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Autore: Bunny05    08/07/2015    4 recensioni
Smettiamo di credere nelle favole appena diventiamo grandi e iniziamo a vivere nella realtà. Tante volte non ci accorgiamo però che le favole le facciamo noi, quando amiamo, quando l'amore fa parte di noi tutto diventa come un racconto di una bellissima fiaba, il mondo ti sembra più bello, più luminoso, ogni cosa intorno a te si trasforma.
Martina Stoessel e Jorge Blanco
Martina è una ragazza che non crede nell'amore per quello che ha vissuto e per come è cresciuta, ma qualcosa cambierà in lei quando scoprirà che la musica può essere un ottimo elemento per aprire le proprie emozioni. Jorge è un ragazzo dei giorni nostri, ma dimostrerà di avere qualcosa in più, di non essere il classico ragazzo. Fin dall'inizio proverà una forte attrazzione per Martina, ma lei si lascerà andare?
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Casa Mia.
 
Io non ho mai creduto alle favole, al principe azzurro che arriva sul suo cavallo bianco e ti salva dalla strega cattiva, nella realtà le strega cattiva non è solo una, c’è ne sono tante e più che il principe azzurro che viene a salvarti esistono ragazzi che ti usano, l’amore vero non esiste, le favole non esistono o almeno così credevo. Ora che sono qua stesa a terra e non sento più nulla penso a lui, non avrei mai pensato di poter amare qualcuno, anzi sì ma non così tanto da morire per lui. E’ in questo momento che capisco che le favole possono esistere, sono più burrascose, più spaventose ma esistono, magari il principe non è un principe con il cavallo bianco ma quando ami tanto qualcuno per te è un principe anche se arriva su una bicicletta tutta rotta, non importa se il castello non è un castello perché lo diventa con la persona che ami, non importa se la nostre vite non assomigliano perfettamente alle favole perché ogni amore è una favola. E il mio ultimo pensiero è lui.
 
Otto Mesi Prima.
Che vita del cavolo, penso tra me e me, sto ancora litigando con mia madre, come sempre. Lei non capisce, non capisce me e quello che voglio, ma ora che ho 18 anni posso scegliere, scegliere la mia vita e fare quello che voglio realmente. << Sei sicura allora? >> domanda mia madre guardandomi dalla porta della mia camera, mi volto a guardarla, i suoi occhi scuri uguali ai miei mi guardano con aria di sfida, << Si sono sicura mamma >> dico << Voglio andare da papà >>. Quando avevo 12 anni i miei si separarono, forse è per questo che reputo l’amore una cosa stupida, loro non ne erano un gran esempio, io e mia madre partimmo per il Messico dopo il divorzio, diceva che io dovevo seguirla e che lei doveva cambiare il suo modo di vedere la vita, mentre io rinunciavo alla mia vita, ai miei amici. Mio padre restò a Buenos Aires con mio fratello più grande di due anni Francisco, non so dire quanto mi mancano, mi vengono a trovare ogni estate ma vorrei stare con loro. Mio padre è il contrario di mia madre, lui è più una mente aperta difatti è un musicista, lascia spazio a Francisco, gli fa fare ciò che gli piace, lo fa diventare ciò che vuole essere invece mia madre è più dura, severa, mi ha costretta a seguirla, a fare una scuola di moda che nemmeno mi piace, è ostinata a dire che io devo seguire le sue orme perché un giorno lascerà a me la sua linea di moda, ma io non la voglio, io voglio fare altro. << Non ti capisco >> dice lei frustrata e arrabbiata per il fatto che non voglio seguire i suoi piani per me, << Non è una novità se non ci capiamo >> rispondo io mentre vado in cucina e lei mi segue, << Vuoi andare via da casa tua? >> fisso mi madre e l’unica cosa che ci accomuna è l’aspetto fisico, ho solo quello di suo per il resto siamo completamente diverse, << Questa non è casa mia >> dico mentre mi verso un bicchiere d’acqua, << Buenos Aires è casa mia, Francisco è casa mia, Papà lo è >> afferro il mio bicchiere arrabbiata e torno in camera mia, tiro fuori le valige da sotto il mio spazioso letto. Mentre le riempio penso a quanto sia stata triste la mia vita qua in