Libri > Lux saga
Segui la storia  |      
Autore: Daeluxmoon    09/07/2015    0 recensioni
Sono passati quattro anni dall'invasione aliena e il mondo è andato avanti, nonostante gli eventi disastrosi avessero provocato gravissimi danni all'intero pianeta terra.
Cassie è una ragazza di diciassette anni ed è a conoscenza della faccenda aliena, ma non ne ha mai visto uno per davvero. Tutto quello che sa è che sono fatti di luce e che il loro nome è Luxen. Al padre è stata fatta una grande offerta di lavoro che non poteva rifiutare, quindi lei e la sua famiglia sono stati costretti a trasferirsi in Nevada, dal Minnesota. Lei non è a conoscenza del vero motivo per cui sono lì, proprio nei pressi dell'aria 51 e non le passa nemmeno per l'anticamera del cervello di poterne incontrare uno: un ragazzo dagli occhi color ametista, dal carattere strafottente e irritante, colui che è diventato anche un grande amico della famiglia Black. Non sapete di chi sto parlando? O sì? Peccato che non sia nemmeno un Luxen, ma un Origin.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Stavo guardando quella che sarebbe stata la mia nuova città attraverso il vetro del finestrino, mentre mi passava davanti alla velocità della luce. Sapevo che mi ero appena lasciata indietro la mia vecchia vita: i miei amici, la mia vecchia scuola, e persino i miei familiari. Quanto mi sarebbe mancata la nonna... Sentii sul palato il delizioso sapore dei biscotti zuccherati che mi preparava sempre, come se potessi mangiarne altri. Chissà quanto tempo sarebbe passato prima che potessi rivederla. 
Sentii un leggero schiocco, e vidi una gocciolina scendere dal vetro. Aveva incominciato a piovere, come se il tempo rispecchiasse il mio stato d'animo. Ero poggiata con un gomito sullo sportello interno dell'auto di mio padre. 
Buttai l'occhio al finestrino del guidatore e riuscii a vedere mia madre, che come se si accorse del mio sguardo, si voltò e mi sorrise. Era quel sorriso con il quale voleva dirti di stare tranquilla, di rilassarmi, perché sarebbe andato tutto bene ma per me non era così. Io sarei voluta rimanere nella mia vecchia città, del mio vecchio paese. Lì sarei stata più che bene. Sicuro.
<< Quanto manca? >> domandai, infilandomi tra i due sedili, su cui erano seduti mia madre e mio padre. 
<< Poco, tesoro. >> Era da ben tre ore che mi dicevano così. Tra il volo in aereo e il viaggio in macchina mi sentivo sull'orlo della disperazione. Sul serio. 
<< Eccola! Quella é casa nostra! >> Mio padre stava indicando un punto oltre il finestrino, che io non riuscivo ad individuare. 
<< Dove? Ci sono un mucchio di case.. >>, mi lamentai sbuffando. 
<< Quella laggiù >> continuò mio padre. 
<< Intende sulla collina, Cassie. >> Strinsi gli occhi e cercai di capire meglio la situazione. Oddio... Stava scherzando, vero? L'unica casa che vedevo nei paraggi era quella in una sorta di montagnola, altro che collina! Sarei stata dispersa dal mondo intero.
<< Ma daaaai! Si vede chiaramente che quella é una montagna! >> esclamai, mentre osservavo il fitto bosco che sembrava circondarla. Eravamo distanti, sì , però tutto quel verde dovevano essere per forza alberi. 
<< Non dire sciocchezze Cass, è una collina! >> Mio padre poteva anche essere un grande scienziato, ma in fatto di geografia proprio non se ne intendeva un fico secco.
<< No, papi. Quella lassù è una montagna! >> ribattei, convinta. Come poteva non esserlo? 
Alla fine, tra una discussione e l'altra ci ritrovammo in mezzo ai fitti boschi di un esteso territorio in verde. Era decisamente una montagna. 
Mio padre lasciò l'auto a non so quanti metri o chilometri di distanza da dove eravamo ora, cioè davanti ad una villetta carinissima. 
