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Autore: Angel_to_Fly    09/07/2015    2 recensioni
Era qualcosa di malato.
Tahlita non riusciva a capire perché avessero bisogno l'uno dell'altra in quel modo così vergognoso, malato.
Selvaggio.
Era entrato nella sua vita graffiandole la pelle, quel maledetto sociopatico, le stava rovinando la storia, tutto ciò a cui aveva lavorato per anni!
Cosa diavolo le stava capitando?
[...]
Tahlita Davies. Lennox Millard.
Lei problematica. Lui sociopatico.
Un mix che secondo la Signora Junes poteva essere esplosivo, pericoloso, impossibile per certi versi.
Qualcosa che non doveva accadere, mai, altrimenti nulla l'avrebbe più fermato.
[...]
Lennox alzò lo sguardo solo quando sentì la presenza di Tahlita nella stanza, in quello stesso momento lasciò che le sue iridi blu si innamorassero ancora ed ancora, in modo sempre più doloroso dell'unica donna che non gli era permesso toccare. Avere.
Se solo la sua mente malata l'avesse capito, lui non avrebbe dovuto pianificare quello, il suo rapimento. Ma lei era sua.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Bondage, Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Angolo autrice:
salve a tutti! Sono tornata con Lennox | Sociopath; spero che la storia vi possa intrigare, a me personalmente ispira molto. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, critiche, recensioni neutre, non importa, sempre che siano costruttive. Spero che la storia vi possa piacere così com'è piaciuta a me durante la scrittura. Quindi, ci vediamo nel prossimo capitolo... speriamo 💙
Abbracci, ATF







