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Autore: past_zonk    09/07/2015    2 recensioni
Aurikku! / Commovente / imho una delle migliori fanfiction di Final Fantasy di s-e-m-p-r-e!
C'è un gioco a cui giocano i bambini di Spira. Due o tre, o quattro, o cinque e persino sei si tengono per mano e camminano in circolo cantando questa piccola canzone.
Besaid Djose Kilika,
Bevelle Macalania,
Trova Sin a Zanarkand
Combattilo come Ohalland.
Poi cadono a terra, ridendo. Sanno che stanno emulando le morti degli invocatori e i loro guardiani? Credo lo realizzino solo da grandi. I giochi dei bambini celebrano il sacrificio e il martirio. I loro eroi muoiono sempre.
Benvenuto a casa, Auron. A Spira sei mancato.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Auron, Rikku
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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Soldier of Spira.

 


 

Auron:

 

 

Peccato per la città.
Una certa "passione" aveva vissuto lì per parecchio tempo. E miseria. Amore ed odio vivevano lì. Disprezzo, speranza, e gioia. Rabbia, invidia, disperazione. Dolore e lutto vivevano lì.

Settemila tipi di dolori vivevano in questa città.

Li ho contati.

Ho vissuto qui per dieci anni. In un certo senso.

 

 


 

Auron:

 

Da qui su, da questo tetto, stando in alto fra il cielo e il mare, la città era veramente bellissima. Si spandeva, cresceva, illuminando i paradisi, piena di persone…circa. Zanarkand. La città che non dorme mai.

 

Ironico davvero, considerando.

 

La città era sveglia ora, dal ricco e potente, al povero e disperato. C’era una partita – blitzball. Presente? Della partita se n’era parlato per giorni, ne discutevano persino i killer e violentatori.

 

Nuova alla lista, numero 43 sulla Lista delle Cose che Odio e Disprezzo, i killer che insistono a parlare di sport con me.

 

Sembrava una notte calma. Non lo era. Osservai a fondo nel vento. Via verso il mare – oltre lo stadio – guardai quella protuberanza d’acqua. Qualcosa di enorme che stava per uscire dalla superficie dell’acqua. Divenne un flusso di marea che cominciava ad aizzarsi verso la città. Dietro di essa l’acqua continuava ad alzarsi. Non si fermò. La guardai divenire una cupola, poi un globo, vasto e criptico. Si alzò nell’aria. Rimase sospeso nel cielo.

 

C’era qualcosa dentro, che osservava.

 

Era cambiamento. Era morte e distruzione. Era follia. Era incubo. Era la fine e l’inizio.

 

Era un vecchio amico. Alzai la mia borraccia. Alla tua, Jecht.

 

Sei finalmente a casa.

 

L’onda si schiantò sulla città. Uccidendone probabilmente a migliaia. Dubito che qualcuno si fosse reso conto che fu Sin allora a liberarsi. Scosse di energia vennero sparate dal globo e si infransero all’orizzonte. Edifici crollarono verso le strade, distrutti.

 

Non quello su cui ero io.

 

Altri edifici.

 

Conoscevo persone, giù in quelle strade.

 

Non ci pensare. Quella parte della tua vita è finita.

 

Era il momento di prendere il ragazzo. Giù a terra la città stava cominciando a frantumarsi. Stava morendo. Forse era già morta. E’ quello che fa Sin. Persone correvano. Piangevano. Urlavano.

 

Non aiuterebbe, il mio intervento.

 

Ma non farebbe male.

 

Non ascoltare quelli che chiamano il tuo nome, Auron. Fai finta di non sentirli. Auron aiutaci. Auron salvaci. Non mi posso fermare oggi, sono troppo impegnato.

 

Auron l’eroe.

 

Aspetta. Mi piace questa canzone.

 

--- Auron che cammina fra le strade di Zanarkand che cadono a pezzi --- Sounds of Silence ---- Simon and Garfunkel.

 


 

 

Auron:

 

“Auron! Che ci fai qui?”

 

Quello era il ragazzo. Tidus. Giovane star degli Zanarkand Abes. Un ragazzino di bell’aspetto e in ottima forma. Doveva essere lui.

 

Unico senso del vestirsi, anche.

 

Preso da suo padre.

 

“Ti stavo aspettando”

“Di cosa stai parlando?”

Mi appoggiavo contro le macerie che un tempo erano un muro, guardando quelle forme accartocciate che un tempo erano persone.