Era di un colore giallo ocra, e il giardino era ricoperto di erba curata, e fiori di ogni tipo infilati tra un cespuglio e l'altro. C'era anche la casella per la posta, anche se non avrei scommesso una cicca che un qualsiasi essere umano potesse arrivare fin qui per consegnare qualche busta. 
L'umile dimora era circondata da una sorta di mini recinto bianco, in legno e c'era un sentiero in pietra che conduceva agli scalini d'ingresso e alla porta sulla veranda. C'era persino un dondolo. Dovevo ammetterlo: mi piaceva. Sentii lo squittio di un qualche scoiattolo e mi voltai. In quel momento cadde una pigna dall'albero.
Andai a prenderla e la puntai verso le foglie di un pino. << Ehi! Scoiattolino! Vieni a prenderla, su . Non ti faccio niente. Voglio solo vederti! >> dissi, nella speranza di vederne uno. Io ero un amante degli animali e ogni volta che c'era la possibilità di toccarne o accarezzarne uno io ne approfittavo. 
<< Tesoro, che stai facendo? Vieni, su! >> Alla voce impaziente di mia madre sbuffai, e lasciai a terra la pigna. << Ci vedremo un altro giorno, d'accordo? >> dissi salutando l'albero, come se il piccolo scoiattolo potesse capire le mie parole. 
Ritornai verso casa e attraversai il giardino, quando fui sulla veranda resistetti all' impulso di salire sul dondolo ed entrai in casa. 
Fui accolta da un odore di lavanda, squisito. La casa era accogliente e tenuta al fresco, nonostante le finestre fossero chiuse. Qui dentro sembrava tutto nuovo di zecca. Alle pareti non c'era nulla tranne qualche mensola disposta qua e là. 
Il pavimento in legno emetteva una specie di cigolio, ma non era inquietante come quello della mia vecchia casa. A sinistra c'era il salotto con un divano bordeaux e un tavolino in cui vi era poggiato sopra un telecomando e un vasetto azzurro. Vuoto. Dovevo assolutamente metterci qualche fiore dentro, pensai. 
Alzai lo sguardo e non appena vidi una televisione abbastanza grande da poter essere paragonata alla porta d'ingresso rovesciata, mi brillarono gli occhi. Semplicemente "wow". 
Quando incontrai la mia espressione sbalordita, rispecchiata sullo schermo risi da sola. Sembravo un'ebete. C'erano persino due casse ai lati della tv, sopra l'enorme mensola color panna. 
<< Cassie! Vieni a vedere la tua nuova camera! >> Alla parola "camera" scattai e salii le scale, seguendo la voce di mio padre. 
Quando fui sulla soglia spostai mio padre che era alto e grosso, poi guardai dentro. Niente male, davvero. 
<< Che figata pazzesca! >> urlai, notando che c'era persino la cabina armadio. Lì dentro ci sarebbero potuti stare i vestiti di tutta la famiglia messi insieme. Il letto a baldacchino era in legno scuro e le coperte rosa confetto. Quelle andavano cambiate, ricordavano troppo la casa di Barbie. La parete era bianca e andava dipinta. L'avrei fatta di un bel lilla, o viola. Il mio colore preferito. La scrivania era bianca latte e spaziosa. Perfetto. Ci sarebbero stati tutti i miei libri. 
<< È stupenda! >> esultai buttandomi sul letto. Incominciai a saltellare come una dodicenne pazzoide, accompagnata dalla risata rauca di mio padre. Aveva preso proprio una bella tosse con l'aria condizionata in macchina. 
<< Allora? Com'è? >> Mia madre aveva appena fatto capolino in camera mia. 
<< Perfetta! Devo solo pitturare il muro e cambiare le lenzuola! >>, continuai a saltellare.
C'erano un mucchio di mensole su cui avrei potuto infilare le foto di me e della mia amica Lori. Sentivo già la mancanza di quella scema psicopatica che era la mia amica. Urlava sempre e parlava ad alta voce, cosa per cui l'avevo ripresa un mucchio di volte, ma adesso mi mancava da morire. 
