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Autore: CrazyFantasyWriter    08/07/2015    1 recensioni
La guerra di Hogwarts è finita, Voldemort è stato sconfitto.
Harry decide di spezzare la bacchetta di Sanbuco, non fa per lui, non la vuole.
Un nuovo futuro aspetta il trio e l'intero mondo magico.
E se i ragazzi decidessero di tornare al castello per studiare un ultimo anno insieme?
Nuovi professori, nuove magie, gli amici di sempre, il coraggio di sempre.
Coppie degli scritti originali e caratteri non stravolti. E' un vero e proprio continuo secondo ciò che ha lasciato detto la Rowling, a parte per il fatto che i ragazzi tornano ad Hogwarts.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Capitolo 11- ... qualche soddisfazione

Il mattino dopo Harry e gli altri studenti del settimo anno ebbero la loro prima lezione con il nuovo professore di Difesa Contro le Arti Oscure. Siccome il mago non era ancora stato presentato fu una sorpresa per tutti vedere che quello che sedeva alla cattedra appartenuta a sette professori diversi, negli ultimi sette anni, era un professore un po' fuori dal comune.

Era giovane, sembrava avere poco più di vent'anni, ma Harry non lo aveva mai visto ad Hogwarts. Indossava una lunga toga, ma al contrario degli altri professori, sotto di essa, che era aperta, si intravedevano un semplice paio di pantaloni e una camicia bianca, non indossava nemmeno una cravatta, come gli studenti. Sarebbe sembrato un babbano se non avesse avuto quella bizzarra toga che probabilmente qualcuno gli aveva imposto di mettere.

“Salve a tutti” disse cordialmente una volta che la classe fu al completo, “Mi chiamo Steeve Brooke e sarò il vostro professore per... spero almeno quest'anno” disse increspando le labbra.

I ragazzi sorrisero, Harry compreso. Era impensabile che i professori di quella materia non avessero resistito più di un anno.

“Spero che la maledizione non prosegua con me” continuò poi sedendosi sulla cattedra e posando la bacchetta, “So che al quinto anno non avete potuto usare la bacchetta e quindi è come se foste indietro di un anno”

Al fondo dell'aula Neville borbottò a Luna:

“Alle lezioni di Harry, si...”

“Proprio perché avete passato un anno senza fare pratica...” il suo sguardo si fermò su Neville e poi disse “O quasi... Con me ne farete molta. Ho intenzione di insegnarvi davvero come si combatte, le tecniche di difesa e di attacco. Poi ci saranno anche le prove scritte, ovviamente, ma credo che in questa materia la penna e l'inchiostro servano davvero a poco.”

Harry deglutì, quel professore gli ricordava molto Lupin, aveva il suo stesso carisma e modo di fare da insegnante sopra le righe e aveva anche qualcos'altro che non sapeva spiegare, era come se avesse già conosciuto quella persona. I pensieri di Harry furono presto interrotti da qualcuno che bussava alla porta.

“Avanti” disse Brooke e la professoressa Chang aprì la porta.

“Avrei bisogno di Potter per qualche minuto” disse.

“Oh... certo” rispose Brooke, “Potter, puoi andare”

Harry uscì, facendo finta di non aver visto l'occhiataccia che gli aveva lanciato Ginny.

“Si?” chiese Harry.

“Vorrei parlarti” disse semplicemente lei. Poi cominciò a camminare per il corridoio e Harry la seguì.

Quando entrarono nell'ufficio che era appartenuto alla vecchia professoressa di Babbanologia a Harry sembrò di entrare nella camera di una ragazza.

C'erano ritagli di giornali attaccati alle pareti con il Magiscotch, erano tutti articoli riguardanti Voldemort e gli attacchi ai nati babbani. La scrivania invece era sommersa da qualsiasi cosa possibile immaginabile.

C'era una pila di fogli di pergamena, probabilmente compiti; in un angolo c'erano penna e calamaio; poco più in là una confezione di ananas candito; e nell'unico angolino ancora vuoto, un paio di Galeoni Falsi che Harry e gli altri dell'Esercito di Silente avevano usato per comunicare fra loro.

“Allora?” la incitò il ragazzo.

“Siediti”

Harry obbedì e lei si mise dall'altra parte della scrivania, poi con un gesto di bacchetta spostò la pila di compiti e appoggiò in gomiti sul legno scuro che prima non era nemmeno visibile.

