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Autore: _Alien_    06/07/2015    3 recensioni
[Crossover Shadowhunters/V per Vendetta]
C’era qualcosa, in M, che lo attirava come il polo di una calamita viene attirato da quello opposto. Tuttavia sotto quella maschera si celavano volontà e segreti che non era sicuro di voler conoscere. La parte di sé razionale, prudente, gli diceva di andarsene immediatamente, di dimenticare quel tizio strambo. Alec le dava ragione, come sempre.
- Non temere. Una volta terminato lo spettacolo, tornerai a casa sano e salvo. – lo rassicurò M. E, inspiegabilmente, contro ogni buon senso, Alec si sentì dire:
- D’accordo.
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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4 novembre 2029, 23:47
Alec camminava a passo svelto, guardandosi attorno con fare circospetto. Il suo cliente aveva fatto durare il loro incontro più a lungo del previsto e lui sperava solo di non incontrare nessun Castigatore nel tragitto verso casa, dato che l’ora in cui scattava il coprifuoco era passata da un pezzo. Ovviamente, nella sua vita non aveva mai avuto molta fortuna. Due uomini lo sorpresero alle spalle e lo sbatterono contro il muro di un vicolo.
- Guarda, guarda. Cosa abbiamo qui? – fece uno di loro, stringendo con violenza il mento di Alec tra le dita.
- Ma che bel faccino! – aggiunse l’altro – Che ci facciamo fuori casa dopo il coprifuoco, eh?
- Allora, occhi blu? Ci rispondi o no?
- Lasciatemi stare! – Alec cercò di liberarsi dalla loro presa, ma non ci riuscì. Nonostante fosse alto e si allenasse regolarmente, era pur sempre uno contro due e i suoi avversari celavano sicuramente dei bastoni, sotto i loro squallidi mantelli. Fu allora che lo vide. Una figura, alta e slanciata, si stagliò all’entrata del vicolo. L’uomo era vestito interamente di nero: camicia, mantello, stivali, cappello. I capelli gli sfioravano le spalle e il volto era celato da una maschera bianca e ghignante, la maschera di Guy Fawkes.
- Ehi, amico, fatti da parte, siamo Castigatori! – abbaiò il primo che aveva parlato, mostrando il distintivo. Il tizio non disse niente, mostrò solo un coltello. Si mosse veloce, silenzioso e aggraziato come un gatto. Tagliò la gola del Castigatore e trapassò la carotide dell’uomo che teneva fermo Alec. Il ragazzo era rimasto immobile, senza fiato, e finì per accasciarsi a terra, contro il muro, impaurito.
- Ti assicuro che non intendo farti del male. – disse l’uomo mascherato. Aveva una voce profonda, dal timbro caldo.
- Chi… chi sei? – chiese con voce tremante Alec, fortemente scosso dagli eventi.
- Chi? Chi è solo la forma conseguente alla funzione. Vorrei sottoporre alla tua attenzione il paradosso di chiedere ad un uomo in maschera chi egli sia. Tuttavia non voglio dilungarmi troppo e cercherò di chiarire al meglio il carattere di questa dramatis persona.
Alec sgranò gli occhi. Sapeva di non essere una persona particolarmente fortunata, ma incappare in due Castigatori e in un pazzo tutto in una volta era troppo per chiunque.
- Voilà! – l’uomo spalancò le braccia, facendo svolazzare il mantello, con fare teatrale – Mio meritato ascoltatore, metterò ora in mostra i miei scopi. La mia meravigliosa patria è minacciata da una moltitudine di malfattori, che con le loro malvagità hanno corrotto il sistema. Questo umile malandrino crede che i molti posteri meritino un mondo libero da malignità, ma la mera convinzione non basta e intanto le muse dei millantatori incitano i loro maestri a compiere le loro oscure magie, sommergendoci di menzogne! Io, semplice menestrello della Giustizia, compagna della Res Publica, manderò il mio messaggio di libertà. In verità questa vichyssoise  verbale vira verso il verboso, quindi permettimi di aggiungere che è un grande onore per me conoscerti e che puoi chiamarmi M.
- Sei per caso un pazzo? – chiese Alec, sempre più confuso. Sentì l’uomo mascherato, M, ridacchiare.
- Sono certo che qualcuno lo dirà. Ma posso chiedere con chi sto parlando?
- Alexander Lightwood, ma tutti mi chiamano Alec.
 - Alexander. Nome delizioso quasi quanto i tuoi occhi. – dopo quel commento Alec si sentì avvampare, non era abituato ai complimenti. Era così disorientato da non accorgersi della mano guantata che M gli stava porgendo.
- Ti hanno fatto del male? – chiese premurosamente, mentre Alec si alzava in piedi e si aggiustava la giacca.
- No, sto bene… grazie a te. – ammise il ragazzo, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
- Ho fatto solo il mio dovere. Dimmi, Alexander, ti piace la musica?
- Immagino di sì.
- Bhe, io sono un musicista, se così si può dire, e stasera metterò in scena un grande spettacolo che nessuno dimenticherà. Mi farebbe molto piacere se tu mi accompagnassi.
- Oh, non posso, devo tornare a casa. – rispose velocemente Alec. C’era qualcosa, in M, che lo attirava come il polo di una calamita viene attirato da quello opposto. Tuttavia sotto quella maschera si celavano volontà e segreti che non era sicuro di voler conoscere. La parte di sé razionale, prudente, gli diceva di andarsene immediatamente, di dimenticare quel tizio strambo. Alec le dava ragione, come sempre.
- Non temere. Una volta terminato lo spettacolo, tornerai a casa sano e salvo. – lo rassicurò M. E, inspiegabilmente, contro ogni buon senso, Alec si sentì dire:
- D’accordo.
 
