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Autore: Serpeverde_    09/07/2015    3 recensioni
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=Ez2eV_LMSLY
''Passerà''
''Il dolore non può passare. Gli vedi questi occhi? Sono occhi di una persona che ha perso la voglia di sorridere''
''E tu gli vedi questi occhi? Sono occhi di una persona che crede ancora che tu possa tornare a a farlo''
Hailey ha perso molto.
Sebastian non permetterà che Hailey perda nessun'altro.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Stringimi forte.

Trailer


(2)
 

Ero incredula del fatto di essere riuscita a dormire senza bisogno di qualche farmaco. Mi avevano prescritto delle pillole per il sonno per l'esperienza che avevo passato, ma mia madre era sempre stata contraria ai rimedi artificiali.
Certo sapeva che non c'era altra scelta, e quindi aveva acconsentito a patto che non le avessi prese troppo frequentemente e per ogni piccola cosa.
La mie guance avevano ancora i segni che le lacrime avevano lasciato dalla notte prima, e miei occhi sembravano delle palline da golf quanto erano rossi e gonfi. Ma, a parte questo, avevo l'aria più riposata del solito. Probabilmente perchè era la prima volta che dormivo più di tre ore.
Non avevo proprio voglia di alzarmi da quel letto, vestirmi, e fingere di essere felice. Non quel giorno, non quella domenica, non l'anniversario della morte del mio migliore amico e il coma della mia migliore amica.
Poi mi rincuorai sul fatto che sarebbe stata Gwen a passare la mattinata con me. Mi serviva proprio l'appoggio della sorella di Chris. Una persona che poteva veramente capire quanto stavamo soffrendo.


''Hai, è arrivata Gwendolyn'' urlò mia sorella che era passata davanti alla mia camera, probabilmente mentre stava scendendo per fare colazione. Presi un gran respiro profondo e poggiai i piedi nudi sulla moquette per andare ad aprire la porta.
Così feci, nonostante le mie gambe avessero una consistenza molliccia, e mi sporsi verso le scale per vederne al piano terra.
''Buongiorno, è permesso?'' mormorò educata una voce potente proveniente dall'uscio di casa.
''Gwen, sono qui. Sali'' dissi di rimando appena vidi un ammasso di capelli neri al centro del corridoio. Subito alzò lo sguardo verso di me e cominciò a salire le scale.
Intanto avevo già aperto il rubinetto della vasca da bagno per far scaldare l'acqua e quando la ragazza mi raggiunse al piano di sopra, si soffermò a guardare i miei occhi e così io i suoi.
Aveva pianto, probabilmente per ore e ore senza contegno. Gwen non era una ragazza che piangeva, lo faceva raramente davanti alle persone, e dagli occhi rossi si intuiva che aveva passato maggior parte del tempo all'interno della sua camera.
''Non voglio farti aspettare ma sono davvero in condizioni disperate, dammi cinque minuti che mi faccio un bagno e poi possiamo uscire'' dissi mortificata tenendo un asciugamano giallo stretto al petto.
Lei annuì ''Ti aspetto in camera tua. Tranquilla, ne hai bisogno''. Poi sorrise, stranamente in maniera vera. Non come una persona che è costretta a farlo per le circostanze.
Mi buttai dentro l'acqua calda dopo aver chiuso la porta a chiave passando più e più volte con la spugna la mia faccia. Lo feci di fretta, impedendomi di pesare. Perchè se avessi cominciato a pensare a Mag e Chris avrei fatto diventare i miei occhi ancora più gonfi.
Come detto, cinque minuti dopo, con l'asciugamano attorno al corpo mi diressi in camera.
Gwen era seduta sul mio letto, con la testa china su una foto. La foto che tenevo sul comodino.
''Vi chiamavano il trio discorde da quanto eravate diversi'' disse non appena mi vide entrare all'interno della stanza, senza distogliere lo sguardo dall'immagine ''Eravate così diversi''

Sorrisi prima di prendere posto accanto a lei, sul letto, con ancora le braccia e le gambe leggermente umide ''Quel giorno Chris aveva-''

