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Autore: The Ghostface    08/07/2015    0 recensioni
Sono passati tredici anni…tredici lunghissimi anni da quando Ghostface è stato rinchiuso nel Tartaro.
Di lui non resta che un vago ricordo, voci, leggende urbane…tutto sbiadito dal tempo…dalla magia…
Sulla Terra le cose sono cambiate, nonostante il tempo trascorso i Titans sono rimasti uniti…e con un membro in più, un vecchio rivale pentito…
Alcuni si sono sposati, alcuni hanno avuto dei figli…alcuni nascondo terribili segreti nel profondo del loro animo che mai mai e poi mai dovranno essere svelati.
Il ritorno in circolazione di un noto avversario da un occhio solo terrà alta la guardia dei nostri eroi.
Ma quello che tutti loro non sanno…e che sono finiti tutti nel mirino dell’ormai leggendario…Ghostface.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Ghostface, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rigor Mortis'
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CAPITOLO 23
 
Avviso ai lettori. Questo capitolo contiene scene splatter.
 
-Uno, due, tre e quattro,
ho gli artigli come un gatto…-
 
La voce di Ghostface riecheggiava in ogni dove nella Sala Reattore, diffondendosi in quel dedalo di paralitici automi senza che nessuno desse segno di vita.
Nonostante stesse appena sussurrando le parole suonavano chiare e il passo felpato rimbombava ben scandito nel vuoto.
Il vecchio si aggirava tra le file di droidi furtivo come una tigre a caccia, roteando le spade e guardando ovunque e da nessuna parte, da qualsiasi parte si girasse vedeva solo Slade fasulli impietriti come soldati sull’attenti, i loro corpi allineati, alti e solidi, creavano un groviglio dall’indistricabile pianta, ogni corridoio pareva avere mille uscite eppure condurre sempre a un vicolo cieco.
Le pupille bianche vagavano disperatamente da un capo all’altro del suo campo visivo cercando l’unica tra quelle centinaia di maschere uguali che si sarebbe mossa.
 
-Tre, quattro, cinque e sei,
fossi in te io me ne andrei…-
 
Prima ancora che Ghostface si fosse rialzato, Slade era già sparito sommerso dai flutti di quel mare di cloni.
E ora si aggirava con piede leggero, sfiorando appena il terreno, cauto in ogni movimento, avvicinandosi sempre di più alla sua preda senza che essa potesse individuarlo.
Ma in quel labirinto di replicanti non era ancora ben chiaro chi dei due avversari fosse il Minotauro.
 
