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Autore: Helen_Len    07/07/2015    1 recensioni
Quattro clan diversi che vivono nello stesso pianeta, ma divisi da certe ragioni legate alle loro origini.
Una vita pianificata e priva di diritti, ma piena di doveri. Amori proibiti e cuori spezzati. Una libertà che può rinascere solo dalla cenere dei propri sbagli, proprio come nasce una fenice dopo la sua morte.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA:
Premetto che questa storia è opera della mia testa un po' malata. Inizialmente volevo scrivere la storia di una suora, ma.. No, grazie. In seguito ho pensato "perché non scrivo una storia fantasy?" ed ecco ciò che ne è uscito.
Questa One-Shot è nata da un concorso a cui non sono poi riuscita a partecipare per mancanza di tempo ed ispirazione. Il concorso durava 72 ore ed in base a sei parole che venivano assegnate ad ogni concorrente bisognava scrivere una storia. Sono riuscita ad inserire in questo racconto quattro dei termini che mi avevano dato: castità, sombrero sibilante, acaro di polvere, morsi amorosi.



A Phoneix, un pianeta che si trova nella Galassia Sombrero, non c'è molto da fare nei fine settimana a parte feste a tema che sono organizzate dalle diverse famiglie in onore della galassia. Qui partecipano solo giovani dai sedici ai venticinque anni.
Ovviamente a me non piacciono molto, non perché sono associale, ma per il semplice motivo che non voglio legarmi affettivamente a nessun ragazzo. So perfettamente che dopo i  venticinque anni si deve iniziare a pensare alla famiglia e quindi  il divertimento viene secondario, ma preferisco vivere con il rimpianto di non aver partecipato alle feste piuttosto che piangere ogni sera per un amore che non avrebbe avuto un seguito.
A Phoneix la vita dei bambini è già pianificata fin dai primi respiri nella pancia della madre. Dopo tre anni dalla nascita si comincia la scuola dove si viene smistati nelle varie classi in base ai poteri che si possiedono: aria, acqua, fuoco, terra. Inoltre fino ai venticinque anni si deve rispettare la legge della castità: non si possono avere rapporti con nessun membro della comunità. Il compagno con cui si condividerà il resto dell'esistenza fino alla morte viene scelto dai genitori secondo le origini della stirpe.
I primi antenati della nostra famiglia si chiamavano Johanna e Caspar. Si dice che sono nati dalla schiuma del mare e che per loro è stato amore a prima vista. I loro figli hanno continuato la generazione fino ad arrivare ai giorni nostri.
In poche parole io mi dovrei sposare con un mio lontano parente secondo ciò che ci hanno sempre raccontato a casa e a scuola, ma io non credo in quelle parole.
Faccio fluttuare una goccia d'acqua nel vuoto e poi la lascio cadere nel bicchiere da cui ho appena bevuto metà del contenuto.
Sono in cucina dove regna il più completo silenzio e quindi posso pensare senza essere disturbata.
Mia madre sta pulendo ogni angolo della casa, mio fratello invece è sicuramente davanti alla televisione o al computer e mio padre è a giocare a golf come ogni sabato pomeriggio. Tutti hanno qualcosa da fare tranne me. Il problema è che non mi piace guardare la televisione, leggere per più di un'ora, scrivere, cantare, ascoltare musica, giocare al computer, cucinare, passeggiare con il cane che in realtà non ho e tutto il resto delle cose che possono riempire una giornata. Trovo solo eccitante viaggiare con la macchina volante di famiglia e ogni tanto prendere in giro i robot, che trovo quando esco, perché sono alquanto stupidi. Per il resto tutto è monotono. La mia vita è monotona come tutti quelli che sono rinchiusi in questa gabbia di pianeta barra galassia.
Mia madre entra dalla porta della cucina seguita da mio fratello che la prega di dargli il permesso di farlo andare alla festa che si trova a pochi chilometri da casa nostra.
Questo weekend il party è stato organizzato dalla stirpe Sibilo quindi si terrà in una delle grandi ville che galleggiano nell'aria. Ovviamente come ogni volta la festività è stata chiamata Sombrero seguita dal nome di uno dei quattro clan. Sombrero perché sono feste in onore della galassia e Sibilante perché prende il nome da chi ha programmato la solennità.