5 novembre 2029, 11:25
- Alec, hai visto che roba? Hanno fatto esplodere l’Old Bailey! – disse Jace, esaltato – Finalmente un po’ di azione in questa città.
Alec si limitò a sorridere al collega. Stava finendo di aggiustare il serbatoio di una delle tante macchine dell’officina e probabilmente era anche l’unico a non essere rimasto stupefatto alla vista dell’esplosione, accompagnata da una potente composizione di Tchaikovsky – Alec ne era sicuro perché sua madre era stata un’appassionata di musica, oltre che di letteratura – dato che in quel momento era accanto all’attentatore. Ovviamente quel lavoro non bastava a mantenere il resto della sua famiglia a Liverpool, cioè sua sorella Isabelle e suo fratello Maxwell, a malapena copriva le spese del suo monolocale a Londra. Così era costretto ad arrotondare lo stipendio…
Fu riscosso dalle voci concitate dei colleghi.
- Cazzo, Alec, guarda! – lo chiamò Jordan. Alec distolse lo sguardo dal suo lavoro e vide che anche gli altri dipendenti dell’officina stavano guardando dove indicava Jordan. Tutti fissavano lo schermo del televisore, dove un ghigno familiare era in primo piano. Era lui, era M. E stava parlando direttamente dal canale nazionale.
- Le parole non perderanno mai il loro potere – stava dicendo M -  perché esse sono il mezzo per giungere al significato e, per coloro che vorranno ascoltare, all'affermazione della verità.
Se prima Alec aveva avuto qualche dubbio, ora sicuramente non ne aveva più. Era indubbiamente lui, con la sua maschera e il suo linguaggio forbito e arzigogolato. Ogni volta che parlava poteva immaginare le sue parole come gli intarsi dorati tipici dell’arte barocca. Ma non poté perdersi troppo a lungo nei suoi pensieri, perché sentì le sirene della polizia. Si sentì raggelare, mentre gli altri si voltavano verso i nuovi arrivati, che stringevano tra le mani delle pistole.
- Polizia! – urlò uno di loro, per enfatizzare il concetto, probabilmente – Chi di voi è Alexander Gideon Lightwood?
Non aspettò che gli altri parlassero, non aspettò un attimo di più. Cominciò a correre e riuscì a raggiungere l’uscita sul retro. Imboccò il vicolo dietro l’officina e poi giù verso la strada principale, mentre sentiva i passi dei poliziotti che lo inseguivano. Se avesse continuato a piedi l’avrebbero catturato, incappucciato e portato chissà dove, per poi torturarlo e ucciderlo. Forse l’avevano visto in compagnia di M, forse avevano scoperto che faceva due lavori, o peggio, avevano scoperto il suo segreto. Non lo sapeva e non gli interessava. Vide una macchina parcheggiata al lato della strada, sfondò il finestrino, aprì la portiera e attivò il motore, partendo a tutto gas. Non sapeva dove andare, ma poteva almeno tentare di uscire dalla città e così fece, dirigendosi verso le strade secondarie che conosceva. Il cuore gli batteva forte nel petto, il piede premeva furiosamente sull’acceleratore e l’adrenalina lo attraversava come una scarica elettrica. Svoltò a sinistra, sempre a velocità folle, e vide con orrore che aveva invaso l’altra corsia e che un’altra macchina gli stava venendo incontro. Non fece in tempo a sterzare e l’impatto fu diretto, violento. Per Alec ci fu poi solo buio.
 
9 novembre 2029, 19:32
Si svegliò in un letto morbido e caldo, avvolto da soffici coperte. Dandosi lo slancio con le braccia, si mise a sedere. La stanza era immersa nella penombra, ma anche così si poteva notare la moltitudine di libri che lo circondava. C’erano libri di ogni forma e colore, vecchi e nuovi, dei generi più diversi. Alec mise a fuoco una porta, poco lontano da lui, e decise di uscire dalla stanza. Si mise in piedi molto lentamente, evitando capogiri ed eventuali perdite di equilibrio. Appoggiandosi al muro, raggiunse la porta e la aprì. Percorse un lungo corridoio e infine entrò in un immenso salone. Lì dentro c’erano quadri, sculture, altri libri, perfino un pianoforte, un’armatura e un jukebox in funzione. Alec non riconobbe la canzone, ma gli piacquero il ritmo lento e dolce e la voce melodica della cantante. Era così preso dall’ambiente nuovo e dalla musica, da non accorgersi di M che si muoveva alle sue spalle.
- Ti piace? – gli chiese l’uomo mascherato e Alec sobbalzò, emettendo un verso che di virile aveva ben poco.
- Mi hai spaventato!
- Ti chiedo scusa, non era mia intenzione. Tuttavia sono portato a rivolgerti di nuovo la domanda: ti piace? – M fece un ampio gesto col braccio.
- Sì. – rispose Alec – È… è splendido. Cos’è questo posto?
- Casa mia, ma mi piace chiamarla “Galleria delle Ombre”.
- Ah… e io che ci faccio qui? – quello che era successo prima di perdere i sensi lo investì come un’onda – Cazzo, cosa ho fatto?!
- Non mi pare avessi molta scelta.
- Cristo, sono scappato dalla polizia! E non so nemmeno cosa volessero da me…
- Sicuramente niente di buono. Sei stato visto con un terrorista, dunque ne devono aver dedotto che tu stesso sia un terrorista. Per questa particolare situazione non sei sicuramente tu quello da biasimare. – ammise M. L’altro ragazzo sentì la rabbia montargli dentro con un’intensità che lo spaventò. In genere era una persona tranquilla, pacata, non provava mai emozioni troppo forti. Ma da quando aveva incontrato M tutte le regole del buon senso avevano deciso di farsi bellamente friggere.
- Ah, no. Non è colpa mia. Questo casino l’hai combinato tu! Ho già abbastanza problemi senza di te! – sbottò.
- Bhe, non ti ho cerco costretto a seguirmi all’Old Bailey, anche se ammetto di aver fatto una mossa azzardata, non volevo coinvolgerti nei miei piani. Tuttavia ora dovremo discutere sul da farsi, dato che per il Governo tu sei mio complice e quindi il Cancelliere ti vuole sicuramente morto.
- Ma io non c’entro niente. E poi… io come ci sono finito qui? Come mi ha trovato? Mi hai rapito? – chiese il giovane, realizzando quanto fosse assurda la situazione solo in quel momento.
- Ti ho trovato in una macchina in fiamme, ti ho tirato fuori e ti ho portato via. Ero appena uscito dalla sede della TV nazionale, da dove ho lanciato un messaggio al popolo inglese. Tra un anno, forse, tutti insieme riusciremo a riconquistare la nostra libertà. – M fece qualche passo verso Alec e il ragazzo fremette quando la sua mano guantata si posò sulla sua spalla, la sua presa ferma ma delicata – Sei rimasto incosciente per quattro giorni, ho davvero temuto che non ti risvegliassi più.
- Quindi adesso suppongo di doverti ringraziare. – rise sarcastico Alec. M sospirò.
- Sto per dirti qualcosa che non ti piacerà. Adesso sei ricercato e ritenuto potenzialmente pericoloso quasi quanto me, per cui sarebbe sciocco da parte mia lasciarti andare…
- Cosa? Stai dicendo che devo restare qui? No! – Alec si scostò dal lui con un movimento brusco – Non voglio avere niente a che fare con te!
- Alexander, non rendere tutto più difficile. Resterai qui fino al 5 novembre dell’anno prossimo, quando i nostri concittadini decideranno se essere liberi o no, poi non avrà più importanza.
- Mi stai dicendo che devo restare qui per un anno?
- Mi dispiace, Alexander. Non sapevo cos’altro fare. – disse M, abbassando la testa. Alec maledisse il fatto che il suo interlocutore indossasse una maschera, voleva guardarlo in faccia, carpirgli qualche emozione. E invece no, il suo viso era perennemente celato dalla maschera ghignante di Fawkes.
- Dovevi lasciarmi stare! Perché non mi hai lasciato stare? – non ce la fece più a rimanere nella stessa stanza con quell’uomo che era riuscito a distruggere la sua vita in meno di 24 ore. Lasciò la stanza e sbatté la porta dietro di sé. Si stava comportando da ragazzino, lo sapeva, ma sperava almeno di smuovere qualcosa in quel tizio, qualcosa che l’avrebbe mosso a pietà e l’avrebbe spinto a lasciarlo andare. E invece no, era incappato in un terrorista genio del male.
 