“Voglio chiederti scusa per ieri. Non so cosa mi sia preso, io...”

Harry stava per dire qualcosa, ma si trattenne, voleva sentire cosa aveva da dire, per poi scusarsi per essere stato duro con lei.

“Harry, ho avuto paura durante la guerra. Quando Hagrid ti ha portato al castello fra le sue braccia, io... era come se fossi morta anche io, capisci?”

Il ragazzo deglutì. No. Non capiva proprio, Cho non poteva davvero giocare un'altra volta la carta del: sto male, aiutami.

“Ho lezione, Cho” disse secco alzandosi.

“No, aspetta...” fece lei alzandosi, “Ho gli incubi la notte, ti vedo sempre morto...”

“Io invece ho smesso di sognare brutte cose quando ho ucciso Voldemort, pensa” disse Harry sgarbato e andò alla porta.

“Aspetta!” esclamò Cho e lo raggiunse.

“Sei stato l'unico che mi ha aiutata quando è scomparso Ced.”

“Cedric non è affatto scomparso, lo sai” disse Harry, mentre qualcosa dentro di lui cominciava a sobbollire pericolosamente.

“Dammi una possibilità, una...” lo supplicò Cho avvicinando il proprio viso al suo.

Il ragazzo stava per dire qualcosa, voleva chiarire, spiegare che non poteva succedere nulla perché lui amava Ginny, solo lei.

“Harry”

Qualcuno aveva pronunciato quel nome, il ragazzo alzò lo sguardo, non era stata Cho. Si voltò, temendo tutto ciò che avrebbe comportato quello stupido e insignificante quasi-bacio.

Ginny Weasley stava sulla porta, con lo zaino di Harry che strisciava sul pavimento e la sua borsa a spalla.

“Non è come...” troppo tardi, Ginny aveva mollato lo zaino a terra e era scappata via.

Harry non ebbe nemmeno il tempo di lanciare un'occhiata rabbiosa a Cho, raccolse lo zaino e seguì la fidanzata.

Le lezioni della mattina erano finite e i corridoi cominciavano ad affollarsi, perciò gli fu difficile raggiungere la rossa.

“Ascolta, Ginny...” disse col fiato grosso per la corsa.

“Come cavolo faccio ad ascoltarti!”

Alcuni ragazzi si voltarono verso di loro facendo sorrisini divertiti.

“Fammi spieg...” prima che potesse concludere la frase un ceffone gli arrivò dritto dritto sulla guancia destra e si portò istintivamente la mano al volto.

“Ginny!” chiamò, ma la ragazza era già andata via.

*

“Te l'avevo detto” disse poco dopo Hermione.

Lei e Harry erano in Sala Comune e il ragazzo le aveva appena raccontato quello che era successo.

“Non cominciare” brontolò il ragazzo sfregandosi la guancia ancora rossa e dolorante.

“Scusami” fece Hermione risentita, scostandogli la mano dal volto. Poi con un colpo di bacchetta fece apparire una pezza con dentro del ghiaccio incantato in modo da non sciogliersi.

“Tieni. Questa dovrebbe fare passare il bruciore”

Harry la poggiò sul viso e sprofondò sulla poltrona vicino al caminetto.

Stava malissimo. Cho aveva rovinato tutto e Ginny non capiva che lui non centrava nulla. Chi l'avrebbe aiutato quando avrebbe perso il controllo? Con chi avrebbe passato il tempo quando Hermione era con Ron?

Stava cambiando tutto nella sua vita. Prima il litigio con Ron, poi le “perdite di controllo”, e infine il bacio con Cho. Tutto faceva presagire che, da un momento all'altro, anche Hermione avrebbe trovato una scusa per litigare con lui e lasciarlo solo.

“Hermione, non resteremo sempre amici, vero?” chiese dopo un po' e pentendosi subito delle sue parole.

La ragazza alzò lo sguardo dal tema che stava scrivendo e lo guardò, preoccupata.

“Che ti sta succedendo?” chiese osservandolo, indagatrice.

“Nulla” rispose lui deciso.

“Ti conosco da sette anni”

“Non ho niente, va bene?” ripeté Harry con enfasi.

“Va bene” disse Hermione, poi posò la piuma e mise tutto nella borsa, “Vado a mangiare” aggiunse, poi uscì dalla Sala Comune.

Harry rimase seduto sulla poltrona, aveva la mente confusa.

Era talmente intontito da tutto quello che era successo che quasi non si accorse di un piccolo allocco che stava picchiettando insistentemente sul vetro della finestra.