I Sibilo appartengono alla famiglia che ha come potere il vento. Loro sono i successori dei figli del vento: Alexandra e Moss. Quest'ultimi sono nati da un vortice che si era formato dall'incontro di due correnti d'aria con temperature diverse. Anche loro diedero alla luce dei figli che portarono avanti la generazione.
- Dai mamma è la festa dell'anno!- esclama entusiasta.
La loro conversazione continua nella stanza accanto.
Finisco di bere l'ultimo sorso di acqua e poi mi chiudo in camera mia essendo che la cucina non è più un luogo tranquillo.
Mi sdraio sul letto, metto le cuffie alle orecchie e lascio che le note di pianoforte mi rapiscano. Nel frattempo faccio volare un po' di acqua all'interno della stanza. Stanca di vedere una forma astratta e trasparente correre di qua e di là la trasformo in un tenero coniglietto. Passo poi ad un cavallo. Nuvola. Ballerina di danza classica. Fino a raggiungere il viso del ragazzo che segretamente mi piace.
La porta della camera si apre velocemente. Dallo spavento perdo il controllo del mio potere e la sagoma che avevo formato si scioglie cadendo sopra mio fratello che sfortunatamente non si bagna perchè fa evaporare il liquido.
Spengo subito la musica e mi tolgo le cuffie sbuffando.
-Bella mossa acaro!- esclama per poi fare una smorfia.
-La smetti di chiamarmi acaro- sbotto infastidita.
-Preferisci acaro di polvere?- mi domanda.
-Preferisco Adelaide- rispondo. -Ora esci dalla mia camera- mi alzo dal letto e lo spingo al di là dell'uscio per chiuderlo fuori.
-Dai sorellina apri- dice con voce disperata. -Non ti chiamerò più acaro o acaro di polvere-.
Rimango a riflettere sul da farsi.
E' meglio se lo ascolto o se faccio finta che non esista e tornare ai miei tristi pensieri?
Apro la porta e lo guardo come per dire muoviti a chiedere quello che ti serve.
-Mamma mi lascia andare alla festa solo se vieni te- sospira.
-Lo sai che quella festa è in mezzo alle nuvole e io soffro di vertigini? Lo sai che io odio le feste perchè c'è troppa gente? E lo sai che mi infastidiscono tutti quei ragazzi che cercano di parlare con me? E il...- Rick, mio fratello, mi tappa la bocca e mi spinge gentilmente dentro camera mia e chiude la porta.
-Lo so, ma ho dato appuntamento alla festa alla mia ragazza- spiega a bassa voce.
Lo guardo con gli occhi sbigottiti.
-Alla tua cosa?- sussurro confusa.
-Lo so che sono i nostri genitori che decidono per noi, ma io non posso stare insieme ad una persona che in realtà non amo- mi spiega.
Abbasso il capo sconfortata e rendendomi conto di quanto ha ragione.
Nella mia mente si ripresenta il viso del ragazzo di cui ho preso una cotta.
I suoi occhi dal colore marrone chiaro mi si materializzano davanti ai miei come uno schiaffo in faccia. Il suo sorriso mi appare come la stella più luminosa dell'universo. La sua voce melodiosa è meglio di qualsiasi suono che riesco a percepire. Per non parlare dei suoi modi di fare che sono sempre diversi in ogni situazione come se volesse essere più persone nello stesso tempo. Lo vedrei bene a recitare in qualche film e magari potrei essere quella ragazza di cui si innamorerebbe.
I miei pensieri mi portano alla prima volta che l'ho incontrato.
Quel giorno ero andata al parco giochi a guardare i bambini che giocavano tra di loro con i propri doni. Mi ero seduta su una panchina e come sempre pensavo. Riflettevo sul mio futuro che si sarebbe prospettato diverso da quello che c'era nella mia mente. Non ci sarebbe mai stato un amore come lo raccontano i libri, le canzoni o i film. Non ci sarebbe mai stata la libertà che avevo nei sogni. Non ci sarebbe mai stata la speranza che era morta e sotterrata nel fondo più remoto della mia anima come le mie ambizioni.