10 novembre 2029, 7:45
- Puoi farcela. – borbottò tra sé Alec e si alzò dal letto controvoglia, sentendo una musica accattivante da quella che doveva essere la cucina. Fino a prova contraria M era un essere umano, seppur pazzo, e doveva nutrirsi, come lo stesso Alec, il cui stomaco stava brontolando da un po’. L’odore del bacon poi aleggiava ormai anche nella sua stanza, per cui era quasi impossibile ignorarlo. Ad Alec bastò seguire il profumo del cibo per trovare la suddetta cucina, dove un M, mascherato ma con un improponibile grembiule a fiori sui canonici vestiti neri, stava friggendo un paio di uova e il bacon.
- Ehm… ciao, M. – mormorò, imbarazzato. Era come se quel “ciao” fosse troppo poco elegante o complicato per uno come M. Il cuoco provetto si girò di scatto, emettendo un verso di sorpresa.
- Oh, bonjour monsieur! – c’era la punta di un sorriso in quelle parole e Alec si stupì nel notarlo.
-  Io… ecco, volevo scusarmi per il mio comportamento ieri. Se non mi avessi portato qui, a quest’ora mi starebbero interrogando o torturando. Per cui grazie.
- Di niente. – rispose M con voce tranquilla. Alec a quel punto andò nel panico. Lui non sapeva intrattenere una conversazione, non ci sapeva fare con le parole e i discorsi. Si guardò intorno, notando che quel particolare ambiente della casa assomigliava a qualunque altra cucina del pianeta – con la differenza di qualche natura morta sulle pareti – e dopo un paio di minuti di silenzio quasi saltò in aria nel sentire la voce di M.
- Alexander, la colazione è pronta. Se ne hai voglia, accomodati. – disse in tono gentile. Alec si sentì arrossire, ma non parlò e si sedette, mangiando qualunque cosa il suo strambo carceriere gli avesse preparato. Mai decisione si rivelò più giusta.
- Mio Dio, è fantastico! Non mangiavo vera carne di maiale da quando avevo nove anni! – M rise alla sua reazione, doveva sembrare piuttosto ridicolo in effetti.
- L’ho rubata da uno autocarro di rifornimenti destinati al Cancelliere. – spiegò pazientemente – Gradisci una tazza di the?
- Sì, grazie. – Alec trangugiò anche la bevanda, così bollente da ustionargli la gola – Quindi hai rubato al Cancelliere?
- Mi pare di aver detto questo.
Alec ammutolì nuovamente prima di aggiungere:
- Tu sei pazzo.
- Non sei il primo né di certo sarai l’ultimo a dirlo, amico mio. Ma qualcuno dovrà pur fare il pazzo, non pensi? Sono le azioni estreme che risvegliano le coscienze.
- Che intendi con “azioni estreme”?
- Sei abbastanza intelligente da capirlo da solo. – la voce di M si ridusse a un sussurro.
- Forse non voglio capire. – Alec spostò lo sguardo sul tavolo, incavando il viso nelle spalle.
- Forse è meglio così. – sentì M sfilarsi il grembiule, piegarlo ordinatamente e posarlo su una sedia.
- Tu non mangi? – quella domanda sembrava così fuori luogo, eppure non si trattenne dal farla. Anche l’uomo in nero sembrò preso in contropiede, ma si riscosse subito.
- Ho già fatto colazione, prima del tuo risveglio.
Alec annuì distrattamente, poi intravide con la coda dell’occhio la mano di M tendersi verso di lui, per poi ritrarsi come se scottasse.
- Devo andare, non farò ritorno prima di domani mattina. Sentiti libero di fare quello che vuoi. Puoi leggere, guardare la TV…
- Uscire da qui…
- Sarebbe controproducente, oltre che rischioso ed estremamente stupido. Ti pregherei anche di non entrare nella mia camera. Lì non c’è nulla che possa interessarti. 
- Ok. – annuì Alec, sgranando ancora di più gli occhi. Non perse nemmeno un movimento dell’altro, che si stava infilando un cappotto nero e il cappello. Era affascinato da come muoveva le sue braccia, in maniera aggraziata, come un direttore d’orchestra. Lo ricordò mentre, esaltato più che mai, si abbandonava al ritmo della musica trionfale e gli mostrava l’Old Bailey ormai distrutto, il fuoco che ancora divampava dalle macerie. Lui era rimasto atterrito nell’osservare quella macabra danza della vittoria, ma adesso riconosceva le movenze dell’altro – facevano parte di lui.
- Per quanto apprezzi l’essere oggetto della tua attenzione e per quanto adori i tuoi occhi azzurri, Alexander, ti pregherei cortesemente di non fissarmi così tanto, potrei rimanere trafitto dal tuo sguardo. – scherzò M, con una punta di sarcasmo misto a divertimento, facendo arrossire l’altro, che distolse immediatamente lo sguardo.
- A presto, Alexander.
- A presto.
M sparì veloce e silenzioso come un’ombra, come se non fosse mai esistito. Alec restò ancora un po’seduto, poi decise di alzarsi e di curiosare proprio dove M lo aveva pregato di non andare. Toccò il pomello della porta quasi con paura, per poi girarlo e… scoprire che era chiusa a chiave. M gliel’aveva fatta di nuovo.
 