-Sei, sette, otto e nove,
presto vorrai tanto essere altrove…-
la nenia venne interrotta da una risatina soffusa nata sotto i baffi argentei del vecchio.
-Ma se il buio ancora dura,
tu puoi solo aver paura.
Perché non c’è modo di ammazzare,
il vecchio Ghostface, caro Slade-
Un ghigno maligno si dipinse sul volto del vecchio.
Slade era stato rapido, non aveva commesso errori, neppure un battito di ciglio, nulla che potesse tradirlo…se non che il movimento ininterrotto delle lame di Ghostface non era casuale.
Le lunghe e sottili spade, lucidate alla perfezione, rispecchiavano qualsiasi cosa incrociasse la loro traiettoria, ruotandole in continuazione Ghostface aveva ottenuto una visione periferica dell’ambiente attorno a se.
Sapeva che Slade l’avrebbe colpito alle spalle per non rischiare un approccio diretto, tenendo vigile la guardia, il vecchio si era sempre guardato la schiena grazie alle sue scintillanti lame e gli occhiali scuri sul viso impedivano che qualcuno potesse capire dove stavano puntante le sue pupille. 
Aveva visto solo con la coda dell’occhio un’ombra scattare tra le ombre…ma gli era bastato.
Fulmineo, senza emettere un suono flesse il gomito all’indietro e questo andò dritto contro il viso mascherato di Slade.
Il guercio barcollò all’indietro, sorpreso e stordito dal colpo imprevisto ma dovette riprendersi in fretta per riuscire ad evitare la lama che gli mulinò a un soffio dal viso.
Piegandosi all’indietro con grande agilità riuscì a mandare il colpo dell’avversario a vuoto.
A quello se ne susseguirono molti altri che l’ex-apprendista riuscì ad evitare sempre per il rotto della cuffia.
Ghostface continuava ad incalzarlo e lui, troppo occupato a scansarsi, non aveva il tempo di controbattere.
Il suo avversario era incredibilmente calmo, ogni colpo andato a fendere l’aria veniva subito riparato con un abile gioco di braccia, in modo che la lama procedesse sempre in avanti, senza mai spezzare l’armonia del movimento, ruotava su se stesso facendo danzare le spade tra i bagliori dei neon.
La lama procedeva indisturbata il suo sinuoso movimento in modo che un colpo a vuoto non fosse un colpo sbagliato, ma servisse solo a farle assumere velocità.
Non importa quante volte Slade riuscisse a evitare di un soffio la morte, Ghostface mulinava le spade senza sforzo ma con atroce precisione, il suo braccio non era mai dovuto tornare indietro, o rialzarsi dopo essersi abbassato, comunque andasse il colpo era sempre una la sua direzione: avanti.
E avanti andava roteando corpo e braccia e lame come una cosa sola in affascinanti movimenti curvilinei senza mai compierne uno spezzato.
Non era un mistero chi avrebbe resistito più a lungo in quel duello.
Quella tempesta di lame baluginanti in movimento era uno spettacolo sensazionale…peccato che Slade fosse troppo occupato a evitare di diventarne parte per goderselo.
Sapeva bene che non avrebbe retto a lungo quel ritmo, ogni attacco era sempre più rapido del precedente.
Doveva interrompere quella danza di morte e sapeva bene come fare.
Gli bastò toccarsi un punto a lato della maschera, all’altezza dell’orecchio e sussurrare un’unica parola –Emèt-*
A quel comando i droidi parvero riscuotersi istantaneamente dalla trance in cui erano caduti, tutte le pupille bioniche, prima fisse nel nulla, puntarono il loro bersaglio.
Jonathan non parlò, si limitò a restare serio e silenzioso mentre la schiera di robot gli dava l’assalto una seconda volta.
Con quell’orda di suoi sosia a dar battaglia, al guercio non fu difficile allontanarsi dal suo rivale per riprender fiato e tornare irriconoscibile come una goccia d’acqua nella pioggia.
<Perché non parla? Perché non ringhia e non impreca? Perché è così dannatamente silenzioso, impassibile?>
Non riusciva a spiegarselo.
Non era abituato ad un Ghostface così distante, così calmo e riflessivo.
Ma certo!
Come aveva fatto a non pensarci prima!
Lui conosceva le tecniche di combattimento di Ghostface meglio di chiunque altro e il vecchio ne era consapevole…stava cambiando il suo modus operandi per confonderlo.
<Vecchio bastardo…>
-Mèt*- sussurrò a denti stretti con le dita premute alla tempia.
I robot s’impietrirono nuovamente, interruppero qualsiasi cosa stessero facendo per riformare le righe, ricreando l’indistricabile labirinto di prima.
E Slade era tra loro.
Col fiato pesante, il vecchio trovò al forza di sollevare la fronte mandida di sudore, attorno a lui erano disseminati arti bionici e circuiti dei replicati…e sangue.
Fronteggiare quell’immane numero i droidi da battaglia gli era costato non poca energia, ma fece di tutto per non dare a vedere la sua spossatezza.
Gli occhi vagavano da dietro le lenti fissando ogni singola maschera bicolore che incontrava, senza riuscir a notare nessuna differenza l’una dall’altra.
Si passò una mano sui capelli attaccati al cranio…e il droide accanto a lui, che un droide non era, gli tirò un calcio dritto nel ventre, un colpo che non riuscì a incassare.
Cadde piegato in due per le terribili fitte allo stomaco e un secondo calcio del suo avversario lo colpì in pieno volto, mandandolo lungo disteso.
Tossì rocamente e i suoni rimbombarono ancora più cupi sulle pareti spoglie della Sala Reattore.
 <Così però non può mica andare avanti…> pensò il vecchio rialzandosi più svelto che mai…ma Slade era già scomparso.
-Dimmi una cosa…- iniziò il canuto rivolto alla platea di suoi avversari, spendo di essere ascoltato.
Non roteava più le spade, le teneva in mano senza neppure esercitare una grande presa, le punte sfioravano il terreno.
-Non sono stato via molto e prima questi giocattoloni non c’erano. Come hai fatto a procurarteli?-
Ghostface non sbagliava, non era stato Slade a fabbricare gli automi bensì Fratello Blood, gentilmente offertosi di sostenere la causa del guercio gli aveva procurato un esercito di droidi ibridi, ottenuti mischiando gli schemi iniziali dei normali robot al servizio di Slade e modificandoli con più moderni ed efficienti sistemi presi direttamente dai progetti personali di Cyborg, creando così una nuova generazione di robot senza precedenti.
Soltanto l’eco della sua voce rispose.
E poi un grido di dolore.
Scattato alle sue spalle il guercio era riuscito ad afferrargli il polso destro e tirargli con l’altra mano un terribile colpo al gomito per poi sparire nuovamente tra le schiere di replicanti.
Ghostface si guardò l’osso che usciva dal braccio e senza dire una parola, strinse i denti fino a schiantarli e, sbuffando come un toro ferito,  se lo ricacciò dentro a forza.
-Sai…- disse col respiro pesante –Fa un male cane…ma guarirò. Al contrario di te-
Un altro colpo scatto davanti a lui, ma questa volta il vecchio fu abbastanza pronto da afferrare al caviglia prima che il piede del suo rivale si abbattesse sul su pomo d’Adamo.
Glielo torse all’indietro affondando gli artigli della mano monca nello stivale, il vero Slade gemette di dolore cadendo a terra, Ghostface teneva ancora saldamente in pungo la sua caviglia.
Fu il momento di restituire il dovuto.
-Non sei poi così minaccioso una volta a terra, vero?- ghignò pestandogli lo sterno con tutto il suo peso, il guercio tento di afferrarlo con le braccia  ribaltare al situazione a suo favore, ma fu troppo lento, iniziò per lui una serie di dolorosissimi calci alle costole, senti le ossa tremare e spezzarsi sotto le suole chiodate del suo nemico.
Come se non bastasse i legamenti del braccio messo a nudo si stavano già ricomponendo.
Per salvarsi d a quella situazione agì d’impulso, afferrando dalla sua cintura uno dei suoi affilatissimi dischi lamati.
Il colpo fu preciso, rapido, e per la distanza praticamente nulla, anche impossibile da evitare.
Le lame ricurve, sottili e nere, si conficcarono in profondità nel ventre del vecchio, che rispose con un truce mugugno a denti stretti.
La “S” impressa sul dischetto iniziò a lampeggiare sempre più velocemente...
Col braccio destro ancora fuori uso e una bomba sullo stomaco a Ghostface fu chiaro come agire e per quanto riluttante mollò la presa attorno alla caviglia di Slade, che subito si sottrasse alla vista, per afferrare quel disco lamato esplosivo e scagliarlo il più lontano possibile da sé appena prima che esplodesse.
Nel fare questo si era aperto una profonda lacerazione nel basso ventre, avendolo strappato via di forza, nonostante le lame uncinate opponessero una dolorosa resistenza, tuttavia era riuscito ad allontanarlo da sè prima che l’ordigno detonasse.
Lanciato sopra le ordinate ed impassibili file di androidi il dischetto esplose in una sconcertante nuvola di fuoco che avvolse tutto attorno a sé nel raggio di due metri, più di un volto d’automa rimase sciolto nella nube fiammeggiante, rivelando lo scheletro metallico interno prima che anch’esso si liquefacesse e il corpo cadesse a terra privo di vita, ammesso che prima ne avesse.
La temperatura di quell’ordigno doveva raggiungere come minimo i 1800 gradi per fondere con tanta facilità gli strati protettivi del robot fino a giungere al centro di comando, protetto da un cranio metallico spesso due centimetri.
Lo sfrigolante e assordante rumore che emise assordò entrambi gli umani.
Ghostface guardò quell’inferno fiammeggiante espandersi nell’aria, appena sopra la testa dei droidi e poi dissolversi nel nulla pochi istanti dopo.
Le lingue di fuoco si specchiarono sulle sue lenti nere, protendendosi verso di esse come  fameliche dita infernali, senza però riuscire a raggiungerle, Ghostface arretrò rabbrividendo fino ad andar a sbattere contro un robot alle sue spalle.
Fuoco…lo temeva più di ogni altra cosa…e al contempo ne era affascinato dalla sua potenza e dalla sua incredibile forza distruttrice.
Quelle armi erano state create appositamente per lui.
Come la nube incendiaria si estinse anche la luce e il suono si dissolsero, facendo piombare nuovamente la sala in un freddo silenzio mortuario.
Ghostface si guardò intorno, un’occhiata veloce, sapeva che rovinarsi la vista su quei corpi uguali sarebbe solo servito a fornire al vero Slade l’occasione di colpire.
-Termite, non è vero? Ammirevole!- sorrise il vecchio articolando lenti cerchi col braccio destro, finalmente risanato, i passi riecheggiarono pesanti, scandendo il tempo del suo respiro.
-La tecnica del “mordi e fuggi” non è da te, Willy…mi aspettavo qualcosa di più…-
Rinfoderò le spade, continuando a ad aggirarsi predatore tra quei volti indistinti - Cosa conti di ottenere? Cerchi di stancarmi?
Avanti, sai benissimo che sono troppo forte per te, non puoi battermi…-
La voce del guercio si fece udire, pareva provenire da ogni parte, l’eco ingannava e confondeva, Ghostface si girò verso ogni direzione senza ottenere nulla di utile dai suoi sensi, tutti all’erta.
-Conto di ucciderti!- tuonò imperiosa la voce nemica.
E aggiunse anche qualcos’altro, una muta parola indistinta che Ghostface non riuscì a capire.
All’udire il comando sussurrato i robot si riattivarono e tutto fu chiaro.
-Non questa volta…- ringhiò a denti stretti.
Prima che l’esercito di metallo gli si rovesciasse addosso una terza volta con tutta la sua furia, Ghostface sollevò entrambi i pugni al cielo, rivelando la sua arma segreta.
Due sottili bracciali dorati, con una gemma bianca e ovale incastonata al centro, bordati con linee di un blu intenso che attraversavano tutto il bracciale.
Ormai i droidi gli erano praticamente addosso quando dalle gemme, grandi come un uovo di gallina, si sprigionò una luce abbagliante.
Terribili folgori di pura energia guizzarono fuori da esse diradandosi in ogni direzione, attirate dal metallo che le circondava in ogni dove.
Veri e propri fulmini erano scaturiti da quei bracciali, e con la velocità ineguagliabile che solo il fulmine stesso possiede, si erano dispersi in ogni direzione, entrando dentro i corpi metallici, diffondendosi da uno all’altro.
Nella confusione dell’attacco i robot erano a stretto contatto l’uno con l’altro passandosi così involontariamente la scarica elettrica di devastante potenza.
Tutto era successo in un batter d’occhio.
Dell’esercito di replicanti non restava che un ammasso di corpi fumanti, sfrigolanti, inattivi, da cui si sprigionavano scintille e cigolii simili a rantoli di sofferenza.
Solo uno era rimasto in piedi…l’unico che non era di metallo.
Un sadico e raccapricciante sorriso si aprì sul viso scavato del vecchio, rivelando la fila di denti scintillanti dai canini aguzzi.
 
