Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: meiousetsuna    06/07/2015    10 recensioni
Vincitrice del Contest: C'era una volta - Seconda Edizione, di SamidareEfp
Partecipa al contest: Una sana risata! di AmahyP
Storia partecipante al contest “Lavoratori allo Sbaraglio” di Laodamia94 sul forum di Efp.
Nel regno, in pericolo per la morte del Re, ognuno vorrebbe conquistare il trono.
Un giovane scudiero, nel castello di Grande Autunno, con l’aiuto di una potente maga scoprirà le sue capacità!
“Voi, del castello, udite! Secondo il testamento di Re Bobby Baratheon, chi estrarrà la spada dalla brocca sarà il nuovo Re. Il torneo per scegliere i cavalieri che avranno questo onore avrà luogo tra due settimane nella dimora del reggente, il Piede del Re, Lord Lannistarwars. Siete tutti invitati e non fate i bifolchi come al solito, portate qualcosa per il party! Un rustico al formaggio, delle tortine di crema al limone…”
Al sentire quel nome Eddard si era dato una sistematina alle parti intime poco confacente al suo stile riservato. “Porteremo del vino, Bob sarebbe stato felice”.
Gionsnò lo guardò con riprovazione. “Alcolici a una festa con dame e minorenni?”
“Non sai niente, Gionsnò? Se non assaggi del vino sospetteranno di te. Chi non beve in compagnia/è il Figlio dell'Arpia"
Genere: Avventura, Comico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daenerys Targaryen, Eddard Stark, Jon Snow, Melisandre di Asshai
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Prima del contest: C'era una volta - Seconda Edizione, di: SamidareEfp
Partecipa al contest: Una sana risata! di AmahyP
Storia partecipante al contest “Lavoratori allo Sbaraglio” indetto da Laodamia94 sul forum di Efp

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Favola: La spada nella roccia
Fandom: Game Of Thrones
Personaggi principali: Jon Snow, Melisandre, Ned Stark, bad!Daenerys
Rating: Verde
Genere: Comico, parodia, avventura
Avvertimenti: Movieverse, bashing
N.d.A.: In accordo col Devoto – Oli, volendo essere un ‘testo antico’, ho usato la maiuscola per tutti i titoli nobiliari, anche minori come Lady e Ser quando precedono un nome proprio

 La Spada nella Brocca

C’era una volta, in un paese lontano lontano… “Un sontuoso castello, abitato da un saggio Re e una splendida Regina!” direte voi, piccoli amici saputelli. E invece no!
Il castello non era che un insieme di vecchie pietre che stavano su per miracolo, il territorio che formava il feudo era paludoso, abitato per lo più da sanguisughe, ratti della peste nera e certe zanzare enormi che venivano chiamate con timore reverenziale ‘zanzare lince’.
‘Tigre’ avrebbe fatto più effetto, ma erano persone ignoranti, che si rifacevano solo alla fauna locale: bisognava compatirli, poverini.
Non c’era una contea più infelice in tutta l’Inghilterra: il suo signore, Lord Eddard ‘Sveglio è il mio secondo nome’ Stark, la governava sì con onore, ma con una serie di complicazioni da esso derivanti di non piccola entità.
Il suo popolo si ricordava benissimo della volta nella quale aveva ordinato di aprire la porta nella cinta muraria, perché i nemici avevano chiesto di entrare dicendo “per favore”.
Eddard si sarebbe sentito invero maleducato: pazienza se gli invasori avevano dato fuoco a qualche casupola, fuggendo poi con armi e provviste che sarebbero bastate per tutto l’inverno.
Era seduto nella sala del trono, sotto lo stendardo della sua gloriosa stirpe, che raffigurava un lupo con una sciarpa di lana: ‘l’autunno sta arrivando’ era il loro motto e avevano ragione.
Infatti in quel momento giunse un trafelato messaggero a cavallo, che portava una terribile notizia.
Il Re d’Inghilterra era morto e oscure ombre di guerra si addensavano anche su Eddard, suo figlio Robertino e quel trovatello smunto e triste che aveva accolto sotto il suo tetto.
Certo, poteva sperare nel presagio, ma era una follia.
Nell’atto di esalare l’ultimo respiro, il Re aveva esclamato queste parole, rivolgendosi al paggio di corte: “Chi ti ha dato questo nome idiota? Altro vino!” L’arma che brandiva in ogni istante era ricaduta nell’oggetto più vicino al letto —  che tanto per cambiare era un otre pieno di vino rosso — restando conficcata per magia, mentre la terracotta si solidificava intorno alla lama e una scritta appariva incisa all’esterno.
‘Chi estrarrà la spada dalla brocca, sarà il nuovo Re’.
Fandonie buone per i bambini…