Messico, non ho mai avuto amici veri, a parte una ragazza che si è trasferita un anno fa e il mio ex ragazzo, Carlos che a dire la verità era più una ripicca per mia madre, un tipo ribelle, ma mi amava davvero e quando abbiamo rotto perché io volevo trasferirmi da mio padre si è arrabbiato parecchio. Non mi è mai piaciuto stare qua senza nulla che mi sia familiare, a parte il ragazzo di mamma, un poliziotto in carriera più giovane di lei, un brav’uomo nulla da dire, però che palle. Fisso questa stanza che non reputo neanche mia, ha il soffitto alto, è rosa con tutti dei fiorellini disegnati sulla parete dove sta il letto, una scrivania con uno di quei tavoli da disegno che uso solo per far felice mia madre ma non per far felice me, l’unica cosa che amo in questa stanza è l’armadio pieno di vestiti e la chitarra nascosta dentro. La afferro e la tolgo dalla custodia, ogni volta che la impugno un flusso di energia positiva mi scorre nelle vene, sento un getto di felicità esplodere dentro di me, ogni vibrazione, ogni piccolo suono che emana mi fa venire la pelle d’oca. Questo è il regalo di mio padre quando io partii per il Messico, un ricordo di noi, della nostra musica, di ciò che ci ha sempre unito. Non vedo l’ora di vedere quel bel muso di mio fratello, io e lui eravamo inseparabili e ora lui sta seguendo i suoi sogni che sono molto simili ai miei, da piccoli suonavamo e cantavamo insieme, un duo perfetto che è stato diviso per colpa di un amore finito male, sono cresciuta tra le grida di mia madre che urlava contro mio padre per i loro stupidi problemi, perché creare tutto questo se poi l’amore non aggiusta nulla in realtà?
 
Mi sveglio, porto le mie mani sugl’occhi per stropicciarmeli mentre mi riprendo per alzarmi, oggi pomeriggio ho il volo per Buenos Aires e non vedo l’ora di abbracciare i miei due uomini. Mi alzo dal letto e vado nel mio bagno, mi lavo la faccia e inizio a sistemarmi, mi guardo nello specchio, mentre mi vesto osservo la mia figura, sono alta e molto magra anche se mangio molto, sono così di costituzione, ho le curve ai punti giusti, mi infilo i vestiti che ho lasciato fuori dalla valigia ieri, dei pantaloncini di Jeans, una maglietta corta rosa e le Adidas bianche, mi trucco un po’, la mia carnagione è abbastanza scura quindi non ho bisogno di truccarmi troppo, un po’ di mascara sui miei grandi occhi marroni, da cerbiatta e un po’ di fard rosa sugli zigomi appena accentuati. Spazzolo i miei capelli che arrivano fino a metà schiena, castani chiari e decido di farmi una treccia laterale. Infilo le ultime cose nella valigia e esco per andare in cucina a fare colazione, al tavolo mia madre sta mangiando con Paul già con addosso la divisa, << Buongiorno >> mi dice lui, << Buongiorno >> rispondo evitando ogni contatto visivo, lui guarda per poco mia madre e poi si alza, << Beh io ora devo andare a lavoro >> da un bacio veloce a mia madre e poi si avvicina a me mentre mi preparo la scodella di latte, << Buon viaggio Martina, ci mancherai >>, io gli sorrido piano, lui non mi sta antipatico, anzi sono felice per mia madre che abbia trovato un uomo con la testa sulle spalle ma comunque per me è un estraneo, non riesco a vederlo come un mio patrigno ma più come un “Amico”. Afferro la mia scodella e mi siedo al tavolo e inizio a mangiare, << Allora conoscerai la nuova moglie di tuo padre e sua figlia >> parla lei, faccio cenno di sì con la testa. Mio padre due anni fa si è risposato con una donna che io non ho mai visto perché è lui che viene qua a trovarmi, io sono stata solo una volta da lui ma lei non c’era ancora, e a quanto pare questa donna ha una figlia e spero per lei che sia simpatica perché io non ho un carattere tranquillo, sono piuttosto schietta nel dire quel che penso, infondo sono cresciuta con una donna che di sentimenti non ne capisce molto, invece mio padre è più un tipo passionale, più umano. E’ vero, ho un carattere difficile, sono testarda, cocciuta e non mi fido molto delle persone, preferisco essere sincera che bugiarda, non mi importa di piacere a tutti perché