Robin avanzava nel buio.
La stretta attorno all’asta era tale da farla diventar parte stessa del ragazzo.
Ormai era da una decina di minuti che camminava senza meta in quel corridoio, scendendo rampe di scale, percorrendo una criptica pianta immerso nella più completa oscurità.
Finalmente incrociò qualcosa di familiare sul suo cammino: una porta.
L’aprì e si trovò davanti…il covo di Slade.
Cauto come mai prima d’allora s’introdusse all’interno dell’ambiente.
Tutto taceva.
Sembrava deserto ma Robin aveva imparato molto tempo fa che Slade era un maestro degli inganni.
Iniziò a perlustrare la zona.
Vide molte cose bizzarre e interessanti, alcune le conosceva, altre no: subito gli balzò all’occhio, al centro della sala principale, una specie di enorme tubo di vetro con uno strano macchinario fissato ad esso come un fungo ad un albero, pareva…Robin non seppe paragonarlo a nient’altro che a una futuristica capsula d’incubazione.
Quali diabolici esperimenti conduceva Slade dentro quel posto?
Vide una sorta di frigorifero viola con l’anta di cristallo, al suo interno conteneva centinaia di provette tutte uguali, contenenti un liquido rosso e luminoso, tutte marchiate con una “R”.
<R…? Ma che vuol dire? Forse sta per “Robin”?> si chiese osservandole senza capire il motivo di ciò…sembrava succo d’arancia rossa o sangue distillato…ma perché tenere simili liquidi in un contenitore come quello?
Un rumore alle sue spalle gli fece girare la testa di scatto e già tre dei suoi birdarang gli comparvero tra le dita…un falso allarme.
Era solo un timer che aveva suonato su una scrivania, Robin ci si avvicinò.
L’ampio tavolo da lavoro era interamente coperto di complicatissimi progetti e ingranaggi vari…c’erano ad esempio un paio dei dischetti esplosivi usati da Slade aperti per metà ed evidentemente non funzionanti, ma soprattutto c’era una specie di…di zucca di metallo ancora per metà incompleta.
Grande all’incirca come un mezzo pallone da calcio, rivestita in rame e con dentro il più intricato groviglio di cavi verdastri e circuiti che Robin avesse mai visto.
Appoggiò l’arma sul tavolo e osservò con cura lo strano artefatto, rigirandoselo tra le mani senza ottenere alcun risultato.
Gli bruciò terribilmente ammetterlo a se stesso ma neppure lui ci capiva molto, osservò l’oggetto e  i progetti riguardanti ma tutto restava ugualmente criptico e misterioso.
-Così su due piedi…- si disse dopo aver riposto la sfera ancora non ultimata e aver preso tra le mani l’ampio foglio con illustrazioni del detonatore automatico interno all’apparecchio schematizzate nei minimi dettagli -…direi che è una bomba-.
-E diresti bene, caro Robin-
Vestito di nero emerse dal buio che poco prima lo avvolgeva, un incubo nella notte, mentre la luce soffusa illuminava la metà ramata della sua minacciosa maschera.
Alto, muscoloso, impassibile, sempre tranquillo e posato, pareva imperturbabile nella sua statuaria e minacciosa postura.
Le braccia sempre dietro la schiena, le gambe dritte come pilastri, lo sguardo freddo e inquisitore.
E quella voce pacata, calda e inquietante.
-Slade!- ringhiò Robin afferrando fulmineo l’asta con entrambe le mani fino a far sbiancare le nocche.
 
Ghostface scoppiò in una risata scomposta, nonostante la maschera era evidente lo stupore del guercio davanti a ciò che era appena accaduto.
-Carini non trovi?- sorrise il vecchio battendo l’artiglio dell’indice sul bracciale, che tintinnò limpidamente.
Il sorriso sul volto dell’uomo pallido era qualcosa di agghiacciante, un sorriso a trentadue denti da casalinga di beverly hills misto al ghigno di un sadico, spietato, perverso e crudele maniaco omicida dalla mente malata davanti alla sua vittima inerme.
 Ricordava un po’ quello di uno scienziato pazzo, largo e sottile, tagliente come un coltello.
-Certo, il colore è terribile- riprese a commentare –Stona non poco con il mio look, ma a quanto mi hanno detto è necessario per immagazzinare l’energia necessaria al suo funzionamento.
Quindi correrò il rischio di assomigliare a Sailor Moon se questo mi permette di scagliare folgori contro i miei avversari-
Slade si ricompose scrutando minaccioso il suo avversario, attento a qualsiasi segnale del corpo di lui che potesse preannunciare una qualunque sua mossa.
-Da dove vengono quelle cose?- gli chiese cercando di aggirarlo furtivamente, senza che lui se ne accorgesse.
Doveva assolutamente prendere tempo, farlo parlare, distrarlo…si era appena verificata un’evenienza che non aveva calcolato.
Ghostface aveva spazzato via il suo esercito con la rapidità…b’è…di un fulmine.
E questo lo rendeva temerario, sicuro di sé… tutto di guadagnato per Slade.
-Ognuno ha i suoi mezzi, Wilson. Tu hai i tuoi tirapiedi, i tuoi  robottini e chi te li costruisce…io ho questi- sorrise battendo i bracciali l’uno con l’altro, l’oro di cui erano composti lanciò un trillo acuto.
-Io e te non siamo gli unici cattivi in questa città…- aggiunse – E sicuramente non siamo i più tecnologici…-
Slade intanto si muoveva millimetro per millimetro sempre più distante dal vecchio, che pareva non prestare alcuna attenzione all’ex-allievo, troppo preso nel rimirare il suo riflesso nelle gemme bianche.
-Questi gioiellini…- riprese Ghostface, che a dire il vero sembrava parlare con la sua immagine riflessa- …riescono a immagazzinare energia solare e usarla per rendere l’aria circostante satura di elettroni che vengono attratti dall’oro dei bracciali, a questo punto tramite un magnete sono spinti in questi bei tubicini azzurri che circondano il bracciali e spinti in questa pietra…che a essere sincero non so bene cosa sia ma funziona da catalizzatore permettendomi di creare e indirizzare folgori ogni centoventi secondi senza danno ricevere-
Mosse lo sguardo verso il guercio –Ora capisci come ho messo fuori gioco i tuoi omarelli di latta?-
<Impossibile…> pensò Slade continuando a guadagnar terreno palmo dopo palmo <Blood mi aveva assicurato che erano a prova di scossa elettrica>
<Eccellente> si disse Ghostface nella sua testa <Fratello Blood aveva detto il vero: una forte dose di elettricità può mandare in tilt i circuiti dei replicanti, fortuna che ha tenuto sotto sorveglianza Slade. Vorrei proprio sapere chi gli ha fornito quei cloni meccanici>
Slade continuava ad aggrovigliarsi la mente <Chi può avergli fornito simili armi? Fratello Blood è abile in queste cose ma siamo dalla stessa parte, inoltre hanno messo fuori gioco le sue invenzioni, si tratta di qualcun altro; lo stesso discorso vale per Gizmo, dopo quello che ha fatto alla sua compagna di squadra non lo aiuterebbe mai; il Dottor Luce non ha i mezzi per una simile creazione, e poi l’avrebbe usata per i suoi scopi…chi può essere stato?>
<Allora…> rifletté il vecchio  <Bloody sta con me, Gizmo fa un po’ poco senza pollici…non rimane che…>
<Il Professor Chang!> pensarono all’unisono <Quel dannato muso giallo…pensavo fosse in carcere…dopo lo ammazzo>
A nessuno dei due venne in mente che forse Fratello Blood stava facendo la spola tra loro giocando la sua partita.
Ma altri pensieri scacciarono i precedenti, cose più urgenti occuparono le loro menti…prima tra tutte: uccidere l’uomo che avevano di fronte.
 