22 febbraio 2030, 17:00
- Qual è il tuo libro preferito?
Ogni tanto, M gli rivolgeva domande di quel tipo, domande strettamente personali. Dopo i mesi trascorsi in sua compagnia, ad Alec non dispiacevano poi tanto. Nonostante fosse la persona più introversa del pianeta, non poteva sopportare di restare in silenzio per un anno e poi doveva ammettere che la compagnia di M era piuttosto piacevole.
- Mmm… non saprei… che ne sono tanti.
- Tipo?
- Bhe… io leggo di tutto. Asimov, Rowling, Saint-Exupery, Shakespeare, Hemmingway…
- Interessante. – mormorò M, seduto sul divano di fronte al televisore, un libro posato sul suo grembo – Io sto leggendo Giulio Cesare. Adoro i drammi storici.
- La colpa, caro Bruto, non è delle nostre stelle, ma di noi stessi, che siamo degli schiavi. – recitò Alec quasi automaticamente.
- Bravissimo. Non ti facevo un amante delle citazioni.
- Evidentemente mi stai influenzando. – dopo tutto quel tempo riusciva anche a scherzare col suo carceriere. M picchiettò gentilmente il posto sul divano accanto al suo e Alec si sedette accanto a lui.
- In realtà – proseguì cautamente Alec – non è proprio merito tuo. Mia madre mi leggeva i suoi libri preferiti tutte le sere. Quando esaurì tutte le fiabe convenzionali, mi lesse Il piccolo principe, Il vecchio e il mare,  e tanti, tanti altri. Mia sorella si annoiava terribilmente, mio fratello era troppo piccolo per capire, io ero forse l’unico in grado di capire ed apprezzare quei racconti. Una volta cresciuto ho sempre cercato di leggere, ma trovare libri diventa sempre più difficile. I libri approvati dal Governo sono tutti uguali e noiosi.
- Concordo. – annuì ridacchiando M – Dov’è la tua famiglia?
- Mio padre ci abbandonò subito dopo la nascita del mio fratellino Max, io avevo undici anni. Mamma fu catturata dai Castigatori e non la rividi mai più. Qualche anno fa mi sono trasferito qui a Londra da Liverpool per cercare di guadagnare qualcosa nella maniera più onesta possibile e trovai lavoro in un’officina. Scappavo da lì, quando mi hai trovato.
- Questo conferma la mia decisione. Se hanno scoperto dove lavori, sanno anche dove abiti. Questo è l’unico posto in cui sei al sicuro.
- Se sanno tutte queste cose… - Alec raggelò – Oddio… i miei fratelli…
Percepì anche il corpo di M irrigidirsi. Si sentì morire. I suoi fratelli non avevano niente a che fare con M, non avevano idea di chi fosse, lui non l’aveva mai menzionato nella loro corrispondenza perché non l’aveva ancora conosciuto, forse gli investigatori gli avrebbero lasciati stare. Isabelle era ancora al liceo, Max alle medie. Non poteva sopportare che succedesse loro qualcosa. Si prese le testa tra le mani, sconsolato.
- Io sono il maggiore. Io devo proteggerli. Come faranno senza di me?
- Sono certo che se la caveranno. Alexander…
- No, tu non capisci! Io spedivo loro dei soldi, ogni mese, per mantenerli. Izzy ha un lavoro part-time, ma non ce la fa a sostenere le spese da sola.
- Se per questo, non credo che il tuo stipendio all’officina l’aiutasse parecchio a sbarcare il lunario…
Alec digrignò i denti. Quello era probabilmente il secondo motivo per cui si odiava – il primo era nascosto profondamente in lui, dove nessuno l’avrebbe trovato. Deglutì, ma il groppo rimase lì dov’era, nella sua gola, incapace di andarsene. Strinse i pugni.
- Faccio due lavori… se quello può essere definito lavoro
- Alexander, non c’è bisogno di…
- La prima volta fu per disperazione. Ero a Londra da un mese e non ero ancora riuscito a trovare un lavoro stabile. Non avevo soldi nemmeno per comprare da mangiare e vivevo per strada, come un pezzente. Una sera, un gruppo di ragazzi mi notò. Uno di loro mi avvicinò e mi offrì una bella somma. Trovai un minuscolo monolocale, comprai il minimo indispensabile per me e mandai anche qualcosa a Izzy. In cambio dovetti… io…
- Alexander, ti sei prostituito per un motivo. Hai rinnegato te stesso per aiutare la tua famiglia e questo non può essere che ammirevole.
- Da allora, ogni sera, esco di casa poco prima del coprifuoco e cerco clienti. La prima volta che ci siamo incontrati avevo appena finito di…
- Adesso basta. – Alec non si era reso conto di stare piangendo. Solo quando le forti braccia di M si avvolsero attorno a lui, si accorse delle lacrime che si infrangevano contro la camicia nera dell’uomo mascherato. Si aggrappò a lui, stringendolo forte, e pianse come non faceva da anni.
- Alexander – la voce di M era dolce e le fredde labbra della maschera sfioravano la sua fronte – Ascoltami. Non hai nulla da rimproverarti. Le tue azioni sono mosse dal sentimento più puro e meraviglioso del mondo. L’amore che provi per i tuoi fratelli e la devozione che dimostri nei loro confronti non fa che renderti una persona ancora più speciale. Tu sei forte, Alexander. E sei coraggioso perché sfidi le regole solo per poter aiutare la tua famiglia. E io non posso che ammirarti, per questo.
Alec però non smise di piangere. Ed M lo lasciò fare, finché non si fu sfogato del tutto. Tuttavia, anche quando ormai si era calmato, Alec non riuscì a staccarsi da lui e mantenne la test poggiata al petto dell’altro, ascoltandone il battito cardiaco e il respiro.
- M, vorrei chiederti una cosa. – mormorò - Per favore.
- Certo, Alexander, dimmi.
- Potresti inviare una mia lettera ad Izzy? Vorrei tranquillizzarla, sono mesi che non la contatto…
- Va bene.
- M? – la sua voce si fece ancora più flebile - Ti prego, fammi avere loro notizie. Se stanno bene, se li hanno presi…
- Sarà fatto. – assicurò M. Solo allora Alec sentì le palpebre farsi pesanti e si addormentò.
 
7 aprile 2030, 3:38
Come previsto, M non era tornato e non l’avrebbe fatto fino alla mattina seguente. Stava fuori quasi tutte le sere e tornava con dei pacchi più o meno grandi e delle ferite in più. Alec avrebbe voluto aiutarlo, ma M lo respingeva sempre e si rintanava nella sua stanza, non uscendo più fino al mattino successivo. Quel giorno, M si era svegliato più tardi, aveva preparato ad Alec un veloce colazione ed era uscito in fretta e furia. Il ragazzo era rimasto tutto il giorno solo, leggendo, facendo zapping e contemplando le opere d’arte nella gallerie. Aveva anche imparato ad usare il jukebox e, quando si sentiva malinconico, faceva partire la sua canzone preferita, la 1000, I found a reason. M gli aveva permesso di stabilire una corrispondenza con la sua famiglia, che fortunatamente era salva. Non si firmava più Alexander Lightwood, ma aveva optato per un fittizio Henry Branwell, anche se M gli aveva assicurato che il Governo non avrebbe mai potuto scoprire quelle lettere, dato che era spedite e recapitate in maniera anonima. Alec sospettava che il suo stesso amico mascherato si recasse a Liverpool per consegnare e ritirare le lettere a suo nome. In quel caso sarebbe stato davvero folle. Ma, in fondo, M era folle. Alec sentì un piacevole calore alla base dello stomaco, succedeva sempre quando pensava a lui. M era sicuramente un personaggio affascinante. Era intelligente, arguto e dimostrava una certa sensibilità. All’occorrenza sapeva anche essere divertente, oppure spietato e calcolatore, o ancora dolce e comprensivo. Era tante cose che solo combinate come si combinavano in lui creavano l’armonia perfetta. Alec si ritrovava a fantasticare spesso su di lui, su di loro. Ricordava come le sue braccia l’avessero stretto a sé con forza e gentilezza, ricordava come aveva percepito il suo petto solido sotto la testa, ricordava la sua voce e il suo fiato tra i capelli… gemette, quando tutto il calore del suo corpo si concentrò in un unico punto. Capitava spesso, troppo spesso. Accese la TV e cercò di concentrarsi su qualunque cosa trasmettessero. Il suo disagio passò, ma una nuova emozione lo invase. Erano stati uccisi quattro importanti membri del partito nazionale solo negli ultimi mesi, tutte morti misteriose che, Alec ne era certo, il Ministero della Propaganda cercava di occultare per non creare il panico.
Sono le azioni estreme che risvegliano le coscienze.
Lo aveva detto M.
Alec si alzò in piedi e spense la TV, per poi passeggiare senza meta nella Galleria, che ormai conosceva a memoria. Quel posto era enigmatico quanto il suo padrone, ma in quel momento Alec non si soffermò su nessun oggetto, su nessuna decorazione. Aveva visto M in azione la sera in cui l’aveva salvato dai Castigatori.  Nel combattimento era agile e veloce, ma allo stesso tempo forte. Sapeva mixare il tutto in un cocktail che per i suoi nemici era letale. Alec l’aveva visto. Alec lo sapeva. Ma si rifiutava di crederci. Le persone che erano morte avevano contribuito a rendere il Paese ciò che era, qualcosa di corrotto e marcio. Ma era giusto porre fine alla loro vita? Chi era M per deciderlo? Se difendeva davvero la giustizia e la verità, perché non imprigionarli e poi processarli? Quelle domande contraddittorie spinsero Alec dove mai aveva più osato andare. La stanza era lì davanti a lui… e la porta era spalancata. Alec si morse il labbro, M doveva essersi dimenticato di chiuderla, quella mattina. La sua parte razionale gli urlò di lasciar perdere, così facendo avrebbe potuto tradire la fiducia del suo coinquilino. Ma aveva smesso di ascoltare quella parte di sé da tempo, così spinse la porta ed entrò.
La camera era semplice, senza troppo sfarzo. Un armadio, un letto, un comodino, un cassettone, degli scaffali pieni di libri e un’altra porta, che doveva condurre al bagno. Alec avanzò con circospezione e accese la luce della lampada sul comodino. Sul comodino c’era un grande fascicolo scuro, sul quale era riposto un piccolo libretto di cuoio. Alec sfilò il fascicolo e lo aprì. Era stato redatto a cura di una certa dottoressa C.Belcourt nell’Istituto di Larkhill. Cominciò a leggere il referto.