''Aveva ''rovinato'' la festa di compleanno di Mag. Me lo ricordo. Aveva portato delle formiche dal formicaio sotto casa e le aveva lanciate sopra di lei'' raccontò divertita.
Mi unii anche io alla risata ''Già. Povera, si è fatta tra le tre e quattro docce quella sera''
Poi ci fu silenzio, un silenzio carico di tristezza. Mi alzai dal letto per vestirmi mentre Gwen rimetteva con cura la foto sul comodino ''Sei pronta per domani?''
''Intendi pronta psicologicamente a tornare a scuola? Certo che no, ma non abbiamo altra scelta. Gwendolyn tu quest'anno ti devi anche diplomare'' dissi con la testa all'interno del mio guardaroba alla ricerca di qualcosa di decente da mettermi.
Ogni volta che provavo a vestirmi trovato abiti che d'abitudine indossavo insieme a Mag e Chris, abiti che mi ricordavano un giorno particolare o un evento passato assieme.

Ed era estremamente difficile indossarli.

''Uh, sto morendo dalla voglia di farlo'' ammise la ragazza ironica gettandosi all'indietro su letto. Anche Christopher avrebbe dovuto frequentare l'ultimo anno, se solo ci fosse stato.
''Devi prendere il massimo dei voti, lo sai no? È l'unico modo se vuoi studiare medicina a Washington'' dissi rigorosa dopo aver scelto dei leggins neri e una maglia a maniche corte color mattone. Infilai il tutto mentre Gwen continuava a sbuffare.
''Credi che non lo sappia? Mio padre mi ha portato a casa una mezza dozzina di dépliant'' assentì scocciata ''Devi trovare la migliore università di medicina se vuoi diventare qualcuno, Gwendolyn Charlie Erasmus'' annunciò imitando la voce dura e grave di suo padre.
''Ha ragione, non puoi permetterti di mollare adesso''. Mi dovetti sedere sul letto per mettere le mie ballerine rosse che spiccavano sul resto degli abiti tetri.
''Ti prego non parliamo di scuola oggi, Christopher mi avrebbe ammazzata'' commentò mugolante alzandosi in piedi.
Cercai di sorridere mentre mi guardavo allo specchio. Gli occhi stavano cominciando a tornare del loro caldo colore naturale e grazie alla doccia i segni delle lacrime se ne ero andati.
Misi del leggero correttore sotto gli occhi nel tentativo di coprire un po le occhiaie, un leggero strato di rossetto nude sulle labbra che prima erano screpolate e due piccole passate di mascara sulle ciglia.
''Possiamo andare. E sì, Chris ti avrebbe ammazzata'' mormorai con dolcezza dopo aver preso un cardigan bianco dalla stampella su cui era appeso.

 

 

Scendemmo le scale in silenzio finchè, una volta passata la porta della cucina, la voce di mia madre divampò squillante ''Ragazze venite, ho preparato i pancake''
Non avevo fame, era da tanto che non facevo colazione nonostante mentissi sempre a mio padre dicendo di averla fatta. Neanche a pranzo mi abbuffavo più come una volta. Tutto era cambiato.
''Grazie signora Léon, ma ho già mangiato a casa'' rispose Gwen fermandosi sull'uscio della stanza. Non era vero, e lo si notava dal suo volto una volta paffuto e colorito diventato leggermente più magro e pallido.
Mia madre aveva occhio per queste cose, infatti non si arrese ''Oh andiamo, prendete almeno qualcosa da mangiare lungo il tragitto''
Non mi diede neanche il tempo di controbattere che mi ritrovai in mano due mele rosse e lucenti ''Mamma, al massimo prenderemo dei cappuccini''
Quella frase sembrò avere offeso il suo orgoglio salutista ''La caffeina non vi aiuterà, vi servono vitamine. La frutta è il miglior modo di iniziare la giornata''
''Ah, si? E perchè papà beve sempre una doppia dose di caffè quando facciamo colazione?'' si intromise mia sorella Olivia che intanto stava giocando con dei pezzi di pancake dentro il suo piatto.
Mia madre sbuffò irritata roteando gli occhi ''Tuo padre è un uomo adulto''
''A me non sembra, guarda ancora i Simpson di prima mattina'' commentò lei sotto voce tornando a focalizzare la sua attenzione sulla sua colazione. Quella mattina aveva i lunghi capelli neri legati in una treccia, che le conferiva un'aria più giovane per i suoi sedici anni.
Guardai le mele che stringevo in mano e decisi di tagliare la corda ''Va bene, le mangeremo. Ci vediamo più tardi''
''Fate attenzione'' ci raccomandò lei poco prima che chiudessi la porta di legno alle mie spalle.

