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Autore: Lady_Slytherin97_    07/07/2015    2 recensioni
Hazel Grace Lancaster, una sedicenne affetta da cancro, è obbligata dai genitori a frequentare un gruppo di supporto, dove incontra e si innamora del diciottenne Augustus Waters, un ex giocatore di basket con una gamba amputata.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Augustus 'Gus' Waters, Hazel Grace Lancaster
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, però non me lo sarei immaginato così presto. Solo qualche settimana fa eravamo su un aereo diretto ad Amsterdam, mentre oggi sono qui, davanti a una bara di mogano scuro, ricoperta da grandi boquet di fiori.

Ho sempre odiato i funerali e la tristezza che trasmettono. Questo in particolare, avrei preferito che tardasse il più possibile, ma era inevitabile, il cancro è inevitabile e la morte, puntuale come sempre, non manca mai ai suoi appuntamenti.

Vedere i suoi genitori distrutti, gli occhi gonfi dalle lacrime che non accennavano a smettere, a sostenersi a vicenda per la loro peggiore perdita, mi fece sentire in colpa. Le nostre condizioni fisiche non erano delle migliori, eppure siamo andati lo stesso ad Amsterdam e abbiamo cercato di vivere una vita normale per qualche giorno. Se fossimo restati a casa, se ci fossimo curati... non sarei qui davanti a una tomba, la sua tomba.

-Ora diamo la parola ad Augustus Waters, il ragazzo di Hazel.

La voce del prete mi fece tornare alla realtà, mi alzai e mi avvicinai alla tomba di Hazel, sfiorandola con le dita. Guardai tutti i presenti, non ero mai stato così nervoso in vita mia. Mi allentai il nodo della cravatta, mi schiarii la voce e respirai profondamente. 


-Quasi tutti sono ossessionati dal pensiero di lasciare un segno nel mondo. Di tramandare qualcosa. Di sopravvivere alla morte. Tutti vogliamo essere ricordati. Anch’io. Questo è ciò che più mi disturba, essere un’altra immemorata vittima dell’antica e ingloriosa guerra contro la malattia. Io voglio lasciare un segno.


-Benvenuto ehm...
-Augustus Waters.
-Benvenuto Augustus. Vuoi dirci qualcosa di te?
-Ho 17 anni, ho avuto un lieve osteosarcoma circa un anno e mezzo fa e sono qui esclusivamente su richiesta del mio amico Isaac.
-E come ti senti?- mi chiese il capogruppo.
-Oh, a meraviglia! Sono su una montagna russa che va sempre in salita, amico.
-Vuoi condividere con noi le tue paure?
-Le mie... paure?
-Sì.
-L'oblio.- risposi, dopo averci pensato per qualche istante.

Una ragazza minuta, con i capelli scuri e corti e gli occhi color nocciola si alzò. Indossava un paio di jeans larghi, una maglietta gialla dei Rolling Stones, accanto a sè teneva una bombola d'ossigeno.

-Dicci pure, Hazel.

E così si chiama Hazel. Mi fissò per qualche secondo prima di iniziare a parlare.

-Verrà un giorno in cui tutti noi saremo morti. Un giorno in cui non sarà rimasto nessuno a ricordare Aristotele o Cleopatra, figuriamoci te. É esistito un tempo prima che gli organismi prendessero coscienza e ce ne sarà uno dopo. Tutto sarà dimenticato. E se l'inevitabilità dell'oblio ti preoccupa, ti consiglio di ignorarla.

Non riuscii a trattenere il sorriso che mi esplose in volto.

-Accidenti. Certo che sei un bel tipo.


-I segni che gli umani lasciano troppo spesso sono cicatrici. Siamo come un branco di cani che pisciano sugli idranti. Avveleniamo l’acqua di fonte con la nostra piscia tossica, segnando ogni cosa come MIA nel ridicolo tentativo di sopravvivere alla nostra morte. Io non riesco a smettere di pisciare sugli idranti. So che è sciocco e inutile – inutile in modo epico, nella mia attuale condizione – ma sono un animale come chiunque altro.
Hazel è diversa. Lei cammina con passo leggero sulla terra. Hazel conosce la verità: la probabilità che abbiamo di ferire l’universo è pari a quella che abbiamo di aiutarlo, ed è molto probabile che non faremo né l’una né l’altra cosa. Lei non vuole milioni di ammiratori, lei ne voleva solo uno e lo ha avuto.



Indossava un vestito blu senza maniche, un abito piuttosto semplice, ma che le stava d'incanto. Ero davvero su delle montagne russe continuamente in salita: mi trovavo nel miglior ristorante di Amsterdam, sorseggiando 'le stelle' di fronte alla ragazza che amavo alla follia. Così decisi di dirglielo.

-Sono innamorato di te.
-Augustus...
-È vero.
Sono innamorato di te e non sono il tipo da negare a me stesso il semplice piacere di dire cose vere. Sono innamorato di te e so che l'amore non è che un grido nel vuoto e che l'oblio è inevitabile e che siamo tutti dannati e che verrà un giorno in cui tutti i nostri sforzi saranno ridotti in polvere e so che il sole inghiottirà l'unica terra che avremo mai e sono innamorato di te.