<< Lo faremo. Io e tuo padre domani mattina andremo a comprare tutto il necessario e tu verrai con noi. >> 
Allontanai la malinconia e sforzai un sorriso. << Certo, va benone. >>
<< Bene, io vado a sistemare un po' di cose, tu intanto esplora pure la casa. >> 
I due vecchietti, come li chiamavo io uscirono dalla stanza ed io mi guardai intorno ancora qualche minuto, prima di continuare l'esplorazione. Ero proprio curiosa di vedere il resto della casa!
Perlustrai ogni angolo e alla fine conclusi che era più bella questa casa di quella in Minnesota, ma ne sentivo lo stesso la mancanza. Il mio piccolo e accogliente letto, la cucina, anche se me ne intendevo poco...Persino il bagno azzurro effetto mare, nonostante ne avessi appena visto uno attrezzato di sauna e mini idromassaggio mi mancava. Mi mancava ogni cosa. Tutto. 
Erano già le sette di sera, quindi andai al piano di sotto dove mamma e papà avevano già radunato tutte le valigie, che poi sarebbe aspettato a me disfare.
<< Thank you! >>, esclamai prendendone due. Pesavano parecchio. 
Ignorai lo sguardo di preoccupazione di mamma - che probabilmente stava pensando a come mi sarei ribaltata per il peso -, e salii le scale diretta in camera mia. Incominciai a disfare le valigie e a sistemare ogni cosa al proprio posto. Doveva assomigliare tutto alla mia vecchia camera. Avevo infilato tutti i vestiti nell'armadio, quando mia mamma fece irruzione nella camera. << Che ne diresti di venire a mangiare qualcosa? >>
Annuii, grata e la seguii al piano di sotto. Avevo una fame da lupi. 
Mio padre, come sempre era già a tavola che aspettava con ansia il mio arrivo. Era evidente anche adesso che non vedesse l'ora di mangiare. 
Mi accomodai sul tavolo in legno chiaro e sorrisi per la luminosità che aveva l'intera stanza. Era tutto bianco: frigo, mobili, padelle, lampadario, pavimento... Ogni cosa.
<< Mi avevano detto che sarebbe già stata arredata, ma non credevo nulla del genere! >> esordì mio padre, e non potei che essere più d'accordo. Quando aveva annunciato a me e alla mamma il trasferimento non l'avevo presa bene. Anzi, per niente. Adoravo il Minnesota e anche la mia casa, come i miei amici e la nonna. Avevo protestato, ma quando aveva parlato di una grande occasione lavorativa che non si sarebbe mai aspettato di ricevere avevo acconsentito. In fondo mio padre ama il suo lavoro e perché non farglielo svolgere al meglio? Da ragazzo si era laureato con il massimo dei voti ed era un vero e proprio genio, quindi se lo meritava davvero. 
<< Quando incomincerai a lavorare? >> chiesi per la millesima volta in due settimane. Non mi aveva ancora dato una risposta concreta.
Alzò le spalle. << Domani, con ogni probabilità. Felici di liberarvi di me? >> 
Sbuffai, anche se ero consapevole scherzasse. << Certo, non vediamo l'ora! >> Io e mamma parlammo in coro, poi ci scambiammo uno sguardo eloquente e scoppiammo a ridere.
<< Piccole pesti! Ne ero sicuro! >> 
Tra risate e chiacchiere finii di mangiare piuttosto tardi, quindi volai al piano di sopra e non potei resistere alla tentazione di stendermi in quel letto meraviglioso, e non appena mi ci appoggiai, mi addormentai all'istante. L'ultima cosa che vidi fu la valigia ancora piena. 


Sbadigliai come un leone e mi stropicciai gli occhi. Appena provai ad aprirne uno nel tentativo di svegliarmi, gracchiai e mi coprii il viso con un cuscino. La luce che penetrava dalla finestra era fastidiosissima.
Quando fui in grado di mettere piede a terra mi stiracchiai, accompagnando il gesto da una secondo sbadiglio e corsi in cucina.
<< Tesoro! Sono solo le otto, come mai già sveglia? >> 
Arricciai il naso e mi grattai la fronte. << Così presto? >> mi lamentai. Di solito dormivo più o meno dieci ore. D'estate, ovviamente. Quando c'era la scuola mi alzavo alle sei spaccate. Un incubo. Sicuramente quello spiegava la mia stanchezza.
