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Autore: Tabychan    07/07/2015    0 recensioni
Esercizio di scrittura che feci in previsione della tesina del liceo, 4 anni fa.
Trama fino a questo punto: Hien è un ragazzo italiano profondamente disgustato dal mondo in cui vive (il nostro): l'ipocrisia e la cattiveria hanno la meglio sulla bontà e la sincerità. Un giorno, a seguito di un evento che scatenò in lui un enorme desiderio di giustizia, ecco che essa cadde dal cielo proprio davanti a lui: uno splendido angelo, dalle forme di una bionda ragazza, si presenta a lui come la Giustizia da lui invocata. Purtroppo essa riflette lo stato in cui si trova il mondo: essendo ormai quasi disprezzata dagli uomini, e poichè la forza vitale di un angelo è legata al comportamento che gli esseri umani hanno nei confronti del sentimento che esso rappresenta, è ormai debole, impossibilitata a morire perchè nel profondo di poche anime giace ancora un briciolo di giustizia, ma troppo poche e poco decise perchè lei possa intervenire, e impossibilitata a vivere degnamente a causa della corruzione diffusasi tra gli uomini. La scena è ambientata pochi giorni dopo il loro, e riprende un dialogo nel quale l'angelo spiega alcune caratteristiche del suo mondo.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno, di primavera, il sole era sorto da poco e le sporadiche nuvole albine sfrecciavano veloci confondendosi qua e là con le piume dell’angelo, la dolcezza delle quali veniva duramente a contrastare con il severo volto della Giustizia caduta. Asheria osservava il cielo, il suo cielo, dove non vi era traccia di quelle abominevoli figure umane che lei tanto odiava, nonostante fosse stato proprio a causa di uno di loro che era in grado, dopo tanti secoli, di poter sentire il fresco della brezza sul volto.
«Guarda che le persone normali non passano il tempo sul tetto delle case.»
Dalla finestrella della mansarda sbucò la bruna e ostinata testolina di Hien, che seppur a malincuore dovette interrompere l’indubbiamente poetico momento di meditazione della sua –amica?
«Lungi da me rassomigliare a coloro che tu chiami “persone normali”» rispose lei, più fredda del ghiaccio dei suoi occhi. Hien si sedette vicino a lei
«In questi casi si dice “buongiorno” di solito, ma non mi sembra che oggi il tuo giorno sia particolarmente buono.»
Asheria non rispose. Il ragazzo sollevò gli occhi al cielo, sospirando. Nonostante fosse il primo a non credere negli uomini per qualche motivo lo scocciava, o lo rattristava, constatare come neanche là sopra avessero fiducia in loro; ma ovviamente non avrebbe mai ammesso certi pensieri.
«…com’è lassù?»
«Eh?»
«Il paradiso, intendo. O qualsiasi altro luogo dove vivete tu e gli altri come te. È un immenso spazio bianco, dove il Signore ci osserva aspettando che qualcuno compri il caffè per lui? Oppure c’è solo una lunga scalinata con angioletti che cantano ai lati? Ed esiste l’inferno, con i dannati che si divorano tra loro punzecchiati da provocanti diavolet-»
«Non burlarti di ciò che non conosci, umano. Ti ritenevo molto meno ottuso di quanto mi stai dando prova di essere.»
Hien tacque, abbassando lo sguardo. “A quanto pare anche gli angeli sono permalosi”, pensò. Le piume ricominciarono a fluttuare e la creatura si voltò verso il suo interlocutore: il suo sguardo si raddolcì rievocando i luoghi da lei tanto amati, nel profondo convinta che quel piccolo umano avrebbe compreso le strutture di Cielo e Terra. Raccolse uno degli amati krapfen dal vassoio che costituiva la sua colazione, e iniziò il racconto:
«Sì, esistono Paradiso e Inferno. Il cielo è suddiviso tramite gerarchie: al vertice vi è il Nostro e Vostro Signore, la cui volontà è espressa da tre coppie di arcangeli, da noi chiamati Eterei a causa della loro purezza. Vi sono gli Eterei del Cielo e della Mente, dai quali sono stata generata io; gli Eterei della Terra e del Cuore, che diedero vita all’Amore; e infine gli Eterei del Mare e del Corpo, dai quali nacque la Natura. Io sono l’unico angelo singolo, mentre sia la Natura che l’Amore possiedono veri e propri plotoni di sottoposti, poiché innumerevoli sono le sfaccettature e rappresentazioni che essi possono assumere.»
«…Mentre la Giustizia è una ed unica, uguale per ogni essere umano e divino, giusto?»
