero. Accelero il passo, spero di non inciampare, lo spero con tutto il mio cuore, ma devo camminare più veloce, devo andare ad un passo sicuro, fiero, devo sfilare, o perderò punti e non importa che abbia meno vestiti addosso di una qualsiasi squillo. Almeno giustifico il freddo che mi alita sulla pelle.
-Signorina Vayne…- la voce calda e gentile contrasta con tutto quello che provo per lui, sembra quasi volermi accarezzare con quel tono così pacato e cortese. Mi volto, spero di sorridere e non di mostrare una smorfia di disgusto. Lo guardo in faccia, pelle chiara, liscia, lineamenti troppo sottili ed eleganti, glieli invidio, praticamente sono molto più mascolina io. I capelli serici e lisci gli cadono in spesse ciocche argento davanti al viso, dietro quelle tende brillano gli occhi acquamarina.
-Soldier di prima classe, Sephiroth…- tono impostato, giusto noncurante per sottolineare il fatto che non sono lì per svenire come tutti i suoi inutili fan.
-Mi permetta di farla salire, non è il clima giusto per…- indugia sulle mie gambe, per qualche istante la pupilla si allarga, ma poi torna normale, merito del suo autocontrollo, credo. Cerco di non trionfare, o comunque di non darlo a vedere. Sorrido ancora, socchiudo gli occhi e ritorno a guardarlo, sta soppesando i miei gesti e si chiede perché faccia tutto questo. Lo scoprirà, lo scoprirà presto.
-Mi piace la pioggia – odio la pioggia, rende tutto umido e appiccicoso, i vestiti diventano praticamente una rete e il raffreddore arriva puntuale come il padrone di casa se sono in ritardo con l’affitto stratosferico.
Fa un cenno all’autista, la macchina inchioda e sono costretta a fermarmi anche io, attendo
-Mi permetta di accompagnarla allora, non è un luogo adatto ad una giovane donna sola!-
Oh, ma che tono premuroso, dolce e cavalleresco, peccato che sia una maschera, peccato che lo odi, peccato che sia una delle persone (se di persona si può parlare) più feroci che esista.
-Oh- mi porto una mano alla bocca, sgrano gli occhi, mi chiedo quando potrò mai essere ridicola – Non è necessario!-
-Sciocchezze!- ha già aperto la portella, la suola metallica dello stivale tonfa in una pozzanghera, ma l’acqua nera si confonde con il pantalone scuro e l’impermeabile di pelle chiuso sino alle cosce. Fa un cenno all’autista, il quale riparte, i fanali posteriori svaniscono nella pioggia, rimango ipnotizzata a guardarli mentre sento lo schiaf schiaf dei passi che si fanno sempre più vicini.
-Sei fradicia!- rabbrividisco, me lo ha sussurrato con un certo rammarico, come se fosse davvero preoccupato per me, sento la pelle dei guanti scivolare sulle mie braccia in un tentativo di riscaldarmi. Mi volto, scrollo le spalle. Anche lui adesso sta cominciando a bagnarsi, i ciuffi argentei si sono impregnati di pioggia, la quale brilla in specchietti d’acqua nelle pieghe dell’impermeabile. Mi prende le braccia e mi tira sotto il portico di quel marciapiede.
-Ti ammalerai!-
Maledetto corvo del malaugurio, certo che mi ammalerò… Ma se sono fortunata riesco ad attaccartelo e a farti crepare con me. Non lo dico, sarebbe contro producente, soprattutto ora che sono a buon punto.
-Non sarà una tempesta a fermarmi- gli dico, i suoi occhi divampano, diventando ferini, ogni volta che succede la pupilla si allunga come quella di un gatto. Mi circonda le braccia per proteggermi le spalle nude, vedo del disappunto nel suo sguardo, non posso negare che mi faccia piacere.
-Presto farà più freddo!- l’ha presa alla lontana, non ammetterà mai che gli da fastidio che altri possano guardarmi. Sbuffo
-Sai di quanto hanno assottigliato la calotta atmosferica le emissioni tossiche del reattore mako n°39?- lo sguardo si fa duro, ma non si azzarda a togliermi il braccio dalle spalle, mi toglie l’ombrello dalle mani e lo porta lui.
-Sheela…- il tono è grave, come se stesse sgridando una bambina, ma è solo lui l’illuso se crede che io non dica quello che penso, sono una giornalista, indagare sulla ShinRa, portare fuori tutto il marcio, è il mio lavoro, o meglio, il mio lavoro di copertura, ma non è il momento di parlarne.
-Non avremo mai più un vero inverno, il raggi del sole non possono essere…-
-Sheela, smettila!- lo fulmino con lo sguardo, lui mi lascia andare e si passa la mano sul viso, contrito. Io non la smetto, ne può anche andare di mezzo il mio piano, ma io, su questa cosa non mento!
-Se tu credi…-
Si ferma e mi guarda, mi studia ed è lì che diventa più arduo e lì che comincio a dubitare, ma poi li vedo, li sento. I miei genitori, mia sorella, sono lì che urlano, mi chiamano e mi implorano di salvarli o vendicarli, se la prima non è più fattibile… Io spero sempre che lo sia. Allora lo faccio, indosso la mia maschera, non è troppo diversa da chi sono, cambia solo una piccola, apparentemente, insignificante cosa…