Nome: Magnus Bane
Età: Diciotto anni
Stanza: 1000
Luogo d’origine: Inghilterra (origini indonesiane)
Reato: Attività politica contro il Governo, omosessualità
Note: Il soggetto dimostra una risposta singolare a tutti i nostri test. Il soggetto ha sviluppato notevoli capacità psicomotorie, tra cui riflessi, agilità e miglioramento cerebrale. Ha inoltre sviluppato un’anomalia delle cellule che costituiscono i bulbi oculari, che consiste nel restringimento delle pupille e nella variazione del colore dell’iride. Si dimostra particolarmente promettente per lo scopo.

Dentro c’era la foto di un ragazzo con i capelli rasati e il volto completamente tumefatto e poi ancora altre carte intrise di dati per Alec incomprensibili. Era il quel genere di posto che il Governo internava gli oppositori e chiunque non corrispondesse all’ideale di essere umano: persone con sessualità, religione, colore della pelle od orientamento politico diverso dal canone prestabilito erano sparite nel giro di poco tempo. Alec respirò profondamente. Se avessero scoperto che era omosessuale, avrebbe fatto la stessa fine del ragazzo del fascicolo. Si chiese perché M possedesse quel documento. Forse conosceva Magnus Bane, forse era stato suo amico, il suo ragazzo… Alec scosse la testa e aprì il libretto di cuoio ad una pagina casuale, tra le prime.

Diario,
oggi ho avuto davvero paura. Passeggiavo con Catarina, quando ho visto un furgone avvicinarsi alla nostra scuola. Dei tizi armati fino ai denti sono scesi e hanno arrestato Aline ed Helen. Hanno detto che presentavano delle anomalie comportamentali da correggere e Helen ha semplicemente specificato che era lesbica. I militari l’hanno picchiata davanti a noi, poi hanno fatto la stessa cosa con Aline. Per tutto il tempo sono stato fermo, stringendo il braccio di Catarina, senza intervenire. Mi sento un tale vigliacco. Avrei dovuto fare qualcosa, fermarli. Ma poi avrebbero preso anche me.
Diario, io credo che essere diversi non sia sbagliato. Aline ed Helen sono due ragazze meravigliose, non si sono mai comportate male con nessuno. Allora perché ci stanno facendo questo? Perché ci dicono che amare è sbagliato? Loro dicono che se mi dovessi innamorare di un altro ragazzo mi arresterebbero e mi rieducherebbero. Io credo che mi ucciderebbero e basta.
Io e Woosley d’ora poi saremo molto attenti. Ieri abbiamo distribuito i volantini con la maschera di Guy Fawkes addosso, quindi nessuno ci ha riconosciuti, anche quando siamo scappati via. Poi lui mi ha tolto la maschera e mi ha baciato. Dice di amarmi, diario. Io non so cosa pensare. In passato mi sono sentito attratto sia da ragazzi che da ragazze. Forse sono io, quello sbagliato. O ti piace una cosa o un’altra, giusto? Mio padre non vuole parlare di questo, dice che non devo fare questi discorsi. Mamma non dice niente, come al solito. Catarina invece mi ha rassicurato. Ha detto che anche quello che provo io è normale… mi fido di lei e lei non mente mai, per cui deve essere vero.

Alec fece scorrere le pagine e giunse a una delle ultime.

Diario,
Alexander è più tranquillo e di questo non posso che esserne lieto. È una creatura così pura, così innocente… e quanto male ha già subìto. È straordinario quanto si preoccupi per i suoi fratelli, mettendo sempre loro in primo piano e trascurando se stesso. Un po’ mi ricorda me, quando ero giovane, così ingenuo e fiducioso nei confronti del mondo. Ma proprio questo mondo ha permesso che fosse fatto del male ad uno come Alexander. Probabilmente non si è accorto di come reagisco quando sono con lui ed è un bene. Non voglio che capisca come mi fa sentire. Non voglio che capisca che vorrei tenerlo stretto a me, sempre più vicino, per proteggerlo da tutto e tutti. Ma soprattutto non voglio che sappia quanto lo desidero. Leggo nel suo sguardo un timido interesse, forse perché sono l’unico uomo estraneo alla cerchia famigliare con cui ha un rapporto così stretto. Voglio credere che sia così, perché se mi concedessi anche solo un po’di speranza, tutto andrebbe a monte. Io pretendo, esigo la mia vendetta e nemmeno Alexander e i miei sentimenti per lui mi fermeranno. Ci sono momenti in cui lo odio. Ha risvegliato parti di me che credevo morte da tempo, ha risvegliato degli istinti che mi portano a pensare alle situazioni più ambigue in cui io riesco a sedurlo e a farlo mio. Mi sento disgustoso, non posso costringerlo a fare nulla che lui non desideri. Lui per me non è un oggetto. Lui per me è diverso. Per questo lo odio. Non è come tutti gli altri, per me è speciale. Adesso ho qualcosa da perdere, qualcosa da rimpiangere quando arriverà il 5. Non importa. Finché non lo sa, andrà tutto bene. Spero di non lasciar trapelare nulla. Non deve capire che lo amo.