<Mantieni la calma Robin…forse è solo un replicante> il ragazzo volle costringersi a credere che fosse così…ma non ci riuscì.
-Io le chiamo “sfere-o-bum”. Hanno un altissimo potenziale esplosivo…potenziale che questa città sta per conoscere in prima persona…- disse l’uomo riferendosi alla bomba sulla scrivania.
-Che cosa vuoi dire?!- ringhiò Robin protendendo l’asta in avanti.
-Lo capirai molto presto- la voce dell’uomo era tutt’altro che rassicurante.
E visto che qualcosa di brutto sarebbe capitato di lì a poco, Robin ritenne giusto accelerare le cose.
-AAAAHH!!!-
Gli si fiondò addosso mulinando il bastone metallico, ma Slade era troppo veloce per essere colpito, troppo abile…lo era sempre stato.
Uno, due, tre, quattro, cinque, dieci, venti, trenta, quaranta…quaranta colpi andati  tutti a vuoto, Slade non si era minimamente scomposto e lui aveva già il fiatone.
Il guercio evitò l’ennesimo colpo saltandoci sopra e finalmente si decise a fare la sua prima mossa: un dolorosissimo calcio sotto il mento del ragazzo.
Troppo affaticato per essere del tutto vigile il leader dei Titans non riuscì ad evitarlo.
Robin indietreggiò…la bocca gli faceva malissimo ed era impastata di sangue, ma non per questo si diede per vinto.
Subito ritornò all’assalto…Slade afferrò l’asta a sua volta, posando le sue grandi mani calde su quelle più piccole dell’eroe e richiudendole su di esse, avvolgendole completamente come un mantello.
I due rimasero a fronteggiarsi faccia a faccia spingendo l’asta, ora in orizzontale, verso l’avversario con tutte le proprie forze…almeno finché Slade non riuscì a prevalere piegando all’indietro i polsi del ragazzo.
Robin urlò per il dolore atroce di quella stretta così ferrea e robusta, sembrava che il dorso della mano dovesse toccare il braccio da un momento all’altro, sentiva i tendini tesi fino a strapparsi, fitte profonde lacerargli la carne, il sangue faticava ad affluire nelle dita…cadde in ginocchio.
Per poco non si si spezzarono entrambi i polsi.
-Ti fai fregare sempre con gli stessi trucchi- sorrise l’uomo da dietro la maschera.
Strappò via l’asta dalle mani di Robin e la usò per colpirlo immediatamente dopo alla testa.
Il ragazzo cadde a terra con la tempia che gli martellava senza tregua, rendendogli difficile pensare, sentiva sulle dita un liquido caldo e viscoso che usciva dalla sua testa ad altezza orecchio e un dolore lancinante.
Ricevette un calcio in pieno ventre che gli smorzò i lamenti e la voce.
Tentò disperatamente di rialzarsi ma il dolore alla testa era troppo forte, non capiva, non riusciva a reagire, a stento focalizzava dove si trovava il suo avversario…la vista si annebbiava sempre di più.
Una bastonata sulla schiena lo ributtò lungo disteso sul suolo di cemento.
Slade lo sollevò afferrandolo per il collo come un fantoccio privo di volontà.
-Hai fatto male a immischiarti in questa storia- disse quasi divertito mentre l’aria nei polmoni del ragazzo meraviglia iniziava a mancare, provò ad allentare la presa ferrea di quelle dita attorno alla trachea con tutte le sue forze…ma sentiva le dita intorpidite, deboli…non coordinava i movimenti, non sentiva più le gambe che divennero molli, abbandonate dal resto del corpo, e la testa gli doleva sempre più intensamente, martellava sempre più forte al punto che faticava a sentire la voce del suo nemico…una voce che diventa sempre più indistinta, distante, vaga…come se un coro di eco ripetesse parole insensate nella sua mente.
Il colpo alla tempia gli aveva causato più danni di quanti non credesse.
-Saresti dovuto restarne fuori!- ruggì Slade scaraventandolo contro il contenitore del Siero R, alto più di due metri.
Robin cadde a terra venendo innaffiato dalle provette che esplosero in mille frammenti quando il suo corpo venne scagliato contro l’anta di cristallo.
Non riusciva a reggersi in piedi, neppure a parlare o a pensare…voleva solo morire.
Slade invece non pareva minimamente provato dallo scontro.
Senza fretta si avvicinò a lui, steso tra cocci di vetro, camminava come cammina la gente per strada, con calma e assoluta quiete.
-Sogni d’ossa- si augurò mettendo la mano dietro il pesante contenitore viola.
Lo spinse giù con una disinvoltura tale da far sembrare quella specie di frigorifero una piuma…cosa che non era.
L’immenso elettrodomestico cadde schiacciando sotto il suo peso il corpo martoriato del ragazzo mascherato.
Slade osservò impassibile la sua opera.
Robin non aveva emesso neppure un gemito, da sotto il contenitore, molto profondo, sporgeva solo parte della gamba destra dell’eroe, piegata in modo innaturale, spezzata dal troppo peso.
Il sangue di Robin si mischiò al rosso siero R sparso sul pavimento, creando un’unica pozza rossa che andava allargandosi.
-E uno è andato- commentò riassumendo la sua solita posa di rilassamento, con le braccia ripiegate dietro l’ampia schiena.
Si avviò senza fretta nel condotto imboccato prima da Robin, che conduceva alla sala Reattore.
-Ora tocca all’altro…-il tono di gelida minaccia lasciava intendere molto meglio del significato delle parole quanto ogni speranza di vittoria dei suoi avversari fosse solo un’illusione.
 