a me non piacciono tutti è una filosofia di vita per me questa, siamo fatti per poche persone e non per chiunque quindi perché perdere tempo? Però c’è una parte di me che qua non sono mai riuscita a tirar fuori, quando canto mi sento una persona diversa, per me è come tornare bambina e credere nelle favole, bei tempi quelli, quando si aveva paura che la strega cattiva veniva a rapirci, quando credevamo che babbo natale ci portasse i regali, quando la mia famiglia era unita. << Non ci credo che te ne vai! >> dice lei con un filo di voce, << Mamma, io davvero non è perché non voglio stare con te, tu sei mia madre e anche se non andiamo d’accordo io… ti voglio bene >>, la guardo << Capiscimi, non è il posto >> dico abbassando la testa. Finisco di mangiare silenziosamente e poi torno in camera mia e chiamo papà, << Mia dolce Tini >> risponde lui, anche se non ci vediamo quasi mai lui con me è sempre dolce, affettivo, non mi ha mai fatto mancare nulla, mi chiama tutti i giorni, l’unica cosa è che non c’era mai fisicamente, quante volte avrei voluto un suo abbraccio. << Ciao papà >> dico << Alle due ho l’aereo >>, << Ok, ti aspetto in aeroporto >> dice e poco dopo riattacco. Ritorno in cucina e vedo mia madre prepararsi per andare a lavoro, << A mezzo giorno quando torno ti accompagno in aeroporto >> dice lei facendomi un piccolo sorriso. Le ore non passavano più, non vedevo l’ora di partire, di arrivare la, a casa mia, nel mio posto del mondo. Quando sento l’auto di mia madre arrivare, esco di casa e la guardo, non credo mi mancherà, anche se lasciare mia madre sola non mi rende pienamente felice io ho bisogno di andare via, è la vita che ha scelto lei non io. Il tragitto fino all’aeroporto è abbastanza silenzioso, quando accosta la macchina all’entrata dell’aeroporto si volta a guardarmi, << Allora stai attenta >> dice lei, io scendo dal'auto, tiro giù le mie valige e poi mi affaccio al finestrino, << Mamma >> dico facendo un sospiro, << Ti voglio bene e ci sentiremo tutti i giorni, poi ci vedremo te lo prometto >> dico, una lacrime scende sul suo volto e io le do un bacio sulla guancia e mi dirigo verso l’entrata mentre la guardo andare via. E’ colmo di gente, credo di non aver mai visto l’aeroporto così affollato, mi dirigo all’imbarco dei bagagli per consegnare le valige, dopo una fila di mezz’ora finalmente è il mio turno, consegno le valige e mi dirigo agl’imbarchi e mentre cammino infilo le cose che ho in mano in borsa. << Scusami ti è caduto questo >>.
 
Quando mi volto un ragazzo ha in mano il piccolo orsetto di peluche che Francisco mi regalò quando ero piccola, deve essermi caduto mentre lo mettevo nella borsa, mi avvicino afferro il peluche e mi volto per andarmene, << Non mi ringrazi nemmeno? >> io mi rigiro a guardare quel ragazzo che sta sorridendo e inizio a notare ogni suo piccolo particolare, è giovane e di bell’aspetto, ha i capelli mori arruffati non troppo corti, ha gl’occhi verde smeraldo, molto belli e molto profondi, un sorriso bianco a trentadue denti, con un fisico alto e sportivo, << Grazie >> dico io facendo spallucce e poi mi volto per andarmene, << Ehi ti ho per caso fatto qualcosa? >> domanda lui affiancandomi, << No, perché hai fatto qualcosa? >> domando guardandolo storto, << No è che mi è sembrato che c’è l’avessi con me, non mi hai rivolto parola >> dice, << Perché dovrei parlarti, nemmeno ti conosco. >> ribatto io e mi metto in fila per l’imbarco, lui mi guarda confuso, io sorrido e poi mi volto dall’altro lato. Quando saliamo sull’aereo prendo posto nella fila centrale sul corridoio, prendo il mio libro dalla borsa e inizio a leggere, quando alzo lo sguardo quel ragazzo è tre file davanti a me sui sedili laterali, per tutto il viaggio con la coda dell’occhio lo vedevo ogni tanto girarsi, mi domando quale problema abbia quel ragazzo, che bisogno c’è di continuare a girarsi per guardarmi, non sono mica un oggetto in mostra, ecco perché penso che l’amore non esista, le persone vengono viste come oggetti, da guardare e mettere in mostra, è così oggi, nessun sentimento