♥♥♥

Il grande lupo spelacchiato si aggirava quatto nel bosco buio e fitto di abeti; il suo nome era Spiffero Nero e capeggiava un piccolo branco composto dai suoi fratelli e sorelle: Allucinazione — che era di un bianco accecante — Cagnetto, Primavera, VeraCagna e Sailor Nymeria.
La sua preda era un povero adolescente tutt’ossa, che stava cercando invano di recuperare una freccia persa dal fratello d’adozione, Ser Robertino, un ragazzone alto e prestante che lo tiranneggiava tutto il giorno.
A dispetto degli abiti neri vecchi e rammendati che indossava e della sua misera persona, il giovane aveva dei capelli così splendidi che le fanciulle del feudo passavano interi pomeriggi a girarsi i suoi  riccioli corvini intorno alle dita, senza stancarsene mai.
“Devi recuperare la freccia, bastardo!” Robertino era sempre serio e di cattivo umore, come se sospettasse che il mondo intero stesse cospirando contro di lui.
“Corro a prenderla, tornerò subito!”
Così il ragazzino si addentrò senza riflettere nel fitto degli alberi, seguito dai lupi che speravano in un banchetto imprevisto; difficilmente qualcuno era così stupido da inoltrarsi fin nel cuore del bosco, che era popolato da misteriose creature in confronto alle quali loro erano cagnolini da salotto.
Improvvisamente, uno sbuffo di fumo attirò l’attenzione del ragazzino: qualcuno aveva approntato un fuoco per cucinare, spandendo un meraviglioso profumo che stuzzicò il suo appetito mai saziato a sufficienza.
In effetti nel cortile di una casetta dall’aspetto bizzarro, una donna molto attraente, abbigliata dalla testa ai piedi dello stesso rosso dei suoi magnifici capelli, arrostiva sulla brace viva quello che sembrava un succulento rotolo di pollame.
La signora aveva una vera fissazione per tenere sempre il fuoco acceso, tanto da costringere il suo animaletto domestico, VedoChiaro — un bel corvo con tre simpatici occhi che ti fissavano in modo inquietante — a uscire in cortile per non soffocare, finché si era arresa e almeno nella bella stagione aveva accettato di allestire i falò all’aperto.
“Sta arrivando, VedoChiaro”.
“Certo, certo…” il corvo parlava perfettamente la lingua degli umani, nello specifico l’inglese con uno spiccato accento del Northumberland* “anche io distinguo una sagoma, Merlisandre,** ma tutti sono capaci di indovinare qualcosa se restano sul vago”.
“È uno scudiero di tredici o quattordici anni, mal messo, e in pochi secondi sarà qui. Uno, due, tre…”
Questa volta la previsione della maga era precisissima, visto che il suddetto personaggio si precipitò nel cortile, lasciando Spiffero Nero a bofonchiare tra sé sulla sua sfortuna, dopo essere giunto a pochi centimetri dalle magre caviglie del ragazzo.
“Mi dispiace milady, non volevo entrare nel suo possedimento, cercavo di fare il mio dovere, sono rovinato se non riporterò indietro una cosa”.
La donna si avvicinò con fare mellifluo, sollevando il mento del suo interlocutore con le dita.
“Come ti chiami?”
“Il mio nome è Gionsnò, ma gli amici mi chiamano il bastardo!” Rispose fieramente.
“Eh… hai dei begli amici, sì!”
“Oh! La bestia ha parlato!”
Merlisandre non riuscì a nascondere una risata malefica nel vedere l’espressione inferocita del suo altezzoso corvo nel sentirsi denominare come un inferiore rispetto agli umani, che trovava così sciocchi e superficiali.
“Io sono Lady Merlisandre, la strega rossa, l’ancella del dio Bon R’holl Aia, la più nota sacerdotessa delle fiamme di tutta l’Inghilterra, naturalmente avrai sentito cantare le mie gesta”.
“Veramente, milady, non ne avevo idea, non esco mai dal castello”.
“Non sai niente, Gionsnò! Ma non importa, vuol dire che mi occuperò della tua istruzione e VedoChiaro mi aiuterà. È un vecchio topo di biblioteca”.
“Eh no! Bestia, roditore! Sono un nobile corvo con tre occhi, parlatemi con rispetto se volete la mia collaborazione”. Il volatile cercava di apparire indignato, ma qualcosa in Gionsnò gli suscitava una strana familiarità.
Merlisandre non si fece certo distrarre e passato un braccio intorno alle esili spalle del ragazzo lo attirò vicino a sé.
“Vedo il futuro, benissimo. Non faccio mai confusione sai? C’è un trono molto strano nel castello reale e ti ci siederai sopra assai presto, devi solo seguire i miei consigli. È tutto forgiato in metallo e richiederà ore e ore di concentrazione una volta che avrai preso posto.”
“Io vedo una strega m.i.l.f. e il trono dove passerai le giornate te lo spiego io cos’è! Si chiama ‘seggetta’, la inventeranno nel XVI secolo e…”
VedoChiaro schivò per un pelo una scarpa rossa col tacco otto della sua amica veggente, ritirandosi tra i rami di una quercia mentre si rotolava dalle risate.
“Corvaccio! Bon R’holl non da mai informazioni errate. E ora andiamo a ovest, ci conviene non attardarci, il bosco di notte è oscuro e io ho terrore, non hanno neppure inventato gli accendini… che secolo buio!”
“Lady Merlisandre veramente il feudo del mio padre adottivo si trova a est”.
“Lo so, ma per andare a ovest si cammina verso est, per andare a nord si avanza verso sud! Non sai proprio niente, Gionsnò!”
Lo scudiero sospirò rassegnato, mentre gli ululati e le imprecazioni di Spiffero Nero, che si era appostato verso ovest con le fauci aperte, richiudendole sulla propria lingua, risuonavano nell’aria fresca della sera.

