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Autore: Nanamin    06/07/2015    3 recensioni
Tara è una ragazza normale: studia, esce con gli amici, è preoccupata per gli esami, ha una cotta. La sua vita tranquilla continua, finché strani eventi cominciano ad accaderle, accompagnati da inspiegabili mal di testa.
Tara è una ragazza con un enorme potere sopito dentro di sé. Un potere che porterà grandi menti a scontrarsi, interi Paesi a sollevarsi e costringerà i Titans a fare i conti con i fantasmi di un passato che credevano ormai perduto.
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“Sei sicura di volere questo? Che nessuno si ricordi di te? Pensi di ripartire da zero?”
Red X si alzò e si appoggiò al muro.
“La verità è che non puoi cambiare così. Tutto si ripeterà finché non rimarrai da sola.”
“Perché?”
La voce di Terra uscì roca dalla sua bocca. Red X fece una smorfia.
“Perché anche se le persone e i luoghi intorno a te non sono più gli stessi, sei sempre tu.”
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Red X, Robin, Terra, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Innanzi tutto le generalità: i personaggi di questa fan fiction non sono di mia proprietà e non scrivo a scopo di lucro.
La seguente storia si colloca dopo l'episodio "Things change" dell'ultima stagione dei Teen Titans e non tiene conto del fumetto della stessa serie. Buona lettura!




NORMALITÀ








Si sedette sul letto e si tolse le scarpe facendo leva con le punte dei piedi.  I raggi di sole filtravano attraverso la finestra illuminandole i capelli e il viso pallido: la luce le fece strizzare le palpebre. Distolse lo sguardo.

Allentò con l’indice e il pollice il nodo della cravatta e tirò un’estremità facendo scorrere il tessuto in un fruscio. Passò una mano sul collo per scostarsi le ciocche bionde dalla pelle: perle di sudore le bagnarono le dita.

Sospirò di sollievo indossando un paio di shorts e una maglietta a maniche corte: un brivido le percorse la colonna vertebrale come una saetta.

Sbuffò. Il libro aperto sulla sua scrivania la riportò alla realtà, la matita e la gomma ancora appoggiate sulle pagine dalla sera prima, l’astuccio mezzo svuotato sulla superficie lignea.

Il display del cellulare s’illuminò mentre nell’aria si spargevano le note di una canzone rock. La lasciò continuare per qualche secondo sorridendo, poi afferrò il telefono:

“Amber?”

“Tara! Come stai?”

La ragazza rise e appoggiò le gambe sulla scrivania.

“Ehm, credo come un’ora fa. Perché?”

“No, niente, chiamarti per chiederti subito dell’esercizio 23 di matematica mi sembrava brutto.”

“Direi che ormai ci sono abituata.” Ridacchiò “Cosa non riesci a fare?”

“Praticamente tutto, Tara! Sono disperata!”

Prese il quaderno e girò le pagine fino a trovare un grande ventitré cerchiato in rosso in un angolo di una facciata. Scorse con gli occhi la prima riga di testo.

“Ok, va bene, stammi a sentire.”

“Ti ascolto!”

“Devi prima trovare il dominio della funzione.”

“Tara”

 “Poi devi procedere al calcolo della derivata.”

“Tara!”

“E infine devi determinare i punti di fl-“

“Tara, Tara, Tara!”

La ragazza si ammutolì e si abbandonò allo schienale della sedia.

“È troppo lungo! Non ce la farò mai!”

Tara prese una penna sulla scrivania e iniziò a scarabocchiare su un foglio. Sorrise.

“Allora che dovrei fare?”

“Beh… oh dai Tara lo sai!”

Si morse le labbra e ridacchiò.

“Va bene, dai. Domani ti passo il quaderno.”

“Tara, sei la migliore. Che altro potrei dirti?”

“A quanto pare nulla, dato che è dall’inizio dell’anno che questa storia va avanti! Ogni tanto perché non chiami James? Almeno ci spartiamo i compiti!” 

“Con uno come lui ci parlerai tu, non io!” rise “Non è la mia massima aspirazione parlare solo di equazioni e teoremi con una persona.”

“Dai, non è così male.” Sussurrò.

Tara pensò a cosa aveva appena detto, subito le guance avvamparono. Fissò lo sguardo sulla bic che roteava tra le sue dita con agilità per cercare di far defluire il calore. Benedisse di essere in camera da sola e, chiudendo gli occhi, sperò anche di non essere stata sentita.

“Tara ci sei? Devo scappare, voglio vedere una serie tv!” Lo squillare della voce della sua amica la riportò alla realtà.

“Cosa? Ma non dovevi studiare?” 

 “Domani copierò alla prima ora!”

“Ma non c’è solo l’esercizio 23 per domani” disse alzando un sopracciglio. 

“Tara…”

“Va bene! Ho capito. Puoi copiare tutto da me.”

“Grande Tara, sei la mia salvatrice!”

La ragazza bloccò la penna nella sua mano e rise.

“Che c’è, mai vista una supereroina prima d’ora?”

“A parte te no.”

Lancinante una fitta si fece largo nella sua testa, incisiva come un chiodo battuto da un martello.

Tara strinse il pugno destro. Per un secondo, non vide altro che bianco.

“Tara? Scherzavo! Ora devo andare, ciao!”