solo persone usa e getta. Quando scendo dall’aereo già mi sento meglio, l’aria di casa mia, del mio posto. Le mie valige arrivano quasi per ultime e per fortuna quel ragazzo se ne è già andato, un altro sguardo e gli avrei detto qualcosa. Esco dall’aeroporto e mio padre ancora non c’è, dopo cinque minuti lo vedo arrivare, accosta e scende dalla macchina. Mi abbraccia sollevandomi da terra << Ciao Papi >> dico io con un gran sorriso, lui mi dà un bacio sulla fronte, io faccio un passo indietro e lo osservo, << Alejandro Stoassel hai fatto palestra? >> dico, mio padre è un bell’uomo, alto, moro dagl’occhi neri, << Un pochetto sì! >> dice lui ridacchiando. Carica le valige sulla macchina e ci dirigiamo verso casa, si casa mia, la mia vera e unica casa, << La mamma come sta? >> chiede, << Non saprei, è la mamma >> dico, lui sorride << Si lo so >>, << Vedrai Fran quanto sarà contento di vederti, non sta più nella pelle di riabbracciare la sua sorellina >>, << Io non sono più la sorellina, ormai ho 18 anni >> dico, << Si ma per Fran sei la sua sorellina >> e ride lui. Finalmente arriviamo a casa, è enorme proprio come la ricordo, parcheggiamo nel grande cortile di ciottoli, è una casa a due piani, sul davanti ha un enorme veranda di legno, è bianca e le finestre sono dello stesso legno della veranda, sul retro c’è una piscina enorme con tanti ombrelloni, un prato verde è enorme ed è circondato da alberi e fiori ovunque. Quando entriamo ancora non c’è nessuno, guardo un po’ la casa, la cucina è grande, modernissima, ha un’isola grande al centro e un grande tavolo sul fondo, tutta di marmo scuro e legno, le pareti invece completamente bianche per contrastare l’arredamento. Il salotto invece ha un arredamento nero, con il parquet scuro, le mensole e i tavolini di legno con appoggiati sopra tanti libri, statue e tanti altri oggetti, sulla destra c’è il camino, grande di pietra, davanti a esso un tappeto, già mi immagino seduta lì a scrivere canzoni. Al primo piano c’è anche l’ufficio di papà e un bagno, al piano di sopra mi ricordo che ci sono cinque camere e al piano sotto terra una stanza enorme per varie attività. << Sorellina >> sento urlare qualcuno e vedo Fran scendere dalle scale vicino all’entrata, gli corro incontro e gli salto in braccio, << Oddio sei cresciuta troppo >> dice lui guardandomi, << Non iniziare a rompere >> dico, lui continua a guardarmi sbalordito << Dovresti coprirti di più >>, io mi volto verso mio padre e lui ride, << Fran ha 18 anni ora >>, dopo qualche risata Fran mi obbliga a salire perché ha una sorpresa per me, mi mette davanti ad una delle porte << Su dai apri! >> dice. Spalanco la porta e rimango senza parole, << L’ho fatta io >> dice lui entrando dietro di me. Le pareti sono viola, ha disegnati fiori di varie grandezze bianchi, bordeaux e di altre tonalità di viola. Il letto e i mobili sono di legno scuro, alla sinistra ci sono due porte, una che va al bagno e una alla cabina armadio. << Wow >> dico abbracciando mio fratello, << Allora ti piace! >> dice lui sorridendo. Lo fisso e capisco che non è cambiato per niente, ha sempre gli stessi capelli arruffati castani chiari, occhi scuri come i miei, solo che ora è più alto. << La mamma? >> domanda Fran, io lo guardo e faccio un ghigno, << E’ sempre la mamma >> continua lui senza farmi parlare. Quando scendiamo sul divano due persone ci aspettano, << Tini >> parla mio padre << Ti presento Clara, mia moglie e Lodovica, sua figlia >> dice, << Piacere >> dico io, Clara è una donna bellissima, bionda con gl’occhi azzurri, sembra gentile, pacata e di ottime maniere, ha un fascino giovanile ma anche molto maturo. Lodovica ha una faccia simpatica, ha i capelli neri, gl’occhi scuri e vispi. La sua carnagione è molto chiara, lei mi sorride dolcemente come se fosse contenta di vedermi. Non sembravano madre e figlia, non si somigliano affatto. << Lodo >> dice Fran, << Potresti aiutare Martina a sistemare le sue cose >> dice, << Certo volentieri >> risponde. Loro due si conoscono da molto, conoscendo Fran tratterà anche lei