♥♥♥

Era ormai sceso il tramonto, quando lo strambo gruppetto formato da Gionsnò, Merlisandre e VedoChiaro passò sul breve ponte levatoio appena prima che questo venisse sollevato e richiuso.
Lord Eddard in persona si fece incontro al figlioccio, con un’aria che non prometteva niente di buono.
“Bastardo! —  non era un insulto, stava solo usando il nomignolo comune del ragazzino — mi hai fatto preoccupare e questo non è nobile. Inoltre hai perso le frecce di Robertino”.
“Perso le frecce!” Ripeté l’erede, con aria poco intelligente.
“Questa signora? Naturalmente è un onore conoscerla”.
“Mi chiamo Merlisandre, Lord Stark, sono una famosa maga al servizio di Bon R’holl; sono qui per dare un’educazione a Gionsnò, sono certa che gli tornerà molto utile”.
“Come no, cara Merlettona! Imparare a scrostare la cera dai tavoli col coltello, legare i messaggi alle zampe dei corvi, preparare dei buoni ghiaccioli, questo sì che gli servirebbe. Naturalmente Lady Merlotta lei è gradita ospite finché vorrà, anche se non amo molto i culti pagani. Può prendere possesso della torre più alta, quella caden… dicevo! Quella vintage”.
Eddard cambiò tono rivolgendosi a Gionsnò.
“Adesso fila in cucina, bastardo, devi rigovernare tutto prima di andare a dormire sul tuo pagliereccio. Hai anche la coperta, l’autunno sta arrivando, lo sento nei calli”.
La strega rossa tremava dal nervosismo represso.
“Mi chiamo Merlisandre, è duro d’orecchi?”
“Merylina, che ho detto?”
Prima che la situazione degenerasse, uno squillo di tromba nel cortile del maniero attirò l’attenzione di tutti i presenti.
“Voi, del castello, udite!” Il messaggero stava gridando con tutte le sue forze. “Come è noto, secondo il testamento di Re Bobby Baratheon, chi riuscirà a estrarre la spada dalla brocca sarà il nuovo Re. Il torneo per scegliere i cavalieri che avranno l’onore di misurarsi in questa prova avrà luogo tra due settimane nell’accogliente dimora del reggente, il Piede del Re, Lord Lannistarwars. Siete tutti invitati e non fate i bifolchi come al solito, portate qualcosa per il party! Un rustico al formaggio, delle tortine di crema al limone…”
Al sentire quel nome Eddard si era dato una sistematina alle parti intime che non era davvero confacente al suo stile riservato. “Porteremo del vino, Bob sarebbe stato felice”.
Gionsnò lo guardò con riprovazione. “Alcolici a una festa con dame e minorenni?”
“Non sai niente, Gionsnò? Se non assaggi del vino sospetteranno di te. Chi non beve in compagnia/è il Figlio dell’Arpia”.
Con poche idee, ma confuse, al nostro eroe non restò che andare a dormire, sperando che la notte portasse consiglio.