- Vestiti isolanti, per questo non sei morto quando la scarica elettrica ha attraversato i tuoi sosia, vero? Sapevo che li avresti indossati, sei sempre stato pieno di precauzioni…- un  ghigno da schizofrenico gli allargò le labbra nivee.
Sollevò il braccio puntando il bracciale contro di lui…la gemma s’illumino d’energia mentre piccole folgori iniziavano a guizzare fuori da essa.
-Fermo dove sei, Willy- Slade s’arrestò all’istate…dannazione! Si era accorto che si stava allontanando.
-Non avrai creduto veramente che mi facessi fregare da questo vecchio trucchetto, vero? Ti ho tenuto d’occhio fino ad ora.
Ho fatto finta di distrarmi solo per permettere ai bracciali di ricaricarsi…e ora che lo sono posso usarli di nuovo e, credimi, nessun vestito potrà difenderti da un colpo diretto…- con un gesto della mano sinistra si slacciò il bracciale che cadde a terra tintinnando, l’altro lo imitò poco dopo.
 -Solo che non sarebbe altrettanto divertente- aggiunse.
Slade continuò a non capire il perché di un simile gesto…l’aveva messo con le spalle al muro e ora…rinunciava al suo vantaggio?
-Avanti, Slade!- lo incalzò –Fatti sotto, solo tu e io: niente armi. Allievo contro maestro fino alla morte!-
I due contendenti si scrutarono a lungo, in silenzio, uno da dietro una maschera impassibile, l’altro con gli occhi celati dalle lenti affumicate.
Entrambi scattarono l’uno contro l’altro all’unisono.
Mai…mai si era vista una simile danza mortale dei corpi.
Mani, piedi, pungi, calci, qualsiasi arte marziale terrestre e non veniva impiegata in quel tumulto di carne.
Colpivano, paravano, evitavano, saltavano, schivavano, si ferivano e colpivano di nuovo.
Quasi tutti i colpi diretti finivano a vuoto, le rare volte che i due contendenti ricevevano una ferita era sempre di rimando.
Slade riuscì a slogare un polso a Ghostface, ma quello approfittando della vicinanza del suo avversario gli conficcò i tre artigli superstiti nella schiena.
Ritrattosi Slade tentò di sferragli un calcio alla gola ma quello lo evitò, rispondendo un con un pugno che s’abbatté sotto il mento dell’uomo.
Un doppio avvitamento del vecchio si concluse con due costole rotte per il medesimo mentre il secondo calcio rotante del guercio gli fece sputare sangue e tre denti.
Slade cadde a terra quando Ghostface riuscì a colpirgli le ginocchia con la sua gamba ma si rialzò fulmineo prima che il vecchio potesse approfittarne.
L’ex-allievo afferrò le braccia del maestro da dietro e lo ruotò su se stesso facendolo sbattere di peso sul pavimento
Ma una ginocchiata al pancreas gli impedì di giacere sugli allori a lungo.
Per poco Slade non riuscì a spezzare il collo del vecchio ma quello non esitò ad azzannargli la mano, strappandogli via un pezzo di carne, per liberarsi dalla presa.
Infine Ghostface s’impossessò del polso di Slade, torcendoglielo dietro la schiena, minacciano di spezzarglielo.
-Ti ho insegnato io tutto quello che sai!- ringhiò sbattendogli la testa contro la parete lì vicina.
-Come conti di battermi?!.- la voce era roca, furente…simile a quella di una bestia.
Il cranio del guercio picchiò ancora con forza contro la parete di cemento, il vecchio continuò a pestare la faccia di Slade contro il muro per altre tre volte, poi mentre era intontito lo scaraventò più lontano che potè.
Incapace di reggersi in piedi, il guercio rovinò al suolo, a dieci metri dal suo nemico.
-È stato divertente…ma è giunto il momento di farla finita…-
Slade trovò la forza di mettersi in ginocchio e si obbligò a sollevare l’unico occhio, dal quale colava del sangue, verso il suo rivale.
-Sono d’accordo- rispose sfoderando dalla cintura una pistola, una luccicante rivoltella dalla canna lunga.
Reggeva l’impugnatura con entrambe le mani, nonostante la lotta di poco prima la presa era salda e sicura…e la canna puntata in mezzo agli occhi del vecchio.
Ghostface si calò dal viso gli occhiali scuri pulendone le lenti schizzate di sangue.
I due rimasero in silenzio a fissarsi.
Erano sudati, feriti, esausti, spostati…e più agguerriti che mai.
Era da anni che non si trovavano davanti un avversario del loro livello.
Erano conciati male entrambi: lividi, ossa rotte, articolazioni slogate, traumi cranici, ematomi, denti scheggiati o mancanti, emorragie interne e  persino mutilazioni.
Il vecchio ci aveva rimesso un orecchio e il medio della mano destra mentre la mano di Slade era priva del lembo di pelle che unisce il pollice all’indice e dal suo unico occhio buono colava un liquido denso e caldo.
Ma Ghostface aveva dalla sua il portentoso fattore rigenerante di cui era dotato, che già stava fermando le perdite di sangue e guarendo le ossa rotte.
Slade poteva farlo solo una volta, sapeva di dover utilizzare il siero R che aveva nella cintura al momento opportuno e finché Ghostface era in piedi…non era il momento opportuno.
-Una pistola?- rise Ghostface –Conti di uccidermi con una pistola?- il suo tono divenne improvvisamente serio, vuoto…come morto -Vana speranza- commentò sfoderando con un sibilo una delle due katane lucenti, impugnandola con una sola mano.
Slade lo guardò ancora…non sarebbe riuscito a reggere più a lungo il peso di quegli orridi occhi cadaverici, doveva agire subito e premette il grilletto.
Il colpo partì.
Senza scomporsi minimamente, senza muovere un muscolo più del necessario, Ghostface calò la spada per deviare il proiettile, come solo lui sapeva fare e con sommo stupore del vecchio…la lama che avrebbe dovuto tagliare in due la pallottola si spezzò quando essa la colpì
Era tuttavia riuscito a deviare la traiettoria del colpo che anziché aprirgli un buco in testa gli passò la spalla da parte a parte.
-AARG!- ringhiò di dolore…quella pallottola era diversa, bruciava terribilmente e aveva attraversato muscoli e ossa come se non ci fossero mai stati, aveva persino spezzato la lega speciale di cui erano fatte le sue spade, una lega che un colpo di pistola non avrebbe mai infranto, neppure a bruciapelo.
Fortunatamente il proiettile era uscito dal corpo e la feritasi richiuse senza procurare danni fisici all’uomo, solo un intenso dolore alla spalla e un’enorme stupore.
Ghostface guardava allibito prima la pistola poi il troncone di spada che ancora stringeva tra le dita.
Slade si rialzò leggendo divertito l’espressione sbigottita sul volto spettrale del vecchio.
-Questi…- disse con voce rotta per la fatica –Sono proiettili di adamantio…non avrai creduto davvero che te lo avessi dato senza prendermi una precauzione?
Perché vedi, Jonathan, mentre tu te ne stai lì a fare il figo con le tue spade e i tuoi coltelli...io ho una pistola e posso colpirti prima ancora che tu mi raggiunga-
-Una pistola che non può uccidermi!- precisò Ghostface gettando via il manico rotto della spada e sfoderando da sotto il soprabito il coltellaccio d’adamantio.
-Questo invece può uccidere te-
-È vero- sorrise Slade- Neppure un proiettile d’adamantio può ucciderti…però può  passarti il cranio da parte a parte con un risucchio tale da svuotartelo completamente dalla tua materia grigia…certo ti ricrescerà…ma io avrò il tempo necessario per assicurami che ciò non accada-
Un sadico ghigno mise in mostra i canini sanguinanti del vecchio –Bel piano…ma ha un piccolo difetto…- si risistemò gli occhiali neri sul bianco volto scarno - Devi prima riuscire a colpirmi-
Slade deglutì, sapeva che non era poi così facile colpire Ghostface, non in testa almeno, non se lui non voleva farsi colpire, ma non si fece prendere dal panico, aveva una rivoltella a sei colpi e uno era già andato, gliene restavano cinque ma a lui bastava colpirlo solo una volta.
Rimasero immobili a  studiarsi…solo una decina di metri li separava.
Il respiro pesante dei due avversari rimbombava all’interno della stanza dov’era calato il più assordante silenzio.
La tensione era tale che si potevano sentire i pensieri dei due avversari.
<Respira> pensava il guercio <Devi calmarti. Si tratta solo di un colpo…devi colpirlo solo una volta  e tutto sarà finito…avrai vinto. Vittoria o morte. Coraggio…io sono Slade Wilson, Deathstroke, il Terminator…il miglior assassino del mondo. Non sbaglierò, non posso sbagliare!!>
Ghostface guardò Slade, poi il suo riflesso nella lama scintillante.
L’altro non potè fare a meno di chiedersi cosa stesse frullando in quella mente malata e contorta…
<Babbarababbababbabàm coltello lucente! Babbarababbababbabàm ora lo faccio a pezzi!>
Senza che nulla potesse preannunciare un simile gesto Ghostface si gettò in avanti compiendo una capriola,  Slade sempre all’erta reagì prontamente sparando due colpi letali ma solo un proiettile riuscì a trapassare il corpo raggomitolato senza però ferirne la testa.
Rialzatosi senza fatica Ghostface scattò rapido come un serpente, balzando verso Slade, brandendo la sua arma nel vuoto e ruggendo e sbraitando come un demone assetato di sangue.
Il tempo gli sembrò rallentare incredibilmente.
Distava solo due metri da Slade, era sospeso a mezz’aria col coltello in mano e la faccia deformata in una maschera di furia cieca.
I capelli sparsi nel vento e gli occhi ghiaccio saturi di sangue, la bocca spalancata in un urlo di morte e i nervi testi allo spasmo mentre le sopracciglia si accigliavano sempre di più.
Vide un quarto proiettile andare verso il suo viso con immane lentezza, come in un video a rallentatore, abbassò l’arma troncandolo in due…le due metà della pallottola gli sfiorarono entrambe le tempie, facendogli fischiare le orecchie…
Il tempo riprese a trascorrere ancora più velocemente, Ghostface sentì l’adrenalina entrargli in circolazione colmandogli il corpo sfinito di sprizzante energia.
Atterrò a terra poco distante dal suo nemico e prima che esso potesse premere il grilletto, il vecchio gli alzò la pistola verso il soffitto.
Bang!
Il quinto colpo fu sprecato.
Tirò una gomitata in faccia al guercio senza dagli il tempo di reagire e tenendo il polso di lui stretto tra le dita glielo troncò con un sol colpo del coltello d’adamantio.
-AAARRRGG!!!- Slade ruggì tutto il suo dolore.
La mano con la pistola scivolò via e Ghostface assestò un doloroso calcio al ventre del suo nemico che cadde in ginocchio, piegato in due.
L’occhio del mercenario si posò sul moncone che un tempo era stata la sua mano destra…ora era solo un taglio trasversale da cui sgorgava sangue a flutti, la carne rossa e pulsante laddove il metallo l’aveva ghermita, i tendini dove erano stati recisi…e ovviamente le ossa, l’ulna e il radio spiccavano oltre i resti granguignoleschi del braccio.
Quanto aveva patito per riavere la sua carne e il suo sangue durante l’ascesa di Trigon…tutto ciò solo per farselo portare via così?
Tenne la pupilla incollata sull’osso sporgente…sporgente e appuntito.
Ghostface sollevò il coltellaccio pronto  calarlo sul collo dell’uomo e a finirlo, ma Slade balzò in avanti, con la mano buona lottò contro il polso del vecchio affinchè la lama non calasse, nello stesso istante affondò le ossa spezzate nel ventre del vecchio squarciandolo completamente da destra a sinistra.
Ghostface gridò in maniera disumana ma le sue urla furono interrotte da un fiotti di sangue scuro che fuoriuscì dalla sua gola riversandosi sopra Slade che venne inondato di sangue sia dalla ferita all’addome, dalla quale il sangue si riversò come il vino da un otre, sia da quel vomito rosso misto a succhi gastrici.
Mai si sentì un odore più nauseabondo.
Lo spinse a terra, sbuffando come una locomotiva a vapore per la rabbia cieca che lo prendeva e il dolore lancinante al ventre.
Mentre con una mano si reggeva le budella che premevano per uscire dallo squarcio nella pelle assestò un calcio alla faccia di Slade con una forza tale che gli fece voltar il corpo di 180° e gli tolse la maschera, lasciandolo a viso scoperto, con la benda sull’occhio.
Gli balzò sopra inchiodandolo al suolo col suo peso e con assoluto menefreghismo del proprio atroce dolore fisico, si tirò fuori gli intestini avvolgendoli ripetutamente attorno al collo nudo dell’uomo immobilizzato e tirando poi verso l’alto con quanta forza aveva.
Latrava schiumante di rabbia come un cane rabbioso, una schiuma rossa per il sangue, mentre dalla gola del guercio non uscivano che sordi rantoli strozzati mentre la sua trachea veniva soffocata dalle improvvisate corde di carne.
Ghostface stava strangolando Slade coi suoi intestini!!!
Fu questa la raccapricciante scena che si parò davanti all’unico occhio di un altro Slade, lo stesso che aveva schiacciato Robin sotto quel frigo viola, lo stesso che era appena uscito dalla porticina rossa nella quale era entrato prima il ragazzo mascherato…e che ora assisteva impietrito a  quel bagno di sangue proprio sotto la passerella soprelevata dove ora si trovava.
 