Ad un certo punto una pioggia di cenere aveva incominciato a cadere davanti ai miei piedi. Subito non alzai lo sguardo per capire chi mi stava importunando, ma fui attirata dal fuco che si era alzato da quella macchia di granelli neri e grigi. La polvere era diventata una fiamma che in seguito si era trasformata in una fenice che volò via.
-Dicono che il nome Phoenix sia nato dalla stirpe Crepitio perché sono stati i primi a popolare questo pianeta- aveva iniziato a parlare il ragazzo che si era seduto su un ramo che si trovava proprio sopra di me. -Sai che Cloe e Andrew sono nati dalle ceneri proprio come le fenici?- Mi aveva chiesto mentre scendeva dall'albero.
Appena arrivò accanto a me lo guardai e gli risposi che conoscevo la storia della sua famiglia.
-Sai anche che Phoenix significa fenice?- Mi aveva chiesto subito dopo essersi seduto accanto a me.
-Certo, sembro così stupida?- Avevo usato un tono irritato.
-A dir la verità pazza-.
-E perché mai?-.
-Non fai altro che venire qua ad osservare i bambini che giocano!- Aveva esclamato.
-Beh.. Almeno non perseguito le persone come fai te- Avevo ribattuto.
La conversazione era continuata ancora a lungo.
Quello fu l'unico giorno in cui per la prima volta nella mia vinta non mi ero per niente annoiata.
Nella mia mente tutto torna come prima.
Rick è davanti a me che aspetta una mia risposta. Non so per quanto tempo sono rimasta imbambolata a fissare il vuoto, ma abbastanza da far aprire bocca a mio fratello che cercò una giustificazione al suo comportamento .
-E lo so che dovremmo seguire la regola della castità fino al matrimonio, ma questa sera alla festa ho intenzione di unirmi a lei. Ho solo una vita e la voglio vivere come decido io!- esclama.
-Verrò alla festa- decido infine.
Rick mi abbraccia forte, mi ringrazia e se ne va in camera per incominciare a prepararsi.
Dovrei seguire il suo esempio, ma rimango ferma un paio di minuti dove sono con un sorriso stampato sul  viso. Non ci posso ancora credere che probabilmente potrò rivederlo di nuovo e magari perdermi nelle sue labbra. Questa sera le regole le decido io anche se potrei incappare in qualche guaio, ma dopo aver assaggiato la libertà.
Spalanco l'armadio e inizio ad indossare ogni cosa che mi passa per le mani finché non arrivo al vestito che avevo messo per un matrimonio di uno dei cugini. Indosso l'abito che disegna perfettamente la linea del mio corpo snello. Sorrido soddisfatta, ma quando mi accorgo della montagna di vestiti che si è formata dietro di me le mie labbra si ritirano in una smorfia di disperazione. Incomincio a prendere mucchi di indumenti e a lanciarli dentro l'armadio per poi chiuderlo subito dopo.
Tiro un sospiro di sollievo.

-Attento!- esclama mio padre consegnando le chiavi della macchina a mio fratello.
-Si, non succederà niente- sbuffa Rick.
-Adelaide, sei sicura di riuscire a camminare con quelle scarpe?- si intromette nella discussione mia madre.
Abbasso lo sguardo verso il tacco della calzatura pensando che è la prima volta che la indosso e che presto me le toglierò.
-Certo- le sorrido cercando di essere più disinvolta possibile.
Arriviamo nel parcheggio della villa. Quasi tutti i posti sono pieni. Cerco tra le persone che sono sparse tra le macchine il suo viso, il suo copro, il suo modo di camminare, ma non lo vedo. Rimango un po' delusa e per un  momento penso che forse sarebbe stato meglio se fossi rimasta a casa.
-Rick- rompo il silenzio che è calato dentro la vettura.
Sto per iniziare a parlare, ma lui mi precede.
-Qualunque cosa succeda oggi rimane tra noi!- esclama sorridendo per poi sistemarsi i capelli.
-Rick..- le mie parole vengono rotte dalla portiera che è stata chiusa da mio fratello.
Sbuffo.