♥♥♥

No. Decisamente un laghetto dalla superficie melmosa e dalla profondità ignota non era certo invitante, per Gionsnò. Non sapeva nuotare e a dirla tutta non era neppure amico intimo del mastello con l’acqua e sapone, a parte per i celebri capelli che le sue amiche volontarie gli lavavano una volta a settimana con gridolini di compiacimento.
Merlisandre, di contro, era radiosa anche se il suo sorriso non era proprio bonario; si stava preparando a divertirsi e questo poteva rivelarsi piuttosto insidioso.
“Tutti gli elementi sono indispensabili e sapersela cavare nei diversi ambienti aumenterà le tue possibilità di fronte ai pericoli. Questa per te è poco più di una pozzanghera, ma per le creature che vi abitano significa la vita, la morte, la caccia, la morte, l’evoluzione, la morte, l’adattamento… ho già detto la morte?”
“Sì, milady, e la vostra collana ha emesso uno scintillio sinistro, che significa?”
“Nulla, è prismatica! Riflette la luce del sole che Bon R’holl, con magnanimità, fa risplendere su di noi”.
“A proposito, è vero che di notte dormite con una candelina accesa sul comodino?”
Nessuna risposta giunse in tempo al giovane, perché in pochi istanti non aveva più le orecchie. In compenso gli erano comparse le branchie, le pinne e delle squame di un color ferro brunito un po’ triste.
Dopo un attimo di panico, il pesciolino si era istintivamente tuffato, seguito a ruota da un sensuale pesce rosso scuro, con la coda semitrasparente che fluttuava armoniosa.
Dopo aver inghiottito parecchia acqua di traverso, aver nuotato capovolto ed essere andato a sbattere contro ogni ostacolo possibile, Gionsnò se la stava cavando meglio, quando un’ombra minacciosa e gigantesca lo sovrastò completamente.
“Cos’è questo mostro?” Il piccolo era in preda al panico, mentre osservava il più enorme esemplare di trota mai visto da anima viva, con una chiostra di denti aguzzi e sporgenti.
“È il Pesce Nero ed è piuttosto vendicativo da quando è stato catturato e rinchiuso in una vasca con due torri di pietra per decorazione… è saltato fuori e ora si aggira sbranando i pesci piccoli. Ops! Nuota, Gionsnò, ma soprattutto usa il cervello!” Certo, pareva facile!
Dopo un inseguimento al cardiopalma, finalmente Gionsnò ebbe l’idea di lanciarsi attraverso un vecchio elmo arrugginito, seguito dalla trota che però rimase intrappolata tra le fasce della visiera. Con un guizzo si portò sopra il pelo dell’acqua, venendo afferrato al volo con delicatezza da VedoChiaro, che lo depositò a terra, mentre riprendeva le sue fattezze umane.
“È stato fantastico, lo rifacciamo? Dieci minutini?”
“Mai contenti, questi ragazzi del giorno d’oggi”. Il corvo era critico come al solito.
“Torniamo a casa, domani ci sarà un altro tipo di addestramento”.
Gionsnò rispose affermativamente con un cenno, mentre cercava di fare una timida carezza sulla testa di VedoChiaro, che fingeva il più grande disgusto per il sollazzo di Merlisandre.