Il diario cadde dal grembo di Alec con un rumore secco.
M lo ammirava. M lo desiderava. M lo rispettava e lo considerava speciale.
M lo amava.
- Che stai facendo?
Alec sollevò lo sguardo e lo vide sulla soglia della stanza, la mano sinistra che stringevano con forza lo stipite. Il braccio destro abbracciava il busto, la camicia intrisa di sangue. Alec dimenticò il fascicolo e il diario. Si alzò dal letto e corse da lui.
- M! Sei ferito!
- Non è niente… - mugugnò il bandito, ma dal suono che emise Alec capì che doveva fargli male. Lo attirò verso di sé e lo aiutò a raggiungere il letto, poi cominciò a sbottonargli la camicia.
- N-no… - rantolò l’uomo mascherato, fermando il polso di Alec – Vattene.
- No. – rispose con decisione il ragazzo. Non si era mai sentito così determinato, così forte. Doveva curare M, nient’altro contava. Da dietro la maschera, l’altro uomo doveva aver capito che Alec faceva sul serio e lo lasciò andare. Lui così poté sbottonargli la camicia e vedere l’entità del danno. Il taglio si estendeva lungo tutto il petto e sembrava superficiale, ma il sangue usciva copioso. Una volta sfilata completamente la camicia, Alec corse verso il bagno, per poi tornare nella camera con un asciugamano imbevuto d’acqua e delle bende. Con delicatezza posò il panno bagnato sulla ferita. M gemette e si contorse dal dolore.
- Non preoccuparti, non… non è grave. – lo rassicurò Alec, accarezzandogli il collo. Percepì il brivido che attraverso il corpo dell’altro uomo al suo tocco. Il petto di M era costellato di cicatrici, così come le braccia, le spalle e probabilmente la schiena. Alec non era un medico, ma distinse anche qualche lesione da arma da fuoco.
- Hai letto il mio diario. – disse soltanto M, mentre Alec lo fasciava. Il giovane si sentì avvampare.
- Sei entrato nella mia stanza senza permesso, hai frugato tra le mie cose e hai letto il mio diario.
- E il fascicolo. – precisò Alec.
- E il fascicolo. – ripeté M.
- Mi dispiace, non volevo, ti prego, perdonami… - cominciò a farfugliare Alec, ma M lo afferrò di nuovo per il gomito e lo attirò di nuovo a sé. Il naso di Fawkes toccava quello di Alec, tanto che al ragazzo venne spontaneo socchiudere le palpebre.
- Non farlo mai più. – ringhiò a voce bassa M, facendo rabbrividire l’altro – Mi hai deluso, Alexander.
- Ti chiedo scusa. – sussurrò Alec.
- Scuse respinte.
- Questo cosa vuol dire?
M non parlò più. Alec sospirò e si ritrasse lentamente, controvoglia.
- Uhm. – grugnì il ferito, girandosi lentamente su un fianco. Alec rimase fermo a fissare il corpo di M adattarsi al respiro regolare tipico del sonno, poi uscì velocemente dalla stanza e si rinchiuse nella sua camera. Confuso e spaventato, si prese la testa fra le mani e pianse.
 
7 luglio 2030, 21:30
- Alexander, sei libero di andartene.
Quella fu la prima cosa che M disse dopo essere entrato in casa. Alec non poteva crederci. Si alzò lentamente dal divano e fissò il suo ospite sfilarsi il cappotto e il cappello, come al solito, e dirigersi in cucina, per preparare la cena. Non passava più la notte fuori, tornava sempre a casa in tempo per la cena. Alec lo seguì in trance, ad occhi sgranati.
- Che stai dicendo? Non capisco. – domandò reggendosi al tavolo. M era girato di spalle, concentrato sui fornelli, il grembiule a fiori a proteggere gli abiti. Era dall’altra parte della stanza rispetto ad Alec, a dividerli solo il tavolo.
- Credo che tu abbia capito perfettamente. Ho bisogno che tu te ne vada. – rispose pacatamente l’altro, sempre di spalle. Alec scosse la testa.
- E se io non volessi andarmene? – chiese con tono di sfida. M lasciò perdere i fornelli e si girò, gli occhi vuoti di Guy Fawkes fissi in quelli blu del ragazzo.
- Vorrà dire che ti convincerò a farlo. – lo disse con calma, ma quell’affermazione fece tremare Alec di paura.
- Vuoi farmi del male?
M scosse la testa.
- No, non potrei mai. Però vorrei chiarire la mia posizione. Ricordi il 5 novembre?
- Quello passato o quello che verrà?
- Entrambi. Lo scorso 5 novembre, lanciai un messaggio alla nazione, come ben sai. Quello che non sai è che tipo di messaggio è.
- Me l’hai spiegato. – gli ricordò – Tutti quelli che vogliono unirsi alla tua protesta si ritroveranno di fronte al Parlamento, indossando la maschera di Guy Fawkes.
- E subito dopo tutti loro assisteranno all’esplosione del Parlamento.
- … Cosa?
- Sì. L’Old Bailey 2.0, solo con un edificio ben più grande e significativo. È per questo che il 5 sarà una data fondamentale per la nostra storia. Farò in modo che il simbolo di questo Governo sia distrutto per sempre.
- Tu hai intenzione di usare la violenza per imporre le tue idee? Perché?
- Io sono marcio tanto quanto questo Paese, ma ci sono persone che potrebbero cambiarlo in meglio. Su questo non ho alcun dubbio. Tuttavia, almeno in questa prima fase, esistono persone, una classe dirigente, che non accetteranno di buon grado il cambiamento. Mi sento un po’come un contadino: costretto ad estirpare le erbacce per far crescere delle nuove vite.
- Allora non sei poi così diverso dal Governo e dal Cancelliere. Anche loro hanno usato la violenza contro persone innocenti!
- Io non ho mai ucciso nessun innocente.
- Però hai ammesso di aver ucciso. Hai assassinato i membri del Governo! Credi che non abbia capito che sei stato tu?
- Eppure ti ostini a voler rimanere qui, nonostante tutto? – il tono di voce di entrambi si era alzato notevolmente, ma l’atmosfera cambiò quando Alec, seppur lentamente, annuì.
- Ascoltami. – M prese un bel respiro profondo, come per calmarsi - Tu sai cosa sono, cosa faccio. Ho ucciso e lo farò ancora. Farò di tutto per vedere quel palazzo esplodere, farò di tutto per avere la mia vendetta!
- Perché vuoi una vendetta? Che cosa ti hanno fatto? – Alec si mosse lentamente, sperando che M non se ne accorgesse, e cominciò ad aggirare il tavolo per raggiungere il suo interlocutore – Che ti è successo?
- L’hai letto nel fascicolo. Larkhill. Fecero delle ricerche per sintetizzare nuovi armi biologiche e con me ottennero dei risultati. Mi avevano rinchiuso per la mia attività contro il Governo e anche perché non sempre mi piaceva la compagnia femminile.
Alec si fermò proprio accanto ad M, sbalordito.
- Tu sei Magnus Bane?
- Magnus Bane era un ragazzo fragile e sognatore, che non è più uscito da quell’inferno. Quello che gli hanno fatto è mostruoso. Lo capisci, Alexander? In me non c’è più niente di lui. Magnus Bane non esiste più, adesso c’è M.
- M è solo un’idea, la tua vendetta, non sei tu. Così come quella maschera non è il tuo vero volto. – scosse la testa Alec – E io non voglio restare per M, per la sua vendetta e il suo desiderio di anarchia totale. Io voglio restare per te, chiunque tu sia davvero. Non importa come ti chiami, chi eri un tempo, non importa nemmeno che aspetto hai davvero. Non voglio lasciarti.
M lo guardava, poteva percepire il suo sguardo penetrante e temette per un attimo che lui potesse leggergli dentro, comprendere quello che gli stava davvero dicendo. Lo fissò per molto tempo, senza dire una parola. Con un semplice gesto del braccio, sfilò il grembiule e lo posò sullo schienale della sedia più vicina. Alec era poco più basso di lui, ma si sentiva un bambino al cospetto di un gigante.
- Tralasci un dettaglio, amico mio. Io non ti voglio qui. Speravo di non arrivare a questo punto, ma è evidente che non ho altra scelta.
- Mi stai cacciando?
- Ti sto invitando ad andartene.
Alec arretrò. Si sentiva ferito, il che non aveva senso. M poteva fare ciò che voleva. Era casa sua e lui era stato solo un ospite, niente di più. Ma allora il diario...?
- Tu mi ami. - lo disse con semplicità, come se fosse abituato a dirlo tutti i giorni – Perché mi mandi via?
- Quella pagina l’ho scritta mesi fa. Sono successe delle cose… all’epoca ero molto confuso. Non fraintendermi, mi sono affezionato a te, ma quello che provo nei tuoi confronti non è amore.
Quelle parole fecero male quasi quanto una pallottola. Alec serrò gli occhi e abbassò la testa. Essere rifiutato in maniera così esplicita, così diretta… e proprio da M… era troppo. Si voltò, senza nemmeno una parola, e si diresse in camera sua. M gli aveva dato dei vestiti, durante la sua permanenza lì, ma Alec non li sfiorò neanche. Radunò le sue poche cose in un borsone, lo stretto indispensabile, e caricò tutto in spalla. Uscì dalla stanza e trovò M ad aspettarlo. In silenzio, lo condusse verso l’uscita. Solo allora Alec si accorse di un dettaglio importante: l’appartamento era sottoterra, nei pressi della metropolitana abbandonata.
- Sali quelle scale e ti ritroverai fuori. – lo istruì il suo ex carceriere.
- Grazie di tutto. - rispose Alec senza guardarlo. Si diresse verso l’uscita senza guardarsi indietro.
 