Voglio solo tornare a casa e lui non mi vuole ascoltare.
-Rick- urlo come una disperata dopo essere scesa dalla macchina.
Lui si gira verso di me e mi raggiunge seccato.
-Che c'è adesso?- mi domanda.
Non ho il coraggio di dirgli ciò che penso perché non voglio infrangere i suoi sogni che almeno lui ha il coraggio di realizzare.
-Devi chiuderla- indico il mezzo che ci ha portati alla mia morte d'ansia.
-Grazie, ora andiamo- mi prende per mano e mi trascina all'entrata.
Rischio più volte di cadere per terra, ma mi lascio trasportare dal suo entusiasmo che dovrei prendere come esempio.
Appena entriamo dentro la villa veniamo spinti dalla folla in due lati opposti. Rick gesticola con le mani, ma non capisco che vuole dirmi. Forse mi ha detto a che ora dobbiamo trovarci alla macchina. Cerco di raggiungerlo, ma è inutile perché è già sparito chissà dove.
Mi sento come un pesce in trappola. La musica è altissima, l'aria è decisamente calda e quasi mi manca il fiato. Cerco di raggiungere un luogo appartato, ma mi ritrovo solo davanti a dei contenitori con al loro interno del liquido colorato. Prendo un bicchiere e lo riempio. Inizio a bere, ma solo dopo pochi sorsi mi rendo conto che è una bevanda alcolica. La mia paranoia va alle stelle e la mia gola va in fiamme.
I piedi cominciano a farmi male. Mi tolgo le scarpe e le lascio in un angolo appartato e poi vado a cercare mio fratello. Mi sposto tra la folla con fatica fino a quando qualcuno mi copre gli occhi con le mani.
-Rick non è divertente!- esclamo irritata.
-Non sono Rick- mi dice nell'orecchio.
La voce mi sembra familiare, ma non riesco a ricordare a chi appartiene.
Quando mi giro mi accorgo che è proprio il ragazzo che mi ha convita a venire in questa casa piena di ragazzi che al posto di ballare saltano in continuazione.
-Puoi guidare?- gli domando.
-Ehm.. Si- risponde confuso.
-Portami a casa per favore-.
Lui mi prende per mano. Saliamo le scale fino a raggiungere il corridoio al piano di sopra ed entriamo nell'ultima stanza dritta davanti a noi.
Denny chiude la porta alle mie spalle, mentre io rimango ad osservare ciò che mi circonda. I muri sono coperti da armadi pieni di mensole sulle quali ci sono solo libri. Al centro della sala c'è un tavolo enorme in legno dove ci sono fogli, pota penne e un mappamondo abbastanza grande. Sembra di tornare a cento anni fa quando la tecnologia che c'è ora non esisteva. L'unica cosa che rende moderna la biblioteca sono i divanetti che sono sospesi in aria.
-Wow, quanti libri!- esclamo sorpresa.
-Questi sono gli ultimi libri rimasti sottoforma cartacea, oramai sono tutti digitali- Spiega come se conoscesse veramente lo scopo della stanza.
-Come fai a saperlo?- gli domando confusa.
-Perché non parliamo di te?- cambia discorso. -Hai bisogno di aiuto o sbaglio?- aggiunge subito dopo come se non mi volesse lasciar parlare.
-Chi sei?-
-Piacere io sono Denny- si presenta. -Phoenix, l'ultima volta non ci siamo presentati- sorride.
-Adelaide- dico timidamente.
-Beh.. Ti chiamerò Phoenix- Ribatte. -Perché vuoi tornare a casa?- mi chiede.
-Non mi piacciono le feste sono venuta per mio fratello- spiego pentendomi amaramente della mia scelta.
-Credevo che fossi venuta per me- scherza.
-Portami a casa, sto per avere una crisi di nervi- alzo il tono della voce.
-Calmati, siediti qui e respira- mi indica una sedia. -Sai perché ti chiamo Phoenix?- mi chiede.
-Questa volta non so la risposta- sospiro.
-Perché tu sei quella cenere che deve rinascere, ma non lo fai perché ha paura di morire di nuovo bruciata. Diventa una fenice, poi se morirai bruciata potrai sempre rinascere dai tuoi sbagli- cerca di sciogliere i nodi alle mie paure.
