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Autore: germangirl    09/07/2015    13 recensioni
Prima o poi, ogni donna cade vittima della sindrome da crocerossina. Anche il detective Beckett non ne è immune…
Ambientata nella quarta stagione, dopo “Lynchpin”
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Lanie Parish, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Capitolo 4 – Always

Lo vede arrivare in cucina coperto solo dall’accappatoio, con i capelli ancora bagnati e sparati in tutte le direzioni. Un filo di barba gli tinge le guance e gli conferisce un’aria ancora più affascinante, tipo bello e dannato. In una parola: irresistibile. La prima reazione di Kate, infatti, sarebbe quella di andargli incontro, passargli la mano fra i capelli, tentando inutilmente di dare una forma a quel ciuffo ribelle, e baciare quel triangolo di pelle del petto lasciata scoperta. E’ un pensiero così inebriante che non riesce a trattenersi dal mordersi il labbro inferiore. Ma mentre è ancora intenta nel godersi quella visione, il suo sguardo viene attirato dalla determinazione che gli legge negli occhi.

“Mi hai sentito, vero?” le chiede.

In tutta risposta Beckett aggrotta la fronte: non può certo riferirsi alla sua interpretazione di Sinatra. Non ci sarebbe certo da vergognarsi, sia perché ha una splendida voce baritonale, sia perché lei per prima si diverte a canticchiare sotto la doccia. Anche a ballare, se è per questo: ha persino inventato una shower routine, nella quale potrebbe inserire qualche passo a due, magari fra le braccia di uno scrittore, possibilmente di gialli. Però lui aggiunge: “Stanotte, quando sei venuta in camera mia… quando ho avuto l’incubo.”

Kate abbassa la testa e fa un sospiro profondo, scacciando l’immagine sensuale di loro due che danzano nudi. Prima o poi quel momento sarebbe arrivato, lo sa bene. Ma non è sicura di essere abbastanza forte per affrontare la portata e l’intensità di quel sentimento. Né ha idea di come spiegargli il fatto di saperlo da sempre e di avergli mentito al riguardo.

Poi solleva di nuovo gli occhi e annuisce, regalandogli un sorriso timido. “Sì, ti ho sentito. Eri così disperato, Rick… io… mi dispiace…”

“Ti dispiace perché ti ho detto che ti amo?” ora è il suo turno di aggrottare la fronte, perplesso.

“No, no, anzi, quello è stato bellissimo… mi dispiace perché stavi soffrendo. Io… non vorrei mai che tu stessi male. Mai. Tanto meno per causa mia.”

Con pochi passi Castle si trova davanti a Kate. Le accarezza il volto con un tocco leggero, assaporandone ogni singolo centimetro, quasi volesse imprimere l’immagine della donna sulle proprie dita, e lei si appoggia a quella mano, grande e calda, chiudendo gli occhi e godendo la sensazione di pace che quel gesto le trasmette.

“Io… ti avevo sentito anche allora, Rick. Ma ho avuto paura” confessa a bassa voce, quasi sussurrando.

“Paura? Perché non provi lo stesso per me?” indaga, terrorizzato dall’idea di poter ricevere una risposta affermativa.

Ma lei abbassa lo sguardo e scuote la testa. Poi posa la guancia sul petto dell’uomo e gli cinge la vita, chiudendo gli occhi e affidandosi a lui. E’ già successo in passato, più di una volta: quando si sono scambiati un abbraccio sudato dopo aver scavato in un cimitero alla ricerca di un tesoro sepolto, quando hanno salvato New York dallo scoppio di una bomba sporca, quando sono rimasti in quella cella frigorifera, rischiando di die frozen in each other’s arms. E tutte le volte che hanno ballato insieme, con o senza la scusa di essere sotto copertura. E al matrimonio di Kevin e Jenny, Richard era così elegante… E come dimenticare che si sono persino baciati in quel vicolo? Per ben due volte! That was amazing! Eppure mai come in questo istante Beckett sente le farfalle nello stomaco al solo stare fra le braccia dello scrittore, che l’hanno immediatamente avvolta, stringendola forte a sé quasi temesse di vederla sparire all’improvviso. Certo, a Rick piacerebbe sentirle pronunciare quelle stesse parole, ma al momento è più che felice di starsene così, in piedi nella sua cucina, avvinghiato alla sua Kate. E chi se ne frega se così facendo rischia di far salire di nuovo la febbre.