4 novembre 2030, 22:16
Era tornato a Londra da pochi giorni e stentava a riconoscerla. La polizia era triplicata – cosa che lo rendeva abbastanza ansioso – ma era stato molto attento e nessuno sembrava averlo notato. Le persone si muovevano per le strade in maniera frenetica, caotica. C’era tensione, ansia e paura. Si era diretto subito a Liverpool, dopo aver lasciato la Galleria delle Ombre, ed era rimasto con i suoi fratelli. Loro stavano bene, per fortuna, e insieme pianificavano di andarsene dal Regno Unito. Sia Izzy sia Max volevano andare in America, Alec temporeggiava. Era difficile uscire dal Paese e l’America non era dietro l’angolo, senza contare che lui rimaneva pur sempre un ricercato e doveva procedere con la massima cautela. Nonostante fosse passato un po’di tempo, Alec sapeva di non poter ignorare la parte di lui che gli urlava di tornare a Londra. Il 5 si avvicinava e nutriva il disperato desiderio di rivedere M, anche solo una volta. Così aveva di nuovo lasciato i fratelli, promettendo loro di tornare presto, ed era tornato nella fossa dei leoni. Non fu difficile trovare il passaggio che portava alla Galleria. Lo ricordava bene, anche se l’aveva percorso una volta sola. La porta era inspiegabilmente aperta, così gli fu facile sgusciare dentro l’appartamento e raggiungere il suo oggetto preferito, il jukebox. Fece partire la sua canzone preferita e chiuse gli occhi, perdendosi in quelle note familiari. Sentì dei passi leggeri e circospetti, poi un tenue gemito di sorpresa.
- Mi è mancata, questa canzone. – si limitò a commentare.
- Perché sei qui?
Alec rispose con un’alzata di spalle. M lo stava osservando, forse lo trovava diverso. Era dimagrito, indossava vestiti smessi, si era rasato completamente e spesso indossava delle lenti a contatto per non farsi riconoscere – ma non in quell’occasione. Era inutile nascondersi, lì.
- Non pensavo di rivederti. – mormorò a bassa voce M – Mi sembrava di essere stato chiaro… aspetta, non girarti.
Alec non ne aveva nessuna intenzione, fissava il jukebox. Gli sarebbe piaciuto farlo, però. M non indossava la maschera, l’aveva colto di sorpresa, ma non voleva metterlo a disagio. Alec ruotò gli occhi verso di lui proprio mentre finiva di allacciare la maschera dietro la testa.
- Sei stato chiarissimo, ma sinceramente me ne sono fregato. Mi andava di vederti, tutto qui. Qualcosa mi dice che non rimarrai in circolazione a lungo.
- No, infatti. Sei tornato dai tuoi fratelli?
- Sì, per un po’. Quando tutto questo casino sarà finito ce ne andremo.
- Bene. – per la prima volta da quando lo conosceva, M gli sembrava nervoso. Spostava il peso del corpo da un piede all’altro, si tormentava le dita… Alec fissò le sue mani, prive di guanti. Erano coperte di cicatrici, ma la pelle era di un intrigante color ambrato e le dita erano lunghe e affusolate. Spettinato, con la camicia malamente abbottonato e senza scarpe o guanti, M aveva un aspetto molto più umano. Se solo non ci fosse stata quella maschera…
- Devo confessare di essermi preoccupato per te, dopo la tua partenza. Ogni volta che sentivo una sirena…
- Quando mi hai mandato via, sapevi che ero abbastanza in gamba da riuscire a cavarmela da solo. – Alec lo guardò dritto negli occhi vuoti della maschera e abbozzò un sorriso – Nessun rancore, Magnus.
- Non… non chiamarmi in quel modo. – borbottò M – Non è quello, il mio nome.
Alec si avvicinò a lui, così tanto che i loro corpi si sfiorarono.
- Non me ne frega un cazzo di M, capito? – sibilò, con voce dura – Non mi interessa la sua rivoluzione. Non mi interessa l’idea. Non mi ha salvato un’idea, non ho vissuto con un’idea, non ho odiato, ascoltato, curato e conosciuto un’idea. – dove trovò tutto quel coraggio, Alec non lo seppe mai. Ma il suo viso non si imporporò affatto mentre poggiava le mani sul petto dell’altro. Lo sentì sussultare al suo tocco, cercò di allontanarci, ma Alec fece scendere le dita lungo i suoi fianchi e lo bloccò.
- Non puoi farmi questo, Alexander. Non puoi restare qui, io devo prepararmi, devo concentrarmi… - fremette M, ma Alec lo interruppe.
- Lasciami dire solo una cosa, lasciami esaudire un unico desiderio, poi me ne andrò per sempre e non mi rivedrai mai più, te lo giuro. – lo implorò – Io non posso amare M, non ci riuscirò mai. Non potrò mai toccarlo, abbracciarlo, baciarlo. Ti immagini cosa sarebbe poter baciare un’idea? Assurdo, vero? Infatti io non mi sono innamorato di M, non voglio lui. Io voglio te, Magnus Bane. Mi sono innamorato di te, dell’uomo che c’è sotto questa cazzo di maschera, perché sei tu, sei vero. E io posso toccarti, posso dimostrare al mondo intero che tu esisti e nessuno oserà mai dirmi il contrario.
Sollevò una mano e sfiorò la superficie fredda dello zigomo di Guy Fawkes.
- Lasciami andare. – sussurro M – Ti prego. Più tutto questo va avanti, più ne soffrirai quando sarà finita.
- Non importa, Magnus. – afferrò un angolo della maschera e lo staccò dal viso con decisione, gettandola poi in un angolo. Magnus si coprì il viso con le mani.
- No, questo no…
- Ti prego, Magnus. Per favore… - gli afferrò delicatamente le mani e le spostò via dal viso. Alec rimase incantato. Era bellissimo, come mai si sarebbe immaginato che fosse, con zigomi alti, pelle ambrata e occhi a mandorla… i suoi occhi. Sembravano quelli di un gatto. Erano di un brillante verde screziato d’oro e la pupilla era verticale.
- Lo so, è disgustoso…
- Sta’zitto.
Alec lo attirò a sé e lo baciò con tutto l’amore di cui era capace. Percepì Magnus irrigidirsi, per poi rilassarsi e aggrapparsi alle sue spalle. Il bacio divenne sempre più profondo ed entrambi si sentirono sommergere da una valanga di emozioni sempre più intense. Non potevano più aspettare, non avevano più molto tempo.
- Alexander… - gemette Magnus, mentre le labbra dell’altro esploravano la pelle sensibile dietro l’orecchio – Non riesco a credere che tu sia qui, ora.
- Sono qui, ora. – bisbigliò al suo orecchio Alec, prima di morderne il lobo. Magnus non aspettò ancora: prese il braccio del compagno e lo trascinò in camera sua, per poi chiudere con un colpo secco la porta dietro di loro.
 