-Vorrei essere più libera e invece no.. Tutti scelgono per noi- dico con tono arrabbiato.
-Allora prenditi la tua libertà e vola via- mi sorride.
A quel punto mi prende per mano e mi porta al piano di sotto.
In lui c'era qualcosa di strano, di diverso.
Nei suoi occhi si può vedere il fuoco come in ogni discendente di Cloe ed Andrew. Le sue mani sono fresche proprio come le mie, una delle caratteristiche della mia stirpe. La sua voce è leggera e soave come quella dei Sibilo. La sua carnagione invece è scura come ogni singola persona che ha il dono della terra: la famiglia Boato.
A generare la famiglia Boato sono stati Annabeth e Christopher. La loro origine è sconosciuta a tutti quelli che non appartengono a quel clan, ma il motivo di questa riservatezza non si sa. A causa di questo segreto molto spesso si sono create delle rivalità e molti pregiudizi verso i Boato.
Denny mi porta in mezzo alla folla da cui prima ero scappata. Le sue mani scivolano sui miei fianchi e mi fa avvicinare dolcemente al suo corpo. A causa dell'imbarazzo e per la paura di essere troppo impacciata trovo una scusa per allontanarmi un po' da lui. Mi creo dello spazio tra le persone e stando attenta a non farmi pestare i piedi nudi raggiungo un bancone pieno di snack e bevande. Prendo un nuovo bicchiere e lo riempio con un liquido color rosso vivo che mi portò a ricordare la fenice. Bevo velocemente e poi appoggio il contenitore di plastica sul tavolo.
Quello che c'è tutto intorno a me inizia a girare. Faccio alcuni passi avanti, ma perdo l'equilibrio. Qualcuno mi prende al volo prima che io finisca per terra.
-Tutto bene?- mi chiede Denny.
Mi ricompongo e cerco di visualizzare ogni cosa intorno a me. La testa lentamente inizia a fermare tutto ciò che mi circonda.
-Si- sorrido un po' imbarazzata.


Mi sveglio un po' confusa. Non capisco dove sono e le tempie sembrano che stiano per scoppiare.
Mi trovo avvolta in un lenzuolo su un letto che non è mio. La stanza è illuminata dalla luce del sole che entra dalle pareti vetrate. Noto che nella camera non ci sono mobili.
Mi giro a pancia in su e volto la testa alla mia destra. Accanto a me c'è Denny che sta dormendo. E' così bello e sembra un sogno che lui sia lì accanto a me. Il suo viso è rilassato e ricorda un bambino innocente. Il suo respiro lento quasi mi fa assopire, ma qualcosa mi fa alzare il livello della pressione nel sangue. Il mio cuore accelera il battito e delle vampate di calore catturano il mio corpo. Non è il mio amore verso di lui che mi sta creando questo scompiglio nel mio metabolismo, ma la paura e la preoccupazione.
Entrambi siamo nudi sdraiati sullo stesso letto. Il mio petto ha delle piccole macchiette rosse che ricordano dei lividi, ma sono solo impronte di succhiotti.
Mi tocco la pancia e temo il peggio.
-Denny- lo sveglio scuotendolo qua e di là.
La sua risposta è solo un mugugno.
-Denny svegliati- dico in preda al panico.
I suoi occhi finalmente si aprono e con la bocca impastata dal sonno mi domanda:
-Che c'è?-.
-Cos'è successo, perché siamo qui senza vestiti?-.
Il suo sbadiglio si interrompe e i suoi occhi escono quasi dalle sue orbite. Il fuoco che di solito abita i suoi occhi si spegne. Il suo viso impallidisce e la sua espressione da rilassata diventa preoccupata.
-Phoenix mi dispiace è tutta colpa mia!- esclama disperato.
Silenzio.
-Abbiamo fatto l'amore.. Tu eri ubriaca del tutto e io un po' brillo, ma non sapevo che cosa stavo facendo- mi spiega. -Perdonami per favore-.
Per un attimo nella mia mente si materializza l'immagine di mio fratello.
-Dov'è mio fratello?- gli chiedo agitata.