come una sorella. Saliamo le scale senza dire una parola, lei continua a sorridermi, quando siamo in camera finalmente iniziamo a parlare, << Allora com’è il Messico? >> chiede lei, << A me non piace >> dico << Non per il posto, perché è bello ma perché non è casa mia >> dico, << Ti capisco >> dice lei, << Anche io ho vissuto per cinque anni in Italia mio padre era italiano, bella ma non era casa mia, sono nata qua >>. Mentre sistemavamo le cose parlavamo, la trovo una ragazza schietta, ma anche dolce e sensibile, mi piace come persona quindi non ci saranno problemi. Dopo un oretta scendiamo e stiamo ridacchiando << Avete già fatto comunella voi due >> domanda Fran, << Due contro uno, come farai a sopportarci >> dico ridendo, << Ah non ti preoccupare quando arriverà Jorge saremo pari >> dice lui mentre entriamo in cucina dove mio padre e Clara sono intenti a fare la lista della spesa, << Jorge? >> dico << E chi sarebbe? >>, << Beh il mio migliore amico, E’ da due anni che vive qua con noi >> parla mio fratello, io lo guardo ancora più confusa, << Jorge è il figlio di un’amica di Clara, vive qui perché va all’On Beat con Fran >> stavolta è mio padre a parlare, << E ora dov’è scusate? >> domando, << E’ tornato a casa sua per due settimane domani ritorna >> parla Fran, << E’ Messicano >> dice Lodo << I suoi non possono trasferirsi qui ancora per un po’ di anni per motivi di lavoro, quindi intanto sta con noi >>, << Già che è Messicano mi sta sulle palle >>, Fran, Lodo e Clara si mettono a ridere << Martina >> mi rimprovera mio padre << Non essere volgare >> e poi si mette a ridacchiare pure lui. << Quindi siamo in quattro ragazzi qua! Wow, ci sarà da divertirsi >> dico mentre prendo un chicco d’uva dal cesto di frutta sull’isola << In Messico ero sola, sarà strano vivere in mezzo a tanta gente >>. Sono in salotto con Lodo seduta in parte a me e Fran seduto in terra davanti a noi, stiamo parlando e ridendo, << Digli di quella volta che sei caduta dalla bici e sei finita nello stagno dei signori Lopez solo perché pensavi che il marito fosse un feroce assassino >> dice mio fratello ridendo, << Sei stato tu a dirmi che era un assassino, io ero piccola >> ribatto dandogli una pacca sulla testa, << E appena se l’è trovato davanti ha iniziato a pedalare velocemente e non ha frenato, la bici si è inchiodata ai massi dello stagno e lei è finita dentro >> Fran piangeva dal ridere, << Sei cattivo però >> dico << Anche io ho tante storie su di te >>, << Guai se le racconti >> mi minaccia lui scherzosamente << Se no sai qual è la punizione >> afferma, << Non soffro più il solletico Fran >> esclamo io, << Menti >> lui si alza, venendo verso di me e con le mani mima il solletico, quando è vicinissimo lo fermo << Ok, Ok! Lo soffro ancora >>, lui scoppia a ridere << Sei sempre la solita Tini, non ci casco più >>, << Mi piace il tuo soprannome >> esclama Lodo << E poi potrei raccontarti anche io tante cose di Fran che magari non sai >> continua lei << E io non soffro il solletico >> ridacchia, << Troverei comunque un modo per fartela pagare >> gli risponde lui. Ad un tratto la porta si apre, mio fratello fa una strana espressione, << Jorge! Come mai sei già tornato? >>.
 
P.S.: SORPRESA!! Lo so che sto già scrivendo una storia, ma… già sono fuori di testa, forse sarà il caldo, ma ho talmente tante idee in testa che vorrei chiudere gl’occhi e trovarle già scritte per farvele leggere, davvero! Siccome oggi avevo degl’impegni e sono saltati e che con l’altra storia sono abbastanza avanti senza pensarci due volte ne ho scritta un'altra. Sarà più strutturata come storia, quindi non la pubblicherò tutti i giorni come faccio con l’altra perché la voglio costruire bene, scrivere bene e pensarci molto molto bene, quindi spero perdonerete la lentezza con cui scriverò questa. Spero che la seguirete e che l’apprezzerete. Per ora vi lascio il primo capitolo e spero che vi piaccia. Un abbraccio e un saluto. Grazie già in anticipo perché so che sarete eccezionali. ;)
 
   
 
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