 

Brave persone.

 

Cattive persone.

 

Persone nel mezzo.

 

Mi spinsi in piedi e cominciai a camminare verso il centro della città. Non ne avevo davvero bisogno. Sin ci avrebbe trovato. Ma avrebbe probabilmente calmato il ragazzo, fare qualcosa. Così il ragazzo mi seguì; a metà strada sul ponte sentii che qualcuno lissù stava facendoci qualche scherzetto col tempo, congelandolo, quasi. Dannato Sin.

 

Non importa.

 

Mentre camminavo potei vedere che il Palazzo di Giustizia era ancora in piedi. Il Palazzo dei Guerrieri era scomparso.  

 

Era lì Emma? - mi domandai. Dov’era Willa?

 

Non ci pensare.

 

Non è importante. Non più.

 

L’edificio della corporazione commercio era scomparso. Anche il vecchio Museo. Stava succedendo qualcosa nella Sede degli Invocatori. La vecchia casa di Vedec stava bruciando.

 

“Ehi, non di lì!” mi raggiunse.

 

“Guarda,” gli dissi. Seguì il mio sguardo verso il fuoco e gli edifici mancanti. Vide l’immensa sfera d’acqua nell’aria. Stava sospesa sulla città, ora. Il ragazzo la fissò, occhi spalancati, bocca aperta.

 

Sì. La prima volta tolse il respiro anche a me. Gli diedi un momento, poi dissi “Lo chiamiamo Sin.”

“Sin?”

 

Guardammo mentre dei tentacoli giganti furono sparati dall’acqua, schiantandosi in diverse parti della città e sparando spore ovunque. Strano, persino per Sin. Una si schiantò in un complesso vicino e piovvero spore attorno a noi, iniziando già a scuotersi in piccoli mostri. Questi erano niente. Animaletti. Penso che Sin li abbia espulsi per mera abitudine. Ma al ragazzo serviva ancora qualcosa in più che le sue mani per occuparsene. Aprii il mio soprabito e ne cacciai una spada. Gliela porsi. “Prendila. Un regalo da Jecht.”

 

“Mio padre?”

 

“Spero tu sappia come usarla.”

 

Non lo sapeva, ma aveva avuto due regali da suo padre. La spada era da Jecht. Mi aveva chiesto di dargliela quando il momento sarebbe giunto. Era un’arma abbastanza buona, ma il ragazzo avrebbe probabilmente trovato di meglio nel tempo. La spada era da Jecht – l’altro regalo da Sin. Animaletti. Allenamento.

 

Lo tirai in piedi. C’erano un paio di spore di fronte a noi.

 

“Quelle non importano. Ci tagliamo per mezzo.” Ci saremmo tagliati una via d’uscita e avremmo corso. Facile. Ce n’erano di più davanti a noi, dietro di noi, attorno a noi. “Non preoccuparti di tutte quelle. Infilza quelle che contano, e corri!”

 

Uccidevamo quelle sulla nostra strada e andavamo avanti. Poi ci imbattemmo in un tentacolo.

 

“Via dalla mia città!”

 

Quello era il ragazzo. Una cosa abbastanza fatua da dire.

 

“Qualcuno ha voglia di morire!”

 

Ora, quello sì che aveva stile. Dovevamo arrivare al tentacolo prima che ci Antimasse a morte – un incantesimo che avrebbe ferito entrambi ogni volta. Dovevamo uccidere le spore fra esso e noi. La situazione era quasi seria ora.

 

Ogni combattente conosce un paio di trucchi. Uno dei miei si chiama Zanna di Drago. Lo so; ero più giovane quando le diedi il nome. È una piccola mossa contorta pensata per attrarre più nemici e trinciarli tutti con un’oscillazione della spada; funzionò perfettamente contro le spore attorno a noi. Pulì la strada per il tentacolo e il ragazzo e io lo attaccammo finché non si dissolse in un ammasso di lunioli. Presi un paio di pozioni, una per me e una per il ragazzo, e poi corremmo via, oltre la faccia di Jecht sul lato dell’edificio Autorità Sportive. Lui urlo, mentre, passavamo, “A cosa ridi, vecchio mio?”

 

Il ragazzo aveva spirito. Gli sarebbe servito anche quello.

 

“Auron, filiamocela da qui”

 

Mi fermai quasi alla fine del ponte.

 

“Ci…aspettano.”

 

“Huh?” Non capiva. “Lasciami in pace, amico!”