-Nell'altra stanza con mia sorella- risponde con voce triste.
-Tua che..?- la confusione inizia a farsi strada nella mia mente che comincia ad annebbiarsi.
I miei occhi si riempiono di lacrime e scoppio in un pianto fragoroso.
Da come si era scusato voleva dire che non avevamo usato nessuna precauzione e quindi avevo un'alta probabilità di essere incinta. Questo avrebbe comportato ad uno scandalo. Come sarebbe nato il bambino? Che poteri avrebbe avuto?
Secondo le nostre credenze un bimbo nato da due individui appartenenti a clan diversi sarebbe stato dannato per tutta la sua vita, così per pulirlo dai peccati doveva essere ucciso ancora prima di nascere.
Non riesco a pensare lucidamente, ma per fortuna non sono una persona che dice tutto ciò che le passa per la testa.
-Phoenix, calmati per favore- cerca di far cessare il mio pianto.
Dopo poco le sue braccia mi avvolgono e mi lascia alcuni baci sulla fronte.
-Non mi toccare!- esclamo arrabbiata. -Io.. Io.. Non so nemmeno chi sei.. Volevo conoscerti meglio e non finire a letto con te- spiego allibita.
-Phoenix ti prego calmati-.                 
Mi prende la testa tra le sue mani e mi costringe a guardare il suo volto.
-Devi sapere una cosa su di me- mi dice appena smetto di singhiozzare.
Lui fa avvicinare il mio corpo al suo costringendomi ad appoggiare la testa sul suo petto. Sento il suo cuore battere più forte che mai. Riesco così a calmarmi.
-Le storie che ci hanno sempre raccontato sulle nostre famiglie in realtà non sono vere. I nostri primi antenati si chiamavano Carlyn e Braxton. Sono nati dall'incontro dei quattro elementi che creò un'esplosione fortissima. I loro figli non possedevano un solo potere, ma tutti e quattro. Dopo molte generazioni due gemelli, una ragazza e un ragazzo, conobbero anche la parte oscura dei loro doni. Essi diventarono così potenti che nessuno era in grado di distruggerli a meno che non si fossero uccisi tra di loro. La tribù decise di metterli l'uno contro l'altro in modo da porre fine alla loro vita e alla loro malvagità. In seguito alla morte dei due giovani gli uomini più saggi e più vecchi, allora chiamati anziani, divisero tutti gli abitanti di Phoenix in quattro gruppi diversi.  Questi poteva praticare un solo potere e sposare solo un membro appartenente al proprio clan in modo da condurre una vita di pace senza sofferenze- mi rivela Denny.
Alzo la testa verso il suo viso e poi mi allontano di poco da lui.
Non posso credere a ciò che mi sta raccontando. Non posso credere che ogni persona mi abbia sempre mentito sulle mie origini.
-Non ti credo, è impossibile!- esclamo incredula. -Tu stesso mi hai detto della nascita di Cloe ed Andrew- Dico inorridita.
-Lo so è difficile da capire, ma l'unica stirpe che ha continuato ad avere tutti e quattro i doni è quella dei Boato. Io apparterrei alla loro famiglia, ma i miei genitori erano stati smascherati ad usare il potere del vento quindi per non essere scoperti hanno dovuto creare una copertura- aggiunge. -Io sono Denny Sibilo e questa è la mia camera- sorride come se si fosse già dimenticato di un problema che potrebbe esserci nella mia pancia.
Denny mi fa sedere sul letto e mi prende la mano e la gira in modo che il mio palmo sia rivolto vero l'alto.
-Immagina il fuoco sulla tua mano che prende vita- mi dice.
Scuoto la testa in segno di no. Dalla mia espressione capisce che non ho creduto a nessuna delle sue parole.
I suoi occhi mi implorano di provarci almeno.
Chiudo le palpebre ed immagino quella fenice di fuoco che ho visto al nostro primo incontro. Quando spalanco gli occhi sopra il mio palmo c'è un piccolo uccello di fuoco che vola, ma sparisce appena ritiro il braccio verso di me.
-Nella  nostra biblioteca ci sono libri che nessuno ha mai letto e che raccontano la verità-.