 





Gwendolyn mi guardò dritta negli occhi un minuto dopo aver cominciato a camminare ''Hai davvero intenzione di mangiare quelle mele?''
''No, figurati'' mormorai facendo ricadere lo sguardo su quello che avevo in mano ''Non mi è mai piaciuta la frutta. Ma non ci avrebbe lasciate andare se non avessi accettato di portarle via''
Passeggiammo senza proferire parola, ascoltando il rumore del traffico di Philadelphia scorrere accanto a noi. Era presto, tutti si stavano ancora recando al lavoro, altri studenti si stavano godendo l'ultimo giorno di vacanza correndo in bicicletta verso la piscina più vicina o molto più probabilmente verso il supermercato per comprare alcolici.
Era normale. Anche Chris, Mag e io lo facevamo. Ci tuffavamo in acqua stando semplicemente tutto il pomeriggio ammollo sperando di non dover mai uscire, parlavamo delle più insulse cose fino ad arrivare al delicato argomento ''Secondo voi ci promuoveranno questo nuovo anno?''
''Che ne dici, andiamo a trovare Chris per primo?'' Gwen ruppe il silenzio che c'era tra di noi una volta attraversata la strada verso il parco. Sorrisi dopo aver guardato una panchina vicino a un albero che le creava ombra. C'erano tre bambini che giocavano a nascondino.
''Sì, possiamo portargli delle caramelle. Lui amava le caramelle all'arancia. Credo che sulla tomba renderebbero più viva quell'aria smorta'' acconsentii volgendo il mio sguardo verso la vetrina di un negozio di dolci Candyland.
Gwen rise malinconica ''Penso che sarebbe un'ottima idea''
Una volta varcata la soglia della bottega di dolciumi il profumo di zucchero filato mi solletico le narici, e così anche quelle della mia amica. Ci trovammo a sniffare l'aria come dei cani da segugio, e c'è da dire che la mia compare aveva già diciotto anni.
''Un pacchetto di caramelle all'arancia, per favore'' ordinai alla signora dietro il bancone, che gentilmente me le porse in mano contornate da un sorriso sincero.
Quando uscimmo dal negozio, il dolce profumo di miele ci seguì per tutto il nostro tragitto verso il cimitero, che fortunatamente era piuttosto vicino a piedi da casa mia. Come lo era anche il Magee Rehabilitation Hospital dove era ricoverata Margaret.
''Spero non ci sia tanta gente oggi'' commentò Gwendolyn scrutando in lontananza le sbarre del cimitero. Non era un luogo troppo tetro, anzi, l'insegna era di un bel giallo acceso come per aiutare chi entrava a non avvilirsi, cosa molto difficile. Le tombe erano dispose in maniera ordinata su due lati, quello destro e quello sinistro. Il corridoio che le divideva, cosparso di ghiaia, era dove stavamo camminando io e Gwen.
La tomba di Chris era quella più colorata. Aveva delle piccole viole in un vaso ai piedi del marmo grigio, e il suo nome Christopher Todd Erasmus era scritto in grandi lettere color oro.
La foto che lo ritraeva era del giorno del suo compleanno, dove stava sorridendo smagliante e dove i capelli ricci erano leggermente messi in ordine – cosa più unica che rara – grazie a del gel.
''Buongiorno. Ti abbiamo portato un regalo'' mormorò teatrale Gwen guardandomi complice.
Fu la prima volta che sorrisi con la voglia di farlo, mentre come se fossi stata una bambina nascondevo il sacchetto bianco di caramelle dietro la schiena.
Con enfasi aprii la busta ''Non dire che non ti pensiamo mai, poi'' dissi divertita prima di adagiare a caso le caramelle sopra la tomba.
A lavoro completo, dopo aver distribuito uniformemente i dolciumi all'arancia sulla pietra tombale mi accorsi di un piccolo oggetto vicino alla foto.
Era una piccola biglia a forma di palla da basket, ma non volli toccarla, mi sembrava maleducazione. Fino a che Gwendolyn non si avvicinò per vedere cosa stavo guardando con così tanta attenzione.
''Sicuramente è stato Adam'' riflettè lei rispondendo alla mia curiosità.