-Muori, stronzo! MUORI!!!- ruggì Ghostface aumentando la stretta attorno alla gola di Slade.
Rimase a dir poco sorpreso quando ruotando la testa si trovò un altro Slade alle sue spalle.
Aveva visto qualcuno saltar giù dalla passerella ma era sicuro si trattasse di Robin.
Il nuovo Slade gli assestò un doppio pugno in faccia, ruotandogliela oltre il normale, dopodiché, scattante come una vipera gli afferrò le braccia immobilizzandole dietro la schiena del vecchio.
Il guercio rimasto a terra, non sentendo più le budella tirare si liberò da quel cappio organico, si rialzò tossendo violentemente come se gli avessero appena raschiato la gola con una piccozza  trovandosi faccia a faccia con se stesso e con un Ghostface che vomitava sangue e le parole più impronunciabili, accecato di furia omicida.
-Alla buon’ora- disse rivolto al suo sosia.
Con passi insicuri e malfermi si diresse verso la mano perduta, tolse dalle dita fredde e rigide la pistola d’adamantio e la puntò dritta contro la fronte del vecchio.
-Sei stato un bravo insegnate tutto sommato…ma sei invecchiato- disse accarezzando il grilletto col dito.
-Baciami il culo!! Brutto figlio di…-
Lo sparò interruppe la frase.
Il proiettile di adamantio trapassò il cranio e il cervello di Ghostface, passò anche attraverso il petto dello Slade che lo teneva fermo ma quello non battè ciglio.
Il risucchio fu tale che il cranio del vecchio fu completamente svuotato.
Senza più forza né coscienza il longilineo corpo di Ghostface si accasciò cadaverico più che mai con un foro in fronte e le budella che si riversavano sul pavimento lordo di morte.
I due Slade rimasero in silenzio a guardarsi.
-Perché c’hai messo tanto?- chiese il mutilato al compare.
La voce di Fratello Blood uscì chiara dalla bocca dell’automa –Ho avuto un piccolo contrattempo. Ma ora è tutto sistemato. Sai, questi replicanti a comando a distanza sono spettacolari. È stato come essere lì, solo che non avevo bisogno di combattere, in questo database ho salvato goni tua mossa di combattiment…-
-E chi se ne frega!- ringhiò Slade interrompendolo.
Il dolore lo stava accecando, l’adrenalina stava svanendo dal corpo lasciandolo stremato e gravemente ferito…aveva perso moltissimo sangue.
Ma rimase in piedi, orgoglioso e silente nella sua sofferenza.
-Vammi a prendere una tanica di benzina, la trovi nel magazzino. Svelto! Non abbiamo molto tempo. Il suo fattore rigenerante reagisce meglio se sovrastimolat…- una fitta si fece sentire più acuta delle altre –Merda!- imprecò.
Le dita corsero alla cintura cercando la fiala di siero R.
Grazie al cielo era ancora intatta.
Stava per iniettarsela nel bicipite quando il replicante richiamò la sua attenzione.
-Scusa, ma non posso lasciartelo fare- disse con beffarda gentilezza.
-Come?- fece Slade senza capire.
-Se tu prendi quella fiala…sopravvivrai. E io non posso permettere che ciò avvenga perché…vedi, sarebbe contrario ai miei piani-
L’unico occhio del guercio squadrò l’androide sempre più truce –Era previsto che tu morissi ma il fato mi è stato propizio… Ghostface è fuori gioco, e presto morto, ho ucciso il leader dei Titans, e ora rimani solo te…vecchio, esausto e ferito contro un corpo di acciaio e titanio che conosce tutte le tue mosse…ma non temere, tutti penseranno che tu e Ghostface vi siate ammazzati a vicenda, una morte eroica per entrambi…e vantaggiosa per me-
<Figlio di puttana> pensò ma non diede a vedere minimamente il suo rancore, si limitò a scrocchiarsi il collo.
-Ma fammi il piacere!- un commento sprezzante uscì dalla bocca di Slade, rapido più della sua stessa ombra puntò la pistola teoricamente scarica al viso del robot.
Sparò.
L’adamantio sfracellò qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino.
La maschera del replicante esplose in una mare di circuiti e scintille ed esso cadde come un corpo morto cade.
 