Appena io e mio fratello arriviamo a casa, sconvolti entrambi per la verità svelata, da Denny e sua sorella, i nostri genitori ci sgridano per il ritardo. Inoltre ci proibiscono di uscire per una settimana. Io e Rick cerchiamo di trovare delle scuse plausibili, ma quella che avevamo ritenuto perfetta non è stata abbastanza convincente. Alla fine della discussione corro in camera arrabbiata e mi chiudo dentro.
La rabbia pulsa dentro di me e mentre mi guardavo allo specchio per sistemarmi i capelli nei miei occhi compare una fiamma di fuoco. Per poco non mi metto ad urlare per lo spavento. Dopo aver esaminato attentamente le mie iridi sorrido eccitata. La sensazione di libertà che provo è stupenda.
Durante la settimana di castigo ogni notte Denny, di nascosto, viene da me e mi insegna ogni cosa che lui sa. Inoltre parliamo anche del problema che potrebbe far lievitare la mia pancia. Lui mi assicura che i suoi genitori ci avrebbero aiutati con i medici, ma forse a non tenere nascosto il problema.
Con il passare dei giorni i ricordi di quella sera passata a far l'amore con Denny arrivano nella mia mente con corti flashback. Ricordo dei piccoli morsetti amorosi sulla mia pelle che mi facevano rabbrividire; una forte voglia di lui, quasi insaziabile; i suoi occhi che si illuminavano e poi si spengevano per baciarmi con foga; un'eccitazione quasi indescrivibile, ma inebriante e paradisiaca.
I sintomi della possibile gravidanza iniziavano a farsi vedere. Dalla nausea alla perdita del controllo dei poteri. In un giorno sono riuscita a dare fuoco ad un pezzo di carta, a far volare a terra un bicchiere, a trasformare l'acqua della doccia in ghiaccio e a far crescere delle piante nel pavimento. Per fortuna i miei genitori non hanno visto niente a causa degli impegni lavorativi.
Mio fratello, Denny e sua sorella stanno cercando di aiutarmi in tutti i modi, ma niente di quello che mi consigliano di fare funziona.

Mi sono appena addormentata sul divano quando il campanello di casa suona. Mi alzo di scatto per lo spavento. Un vaso di vetro si sposta di scatto da sopra il tavolo della cucina e poi finisce a terra in mille pezzi. Mi metto le mani tra i capelli in segno di disperazione. Mi alzo da quei cuscinetti morbidi e mi dirigo alla porta d'entrata. Quando la apro davanti a me mi trovo una figura che ormai conosco a memoria. Sorrido piena di felicità e lo faccio entrare in casa. Appena siamo nascosti da occhi indiscreti mi butto tra le sue braccia e lo ringrazio mentalmente di essere venuto da me. Le nostre labbra si incontrano e poco dopo si lasciano andare.
-Phoenix ti ho portato questo- mi dice allungando verso di me una scatola di un test di gravidanza.
Lo guardo sconfortata.
-Tanto so che è quello, posso anche evitare di fare il test- abbasso il capo.
-I miei genitori hanno detto che questi sintomi si verificano anche quando si iniziano ad usare gli altri poteri- mi rassicura.
La sua speranza brilla ardente ne suoi occhi, ma io sento che non è così.
Mi chiudo in bagno e apro la scatola ed estraggo lo strumento che mi dirà la verità. E' difficile che diano falsi positivi o negativi, sono decisamente molto precisi.
Prima di fare le cose alla cieca leggo le istruzioni. Non sembra così complicato. Eseguo ogni passaggio in modo preciso. Aspetto che l'arnese mi dica il risultato. Nel frattempo raggiungo Denny in camera mia e mi siedo accanto a lui. Lo guardo arresa all'idea di essere incinta. Lui mi stringe forte a sé. Mi lascio trasportare dalla sua forte speranza che riesce persino ad entrarmi nella vene. So che mi illuderò presto quindi cerco di resistere a quella sensazione di positività.
Gli occhi di Denny si rattristano e la sua mano scivola sulla mia pancia.
-Vi proteggerò ad ogni costo!- esclama prima di stringermi tra le sue braccia.
  
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