Con un briciolo di lucidità notai che mia madre stava leggendo un libro intitolato: "Gli alieni sono tra noi". 
Quando c'era stato l'arrivo dei Luxen, ovvero esseri dalla forma umana, che però si distinguevano da noi per il fatto di essere composti soltanto dalla luce, io avevo più o meno tredici anni e mi ero presa una paura matta. Non ne avevo mai visto uno dal vivo, ma solo attraverso i telegiornali e la cosa mi aveva terrorizzata soprattutto quando avevo visto come avevano ridotto la città.
Io ero rimasta rinchiusa in una sorta di bunker, strategicamente elaborato da colleghi di mio padre, dentro il quale vi erano almeno un centinaio di persone e in quel momento non potevo essere più grata del suo lavoro di scienziato. Esserlo doveva avere proprio i suoi vantaggi, perché sicuramente io, mamma e quel centinaio di persone non saremmo qui oggi, ma in un bel posto lassù nel cielo. 
Da quel giorno ne ero rimasta terrorizzata. Mio padre mi aveva accennato al fatto che esistessero alieni cattivi e alieni buoni, ma il casino che avevano combinato per me era abbastanza chiaro: "alieni" uguale alla parola "guai".
Nonostante questo, mio padre ne era affascinato, e aveva trasmesso questa sorta di fissazione anche a mia madre che da qualche anno non faceva a meno di comprarsi quei libri sui Luxen. A noi cittadini era stato detto che se ne erano andati e che qui, sulla terra ne erano rimasti pochissimi e tutti registrati dal governo o qualcosa del genere, che erano rimasti solo quelli buoni, ed io lo speravo davvero. Sul serio. 
<< Mamma, la smetti? >> sbuffai, incrociando le braccia al petto. Questa si allontanò gli occhiali dagli occhi e mi rivolse uno sguardo di sottecchi. << Tesoro, che problema c'è se voglio tenermi informata? >>
<< Il punto é che mi viene l'ansia a vederti leggere quel libro... Che ne dici se andassimo a comprarci un bel romanzo, invece? >> proposi speranzosa che accettasse. Lei alzò gli occhi al cielo e si alzò dalla sedia, e notai che era già vestita. 
<< Bene, allora preparati così andiamo a fare una bella colazione e visitiamo la città >> annunciò, facendomi segno di smammare.
Soddisfatta, andai a prepararmi. Mi infilai un paio di jeans lunghi e una maglietta a mezze maniche. Era caldo, ma durante la notte le zanzare mi avevano letteralmente mangiata ed era probabile che accadesse ancora.
Tirai su in una coda alta i miei capelli neri e mi diedi una veloce passata di mascara, pregando che quello rendesse i miei occhi - dello stesso colore del caffè - un po' più intensi. D'estate almeno avevo un vantaggio, però: la mia carnagione chiara diventava ambrata, il che mi rendeva più viva che morta. Una volta pronta andai di sotto, dove c'era mamma ad aspettarmi. I suoi occhioni azzurri erano ricoperti da un velo di ombretto dello stesso colore, mentre i capelli biondi erano legati in uno chignon. Non potevo nascere anch'io con gli occhi chiari? Era una domanda che mi rivolgevo spesso.
I jeans stretti e moderni le toglievano l'aria da donna di casa che era e la rendevano più giovanile. Mi era sempre piaciuto il suo modo di vestire. 
<< Tesoro! Che maglia ti sei messa? >> mi riprese indicando la mia T-short bianca con su scritto: il principe azzurro é gay. << Se vuoi farti un ragazzo è meglio che ti vai a cambiare! >>
Sbuffai. << Mamma, ti prego. Non incominciare. Io la trovo simpatica! >> Ne avevo da vendere di quelle magliette, e le adoravo. Sicuramente erano meglio di quelle a tinta unita, oppure di quelle tutte scollate che lasciavano poco all'immaginazione.
Mentre uscivamo di casa mi ricordai che papà era al lavoro e che quindi la macchina doveva avercela lui. 