 

Non c’era modo che capisse, in realtà. Il mondo non è quello che tu pensi sia, ragazzo. Quello fu il momento in cui le spore si fecero vive. Migliaia di spore.

 

“Hm…questo potrebbe essere male.” Il tempo stava cominciando ad essere un fattore. Sin avrebbe aspettato, ma io stavo cominciando a diventare impaziente, ora, così vicino al momento. Dopotutto, era possibile che tutte quelle spore avrebbero ferito il ragazzo. Mentalmente, feci un passo indietro e analizzai le vicinanze. “Quello-!” un enorme pezzo di macchinari danneggiati che penzolava dal bordo del ponte, “Buttalo giù!”

 

“Cosa?”

 

“Fidati di me. Vedrai.” Quattro colpi tagliarono la connessione che lo teneva appeso e fece cadere la macchina, in un esplosione che fece slittare l’edificio e il ponte davanti a noi. Niente più spore di Sin. Anche, ovviamente, niente più ponte.

 

Beh, ecco cosa ottieni con l’impazienza.

 

“Vai!” feci saltare il ragazzo. Era all’altezza, ma impulsivo. Saltò dal punto più vasto e per poco non fallì d’afferrare il lembo di ponte con le dita. Io saltai nella parte più stretta e lo raggiunsi. Restai in piedi sul ponte distrutto e guardai in alto verso la grandiosa spirale di luce nel cielo sopra di noi. Sin.

 

“Auron!” guardai in basso. Sì. Il ragazzo era ancora appeso lì. “Auron!”

 

Attorno a noi, l’intera città si stava disintegrando, girando, risucchiandosi dentro Sin. Guardai in alto. “Sei sicuro?” chiesi. È questo il modo? Questo il momento? Guardai di nuovo in basso verso il rag—verso Tidus.

 

“Questo è il momento,” gli dissi. Non avrebbe capito ora, ma se ne sarebbe ricordato più in là. Afferrai un lembo della sua maglia e lo tirai su. “Questa è la tua storia. Tutto inizia qui.”

Fummo risucchiati da Sin.

 

Peccato per la città.

 


 

 

 

Auron:

 

Ci fu un’accecante luce bianca. Quando potei vedere di nuovo, ero su una piana senza caratteristiche, nel silenzio e solo. Non c’erano segni del ragazzo. Non sembrava esserci alcun posto dove poter andare, quindi mi alzai ed aspettai.

 

Pensai agli inizi.

 

Per me era tutto iniziato con delle promesse a due uomini morti provenienti da due mondi diversi – e dipende comunque da cosa intendete per “mondi” e “morti” e “iniziare”. Quando tutto davvero inizia dipende dalla tua prospettiva. Allo stesso modo è essere morti, immagino. Nessuno di noi era esattamente vivo, ma eravamo non-vivi in diversi modi.

 

E anche io non so cosa intendo per mondi.

 

Ma le promesse…le promesse le conosco.

 

Vi racconterò una storia.

 

C’era una volta un uomo la cui vita era costruita su promesse infrante. Aveva promesso ai suoi genitori che sarebbe stato buono. Che avrebbe detto le sue preghiere. Protetto sua madre e sorella. Aveva giurato di servire Yevon. Di difendere la chiesa. Di obbedire ai suoi ordini. Aveva giurato di salvare il villaggio di Starfall. Di amarla per sempre. Di proteggere la vita del suo invocatore. Aveva giurato di sconfiggere Sin. Aveva sempre fallito. E dopo ogni promessa infranta, la leggenda era cresciuta, e la gente l’aveva acclamato sempre più forte. Poi era morto, ed era andato via, e non aveva più infranto una promessa.

 

Vidi tre figure camminare verso me.

 

Erano tre giovani donne. Capelli neri. Abbastanza attraenti. Sembravano sorelle.

 

Non facevano rumore. Niente passi, niente fruscio di vesti. L’unico suono estraneo in quella piana fu le loro voci.

 

Mi aspettavo dicessero qualcosa di più profondo.

 

“Vai a Luca,” dissero.

 

Aspettai, guardandole, in caso ci fosse qualcosa in più.

 

“Vai a Luca.”

 

Poi il mondo si infranse.

 

 


 

 

Auron:

 

 

 

Faceva freddo. Sentii il vento ruggire. Odorai neve e rocce.

 

Sì, neve e rocce hanno un odore, specialmente quando sono bagnate.