Mi avvicino, i suoi occhi si abbassano sul mio decolté, ecco che la pupilla ingoia le iridi, deglutisce, socchiude appena gli occhi verdi, mi alzo sulle punte, le scarpe sono scomode, ma lui si abbassa  subito, mi prende il volto tra le mani e le sue labbra sono sulle mie. Passa la lingua sulla mia bocca, lentamente, assaporandola, emetto un gemito, come per dire che mi piace. Lui sorride contro le mie labbra, io gli mordo quello inferiore, risponde al mio gioco, è come aver avviato una macchina. Mi apre la bocca con le sue labbra, prende a morderle e lo fa con sempre più foga. Quello che prima era un semplice bacio comincia a travolgermi come questa tempesta. Molla l’ombrello, mi afferra e mi stringe tra le braccia allenate che potrebbero spezzarmi se volesse. Mi fa male e mi toglie il respiro, ma io non stacco la mia bocca dalla sua, nemmeno quando la sua lingua scende fino a bloccarmi davvero le vie respiratorie. Ansimo, il suo autocontrollo svanisce in un istante ed emerge la parte più bestiale di lui, mentre le mani guantate cominciano a scendere,  afferrano la stoffa della camicetta, quasi voglia strapparmi il seno dal corpo.  Fa male, non riesco a trattenere un gemito di dolore. Si stacca come se si fosse bruciato, mi guarda, gli occhi, quei maledetti e spaventosi cosi, hanno la pupilla allungata, luminosa e folle. E’ un momento, il suo sguardo si svuota, riprende il controllo e mi guarda, imbarazzato, ma cerca di coprirlo  con la sua solita freddezza. Mi verrebbe da ridergli in faccia, chissà cosa direbbero del  grande eroe se sapessero che la sua vita è un continuo vivere sul filo della furia, che la passa cercando di tenere a bada quel qualsiasi cosa  gli si agiti dentro. E io lo vedo, lui cerca di nasconderlo, ma io so che c’è e che è lì, che aspetta solo una scusa per esplodere. Io rimango ferma, lo guardo, lui, si abbassa e prende l’ombrello ed è come se non fosse accaduto nulla, se non che il suo respiro affannato e i bottoni saltati della mia camicetta, raccontino una storia diversa. Mi torna al fianco e camminiamo, mi guarda di sottecchi nello scollo, vede i segni rossastri lasciati dalle sue mani, fa per schiarirsi la voce.
-Sheela…-
Ogni volta indugia quando mi chiama, come se si gustasse ogni lettera del mio nome. Allora lo guardo, un po’ sorpresa anche, perché mi chiedo sempre se davvero non si accorga che lo sto ingannando,  forse si inganna anche lui. Non so cosa trova nel mio sguardo, ma è quello che cercava perché va avanti, in lontananza vedo i fari della sontuosa auto nera, ci aspetta a qualche isolato di distanza.
-Ci sarà… un congresso… alla ShinRa, so che… -
Non capisco dove voglia andare a parare ma, ha lo sguardo sfuggente, solitamente va sempre al punto, meno tempo in inutili scambi di parole, una delle poche cose che apprezzo.
-… Terrò un discorso, vorrei che tu venissi –
- Non vorrei mette in ombra Genesis…-
Mi guarda male, be’ me ne importa poco, io odio Genesis, lui odia me, come il resto della ShinRa. No, non ci voglio andare, rischierei di portarmi dietro un lancia fiamme e mandare a cagare il mio tanto sofferto piano.
-Sheela …-
Gli rendo il compito più facile – E quale discorso richiede la presenza della giornalista più amata dalla Shinny?- Lo vedo sbiancare e allora sbianco anche io, la pioggia scroscia rumorosamente, la macchina è vicina. Lui si inginocchia, mi prende la  mano e io sgrano gli occhi, ce l’ho, è mio, è fatta.
-Sheela Vayne, vorresti…-
-Sì- mi piego da copione, lo fisso, lo bacio, mi bacia, non come prima, sta volta c’è emozione, sua ovviamente, in realtà dentro di me sto combattendo una guerra tra la soddisfazione e il disgusto. Ci rialziamo, i nostri capelli sono diventati delle tende fradice, la mia camicia è una pellicola trasparente, praticamente, è come se mi avessero tirato un centinaio di secchiate addosso.
Mi abbraccia, sono piccola e in confronto a lui sembra ancora più sottile, svanisco tra le sue braccia. Mi sussurra qualcosa che sembra un “ti amo”, mi imbarazza, perché questa è la piccola, insignificante differenza. Per un istante mi figuro in quella sala pretenziosa piena di mostri in giacca e cravatta, sciacalli che guardano la futura mogliettina dell’eroe di una società infetta. E lui, il ragazzo con i capelli cobalto, i suoi occhi blu tanto buoni, delusi. NO. Cancello quel pensiero, non c’è, non esiste sereno. Mi ripeto quel “ti amo” detto dalla voce vellutata di Sephiroth. Io no, io non lo amo, ma devo, perché solo così posso fermarli, solo così posso scoprire cosa la ShinRa ama di più e, solo così, posso provare la gioia di portargliela via.       
   
 
 
 
   
 NdA: perdonatemi per la frase finale, ma non ho saputo resistere. In effetti non l'ho mai trovata troppo adatta in Advent Children, però c'era e per qualche ragione sembra la frase apertura di Sephiroth, per cui l'ho presa in prestito. A, il ragazzo a cui si riferisce, ovviamente, è Zack Fair, inoltre la frase che dice "non sarà la tempesta a fermarmi" sarebbe da pensare in inglese " Strife doesn't stop me!". Scusate se vi ho stravolto e annoiato  
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: Aoboshi