Il ragazzo gli aprì e il gufo depositò la posta all'interno della torre, poi volò via.

Era strano ricevere posta così tardi, ed era ancora più strano ricevere posta nella propria Sala Comune.

Harry guardò la busta. Era rossa scarlatta, non poteva essere altro che una Strillettera. Doveva essere destinata a lui, era l'unico rimasto nella Sala Comune.

Richiuse la finestra e prese in mano la busta, agitato. La squadrò per alcuni istanti, poi, sapendo che le cose sarebbero solo peggiorate, la aprì.

Fu come se la busta prendesse vita e cominciò a urlare.

“Tu. Stronzo, bastardo, Harry Potter! Come diavolo hai osato baciarla? Come?! Quella stupida oca, strega da quattro soldi. Ti sei preso gioco di me! Sei un idiota, se pensi che io non possa farcela da sola, ti sbagli... sei tu quello che ha bisogno d'aiuto!” fece una pausa e Harry sperò che avesse finito, poi si ripiegò su se stessa e urlò:

“STRONZO!”

Harry sentì un dolore all'altezza del cuore, non era una fitta, era più simile ad una mano invisibile apparsa dal nulla che lo stringeva proprio in quel punto.

Non ebbe tempo di assimilare altro che la chioma rossa di Ron Weasley comparve dalla scala che portava ai dormitori.

“Non pensavo fossi qui” sbottò il moro.

“Nemmeno io credevo ci fossi anche tu” disse Ron e si sedette sul divano, pensieroso. Era evidente che aveva sentito tutto, quella lettera aveva strillato in modo spaventoso, probabilmente anche gli uccelli che si erano appoggiati sui rami degli alberi della Foresta Proibita l'avevano sentita.

“E' stata tremenda, già” constatò il rosso.

Harry lo squadrò nervoso.

“Se hai qualcosa di cattivo da dire questo è il momento giusto. Sono ancora caldo. Forza! Insultami, tanto è un vizio di famiglia”

Ron aprì la bocca per ribattere, poi la richiuse, l'espressione sul suo volto mutò e disse tranquillamente:

“Chi hai baciato?”

Harry preferì sinceramente che quella domanda fosse sostituita da un altro schiaffo.

“Non mi picchi?” chiese a sua volta, “Ho fatto incavolare la tua sorellina indifesa, non ti importa?”

Ron arrossì leggermente, poi incrociò le braccia e finse di fissarsi i piedi.

Harry lo guardò e dopo un po' disse:

“Cho”

Ecco, quello era proprio il momento per assestargli un bel cazzotto sul naso e farlo fuori. Il pugno, però, non arrivò.

“Ginny capirà” disse Ron più a sé stesso che al vecchio amico.

Harry invece non capiva. Perché gli stava dicendo quelle cose, perché gli parlava in quel modo, come se volesse rassicurarlo?

“Cosa vuoi?” chiese il ragazzo senza troppi fronzoli.

Ron si mise una mano in tasca e poi tirò fuori le due parti spezzate della bacchetta di Sambuco.

“Tieni” disse e glieli mise in grembo.

“Non la voglio”

“Nemmeno io, non so perché l'ho presa... Forse hai ragione tu ed è stata tutta colpa della... gelosia” le orecchie gli divennero rosso fuoco, “Scusami”

Harry avrebbe voluto dire qualcosa, ma le parole non gli uscirono. Ron era stato il primo ad accoglierlo nel Mondo Magico con un vero amico. Avevano litigato un paio di volte. Si ricordava ancora quando aveva smesso di parlargli all'inizio del Torneo Tre Maghi, era stato bruttissimo. E poi, solo un anno prima, aveva lasciato lui ed Hermione in un bosco e se n'era andato via. Harry non era mai stata la colpa di quei litigi, o almeno, così credeva il ragazzo, ma quella volta era lui ad aver sbagliato. Aveva attaccato Ron senza fargli spiegare le sue ragioni e poi aveva dato la colpa a lui per tutte le frustrazioni che avevano seguito la loro litigata.

Solo pochi minuti prima credeva di rimanere solo ed ecco Ron, il suo migliore amico, che scombussolava ancora una volta le carte in tavola.

 

NOTE:

Sono tornata dalle vancanze e sono riuscita a controllare questo capitolo e pubblicarlo in tempo (miracolo).
Spero vi piaccia :)
 
  
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