A questo punto, però, sta a lui essere sincero. Si scioglie dall’abbraccio, la bacia sulla fronte, la prende per mano e la conduce al divano. “Devo confessarti una cosa. Sappi che l’ho fatto perché volevo… voglio proteggerti. Perché non riesco a immaginare la mia vita senza di te. Perché quando penso a chi mi riempie sempre il cuore di gioia quando mi chiama al telefono, fosse anche per convocarmi su una scena del crimine quando fuori ci sono venti gradi sotto zero, vedo il tuo viso. Perché quando penso a chi vorrei accanto nei momenti di felicità, di solitudine o di dolore, vedo il tuo viso. Perché quando penso al mio futuro vedo solo te, Kate.”

Nonostante la splendida dichiarazione, l’istinto poliziesco di Beckett entra in allerta. Il tono accorato usato dall’uomo, infatti, grida a gran voce che sotto c’è qualcos’altro. “Cosa hai fatto, Castle?”

“Qualche mese dopo il funerale di Montgomery io…. Ecco… ho ricevuto una telefonata. Da un certo Smith che conosceva bene Roy. Insomma… mi ha detto che c’era un unico modo per salvarti la vita: dovevo impedirti di continuare a investigare su chi aveva ucciso tua madre. E io ci ho provato, lo faccio da tempo. Perché se non smetti di smuovere le acque loro ti uccideranno, Kate. Before Montgomery went into that hangar, he sent a package to someone, someone…he trusted. It contained information damaging to the person behind all this. Montgomery was trying to protect you. But the package didn’t arrive until after you’d been shot. Montgomery’s friend…struck a deal with them. If they left you alone, the package and the information inside would never see the light of day. But they made one condition — you had to back off. And that’s the reason you’re alive, Kate, because you stopped.” Dice tutto d’un fiato, come se temesse che, fermandosi, non sarebbe riuscito ad arrivare fino in fondo.

Per alcuni secondi Kate continua ad osservarlo incredula, senza parlare, mentre le guance le si imporporano e gli occhi le si riempiono di lacrime di rabbia. Poi sbotta, con voce tremante: “Castle, you cut a deal for my life like I was some kind of a child. My life. Mine. You don’t get to decide. Tu non hai nessun diritto. Nessuno. Mi hai mentito sulla cosa che per me contava più di tutto! Per tutto questo tempo! Come hai potuto? Dimmi almeno dove lo trovo.”

E’ come se il mondo le fosse crollato addosso, come se non avesse più punti fermi nella sua vita, nessuna Stella Polare cui affidarsi per trovare la rotta nell’oscurità della sua esistenza.

He’s a voice on the phone, a shadow on a parking garage” sussurra sconfitto.

“Lo hai persino incontrato?” non riesce a credere alle sue parole.

“Sì. Ma Kate, ti prego, ascoltami. Non ti voglio perdere. Permettimi almeno di aiutarti” le dice con voce implorante.

“Io… tutto questo è troppo per me” si alza dal divano e si avvia al piano di sopra, rinchiudendosi nel bagno.

Si ritrova da solo, in un loft paurosamente vuoto e silenzioso. Il calore che gli aveva inondato il cuore mentre stringeva Kate fra le braccia lo ha abbandonato, lasciandogli una sensazione di gelo nell’animo. Un freddo che supera di gran lunga quello provato poche sere fa quando si è trovato senza sciarpa e guanti in mezzo alla neve. Teme di averla perduta per sempre proprio adesso che lei gli aveva dato una possibilità. Si passa le mani sul viso, più volte, come se volesse scacciare il dolore che percepisce.

Dolore e senso di impotenza.

Farebbe qualsiasi cosa per proteggerla. Darebbe la sua vita per lei. Ed è per questo motivo che non si è tirato indietro quando quei tipi misteriosi lo hanno convocato in quel garage. Sarebbe sceso all’inferno e avrebbe fatto anche un patto con il diavolo se fosse servito per garantire la vita della sua Kate.

Quello che non è riuscito a dirle è che ha continuato a investigare per conto proprio perché lui per primo vuole rendere giustizia a Johanna. Gli sarebbe piaciuto conoscerla: doveva essere una donna straordinaria, proprio come sua figlia. E’ sicuro che sarebbero andati d’accordo.