♥♥♥

“Ti ho detto di spazzare il pavimento, pulire i piatti, stirare le tovaglie e tu invece che fai? Ti trastulli con scherzi infantili e salti sui tavoli? Ora ti insegno io!” La governante di Grande Autunno, Caty, nutriva un vero e proprio odio immotivato per quel ragazzino, che lei per prima aveva deciso di chiamare bastardo in sostituzione del suo nome.
Mestoli e padelle volavano a pochi millimetri dal viso di Gionsnò, finché la porta delle cucine si aprì, lasciando passare un nervoso Lord Stark.
“Cos’è questo baccano?” Eddard e Robertino — che aveva seguito il padre, indossando ancora il suo set di ciabatte e borsa dell’acqua calda a forma di lupo — erano molto arrabbiati.
“Caty mi tratta sempre male, ma io volevo solo imparare cos’è la forza di gravità”.
“La forza… cosa?”
“Di gravità, milord”. Merlisandre era sopraggiunta silenziosamente alle loro spalle, pronta a intervenire.
“Lady MariaSandra, lei sta esagerando! Non vogliamo lezioni di magia e stranezze varie nel nostro castello”.
La strega rossa si trattenne dal formulare una sostanziosa maledizione che incatenasse la lingua del lord finché non avesse pronunciato correttamente il suo nome, ma si fermò: poteva volerci un’eternità e non avevano tanto tempo, il torneo si avvicinava.
“Certamente. Andremo a studiare all’aperto”.
Gionsnò era bravo ad arrampicarsi sugli alberi, ma il suo stupore fu grande quando sentì che era diventato molto più facile. La sua corporatura era minuscola, delle agili zampette avevano sostituito gli arti e un bel pelo brunito lo copriva completamente.
“Sono uno scoiattolo, evviva! Guardi, Merlisandre, senza mani!”
“Certo, non le hai! Non saltare così lontano all’inizio”.
VedoChiaro era appollaiato sul ramo più alto del maestoso abete, con fare indifferente, in realtà pronto a intervenire in caso di necessità. Non era mai stato tenero con i cuccioli di qualsiasi specie, ma quel ragazzino lo faceva pensare proprio a un corvetto.
Gionsnò prese la rincorsa ed eseguì un balzo quasi perfetto, atterrando su qualcosa di soffice e tiepido.
“Scusami, non volevo”. Il ‘qualcosa’ era una scoiattolina, di pelo rosso per giunta!***
Merlisandre emise un sospiro di rassegnazione, trasformando anche se stessa in un esemplare fulvo, di stazza notevole.
Si avvicinò alla più piccola, comunicando con lei in Alto Scoiattolese, per poi tornare a riferire la conversazione a Gionsnò.
“Si chiama Ygry e vorrebbe accoppiarsi con te, è la stagione giusta”.
“Cioè? Fare coppia per giocare?”
“No”.
“Formare un duo comico?”
“Hem… no. Fare una cucciolata, capisci?”
“E come li costruiamo?”
Non sai niente, Gionsnò! Apri bene le orecchie, non lo dirò due volte”.
Quando ebbe ascoltato la spiegazione, lo scoiattolo fu assalito da un attacco di panico; vista una barriera di tronchi, pensò che se l’avesse scavalcata sarebbe stato al sicuro, ma Ygry lo raggiunse tirandolo giù per la folta coda.
A Merlisandre non restò che farlo tornare umano, causando un forte spavento al povero animaletto.
“Cewouw!” (Bastardo! In Scoiattolese delle Città Libere)
La strega si sarebbe lasciata andare a una bella risata, se non avesse avvertito un pericolo.
Ai piedi dell’albero sul quale si trovava, un grosso cervo con un filo di bava alla bocca le lanciava occhiate languide, invitandola a scendere.
Al solito, fu VedoChiaro ad avere ragione sui rischi di quelle stramberie, mentre Merlisandre tornava donna in una nube di fumo scarlatto.

♥♥♥

“La cucina è indemoniata!” Caty correva nei corridoi del castello, inseguita da stoviglie sporche e ossi di prosciutto, per non parlare del pane e sale che le piacevano tantissimo.
“È ora di finirla! Bastardo, Lady Merlettata, avete esagerato. Visto che le esercitazioni di stregoneria vi occupano tutto il giorno, sceglierò un altro ragazzo per fare da scudiero a Robertino. C’è giusto un bravo e affidabile giovane mio ospite, Mattheon, che sicuramente farà un buon lavoro. È deciso”.