Amber chiuse la chiamata senza nemmeno attendere risposta. Il dolore scomparve così com’era arrivato. La ragazza non sentiva più nulla.

Tara sbatté più volte le palpebre e si massaggiò una tempia. 

Aprì il palmo della mano destra, la penna rotolò via e cadde sul foglio scarabocchiato. Al suo posto, rosso e lucente, il profilo dell’oggetto inciso nella sua carne.

Si girò verso la finestra: la luce entrava ancora prepotente, il cielo era limpido. Si buttò sul letto. Era stanca.

 



 

 

Robin piombò con un salto davanti all’uomo. 

“Arrenditi, non riuscirai a rubarlo!”

In una teca avanti a loro era esposto un piccolo rettangolo di carta. Un francobollo. Nero, con un viso di profilo stampato sopra.

“Mi dispiace, m-ma è l’ultimo che manca alla mia c-collezione!”

L’uomo era quasi calvo. Il suo occhio sinistro si apriva e si chiudeva a scatti, mentre l’altro era completamente spalancato. Tutta la sua figura tremava, affetta da continui sussulti.

“Il P-penny Black è l’ultimo. Ed è mio.” 

Scoppiò in una risata più simile ad un singhiozzo.

“Amico mi sa che hai bevuto un po’ troppi caffè” disse Cyborg alzando un sopracciglio.

“Non si manca di r-rispetto ai più grandi.”

L’uomo tirò fuori dalla tasca una grossa carta da gioco con sopra disegnato un francobollo e ne leccò la parte bianca.

“Sei sicuro di stare bene?” Beast Boy si grattò la nuca.

Egli sogghignò:

“I-io? Benissimo. Al contrario di voi.” 

Subito lanciò la carta verso di loro. Un’esplosione invase l’ala del museo sbalzando via i cinque ragazzi e rompendo i vetri di tutte le teche.

Al dissolversi del fumo il francobollo era sparito.

Cyborg si rimise in piedi:

“Cavolo, com’è possibile che ci abbia fregato un tipo così strambo?” 

“Poche chiacchiere” disse Robin mentre si toglieva la polvere da dosso “Andiamo!”

Tutti lo seguirono, Beast Boy mutato in ghepardo e Starfire con sfere d’energia verdi attorno alle mani.

Fuori del museo lo videro intento a salire su una macchina nera. Il rombo del motore spezzò il silenzio notturno.

“Fermati!” Robin scattò verso di lui allungando il bastone. “Titans, all’attacco!”

L’auto partì sgommando. Starfire si alzò in volo e colpì più volte urlando. Numerosi crateri si formarono sull’asfalto senza tuttavia colpirla.

Beast Boy raggiunse in corsa il veicolo e vi balzò sopra affondando gli artigli nella carrozzeria. Subito la macchina sterzò facendo testacoda e il felino venne spazzato via sbattendo con la schiena contro un muro vicino.

“Beast Boy!” Starfire si precipitò verso l’amico, tornato di forma umana.

“Azarath Mitrion Zintos!”

L’auto si dipinse di nero e si sollevò da terra. 

Raven, in volo e con le braccia tese, digrignò i denti.

“Hai finito di scappare.”

Il veicolo venne sbalzato contro un edificio. I finestrini si ruppero, la carrozzeria si accartocciò come una pallina di carta, il fumo iniziò ad uscire dal cofano.

Nessun rumore, nessun movimento. Per secondi.

Beast Boy si era tirato a sedere e si massaggiava la schiena con Starfire inginocchiata vicina a lui. Raven era in piedi, impassibile.

Cyborg ritirò il cannone.

“Ma che l’abbiamo fatto secco?”

“Sh!” Robin si avvicinò sospettoso alla portiera della macchina. Avvicinò il bastone e diede due colpetti alla carrozzeria.

All’interno del finestrino tutto era nero. Robin strizzò gli occhi cercando d’intravedere qualcosa.

Una lucina rossa, simile a un puntino, galleggiava nel buio. Piano piano s’ingrandì. Divenne intermittente.

Robin spalancò gli occhi.

“Cos-“

Una grande carta da gioco gli si appiccicò sul petto. La spia su di essa era sempre più veloce.

Robin urlò e piantò le dita sulla carta, tirò i lembi. I guanti scivolavano sugli angoli e sul dorso, il sudore gli colava dalle tempie. La luce era ormai quasi continua.

Il ragazzo serrò la mascella, si sfilò la maglia e la buttò in aria.

“Azarath Mitrion Zintos!”

Il rombo dell’esplosione investì i ragazzi, che si ripararono dietro alle loro braccia. 

Silenzio. Robin sollevò la testa: una grande bolla nera stava fluttuando a mezz’aria, restringendosi e allargandosi più volte fino a dissolversi in un filo di fumo.

Raven crollò a terra in ginocchio, ansimante.

Beast Boy scattò in piedi.

“Sta scappando!” urlò indicando di fronte a sé.

“Preso!”

Cyborg diede un pugno sulla nuca dell’uomo in fuga buttandolo per terra. Si avvicinò a lui e lo tirò su prendendolo per il colletto.

“Ragazzi, questa sera ci meritiamo doppia razione di pizza al formaggio.”



 

 

“Maestro, devo procedere?”

Una figura nera, imponente, guardava avanti a sé con le braccia incrociate dietro alla schiena.

“No, apprendista. Porta pazienza, il momento è vicino.”

   
 
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