Adam Collins era il suo compagno di squadra di basket al Comunity Collage: la scuola che frequentavamo. Christopher era il capitano, il più forte, era sempre stato il punto di riferimento. Senza di lui la nostra scuola avrebbe perso un sacco di partite. E ora che non c'era più, Adam aveva preso il suo posto.
Salutammo Chris, dopo un paio di minuti in silenzio dove le lacrime minacciavano di uscire, e una volta fuori dal cimitero incalzai Gwendolyn ''Ti senti ancora con Micheal?''
Lei sembrò diventare rossa come un peperone ''Può darsi''
Si erano conosciuti quell'estate, mentre facevano volontariato in ospedale. Lui era un novello infermiere, uno di quelli ambiziosi che niente e nessuno avrebbe potuto fermare nella sua scalata verso la chirurgia.
''Sono contenta, hai bisogno di qualcuno che ti distragga'' affermai facendola sorridere.
''Alle volte mi distrae anche troppo'' rise alludendo a chissà quale loro passatempo.
Decisi di sorvolare e farmi gli affari miei quando suonò il cellulare di Gwen.
La mora lo portò all'orecchio mentre annuiva e borbottava frasi come ''Sì'' ''Okey'' ''Arrivo''
Quando attaccò la telefonata si girò mortificata verso di me, con gli occhi neri fissi sui miei ''Era mia madre. Stasera c'è la commemorazione funebre di Chris, mi ha detto di andare a parlare col prete per mettermi d'accordo su chi parlerà per primo. Robe da vecchi credenti''
Annuii comprensiva ''Va'. Io andrò in ospedale''
''Stasera però ti voglio in chiesa'' disse categorica, impedendomi di poter rifiutare.
''Forse. Non lo so. Sai quanto odio le messe'' mi lamentai.
''Ci saranno molte persone, come anche la squadra di basket. Non accetto un no, signorina Lèon. A stasera'' urlò attraversando la strada camminando all'indietro per poi sparire nella gente che si riversava per le vie.

 