Queste parole crudeli continuavano a risuonare nella mente di Gionsnò, che faticava a trattenere le lacrime di delusione che affioravano nei suoi occhioni dolci.
“Coraggio, non è la fine del mondo. Certo, è l’occasione di conoscere dei cavalieri leggendari, partecipare a banchetti squisiti, ammirare bellissime dame, provare a impugnare delle vere armi, scoprire le insegne dei lord di terre lontane e misteriose, mettersi in luce. Niente di speciale, insomma!”
Gionsnò per la prima volta avrebbe risposto qualche parola sgradevole a Merlisandre, ma era troppo educato per spingersi a tanto.
“La lezione di oggi ti ricompenserà, vedrai. Ieri mi hai confessato che non riesci proprio a studiare la geografia, così ti darò una prospettiva che renderà le cose più facili”.
Poche parole sussurrate nell’aria e delle piccole ali spuntarono dalla schiena del ragazzino, che si sentì diventare leggero, fino a prendere le sembianze di un bel corvo in miniatura.
“Lo sapevo!” VedoChiaro era così contento da non riuscire a nascondere la sua approvazione. “C’era un che di valido in lui!”
Prima che la strega potesse impartirgli delle istruzioni precise, Gionsnò si era buttato dalla torre, all’inizio pentendosene mentre vedeva il terreno avvicinarsi rapidamente, poi felice quando con una virata all’ultimo istante prese il vento nel modo giusto.
“Sto volando, è bellissimo, è facile come…”
Quello che il ragazzo non imparava era che una buona dose di sfortuna lo accompagnava sempre, specie se affermava di sentirsi sicuro di qualcosa.
Uno sbuffo di fumo denso e maleodorante che fuoriusciva da un camino lo investì in pieno, facendogli perdere il controllo e riempiendogli gli occhi di pulviscolo, tanto da farlo miseramente precipitare nella sporchissima canna fumaria, atterrando in un antro inquietante.
Il pavimento era cosparso di ossa di capra spolpate, mentre pupazzetti di San Valentino che rappresentavano dei Mini Pony con un buco nel petto e la scritta: ‘Mi hai rubato il cuore’ tra le zampine, giacevano ovunque.
Francamente questi dettagli non ispiravano molta tranquillità rispetto alla sanità mentale del padrone di casa.
La dama in questione doveva essere stata estremamente bella in gioventù, ma adesso appariva una vera stralunata. I capelli, di un biondo platino poco indicato per la sua età, erano acconciati con delle vistose treccine che scendevano sulla profonda scollatura dell’abito con gli spacchi aperti in tutte le direzioni.
Stava leggendo delle rune che sembravano realizzate in pelle umana, quando il rumore del brusco atterraggio dell’uccellino la distrasse.
“Cosa abbiamo qui, la cena? Stavo facendo delle domande sulla morte e distruzione dei miei nemici, magari a causa della peste, ma sei una buona distrazione… ti sei ferito gravemente, spero!”
“Milady, non mi metta in pentola, la prego! Sono un umano, mi chiamo Gionsnò e sono stato trasformato dalla più grande maga di tutti i tempi, Merlisandre”.
Io sono la numero uno!” Dalla narici della donna uscivano sbuffi di vapore degni di un drago. “Almeno sai con chi stai parlando?”
“No, mi dispiace”.
“Io sono la celebre Dany della casa Danò! La ventesima del mio bel nome, nata dalla pioggerella molesta, la non ustionata dalla pentola senza presine, madre nonché figlia delle lucertole, distruttrice di lucchetti, protettrice dei sette paeselli nel raggio di un miglio, ex reginetta di bellezza dei Sandali, degli uomini di seconda scelta, dei Rovinar! Sono colei che ha i capelli placcati argento, il sangue dell’antica Valeriana, la legittima sovrana di qualsiasi reame, al di qua e al di là della Manica, del regno di Meringh, Calessino per attraversare il mare d’erba, e in Russia mi chiamano Misha! Tutti sanno!”
“Oooh!... Veramente quello di cui sono certo è che si dica: lo sanno, perché del resto non ero proprio a conoscenza”.
NON SAI NIENTE, GIONSNÒ!”
Prima che il ragazzo potesse esprimere una vibrante protesta la porta si spalancò, lasciando entrare la strega rossa; il suo consueto sangue freddo era svanito nel nulla, mentre fissava la sua nemica numero uno.
“Dany! Lascia in pace il mio protetto, veditela con me, o hai troppa paura?”
La donna dai capelli platinati le rivolse un sorriso sadico, facendo scaturire delle fiammelle dalle mani, mossa che non spaventò affatto Merlisandre, che con uno sguardo al laser accese il fuoco nel camino della maga.
“Usciamo e facciamo un duello leale. Ci trasformeremo in animali, niente di eccessivo, lo sai; i draghi non sono ammessi dalla confederazione”.
“Uffa! Non mi piace giocare con te, ma se insisti… tu resta qui”.
Gionsnò non pensava affatto di muoversi dal suo angolino, almeno finché le due opponenti non furono in cortile, dandosi le spalle.
“Al mio dieci. Uno, due… Dany? Non ti sarai già trasformata?”
Troppo tardi! Una velenosissima manticora, per altro brutta come la fame, si stava avvicinando di soppiatto ai piedi di Merlisandre.
“Non vale!” Un attimo e la rossa era diventata un cavallo purosangue.
“So che ti piacciono questi animali, non oserai!”
“Muhaahaha! Certo, mi piacciono tanto!” Dany aveva estratto forchetta e coltello, che però le caddero nel momento in cui la sua stazza cambiò in una enorme, con le fattezze di un mammuth del Nord, che avrebbe schiacciato con facilità il destriero, se Merlisandre non fosse stata abbastanza rapida.
All’inizio sembrava svanita, mossa proibita in quel tipo di sfida, quando il mammuth guardò in basso.
Un topo, della temibile specie dei Topi Cuochi, le stava facendo ‘bu!’.
“Che schifo, ho paura! La pagherai, stregaccia!”
Il topino fece bene a cominciare a correre, visto che Dany era adesso un bel leone dalle zanne dorate, molto insidioso per il roditore, almeno finché questo mutò in un kraken che avvolse i tentacoli attorno al collo del felino.
“Sono stufa di essere corretta! Sei finita, Merlisandre”.
Come era prevedibile, Dany stava barando; da una nuvola di fumo bollente, uscì il rettile più enorme e spaventoso mai visto sulla terra. Era coperto di squame nere e al collo portava una medaglietta in caso di smarrimento con la scritta ‘Ho perso il mio drago: lauta ricompensa per chi lo riporterà’.
Il mostro era tutto gongolante, ma qualcosa non andava per il verso giusto. Un potente starnuto, seguito da brividi e la comparsa di macchie pallide gli fecero venire qualche sospetto.
“Dove sei, Merlisandre?” Ruggì l’animale.
“Sono in circolo dentro di te, Dany. Per l’esattezza, sono il virus della dissenteria livida; divertente, no?”
Il drago non fece in tempo a rispondere, che dovette affrettarsi a cercare un luogo appartato, cosa non semplice considerando le sue dimensioni.
“Vinco sempre, grazie a Bon R’holl! Non mi farebbe mai strani scherzi!”
Gionsnò nutriva qualche perplessità, ma si accontentò di trovarsi dalla parte giusta e  — riconquistata la forma umana — trotterellò dietro la sua amica, convinto di tornare al castello e godersi il meritato riposo. Ma quella sera, tutto stava per cambiare…