-NOO!- tuonò Blood dalla sua postazione, al sicuro nella sua base.
-Non è possibile! Aveva finito i colpi!!- imprecò battendo i pugni bionici sul computer dal quale aveva monitorato tutto.
 
<Partire sempre con un colpo in canna per averne uno in più> Slade guardò il corpo esanime di Ghostface.
 –Grazie, John. Questo me lo hai insegnato tu-
Ma il dolore opprimente al braccio gli ricordò la sua attuale condizione e senza perdere altro tempo si iniettò il siero R nelle vene.
Non era un bello spettacolo e neppure indolore ma si costrinse a guardare le ossa che ricrescevano a vista d’occhio, la carne che tornava a coprirle, i legamenti che si ricomponevano riallacciandosi coi brandelli di pelle e nervi mutilati, con una rapidità impressionante quella e le molte altre ferite che portava sul corpo si rimarginarono, vide la pelle ricrescere e chiudersi sopra la carne nuda, il sangue arrestò la sua fuoriuscita dal corpo e rirese a respirare correttamente.
Quando gli sembrò d’esser completamente guarito provò a muover adagio le dita della mano ricresciuta…non provava alcun dolore.
Riusciva ad articolare le dita senza problema come se avesse sempre avuto quell’arto, ma la sua nuova mano era diversa: sembrava più giovane, più pallida, se messa a confronto con l’altra nessuno avrebbe detto che appartenevano alla stessa persona, ma quelli erano dettagli trascurabili per Slade, adesso aveva un lavoro da finire e aveva già perso troppo tempo.
Il siero R era un fattore di guarigione concentrato, ancor più rapido dell’originale, ma ci metteva comunque i suoi tempi, e lui non era conciato poi così bene.
Ma Ghostface continuava a giacere supino senza dar segni di coscienza.
 
<Stronzo traditore!> pensò il guercio versando la tanica di benzina sul corpo del vecchio <Dev’essere stato lui a fornire a Jonathan quei bracciali, scommetto che aveva previsto tutto sabotando i suoi stessi automi…spero che Blood apprezzi l’ironia di quando lo incenerirò con essi, dopo aver finito qui, ovviamente>
Gettò via la tanica ormai vuota.
Ghostface era fradicio di benzina, sia i vestiti che i capelli ne grondavano letteralmente, non reagiva ancora ma il sangue fuoriuscito a causa dello sparo si era già seccato.
<Devo far veloce, presto tornerà cosciente>
Sapeva che Ghostface era un fumatore, non gli fu difficile trovare l’accendisigari nella tasca del soprabito.
Lui era sano come un pesce, e il suo vecchio maestro, il suo eterno rivale, stava per essere cancellato dalla faccia della terra.
Una leggerissima brezza gli accarezzo la pelle delle guance, rese ispide dalla barba quasi bianca.
Anche lui era invecchiato.
Guardò malinconico il corpo del vecchio impregnato di carburante.
Era forse questa la fine di tutti i grandi del passato? Venire sconfitti con un trucco ignobile da gente più giovane e inesperta?
Anche lui sarebbe morto così? Ucciso da un suo futuro apprendista?
Non volle pensarci.
Non era il caso di diventare sentimentali in quel momento.
<Adesso finisco qui, poi mi occupo di Blood, e infine spazzo via quel che resta dei Titans…dopo potrei anche morir felice>
Sollevò l’accendino sul corpo del vecchio –Addio, Jonathan. Ti farò un funeral vichingo, te lo sei meritato. E come ultimo segno del mio rispetto per te farò incidere sulla tua lapide ciò che mi avevi chiesto “Jonathan Argenti: una contraddizione vivente, che in vita sua fu tutto…e non fu niente”-
Non riuscì a dire una parola di più, non seppe neppure reggersi in piedi.
Stramazzò al suolo con una velocità impressionante.
Sentiva il cuore battergli a mille nel petto, la testa sembrava scoppiargli ma soprattutto ciò che più lo faceva contorcere dal dolore era la colonna vertebrale dalla quale provenivano fitte senza pari…Slade portò la mano al petto, dove sentiva l’atroce dolore che l’aveva spezzato.
Le dita cercarono perlustrando ogni singola parte del suo torace finchè non trovarono il corpo estraneo…una punta.
Un spessa punta i metallo, corta e larga dalla forma piramidale.
L’orrendo sospetto era quindi verità!
Le mani corsero dietro la schiena e trovarono una corta asticella che sporgeva da essa…una freccia…no…un dardo.
Un dardo di balestra.
Trovò la forza di ruotare il capo per guardarsi le spalle…ma non c’era nessuno.
Solo quando alzò l’occhio al cielo potè vedere Robin in piedi sulla passerella soprelevata che reggeva tra le mani la balestra appartenuta a Ghostface.
Il dardo gli aveva spezzato la colonna vertebrale, perforato un polmone e reciso la vena secondaria del cuore… passandolo da parte a parte.
La gola era secca, impastata di sangue ma il mercenario si costrinse a rantolare le ultime parole –Perché sei qui?-
Il silenzio che regnava nella Sala reattori permise a Robin di ascoltare quelle parole appena sussurrate –Per proteggere la mia famiglia da quelli come te- ricaricò la balestra – E da quelli come lui- rispose indicando Ghostface.
-Va all’inferno, Slade. E stavolta restaci-
Il secondo dardo fendette l’aria andando a conficcarsi vicino al primo.
Un terso e ultimo li raggiunse poco dopo.
Senza più forza…senza più speranza Slade si accasciò in silenzio a terra e vi rimase immobile.
Robin saltò giù dalla passerella, non aveva alcun segno delle precedenti ferite…il siero R si era mescolato al suo sangue, guarendolo.
Ci aveva messo un po’ a capire cos’era successo e a escogitare un modo per liberarsi dal peso che lo schiacciava ma era comunque riuscito a uscire dal contenitore viola delle provette, abbastanza grosso da contenerlo per intero.
E ora era lì.
Slade giaceva morto ai suoi piedi…era la prima volta nella sua vita che uccideva…ed era stato…facile.
Era bastato prendere la mira e premere il grilletto.
Un lavoro facile…e terribile.
Si sentiva malissimo…angosciato.
<È dunque questa la fine di tutti i grandi? Invecchiare per essere uccisi alle spalle da coloro che vedevamo come nostri successori?>
Scavalcò il cadavere del suo acerrimo nemico osservandolo con amarezza.
In fondo non era questo che aveva sempre desiderato…?
Si rese conto che non lo era.
 