<< Mamma come ci arriviamo in città? >> chiesi mentre superavamo il piccolo cancello. Avvertii subito un odore buonissimo di bosco e erba. 
<< A piedi. Un po' di esercizio non ci farà male. >> Certo, come no. Saremmo arrivate all'ora di pranzo. 
<< E se un orso ci mangiasse? >> Ero sicura che in giro che ce ne fossero a bizzeffe. 
<< Qui di orsi non ce ne sono, tesoro >> disse. << Al massimo vedremo qualche cerbiatto. >> 
Mi scricchiolai le mani e la seguii per tutto il tragitto, cercando di mantenere il suo passo da atleta. Per tutto l'inverno si era allenata correndo ogni mattina, ed era dimagrita parecchio. Con un velo di tristezza dovevo proprio ammettere che mia madre era più magra di me e anche qualche centimetro più alta. Okay, non mi ritenevo di certo bassa con il mio scarso metro e settanta, ma le mie curve potevano essere rimodellate. O meglio, io avrei potuto togliere i miei fianchetti di troppo con qualche esercizio. 
Quando ci ritrovammo in città respirai a fondo l'aria fresca mattutina. Il sole splendeva alto nel cielo, ma c'era comunque quel venticello che mi faceva rilassare e mi infondeva tranquillità. 
<< Su, su. Laggiù c'è un bar, andiamo! >> sentii dire da mia madre, che evidentemente sentiva meno la stanchezza. 
La raggiunsi, mentre l'ossigeno rientrava nei polmoni ed entrammo in un bar chiamato: "Alien's bar". Qui dovevano essere proprio fissati... Ovviamente, siamo vicino all'aria 51, mi ricordó la mia vocina interiore.
Mia madre sorrideva già mentre apriva la porta e quando entrai capii il perché. I tavoli erano argentati e le luci erano addobbate con dischi volanti dello stesso identico colore, mentre sulle pareti vi erano faccette aliene buffissime. Alcune facevano la linguaccia, mentre altre l'occhiolino. Ero però consapevole che gli alieni non avessero quella faccia. La loro era esclusivamente fatta di luce. Intensa luce, che da quel che sapevo poteva essere di colori differenti. Alieni detti Luxen. C'era un sacco di gente che beveva caffè o cappuccini e mangiavano paste o dolci. Al banco le ragazze che servivano avevano delle antenne in testa che mi fecero sorridere. Nonostante quella non fosse una grande città, non ci fissava nessuno. Sicuramente erano abituati a gente nuova, ai turisti. 
A malapena mi accorsi che mia madre era già arrivata alla cassa e stava parlando con una ragazza bionda e sorridente. Sembrava simpatica. Mi avvicinai anch'io, mentre studiavo ogni cosa di quel posto. Era davvero molto carino, per forza c'era così tanta gente! 
Appena affiancai mamma rimasi a bocca aperta. La ragazza alla cassa era stupenda. Davvero bellissima. I capelli biondi, come il grano erano lunghi, quasi fino ai fianchi e ricadevano in boccoli perfetti. Aveva la carnagione chiarissima e delle lentiggini spruzzate sul viso. 
<< Tesoro! Cosa ordini? >> Alla voce di mia madre mi resi conto che doveva essere la millesima volta che cercava di attirare la mia attenzione, quindi distolsi lo sguardo dalla ragazza perfetta e lo rivolsi a mia madre. 
<< Un cappuccino, grazie. >> 
La ragazza sorrise, mostrando un sorriso luminoso. << Arriva! >>
<< Mi vado a sedere, prendi tu il mio caffè? Così fai amicizia e io prendo un tavolo. Si sta riempendo di gente. >> Annuii, e quando mia mamma andò a sedersi mi guardai intorno. Era davvero pienissimo. Il mio sguardo, però si soffermò su un casco di capelli castani. Era davvero un casco, perché c'erano così tanti capelli da poterne regalare ai meno fortunati. A quelli pelati, magari. Avevano delle sfumature per cui molti avrebbero pagato per averle. Io, ad esempio: mia madre lo diceva sempre che dovevo schiarirli, perché sosteneva che mi avrebbero illuminato il viso, ma fino a quel momento non avevo fatto caso alle sue parole. Fino a quel momento. 