♥♥♥

Grande Autunno era rischiarato dalle fiamme come se fosse mezzogiorno, e tutti correvano trafelati portando secchi d’acqua dal pozzo.
“È stato Mattheon! Ha preparato un barbecue e quando ha carbonizzato tutto per sbaglio è scappato!”
Merlisandre era al settimo cielo; non le pareva vero di avere finalmente una buona illuminazione notturna.
La sua espressione estasiata avrebbe potuto provocare uno scontro con Lord Stark, così Gionsnò la convinse almeno a fingere di collaborare a spegnere l’incendio.
Infatti Eddard li raggiunse subito.
“Robertino non può restare senza scudiero. Bastardo, non lo meriti, ma devo riprenderti come aiutante. Prepara i bagagli, partiamo domani”.
“Evviva! Non vi deluderò!”
“Gionsnò, non credo a quello che sento! Dopo tutti gli sforzi che sto facendo per farti diventare abile e più colto di questa branca di gente medioevale mi lasci per fare da tirapiedi a quel tonto di Robertino?”
Il giovane era sopraffatto dalla vergogna.
“Mi perdoni, milady. Questo è quello che ho sempre sognato, forse così potrei diventare cavaliere, se mi comporterò bene”.
Merlisandre fu tentata di strangolarlo seduta stante, ma non ci riuscì.
“Peggio per te, ma non chiamarmi se sarai in difficoltà! Addio!”
Detto fatto, svanì in uno sbuffo di fumo carmino, lasciando Gionsnò ad asciugarsi le lacrime di rammarico.