 

Aprii il mio occhio buono. Non volevo davvero, ma ho passato tanto tempo a fare cose che non volevo fare. Aprii l’occhio e mi guardai attorno.

 

Neve. Rocce. Cielo.

 

Monte Gagazet.

 

Avrei dovuto saperlo. Qui era dove avevo lasciato Spira dieci anni fa, per essere trasportato a Zanarkand da Sin. In quale altro posto se non qui sarei ritornato?

 

L’enorme ammasso di intercessori doveva essere qui da qualche parte. Anche l’animaletto guardiano della stronza.

 

E pure veramente un dannatissimo numero di mostri.

 

Bentornato a casa, Auron. Ci sei mancato.

 

Avrei dovuto inserire bombe strategiche quando ne avevo avuto l’occasione? Chi sa quando sarò in contatto con Sin di nuovo per tornare indietro. No, Auron, sospirai. Non sai abbastanza di Spira da agire alla cieca. Sono passati dieci anni. Tutto potrebbe essere successo.

 

Rassicurato nella mia stessa mente che avevo preso la giusta decisione, mi alzai lentamente e mi guardai attorno. Non vedevo il ragazzo. Non mi aspettavo di farlo. Sin l’aveva potuto lasciare da qualsiasi altra parte.

 

Grandioso.

 

Primo giorno e già il piano è andato all’inferno.

 

Non ero davvero preoccupato per lui. Due ragioni – primo, Sin non voleva davvero ferirlo. Non l’avrebbe portato in nessun posto troppo pericoloso – niente come le grotte di Alpha o Omega. Secondo, il ragazzo ha un dono – un dono speciale che gli altri non hanno. Una delle cose che rende i mostri più forti e temibili è il loro odio verso i viventi. Essi inseguivano senza distinzione ogni uomo, donna, bambino, animale. Alcuni mostri sono lenti, ma la maggior parte sono veloci, e negli annali di Bevelle non c’è neanche un dato registrato e confermato di un mostro che scappa da una battaglia. Attaccano sempre fino alla morte, e non si arrendono MAI.

 

Ma non avrebbero inseguito Tidus. Attaccato, sì, probabilmente. I mostri non fanno altro. Ma non sarebbero stati attratti dal suo odore. La sua vera presenza li avrebbe resi nervosi, e se il ragazzo ha abbastanza intuito da correre, non lo seguiranno.

 

Un piccolo regalo da suo padre, Sin.

 

Vi dirò una storia riguardo questo più tardi.

 

Mi alzai e presi le redini della situazione. Persino per uno come me, faceva freddo, ma il mio vecchio soprabito rosso era ben fatto e caldo. Ora aveva anche un paio di migliorie da Zanarkand.

Avevo pozioni, una spada, qualche gil in tasca, e la mia borraccia. Fin quando c’è un posto dove comprare del cibo, un uomo non ha bisogno di molto altro.

A parte un posto dove andare.

 

Beh io quello ce l’avevo. Luca era un posto buono come altri.

 

Proprio prima che iniziassi a muovermi, mi sporsi per un momento, lì sulla cima della montagna, guardai in alto e poi in basso.

 

Ero vicino alla cima.

 

Era…pulito.

 

Avevo sempre amato i luoghi alti. Ad eccezione del vento, era silenzioso. Il cielo era di un blu profondo profondo, che quasi degradava verso il viola più in alto. Sarei potuto rimanere lì per ore a guardarlo.

 

Giuro, a volte sembra quasi che…

 

Niente.

 

Iniziai a discendere dalla montagna, stando attento ai mostri. I mostri erano rari a Zanarkand – i veri nemici erano gli uomini. Ce ne sarebbero stati molti di più a Spira, e io di dieci anni indietro con la pratica. Quando arrivai a Zanarkand, dovetti insegnarmi di nuovo come combattere con un solo occhio. So che potevo fare cose dieci anni fa che ora dovrei re-imparare.

 

Il vento aveva preso forza e la neve volteggiava attorno a me. Faceva freddo, ma lo ignorai. Sono bravo ad ignorare cose non importanti. Presto raggiunsi le caverne. C’era un problema. Prima cosa, le caverne del Gagazet erano piene di ostacoli immersi.

 

Numero 7 sulla Lista delle cose che Odio e Disprezzo, ostacoli nell’acqua. I guerrieri pesanti non si sentono propriamente a casa in acqua. Non c’è modo di alleggerire le tue armi. Durante il nostro pellegrinaggio dieci anni fa, Jecht aveva condotto tutti i combattimenti in acqua. Era anche il nostro specialista contro i mostri aerei. L’abbiamo tenuto molto impegnato durante il viaggio. Era incredibile in acqua. Non ho mai visto nessuno che lo eguagliasse.