Lennox | Sociopath


 
0 - Someone New
 
La ragazzina osservò a lungo il ragazzo seduto davanti a lei, anche lui la fissava ossessivo e quasi in modo opprimente, come se tentasse di leggerle dentro.
Ma era impossibile.
Nessuno era mai riuscito a capire Tahlita, era anche per questo che in quel momento si trovava fra le mura fredde di quella sala aspetto, attendendo il suo turno per entrare dalla Signora Junes, la psicologa della città.
Attirata da qualcos'altro spostò lo sguardo dal biondino davanti a lei passando ad osservare un altro paio di occhi che la scrutavano. Una ragazzina poco più piccola di lei, con folti ricci rossi, la guardava sbattendo la palpebre febbrilmente, come quelle bambine che si vedevano nei film e che mangiavano tante di quelle caramelle che prima della fine di quello si sarebbero ritirate con una carie, come minimo. Osservò la rossa con attenzione, togliendosi ogni sfizio, aveva la pelle perfetta e bianca, gli occhi di un verde disarmante e quel vestitino rosa polvere la rendeva eccessivamente magra.
Anoressia?
Tornò con lo sguardo davanti a sé, guardando il muro bianco che divideva la sala d'aspetto dallo studio della psicologa, nonostante alcuni sguardi curiosi la scrutassero, lei fece finta di nulla. Sapeva cos'era a renderla interessante agli occhi della gente. Le fasciature che le coprivano le braccia non passavano inosservate, non quando era costretta a portare le maglie a maniche corte, verso la fine dell'estate. Anche la sua pelle quasi del tutto trasparente aiutava la sua fama, il fatto che nelle mani, nella gola e sugli occhi la pelle prendesse una tonalità del tutto inesistente e le vene violacee e blu facessero bella mostra.
«Irvine Green?» domandò a segretaria con aria annoiata, annotando qualcosa su di un foglio. Il ragazzo dai capelli biondi, Irvine, si alzò dalla sedia prendendo con sé la giacchetta di pelle nera senza maniche e si avviò verso la porta della psicologa.
Qualche secondo dopo una ragazzina dagli occhi azzurri uscì dallo studio e camminò di fretta senza neanche guardarsi attorno. Irvine entrò leggermente intimorito, respirando a bocca larga.
Prima seduta.
Sorrise Tahlita tornando con lo sguardo sulla bambina dalla chioma rossa. Lei, invece, sembrava non aver mai tolto lo sguardo dal viso della bruna, stringendo qualcosa fra le piccole dita rosee, solo in quel momento Tahlita si accorse del libro rilegato da una copertina blu che teneva in mano.
Fallen.
Lei aveva letto quel libro alla sua stessa età.
Portò le mani a stringersi la base del collo, lì dove l'aria faticava a passare, non volendo lasciar aprire i polmoni chiusi dalla puzza di muffa e polvere che aleggiava in quel lurido luogo novecentesco.
Dei passi in lontananza fecero distrarre sia lei che la bambina dai riccioli rossi, entrambe si voltarono verso la porta d'entrata osservando il ragazzo vestito di nero che era appena entrato. Si notava a primo impatto, era il classico diciassettenne che si credeva un rocker o un'americanizzato, ma il suo modo di pensare era ancora incatenato alla Belle Epoque, sicuro di sé in un modo smisurato, tanto da averlo ammalato. Narciso.
Il giovane si osservò intorno rimanendo spiazzato nel trovare due giovani donne in quel luogo che lui pensava esser deserto a quell'orario. Gli occhi blu, vacui, aggressivi, tristi, irresistibili incantarono la ragazzina per prima e subito dopo Tahlita che tentò di osservarci dentro, senza risultato.
Neanche tu puoi leggere.
Si disse osservando il ragazzo superarle e raggiungere la segretaria; questa lanciò lui uno sguardo stanco, con una punta di fastidio e divertimento, lo squadrò attentamente, come una belva affamata.
«Come posso aiutarti, tesoro» sorrise sorniona la quarantenne con gli occhiali da strega sulla punta del naso. La bambina ridacchiò fra sé appoggiando la testa sulla parete bianca e tornando con lo sguardo su Tahlita, lei non ricambiò e continuò ad osservare i due, divertita.
«Ho bisogno di prendere un appuntamento» biascicò il ragazzo tentando di tenere un tono basso, provando a non farsi sentire, a non farsi notare.
Ma ormai era impossibile, le due giovani lo avevano visto arrivare e ora -ancora più incuriosite - aspettavano solo di sapere il perché fosse lì.
La segretaria fece un saltello sulla seggiola girevole in tessuto nero e si voltò leggermente verso il computer, cliccò un paio di volte e si morse un labbro tinto di rosa pastello, pensando di attrarre qualcuno.
«Certo, la dottoressa è libera domani alle dieci o... anche la settimana prossima a quest'ora» bofonchiò la donna poco interessata, ruminando una gomma che odorava di fragola e che usciva ogni tanto dalle sue labbra. Lo sguardo fisso e malizioso a squadrare il ragazzo.
«Uhm... la settimana prossima sarebbe perfetto» rispose lui passandosi una mano dietro la nuca, scompigliando leggermente i capelli corvini alla radice.
La donna, ora più attenta, cominciò a premere tasti sulla tastiera nera, causando rumori ridicoli che fecero leggermente innervosire Tahlita.
«Qual'è il tuo nome, tesoro?» domandò non guardandolo, tenendo gli occhi fissi sullo schermo del pc. Tahlita si prese un secondo per analizzare quel poco che poteva vedere di lui: era alto, molto alto, portava una giacca nera da motociclista nonostante il caldo, degli anfibi del medesimo colore e dei jeans -anch'egli scuri -.
«Millard. Lennox Millard» rispose lui cominciando a picchiettare con la punta del piede sulle mattonelle.
Innervosito.
Tahlita lo imitò senza accorgersene. Le sue Converse nere presero a battere, dolcemente, senza provocare rumore e così fece la bambina, picchiò l'aria con la ballerina bianca, senza toccare terra.
«Età?» continuò la segretaria togliendosi gli occhiali rossi e a punta e appoggiandoli su una della mille montagne di scartoffie da compilare e non.
«Diciannove». La sua voce si stava facendo più alta e anche la donna se ne accorse, ma non mancò di mostrare la sua felicità nel sapere che Lennox non fosse più minorenne da ormai due anni.
Tahlita dovette ricredersi. Sembrava un diciassettenne a primo impatto, ma a quanto pareva era molto più grande dell'apparenza.
«Sei stato da qualche altro psicologo?» chiese mordendosi un labbro. Lennox annuì guardandosi intorno disgustato dalla visione della vecchia, non toccando però con lo sguardo né Tahlita né la ragazzina.
«Mi servono i responsi di quelle tue sedute con l'altro medico» sorrise la segretaria alzandosi e facendo per uscire dalla piccola stanzetta in cui si trovava, ma il giovane la precedette.
«Tenga». Le passò un foglio giallo dalla fessura che si trovava sotto il vetro infrangente che divideva la segreteria dalla sala aspetto.
La faccia delusa della donna fece ridacchiare Tahlita, e lei se ne accorse, tanto che le lanciò un'occhiata fulminante, quasi gelosa. Nonostante Lennox le aveva regalato un solo sguardo appena entrato nella sala aspetto, ma forse la segretaria si era accorta di essere troppo... anziana per lui.
Tornando con lo sguardo sul giovane afferrò il foglio, leggendo poi le poche righe scritte in modo fitto e irregolare. Il cliché dei dottori!
Il giovane Millard Lennox risulta essere caratterizzato da una leggera cellula di bipolarismo a due fasi e da una tasso elevato di sociopatia. Da tenere sotto stretta cura e sorveglianza!
Dottor Osbourne Porter.