-La gente dirà che è una cosa triste lasciare una cicatrice più piccola, che saranno in pochi a ricordarla, che sarà stata amata in modo profondo, ma non a vasto raggio. Ma non è triste. È magnifico. È eroico. Non è questo il vero eroismo? Come dicono i medici: primo, non fare del male. I veri eroi comunque non sono quelli che fanno le cose; i veri eroi sono quelli che NOTANO le cose, quelli che prestano attenzione. Il tizio che ha inventato il vaccino antivaiolo non ha inventato niente. Ha solo notato che le persone che avevano contratto il vaiolo bovino non si ammalavano di vaiolo.
Dopo che la mia PET si è illuminata tutta, mi sono intrufolato nel reparto di terapia intensiva e l’ho vista mentre era priva di sensi. Sono entrato dietro un’infermiera che aveva la tessera magnetica e sono riuscito a stare seduto accanto a lei per dieci minuti prima che mi scoprissero. Ho davvero pensato che sarebbe morta prima che avessi avuto il tempo di dirle che stavo per morire anch’io. È stato spaventoso: l’incessante aggressione meccanizzata della terapia intensiva. Aveva quest’acqua scura cancerogena che le usciva dal torace. Gli occhi chiusi. Era motivata. Ma la sua mano era ancora la sua mano, ancora calda, con le unghie dipinte di un blu così scuro che sembrava quasi nero e l’ho tenuta stretta e ho cercato di immaginare un mondo senza di noi e per circa un secondo sono stato una persona abbastanza buona da sperare che morisse in modo da non dover scoprire che stavo per morire anch’io. Ma poi ho chiesto più tempo per poterci innamorare. Il mio desiderio è stato realizzato, suppongo. E le ho lasciato la mia cicatrice.
Un infermiere è entrato e mi ha detto che dovevo uscire, che non era consentita la presenza di visitatori, e io gli ho chiesto come stava e il tipo ha detto: “Sta ancora accumulando acqua.” Una benedizione nel deserto, una maledizione nell’oceano.


Non glielo dissi. Sapevo delle mie condizioni già prima di partire per Amsterdam, ma lei voleva conoscere Van Houten e io non volevo far altro che renderla felice. E così feci, la portai ad Amsterdam. Ci demmo il nostro primo bacio: stavamo parlando del nostro improbabile futuro come vigilanti disabili pronti a raddrizzare i torti, difendere i deboli e proteggere coloro che sono in pericolo. Probabilmente stavo facendo un discorso noioso su questo mio sogno di gloria, perchè lei mi interruppe posando le sue labbra sulle mie.

Lasciò la bombola d'ossigeno per poggiare le mani sul mio collo, mentre io le cinsi i fianchi, stringendola a me. Tutto ciò che ci circondava sparì, il tempo si fermò. Io e lei non eravamo più due ragazzini con il cancro, eravamo semplicemente Augustus ed Hazel, due ragazzi innamorati. Hazel aveva chiuso gli occhi, quando li aprì mi sorprese a fissarla, ma come potevo fare altrimenti? Era bellissima nella sua semplicità.



-Cos’altro dire? È così bella. Non ti stanchi mai di guardarla. Non ti preoccupi se è più intelligente di te: lo sai che lo è. È divertente senza essere mai cattiva. Io la amo. Sono così fortunato ad amarla. Non puoi scegliere di essere ferito in questo mondo, ma hai qualche possibilità di scegliere da chi farti ferire. A me piacciono le mie scelte.

...

Ero disteso sul letto di camera mia, lanciando una piccola palla da basket contro il soffitto.


-Probabilmente dovrei andarmene a letto. Sono quasi le 2.
-Okay...
-Okay...
-Okay...
-Okay...
-Magari 'okay' sarà il nostro 'sempre'.



Dio quanto mi mancava. Presi la felpa ed uscii di casa, incamminandomi senza meta.


-Perchè mi fissi?
-Perché sei bella. Mi piace guardare la gente bella e poco fa ho deciso di non negarmi i semplici piaceri della vita... Voglio dire, dato che, come ci hai fatto deliziosamente notare, tutto questo finirà nell'oblio e via dicendo.

Hazel sorrise.


-Ti va di vedere un film?
-Okay... io sono libera nel fi...
-No, io intendo adesso.
-Potresti essere un assassino.
-Oh c'è sempre quella possibilità. Andiamo, Hazel, corri il rischio!

Presi una sigaretta e me la misi in bocca. Hazel sgranò gli occhi sconvolta.

-Pensi che sia figo o qualcosa del genere?! Hai appena rovinato tutto. Anche se avevi un dannato cancro, dai i soldi a una multinazionale in cambio della possibilità di avere ancora più cancro! Ti dico solo che non riuscire a respirare fa schifo!
-Hazel, non ti uccidono se non le accendi. È una metafora, sai? Ti metti la cosa che uccide proprio fra i denti, ma non le dai il potere di farlo.



Mi rigirai il pacchetto di sigarette fra le mani, non ne accesi mai una. Tirai fuori una sigaretta e me la misi in bocca, continuando a camminare. Più mi avvicinavo al centro città, più incontravo persone, finchè non vidi un gruppo di ragazzi seduto fuori da un bar.

-Hei ragazzi! Non è che avreste un accendino da prestarmi?
-Certo, amico. Tieni!

Un ragazzo robusto dalla voce rauca mi lanciò il suo accendino, uno zippo verde brillante. Lo accesi, mi avvicinai con la sigaretta e aspirai profondamente.

-Grazie, amico!

Continuai per la mia strada, feci un respiro profondo e guardai le stelle.

-È una bella vita, vero Hazel Grace?

  
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