La roccaforte di Castel Granita era la lussuosa dimora del reggente e lo stendardo con il leone e il motto ‘Noi paghiamo in comode rate mensili’ garriva al vento su tutte le torri.
Era ormai buio quando Eddard, Robertino e Gionsnò giunsero nella capitale, andando subito a presentare i loro omaggi al lord protettore.
“Siamo onorati di essere qui, Lord Lannistartrek”.
Starwars, Lannistarwars! Vi confondete tutti! Comunque domani si terrà la prima giostra, spero che vostro figlio abbia una spada adeguata”.
“Certo! Si chiama ‘Portatrice di Sfiga’ ed è custodita dallo scudiero, il bastardo”.
Un brivido gelido attraversò la schiena di Gionsnò.
“Io… temo di aver scordato la spada a casa”.
“COSA? Padre posso prenderlo a calci finché non muore?”
“No, vi prego! Troverò una bellissima arma di riserva, lo giuro! Datemi solo un’ora”.
Lord Lannistarwars rideva sotto i baffi, avendo sempre detestato Robertino con la sua fissazione per la secessione del Nord. “Mio figlio Jamie può dare una mano”.
“Ancora questa battuta? Non ride nessuno!” Gli rispose da lontano il biondo erede.
“Non è onorevole non farsi carico da soli delle proprie responsabilità”. Eddard era un tantino prevedibile. “D’accordo, un’ora”.
Gionsnò corse come non aveva mai fatto in vita sua, bussando alla porta di tutti gli armaioli, i fabbri, i venditori di armature usate con garanzia estesa, ma senza alcun risultato.
Stava per crollare preda della più nera disperazione, quando un fascio di luce dal cielo sembrò indicargli una semplice brocca di terracotta, abbandonata nella piazza principale, che conteneva una bella spada argentea.
Il ragazzo non era certo un ladro, ma non perse tempo, col proposito di restituirla al più presto: per poco non gli venne un colpo quando nell’attimo in cui la impugnò una voce cavernosa uscì dal contenitore: “Che vuol dire che è finito il vino?”
Pieno d’inspiegabili timori, Gionsnò raggiunse i suoi.
“Ecco, ho preso in prestito questa spada, Robertino! Era in un otre nel centro della piazza, va bene no?”
Un coro di grasse risate fece eco alle sue parole. Tutti i lord si stavano sbellicando, ad eccezione di alcuni che la stavano prendendo piuttosto male.
“Non mentire, bastardo, è assai disonorevole!”
“Ma è la verità!”
“È facile provarlo, se ha potuto lui, di certo ci riuscirò io!” Esclamò il signor La-Montagna-che-va-a-Maometto, un guerriero sanguinario e potente.
Tutti i presenti si affrettarono a seguirlo, trattenendo il fiato mentre l’arma veniva riposta di nuovo nella brocca, e il signor Montagna la afferrava con le sue gigantesche mani, tirando a più non posso: ma quella restava dov’era.
“Lasciate provare di nuovo il ragazzo”. Chi aveva parlato era il Cobra Verde, un Principe che aveva il dente avvelenato nei confronti di Montagna.
Gionsnò si avvicinò timidamente, pervaso da un presentimento: gli bastò sfiorare la spada per estrarla, mentre una scritta dorata appariva sulla lama. ‘Vinaxibur’.
“È il vero Re! Tutti in ginocchio di fronte a… come ti chiami, figliolo?”
“Gionsnò, ma sui documenti ho anche R+L=J, anche se non so cosa significa”.
“Non sai che vuol dire il tuo nome?” A quel punto il giovane si aspettava l’ormai intollerabile rimprovero, ma essere Re ha i suoi vantaggi.
“Non importa! Viva Gionsnò, Re d’Inghilterra!”
Fu così che il piccolo orfano maltrattato, si trovò signore assoluto del regno.

“Maestà, dove vi siete nascosto, venite fuori, tra poco si terrà il Consiglio Ristretto, la vostra presenza è necessaria!”
I cortigiani e diplomatici potevano sgolarsi quanto volevano, ma Gionsnò non intendeva affatto uscire dal suo nascondiglio. Era dura essere un Re. Ogni giorno lo tormentavano con richieste assurde, specie un viscido arrivista chiamato Dito Medio, che domandava la concessione di aprire una casa per farci abitare le sue amiche; perché ci volesse un permesso per ospitare delle signorine per bene e tenere la porta aperta, se lo desiderava, sfuggiva all’ingenua mente del ragazzo.
“Se solo Merlisandre fosse qui…”
Non fece in tempo a finire la frase che una polverina brillante entrò dalla finestra, cavalcata come un’onda dalla maga su un cavallo a dondolo.
“Lady Merlisandre, VedoChiaro, quanto mi siete mancati! Non osavo evocarvi, eravate così arrabbiati con me”.
“Adesso però sembra che tutto sia andato per il meglio, ero certa che fossi il prescelto. Sei nato per questo, non devi temere di governare; sarai saggio e tutti ti ricorderanno come un Re leggendario. Sicuramente scriveranno tanti libri su di te. A proposito…”
“Ho imparato a leggere bene, speravo che sareste tornata”.
“Sai qualcosa, Gionsnò!” Merlisandre lo avvolse in caldo abbraccio, per non lasciarlo mai più.

*Contea più a Nord dell’Inghilterra
**Incrocio di Melisandre e Merlino ^_^
*** Letterale dal film

  
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