La segretaria alzò un sopracciglio sorpresa e incuriosita e con un sorriso ammiccante -secondo i canoni di una quarantenne - sussurrò: «Sociopatico, eh?!»
Lennox non rispose, Tahlita non riuscì a vedere il viso del ragazzo, ma dall'espressione soddisfatta della donna sembrò sorridere, o ammiccare.
Disgustoso.
Con un balzo Tahlita si riscosse, la porta si era finalmente aperta, segno che era già passata una mezz'oretta - o anche meno. Irvine era uscito e il suo viso era stanco, probabilmente aveva parlato parecchio di ciò che vedeva intorno a sé. Lei l'aveva notato subito, aveva notato il modo in cui il biondo si osservava attorno, come se avesse davvero qualcosa su cui appoggiare lo sguardo. Il povero Irvine la guardò ancora, tentando di scavarle dentro, ma senza riuscirci, un'ennesima volta. Tahlita, con un sorrisino ebete in viso alzò la mano scuotendola, proprio mentre lui usciva dalla sala, andando in strada e riprendendo la sua vita da semplice mondano.
La segretaria smise un secondo di guardare Lennox con un sorriso disgustoso sul viso e si voltò verso la sua sinistra, prendendo un foglio consumato e leggendo il nome di fianco all'orario.
«Tahlita Davies» gridò voltandosi verso la bruna e scuotendo una mano, felice di togliersela dai piedi -in un certo senso -.
Tahlita andava dalla Signora Junes ormai da anni, era l'unica persone che Megan Junes non riuscisse a capire, forse era il legame che le univa, il fatto di averla avuta in grembo per nove mesi e non esser riuscita a fare il giusto lavoro. Non con sua figlia1.
La giovane si alzò sotto lo sguardo della bambina dai ricci rossi e con pochi passi raggiunse la porta che la divideva dalla madre, che in quei momenti diventava semplicemente la Signora Junes, ma prima di aprire si voltò a guardare verso la sala d'attesa.
Lennox la osservò con un ghigno stampato sulle labbra; labbra che -ora si accorse - erano tremendamente rosse e piene.
Sociopatico!



1: So che gli psicologi non possono curare dei familiari, ma questo aspetto verrà delineato e fatto capire meglio nello scorrere della storia.
   
 
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