Di Jim, invece, ha un po’ paura.

Stronzate.

Si sente un vero fallito nei suoi confronti. L’avvocato Beckett gli aveva chiesto di proteggere la sua bambina e il risultato è che le hanno sparato in pieno petto, a un soffio dal cuore. Senza considerare quella patetica scena all’ospedale, quando si è azzuffato con Josh come se fossero due balordi adolescenti, mentre Kate stava lottando fra la vita e la morte in sala operatoria. Come potrebbe volerlo accanto alla sua Katie? Al posto suo, non vorrebbe certo che Alexis frequentasse un tipo del genere. Ma è una domanda inutile. L’ha persa ancora prima di averla avuta.

Poggia la nuca sulla spalliera del divano e fissa il soffitto del loft, come se da lì potesse arrivare la risposta salvifica ai suoi dubbi e alle sue angosce.

Nel frattempo, qualche metro più su, Kate si è seduta per terra, appoggiando la schiena alla vasca da bagno, raccogliendo le gambe al petto e prendendosi la testa fra le mani. Percepisce il gelo delle piastrelle attraverso il tessuto leggero dei leggings e della maglietta. E dei calzettoni, visto che non ha pensato di infilarsi le ciabatte. Ma non le importa, è come se i suoi sensi fossero anestetizzati.

Si sente tradita.

Colpita alle spalle dall’uomo che le ha detto di amarla e per il quale ha rimesso insieme i pezzi della sua mente e del suo cuore. Dall’uomo per il quale si sta sbarazzando di quel muro. Un uomo che ha reso il suo duro lavoro un po’ più divertente. Un uomo che le ha permesso di compiere degli insperati passi da gigante nelle indagini per scovare il bastardo che ha pugnalato a morte sua madre. Che non ha esitato né a metterle a disposizione i propri soldi per comprare delle informazioni né tantomeno a gettarsi su di lei quel giorno al cimitero, rischiando la sua stessa vita. Ma le ha tenuto nascosto una pista fondamentale.

Kate ha dedicato ogni momento libero a rileggere gli appunti degli agenti che hanno investigato sull’assassinio di Johanna, a partire da quel sabato 9 gennaio 1999. Ha ricreato la sua personale lavagna sulle persiane di casa, annotando dettagli, informazioni, deduzioni.

E ora potrebbe dare un senso a tutta quella frenesia morbosa, potrebbe rendere giustizia a sua madre. Forse sarebbe già stata in grado di farlo se solo Rick non le avesse mentito.

Le ha detto di averlo fatto per proteggerla. Ma lei non ha bisogno di protezione. Diamine, è il detective Katherine Beckett della sezione omicidi del NYPD! Ha una pistola e sa bene come usarla. Senza che qualcuno si erga a sua guardia del corpo.

Ma le ha anche detto di amarla e di immaginare i loro figli. Oddio, sul nome Cosmo nutre qualche perplessità, ma il pensiero di una bambina chiamata Johanna le inonda il cuore di gioia. Gli ha sentito ripetere la sua disperata dichiarazione d’amore giusto poche ore prima. Ma con i fatti glielo sta dimostrando da sempre. Più o meno dal loro primo incontro. Ed è inutile che continui a raccontare delle balle a sé stessa: anche lei lo ama. Come non ha mai amato nessuno. Né Sorenson, né Demming, né tantomeno il dottor Davidson. Will e Josh in realtà erano la sua versione maschile: completamente concentrati sulla propria carriera, tanto da mettere il lavoro sempre al primo posto a scapito della vita sentimentale. Entrambe le storie erano destinate a finire, di questo è consapevole. Tom, invece, è un bravo ragazzo ed è convinta che alla fine, nonostante sia lui che Castle si siano comportati come capibranco pronti a marcare il proprio territorio quando hanno collaborato allo stesso caso, potrebbe persino diventare amico di Rick. Anzi, magari potrebbero anche fare un’uscita a quattro. Ha saputo che Demming frequenta una vice detective da qualche tempo ed è sinceramente contenta per lui.

No, un momento, ma che le viene in mente? Lei è furiosa con Castle, non deve pensare ad andare a cena con lui e con un’altra coppia. Meglio tornare a concentrarsi sulle cose serie.

Sua madre.

Johanna vorrebbe che lei fosse felice, di questo è più che sicura.