Istantaneamente il mio sguardo scese sul suo viso, che nonostante avesse un paio di occhiali da aviatore scuri, lasciava intravedere un bel paio di zigomi alti e labbra carnose e rosse. Sembrava avesse messo uno di quei glosse naturali. Incredibile. Il viso era angelico, e i lineamenti decisi lo facevano sembrare un angelo sceso direttamente dal paradiso. Aveva una maglietta blu piuttosto larga che abbracciava il petto ampio e le spalle larghe. Quando i miei occhi seguirono il suo corpo più, e più volte dall'alto verso il basso mi resi conto di quanto dovesse essere stato alto: non lo sapevo esattamente, e il mio cervello era troppo impegnato a studiarlo per ragionare, ma almeno il metro e ottanta lo superava. Quello sicuramente. Quando vidi l'angolo delle sue labbra alzarsi in un mezzo sorriso per poco non svenni. Pensavo mi stesse guardando. Non potevo esserne certa, ma qualcosa me lo faceva intuire. Forse il brivido che mi percorse lungo la spina dorsale? Oppure il sangue che sentivo risalirmi lungo le guance? 
Un tocco alle spalle mi costrinse a staccare gli occhi dal ragazzo incredibile, e voltarmi. La ragazza perfetta di poco fa mi stava sorridendo e indicava due tazzine poggiate sul banco. << Il caffè e il cappuccino! >> esclamò con una voce dolce e leggera. 
<< Grazie >> riuscii a dire, mentre con un sorriso imbarazzato prendevo tra le mani le due ordinazioni. Che avesse visto il mio sguardo puntato verso il ragazzo incredibilmente bello che era entrato? Probabile, ma il solo pensiero mi fece arrossire ancora di più. Pregando di non inciampare e fare cadere tutto, andai incontro a mamma che mi aspettava al tavolo. 
<< Ho appena visto un ragazzo fighissimo entrare da quella porta! >> esclamò mia madre, senza darmi il tempo di sedermi. Stava indicando l'entrata dove poco prima avevo visto il ragazzo super wow.
<< Mamma! >> strillai, diventando ancora più rossa. Dovevo sembrare proprio un semaforo. Lei alzò gli occhi al cielo e prese in mano il suo caffè. 
<< Avrò anche una certa età, ma sono stata giovane anch'io, sai? >> sottolineò, facendomi abbassare gli occhi sul tavolo che trovai improvvisamente molto interessante. << E poi, non riesco a capire perché non ti sei presentata a quella ragazza. Sembrava così gentile! >> 
Alzai le spalle. << Perché stava lavorando... >> 
Bevve un sorso di caffè e puntò i suoi occhioni azzurri su di me. << Tesoro, so che è solo una scusa. Devi fare amicizia! >> mi riprese. 
<< Lo so, lo so. Appena incomincerà la scuola parlerò con qualcuno, ma fino a quel momento preferisco concentrarmi su altro... >> 
Finalmente riuscii a bere un sorso del cappuccino che mi piaceva tanto, e decisi di buttare un occhio alle mie spalle. Dove poco prima c'era quel ragazzo. Stupidamente, perché stava parlando con una ragazza bellissima. Veramente troppo bella. Anche lei doveva lavorare al banco dato che aveva la stessa identica divisa della bionda e le antenne. Aveva i capelli scuri legati in una coda alta, e il viso di porcellana mostrava un ghigno felino mentre la sua mano era sulla spalla del ragazzo bellissimo. Ovviamente aveva già la ragazza. Una strana sensazione di tristezza sembrò prendersi gioco di me. Era ovvio che prima non mi stesse sorridendo, sicuramente il suo sguardo era rivolto a lei e molto probabilmente io ero di intralcio. Scossi il capo e tornai a concentrarmi su mia madre, che aveva appena finito di bere il suo cappuccino. 
<< Andiamo? >> mi affrettai a chiedere. 

Lei annuì e ci alzammo, raggiungendo la porta e mi sforzai di non girarmi un'altra volta per guardare di nuovo "The impossible Boy".

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Lux saga / Vai alla pagina dell'autore: Daeluxmoon