 

E comunque la caverna era piena di mostri, mostri forti.

 

La prima volta che avevo disceso il Gagazet, cadendo e rotolando da Zanarkand, tossendo sangue e amarezza…beh, non ricordo davvero come avevo superato le grotte. Ricordo solo come mettessi un piede dietro l’altro. Il dolore e le promesse erano le uniche cose presenti nel mio mondo.

 

Un piede – il piede dopo – un piede – il successivo. Devi solo alzarti una volta caduto.

 

Facile.

 

Mi fermai, tirai su col naso.

 

C’era qualcosa nell’aria. Qualcosa nel vento. Problemi stavano arrivando veloci. Uno yeti di montagna eruttò fuori dalla neve sotto di me. Lo cavalcai, poi caddi, rotolando in terra. Non andava bene. Non ero pronto a questo, non ancora. Le abilità s’erano deteriorate in dieci anni. Correva verso me, fendendo l’aria, ruggendo. Lo schivai e colpii, cercando di tagliare sotto il suo pelo doppio. Dovevo essere attento, l’appoggio era poco stabile. E lo yeti forte. Dovevo concentrarmi sulla difesa, non potevo lasciare che portasse a buon fine neanche un colpo. Cercai di usare il mio antiscutum, una delle tecniche di rottura del ki che i templari insegnano ai guerrieri monaci. Sono speciali attacchi di spirito che i combattenti pesanti possono usare per indebolire il nemico. Ma non mi sovveniva. Sarà passato troppo tempo. Non ne avevo mai avuto bisogno a Zanarkand.

 

L’attacco più semplice  - il primo che impari – è antikelesis. Funzionò. Tagliò la bestia, e potei sentire la mia energia fuoriuscire attraverso la spada nel suo corpo. Abbandonai la difesa e attaccai. Ora i miei colpi stavano facendo effetto. Ora il sangue cominciava a scorrere. Schivai un colpo e mi lanciai sul lato per trinciarlo. Lo yeti cadde di lato ed io gli tagliai la testa. Erusse in lunioli. Uno yeti di montagna. Sarei stato fortunato se ne fosse stato solo uno.

 

Bentornato a casa, Auron.

 

Mi rialzai sul crepaccio più vicino e considerai la mia posizione.

 

La caverna era davanti a me, piena di ostacoli acquatici e mostri forti. Non ero per niente bravo in acqua e fuori allenamento con i mostri.

 

Guardando in basso dalla montagna vidi la Piana della Bonaccia aprirsi alla mia vista. Anche dopo le caverne pullulavano i mostri.

 

Non avevo tempo per questo. Avevo promesse da mantenere. Dovevo trovare Tidus e Yuna.

 

Beh…c’era un altro modo. Qualcosa che avevo già fatto, una volta o due a Zanarkand.

 

Bene, dopotutto, eccoci qui.

 

Presi una pozione dal mio cappotto e infilai gli occhiali in una tasca interna. Non volevo perderli. Erano un regalo costoso da una persona che non aveva mai avuto abbastanza soldi.

 

Mi guardai attorno. Feci un altro passo verso il burrone.

 

Si muore solo una volta, giusto?

 


 

 

Auron:

 

Cadere. Infilzarsi. Schiantarsi contro la montagna, cadendo e rotolando di nuovo. Rosso spruzzato sul bianco. Spuntoni di costole che vengono via. Gambe rotte, e rotte di nuovo. Bevo la pozione quando posso. Quasi. Quasi. Lì. Il terreno. Arriva, cresce, aspetta.

 

DOLORE!

 

Respirare è difficile…fa male…

 

Colori…lunioli…me…

 

Non posso muovermi…devo muovermi…devo arrivare a Luca…

 

“Ooh, Sir Auron!”

 

Non posso voltare la testa…una donna?

 

“Dovevi solo aspettare un momento.”

 

Il mio corpo viene sollevato – dolore! Mi sto alzando. Guarda in basso. È più facile. Il terreno si allontana. Un’ombra corre fra le nuvole. Ali? Guardo in alto. Fa male. Colori. Rosso, e blu, e oro. Prima che tutto diventa nero.

 

Prossimo capitolo: Principessa Al Bhed.

   
 
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