Da sola, nel più rumoroso silenzio, entrai nell'ospedale. Il più rinnovato in nome delle malattie ereditarie. Salii con tranquillità al piano 'Neurologia' e cercai la stanza di Margaret.
Ormai avevo imparato a memoria la strada. Primo corridoio a destra, terza camera vicino al distributore di caffè. Camera 167.
Quella mattina non c'era molta gente, diversamente da quando andavo a trovare la mia migliore amica durante l'estate. Era come se, con l'imminente inizio della scuola, i figli o i compagni si fossero dimenticati dei proprio compari in ospedale.
Stringevo la stoffa morbida del cardigan bianco tra le mani mentre con fare attento percorrevo il corridoio verso la stanza di Margaret. Sapevo che nella stanza 165 era stata tenuta in osservazione una signora di cinquant'anni con un leggero trauma cranico, ma dal letto bianco ancora in ordine di quella mattina, probabilmente l'avevano già dimessa.
Sul lato opposto, nel locale 166 invece, c'era un ragazzo di trent'anni, che ogni volta che mi voltavo incuriosita a guardarlo mi faceva l'occhiolino nonostante le condizioni in cui era messo.
Aveva un tumore al cervello, e lo si poteva notare da una piccola escrescenza che aveva sulla fronte resa ancora più evidente dalla perdita dei capelli.
Era una tortura passare attraverso quel corridoio. C'era un silenzio doloroso, carico di paura e speranza perduta. Era difficile da spiegare, ma era come se tutto puzzasse di angoscia.
''Piccola sbandata, come stai oggi?'' mormorai una volta entrata nella stanza di Mag.
Lei sembrava un angioletto, uno di quelli caduti. Era sdraiata a pancia in su, con i lunghi capelli biondi che le formavano un aureola intorno al viso paffutello e più colorito del solito.
I suoi occhi, i suoi bellissimi occhi azzurri cielo, erano chiusi come sempre. Poteva sembrare benissimo la Bella Addormentata delle favole, se non era per dei tubi sotto il naso che le permettevano di respirare, per delle flebo su entrambe le braccia e per un monitor che segnava il battito del suo cuore. Era stabile, un bip continuo e ritmato.
Poggiai la borsa sulla sedia più vicina, per poi andar ad aprire le finestre.
La camera di Mag non era male, per quanto fossimo in un ospedale. Era tutta bianca, ovviamente. Aveva due letti, uno dei quali era vuoto. C'era anche la televisione, peccato che Margaret non era in grado di guardarla.
''Cosa ti stanno dando da mangiare oggi?'' chiesi a lei, ottenendo il silenzio come risposta. Dopo aver aperto le serrande mi diressi verso il suo letto, maneggiando la busta sopra la flebo ''Mmh, un bel liquido pieno di zuccheri. Buono'' mormorai divertita sedendomi ai piedi della brandina. Il suo volto era rilassato, come in un sonno molto lungo.
''Lo so di cosa avresti voglia in questo momento. Un bell'hamburger. Con lattuga, pomodoro, melanzane, salsa piccante, cetrioli e rucola. Solo a te poteva piacere un sandwich vegetariano, Mag. Sopratutto alle undici di mattina'' continuai sistemandole le lenzuola.
Senza volere il mio sguardo cadde su un piccolo specchio riflettente sopra di lei, sulla parete dietro al letto. La ragazza che mi guardava non sembravo io. Non con quello sguardo spento. Certo, i miei occhi grigi non erano mai stati belli come quelli di Margaret ma una volta brillavano. Ora non più.
Scossi la testa per poi frugare nelle tasche della mia borsetta ''Io invece non ho fatto colazione, come il mio solito. Ed ora non posso negare di avere un certo languorino. Grazie anche al fatto che mi hai fatto nominare gli ingredienti di un panino. Grazie Mag, sempre colpa tua''
Raccattai un paio di monete e mi avviai fuori dalla stanza verso la macchinetta del caffè.
Non avevo mai preso qualcosa in quell'ospedale. Ma c'è sempre una prima volta.
Non c'era nessuno in fila, quindi ci misi un attimo.
Ero davanti a una scelta molto ardua: caffè o cibo da sgranocchiare?
Pensai a tutte le volte che mia madre mi obbligava a mangiare. Per il mio bene, diceva, ed era vero. Senza di lei probabilmente sarei stata ancora più magra di quanto ero già, e dato che non ero il massimo in fatto di altezza, un nano allampanato sarebbe stato orribile da vedersi.
Così, per renderla mentalmente fiera di me, inserii i quarti di dollaro nella macchinetta degli snack.
Schiacciai il numero 7: le Tortillas. Era da un secolo che non le mangiavo, anche se mio padre era un asso nel cucinarle.
''Bisogna preservare le origini'' affermava sempre porgendoci ciotole e ciotole di cibo brasiliano.
Il pacchetto cominciò a muoversi, finché non si fermò infrangendo il mio sogno di metterle sotto i denti. Avevo esaurito le monete, non potevo prendere nient'altro.
Noncurante della figura che stavo per fare iniziai a calciare il lato della macchinetta, imprecando sotto voci insulti verso quella sottospecie di marchingegno diabolico.
''Uho-uho, vacci piano. Cosa ti ha fatto di così orribile questa povera macchinetta?'' urlò divertita una voce alle mie spalle.
Mi voltai quasi immediatamente, beccata con le mani nel sacco, quando mi ritrovai un paio di occhi azzurri come il mare fissati nei miei.

 



Ni hao
Nuovo capitolo pubblicato. Probabilmente vi starete chiedendo: quando arriverà il protagonista maschile? Beh, è arrivato hah. Sono molto fissata sul fatto di far capire meglio l'ambientazione prima di iniziare la vera e propria storia. Lo so, miei problemi.
Anyways vorrei chiedervi cosa ne pensate, perchè io continuerò a scrivere, ma mi piacerebbe sapere qualche vostra opinione.
Ci sentiamo, 
un bacio
Serpeverde_

  
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