5 novembre 2030, 18:00
La metropolitana era stata abbandonata da tempo per ragioni di sicurezza, ma i binari e i vagoni c’erano ancora. Lo sguardo di Alec era puntato su un vagone in particolare, uno carico di esplosivi diretto al Parlamento.
- Il palazzo è un simbolo, così come lo è l’atto di distruggerlo. – Magnus si era celato di nuovo sotto la maschera, doveva tornare ad essere M, ancora una volta – Se si raccoglierà abbastanza gente potremmo riuscire a cambiare questo Paese.
- Ma in cosa cambierà? In meglio o in peggio? – non potè fare a meno di chiedersi Alec. Magnus gli prese la mano e la strinse nella sua con gentilezza.
- Questo potrete deciderlo solo voi che rimarrete. – sentenziò solennemente – Io non sarò qui per vederlo.
- Sapevo che sarebbe finita così. – assottigliò le labbra Alec – Sapevo che avresti dato tutto per questa causa.
- Però questo non ti ha fermato. Ti avevo avvertito di lasciarmi andare quando ancora eri in tempo.
- Speravo di farti cambiare idea. – sospirò il giovane, girandosi verso il compagno – Magnus, non devi farlo per forza. Lancia questo convoglio verso il Parlamento, distruggi tutto… ma poi vieni via con me.
Magnus scosse la testa, accarezzando il viso dell’’altro, immergendosi nei suoi occhi blu.
- Lo vorrei tanto, Alexander, non immagini quanto. Ma non posso. – guardò verso uno dei tunnel – Devo incontrarmi con delle persone. Il Ministro della Difesa ha tradito il Cancelliere, forse spera di assumere il comando lui stesso. Non succederà.
Alec vide il guizzo di una lama svanire veloce com’era arrivato nella cintura di Magnus. Capì che non c’era più molto tempo. Prese il viso di Magnus fra le sue mani e lo costrinse a slacciarsi la maschera.
- Torna da me. Almeno provaci, ti prego. – le loro fronti si incontrarono – Io ti amo.
- Ti amo anch’io, tuttavia non posso prometterti nulla. Tu però devi fare una cosa per me. Se mi ami davvero, aziona la leva e permetti a questo vagone di raggiungere la meta.
Alec guardò con timore la leva. Non era entusiasta all’idea, non gli sembrava pienamente giusto.
- Se non torno entro un’ora, aziona la leva, poi esci di qui e goditi lo spettacolo. Forse ci sarò anch’io.
Alec annuì, mordendosi il labbro. Non sapevano a cosa le loro azioni avrebbero condotto, ma una cosa era certa: ci sarebbe stata una svolta. Il bacio che si scambiarono fu intenso, ma dolce allo stesso tempo, un bacio che disse tutto quello che c’era da dire, un bacio d’addio. Poi Magnus indossò di nuovo la maschera e sparì nel tunnel. Con un po’di fortuna, l’avrebbe rivisto. M era pur sempre immortale.
 
Somewhere in time, we don’t know where we are…
Ed eccoci qui con questa… cosa, qua sopra, che forse solo in pochi avranno letto fino alla fine. Mio Dio, non pensavo di riuscire a scrivere una fic così lunga… una one-shot, per di più. Fare dei paralleli tra i nostri Malec ed Evey e V del film V per Vendetta è stata un’impresa ardua. Inizialmente l’uomo mascherato doveva essere Alec, ma poi era quasi impossibile far coincidere la sua indole con quella di V, per cui ho preferito andare sul sicuro. Aggiungo però l’avvertimento OOC perché inevitabilmente ho stravolto qualcosa di almeno uno di loro. Anche l’ambientazione della fic è stravolta rispetto al contesto originale (tratto dal film, non dal fumetto). Alcune frasi sono delle citazioni dirette tratte dal film, altre sono simili, ma rielaborate (tipo il monologo iniziale di M, quella è stata la parte più difficile da scrivere), altre scene sono inventate di sana pianta. Quindi diciamo che gli spoiler per il film non sono totali. Per quanto riguarda l’ideologia di fondo… bhe, quella è un po’diversa. Ho ricalcato il concetto di libertà da due punti di vista molto diversi, che spesso si scontrano fra loro, ma ci tengo a precisare che con questo lavoro non intendo inneggiare all’odio o all’anarchia. Per me è fondamentale pensare con la propria testa e anche per una questione di fedeltà ai personaggi originali e al contesto di partenza ho voluto lasciare questa visione della realtà, che, per inciso, si discosta dalla mia. E niente… e da un anno che sono su questo fandom. Cavolo. Peccato che questo anniversario sia stato oscurato da un altro plagio. Ma vabbé, è inutile discuterne qui. Se vi va di fare quattro chiacchiere, scambiare opinioni o anche solo chiedermi perché non sono stata ancora rinchiusa in una casa di cura, ho aperto una pagina autore su Facebook.
 Vi lascio il link (https://www.facebook.com/alienonefp?skip_nax_wizard=true&ref_type=bookmark).
E quindi bho… buone vacanze!
A presto,
_Alien_
  
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