Lei annuì, scuotendo nuovamente le ali, che stavolta andarono a confondersi con i suoi lunghi e dorati capelli: il ragazzo non perdeva nemmeno il minimo movimento, scrutando con sguardo critico e soprattutto meravigliato lo splendido scenario che- era costretto ad ammetterlo- aveva la fortuna di poter osservare.
«Gli angeli sono tutti belli come te?» esordì, schietto, senza malizia ma con grande curiosità, che tra l’altro non si sarebbe potuta scoprire con occhi che non fossero onniscienti vista la capacità del ragazzo a non lasciar trasparire alcuna emozione. Il caso (o destino, o volontà celeste, come il nostro angioletto era solito chiamarlo), implacabile in ogni sua azione, volle che tale essere umano fu affidato ad un essere divino forse ancora meno espressivo: la risposta alla domanda fu netta, decisa, che se il complimento rivoltole in realtà fosse un insulto o anche null’altro.
«Non esistono angeli esteriormente sgradevoli, poiché ciò che incarnano non lo è.»
“Se gli uomini fossero espressioni di sentimenti solo positivi, sarebbero tutti così belli anche loro?” pensò lui, perdendosi nuovamente tra le sue immaginazioni, come gli capitava spesso di fare dopo l’incontro con l’angelo: si raffigurò un mondo abitato da creature stupende, che tuttavia nella loro purezza non degnavano della benché minima importanza la bellezza della quale erano dotate. Deglutì: un’utopia! Da quanto tempo non gli capitava di immaginarne una? Scosse la testa e riprese il suo interrogatorio di quel mattino di primavera:
«E gli inferi esistono? Il diavolo…?»
«No. Quello no. È solamente una rappresentazione delle paure che l’uomo stesso ha ideato, credendo di poter migliorare se fosse consapevole di vivere sotto minaccia. Anche l’Inferno non possiede la medesima essenza da voi concepita: la crudeltà è solo umana. Esso è sì un luogo di punizione per coloro che durante la vita terrena hanno abusato dei loro beni, ma ciò che muta rispetto alle vostre consuete rappresentazioni è la loro anima.» Sollevò lo sguardo, pensando a come poter spiegare ciò che era per lei tanto scontato quanto non lo era affatto per gli uomini;
«Ti porgo un quesito. Immagina che una madre tua conoscente perda un figlio: chi ne soffrirebbe maggiormente, la madre o tu stesso?»
«La madre, ovviamente.»
«Corretto. E per quale motivo?»
«Perché, per quanto io potessi essere affezionato al figlio, la madre proverebbe di sicuro un affetto maggiore.»
«Esatto. Il concetto su cui si basano le leggi diaboliche è essenzialmente il medesimo. Ma innanzitutto sappi- e oh, se lo sapessero tutti gli umani- che sfruttare male il tempo che vi è stato concesso per la vita è un peccato molto più grave di quanto pensi. Vi è stata donata l’esistenza, una terra fertile su cui vivere, un intelletto in grado di evolversi e progredire e una coscienza per poter distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è. Eppure non vi è bastato comunque. Vi siete costruiti idoli d’oro, adorando più quelli che colui che li ha creati, e come moscerini attratti dalla luce vi siete avvinghiati al metallico splendore di divinità fittizie, uccidendo in loro nome i vostri figli e i vostri fratelli. Siete arrivati a difendere l’omicidio, la corruzione e la vendetta chiamandoli con il MIO nome, chiamandoli giustizia, solo per nascondere agli altri e a voi stessi le vostre turpitudini.»
Asheria pronunciò queste ultime parole urlando, o così avrebbe voluto fare, se avesse potuto. Ma persino il fuoco della rabbia era spento, congelato tra i blocchi di ghiaccio che il dolore aveva eretto in lei: Hien continuava a fissarla. Cominciava a comprendere i suoi pensieri, l’odio sviluppatosi dal rifiuto ricevuto da coloro che, in fondo, finalmente lo capì, amava.
«…quindi, oltre a ciò, non provare stupore se la pena ti sembrerà eccessiva.» proseguì lei, terminando una frase al cui inizio il ragazzo non aveva prestato ascolto, ma che avrebbe potuto facilmente immaginare.
«La pena maggiore è riservata ai diavoli, anime umane particolarmente meschine, il cui compito è torturare gli altri peccatori. Ma questo lo compiono con un animo mutato rispetto a come lo possedevano in vita: infatti, più erano stati empi quando avevano il corpo, tanto più diventano pii e misericordiosi da puro spirito. Questo poiché, come hai compreso con l’esempio precedente, soffre molto di più colui che ama che colui che odia.»
   
 
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