Prende un respiro profondo e si ritrova inspiegabilmente a sorridere. A sua madre Rick sarebbe piaciuto. Anzi, lo avrebbe adorato. Senza ombra di dubbio. E’ un uomo buono, sempre pronto ad aiutare gli altri e a rendere la vita di tutti più leggera. Ha anche voluto istituire una borsa di studio per onorare la memoria di Johanna Beckett, coinvolgendo tutti i suoi amici ricchi e famosi per raccogliere fondi. Del resto, è stato proprio lui a dirle che money doesn’t change who you are. It just magnifies your personality. E la sua è una personalità altruista. Un po’ folle, molto sopra le righe, ma ha un cuore grande come una casa. Si asciuga velocemente gli occhi dalle lacrime che non è riuscita a trattenere, poi stringe i pugni e si solleva da terra.

Ha preso la sua decisione.

Ha capito cosa vuole.

Con la coda dell’occhio, Rick la vede scendere dalle scale, con un passo risoluto. Gira la testa e incontra il suo sguardo. Intenso, fiero. Una delle prime cose che lo hanno affascinato di lei.

Stronzate.

La prima cosa che lo ha colpito sono le sue labbra e quel profumo di ciliegie che gli ha inebriato i sensi. Senza considerare il suo lato B, che è proprio da urlo, specialmente quando indossa quei jeans attillati che le accarezzano le forme. Poi, quando ha imparato a conoscerla, ha capito che ciò che c’era dentro il detective Beckett era addirittura più bello di quello che il suo esterno mostrava. E, intendiamoci, il fisico di Kate è stratosferico. Si ricorda ancora quando l’ha vista in bikini a Los Angeles, quando riemergeva dalla piscina come una novella Venere di Botticelli. Uno schianto. Tanto che ha rischiato di strozzarsi con quel drink che stava sorseggiando per non dare nell’occhio.

Si alza dal divano ed è quasi spaventato dalla determinazione che emana quella donna. “Beckett, what do you want?” le domanda, quando la vede avvicinarsi a lui.

“Stai fermo un secondo” gli ordina con quel tono autoritario che ha sempre trovato estremamente sexy. E poi le labbra di Kate si avventano sulle sue e lui non capisce più nulla. E’ come se fosse stato travolto da uno tsunami, scatenato dal mare che si fonde con il sottobosco*. Il suo cervello va in totale blackout e lascia spazio solo agli istinti.

Alla sensazione del corpo di lei incollato al suo, in un incastro perfetto.

Delle loro lingue che danzano come se non avessero fatto altro in tutta la loro vita.

Delle mani che scoprono pelle e incendiano sensi.

Ma, anche se i suoi ormoni gli direbbero di salutare il mondo e rotolarsi sul divano con quella donna meravigliosa, ha bisogno di capire. Con l’ultimo barlume di forza di volontà che gli è rimasto si stacca da lei e la allontana da sé, chiedendole: “What happened?”

“Voglio mettere questa storia da parte e concentrarmi sulla mia vita. Ho capito che mi merito di essere felice e so che solo accanto a te ho l’occasione di esserlo” gli spiega con un sorriso commosso e accarezzandogli il volto, questa volta senza raccontarsi la balla del volergli misurare la febbre. “E poi so che potrò sempre contare sul mio partner per trovare chi ha ucciso mia madre. Vero?” gli domanda speranzosa.

Always” le risponde deciso. Di poche cose è sicuro, ma sa per certo che lui per lei ci sarà. Sempre.

 

Nota dell’autrice

Cala il sipario sui tontoloni, che finalmente si sono chiariti e possono dare… il via alle danze. E, prendendo in prestito la dedica che arriverà qualche tempo dopo con “Deadly Heat”, ciò che gli auguriamo è may the dance never end and the music never stop!

Grazie a tutti voi per avermi fatto compagnia in queste settimane.

Grazie a chi ha messo la storia nelle seguite e nelle preferite.

Grazie a chi ha letto in silenzio e a chi mi ha regalato queste splendide recensioni, facendo il conto alla rovescia per arrivare al giovedì.

E grazie come sempre al mio angelo custode che trova sempre il tempo per me e per le sciocchezzuole che scrivo nonostante i suoi mille impegni professionali e familiari. *Il riferimento a thatswhatfriendsarefor non è casuale ;-)

Un abbraccio a tutti,

Deb

  
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