Tenendo sempre la balestra puntata diede un paio di delicati calci alla spalla del vecchio.
Nessuna reazione.
Di per sé sembrava sano, la ferita al ventre era rimarginata, così come il foro della pallottola e gli altri segni di lotta…ma non si svegliava.
Allora s’inginocchiò tirandogli un paio di ceffoni sulle guance scarne, mandide di sudore e bagnate di benzina.
-Ghostface! Ghostface! Sei vivo?! Ghostface, rispondi!- inutile, il corpo restava ancora giacente al suolo, lo afferrò per le spalle scuotendolo, chiamandolo un’ultima volta.
Non poteva morire…non finchè aveva il detonatore.
Aveva imparato a conoscerlo, sicuramente aveva un piano di riserva, nel caso fosse stato tradito probabilmente il detonatore si sarebbe attivato da sè.
O forse no.
Ma era comunque un rischio che non poteva correre.
-GHOSTFACE!!- urlò rabbioso…quando avrebbe voluto dargli fuoco lui stesso…
Da dietro le lenti gli occhi di ghiaccio si spalancarono!
Dalla posizione supina il vecchio scattò a sedere più velocemente del credibile urlando con quanto fiato aveva in gola -Malatipafustani!!!-
Robin cadde all’indietro per la sorpresa, e la paura, gridando a sua volta.
Gli ci volle qualche secondo per riprendersi dallo spavento, il leader dei Titans era di nuovo in piedi, aveva  racquistato il controllo di sé, cosa essenziale quando si aveva a che fare con Ghostface.
Afferrò la balestra lasciata a terra e puntò l’ultima freccia rimasta contro di lui.
-Che hai detto?!-  gli chiese quasi come un ordine –Dimmi che hai detto!-
Ghostface ruotò la testa verso di lui, sembrava scioccato, traumatizzato…la fronte era imperlata di sudore.
Ripetè con voce spezzata –Ma…la tipa-a…ha i-il frusta-nani…-
Robin lo guardò a dir poco confuso –Eh?- quel verso interrogativo fu tutto ciò che riuscì a formulare la sua mente già abbastanza provata dai recenti avvenimenti.
-Katherine non era una donna…- disse scuotendo la testa con lo sguardo da pazzo, gli occhiali erano infatti caduti sul naso -…era un uomo!-
-Chi è questa Katherine?- domandò Robin tenendolo sotto tiro con l’arma.
-La domanda giusta è: chi sei tu?- replicò il vecchio guardandolo dal basso verso l’alto.
-Come sarebbe a dire chi sono io?- rispose Robin sempre più confuso –Sono Robin, non ti ricordi? Sono sempre lo stesso, sono io-
La voce del vecchio era allegra, quasi da demente…anzi, senza il “quasi”.
-Noooo. Io sono io, tu sei tu. A proposito…chi sono io?-
Il ragazzo si tirò una pacca sulla fronte –Non dirmi che hai perso la memoria…-
Ghostface rimase in silenzio per diversi minuti, fermo a fissare il vuoto, poi man mano che le sue cellule cerebrali venivano ripristinate riprese il coscienzioso uso della parola.
-Io…ricordare…te. E me. No ricorda perché io qui… m-mi sentire molto contrario di bene…perché Willy muore?- aggiunse guardando il cadavere al suo fianco, sotto il quale si allargava una chiazza di sangue sempre più denso e scuro.
-Ti ha ridotto il cervello in poltiglia…- commentò esasperato Robin…ci mancava solo questa per rendergli la giornata più allegra.
Ghostface tentò di rialzarsi ma non coordinava bene i movimenti e cadde a terra.
Ci riprovò e cadde di nuovo.
Al terzo tentativo Robin corse in suo aiuto sorreggendolo.
-Dobbiamo andar via di qui- disse tenendo il braccio del vecchio attorno al collo, guidandolo passo per passo verso l’uscita, facendo attenzione a muoversi tra quel cimitero di corpi robotici disseminati su tutto il pavimento.
-Che macello… che cazzo è successo qui?-
-L’area del triangolo si ottiene moltiplicando la base per l’altezza e dividendo per due-
-Sì, sì- lo assecondò l’eroe facendo ricorso a tutta al sua buona volontà per non gettarlo a terra e dargli fuoco sul momento.
Il Ghostface demente era ancor più esasperante di quello lucido o schizofrenico.
Ma almeno non era pericoloso.
-Criedo di sentirme un pochetto melio…- borbottò portandosi la mano monca alla fronte, al cui interno, a poco a poco, il cervello ormai completamente riformato stava riprendendo le sue funzioni e conoscenze abituali.
Il vecchio continuava a farfugliare ovvietà e vecchi ricordi finché una frase tra le molte, una che non aveva nulla di speciale, scomposta e sgrammaticata come le altre, richiamò l’attenzione di Robin come nulla prima d’allora.
-Debbo ritrobare lo mio detonatore altrimenti  non potò più ricattare te-
-C-cosa?!- mormorò Robin incredulo.
-Persi lo detonatore, e nu saccè che fine fece-
Robin avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa…ma non potè.
Un rumore assordante gli spaccò i timpani e soverchiò ogni altro rumore in tutta Jump city.
 
KAW-BOOOOMMM!!!!
 
-Che cazzo era!?- urlò col cuore in gola.
C’era mancato un soffio che non gli venisse un  infarto.
Le orecchie gli fischiavano in modo atroce tuttavia riuscì comunque a udire una risatina sconnessa e roca.
Si volse istintivamente verso l direzione da cui proveniva e vide Slade che lo osservava con le sue ultime forze, ridendo.
-Era una bomba!- biascicò con la voce impastata di sangue.
-Le ho piazzate io stesso. Una alla Torre, una all’ospedale ma spero che questa sia quella che ho nascosto nella scuola.
La stessa scuola dove va tuo figlio!-
Il guercio rise ancora guardando l’espressione sgomenta sul viso di Robin…una bella immagine con cui tirare le cuoia.
-Ho fatto un piccolo trapianto di materiale la notte scorsa, al posto delle margherite ora nell’atrio scolastico…ci sono cariche esplosive.
Di pure addio ai tuoi cari…te li saluterò nell’aldilà-
Quelle furono le ultime parole di Slade, prima che la Morte lo avvolgesse col suo eterno mantello di tenebra.
Anche Robin fu avvolto nell’oblio, qualcosa di inferiore alla morte ma molto simile.
Senti la mente vacillargli udite quelle parole, quella macabra profezia, il cuore cessò di battere.
Tutto divenne nero.
 
 
 
*”Emèt” e “mèt” sono due parole ebraiche che significano rispettivamente “verità” e “morte”. Secondo la leggenda sono queste le parole che se incise sulla fronte del Golem di Praga erano in grado di animarlo. Scrivendo “emèt” il Golem prendeva vita, cancellando la prima lettera (in realtà l’ultima poiché scrivono da destra verso sinistra) che sarebbe “l’alef” la lettera di Dio, si otteneva la parola “morte” e il Golem cadeva in uno stato di trance.
 
  
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