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Autore: Bored94    09/07/2015    3 recensioni
La nascita di Magneto per come lo conosciamo. Che cosa è successo all'uomo che era? Aveva una moglie, una figlia... prima che tutto ciò gli venisse strappato via.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erick Lensherr/Magneto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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UNA FINE E UN INIZIO


I can't escape this hell
So many times I've tried
But I'm still caged inside
Somebody get me through this nightmare
I can't control myself

 

Colpì la guardia con il calcio del fucile. Il Reich era stato sconfitto, poteva essere di nuovo libero e non avrebbe ceduto quella libertà appena ritrovata per niente al mondo.

Osservò per qualche istante il cadavere ai suoi piedi, come in trance, poi afferrò Magda e iniziò a correre. Dovevano andarsene da lì il prima possibile.

Corsero, o meglio arrancarono, nella neve, cercando di allontanarsi il più possibile dal campo. Il gelo li tagliava in due, gli stracci che avevano addosso non erano sufficienti a fermare l'aria fredda, i piedi nudi sanguinavano a causa dei sassi e delle radici, quasi insensibili per colpa della neve.

Si accasciarono sotto a un albero dopo aver percorso quello che ai loro corpi stremati era sembrata una distanza immensa, accesero un fuoco con ciò che trovarono e cercarono di mangiare ciò che l'uomo aveva trovato. Aveva dovuto rassicurare la compagna dicendo che i tedeschi non li avrebbero cercati, troppo occupati a salvare la pelle dall'arrivo degli alleati, e che sarebbe stato lui a occuparsi di lei ma era servito a poco: la donna continuava a tremare, il fuoco acceso sembrava non sortire alcun effetto, il gelo era ormai entrato loro nelle ossa. Come se questo non bastasse Magda non riusciva nemmeno a mangiare e digerire ciò che Max aveva trovato.

 

I can't escape myself
So many times I've lied
But there's still rage inside
Somebody get me through this nightmare
I can't control myself


Vinnycja.

Una nuova città. Una nuova vita. Una nuova identità. Forse qui avrebbero potuto lasciarsi tutto alle spalle: i brutti ricordi, gli incubi... avrebbero potuto essere una famiglia senza doversi guardare costantemente alle spalle. Senza più dover fingere... beh, non più del previsto. Ma dopotutto che cos'era un nome?

Il villaggio in cui avevano vissuto per qualche anno non era stato sufficiente per lui, voleva di più, voleva la possibilità di migliorare la propria vita e quella della propria famiglia. Magda aveva accettato l'idea di cambiare identità, aveva accettato anche il loro trasferimento in quella nuova città sconosciuta dove gli abitanti li guardavano dall'alto in basso, riconoscendo in loro degli stranieri.

Non aveva nessuna importanza, erano insieme, ce l'avrebbero fatta.

Anya sembrava molto felice di quella nuova sistemazione e aveva capito, non appena le aveva spiegato come stavano le cose, con quale nome si sarebbe dovuta presentare.

Max... Erik. Erik si sorprese a sorridere tra sé e sé pensando alla figlia. Anya aveva iniziato a correre per la nuova casa, ridendo, aveva saltato sui letti, aperto ogni cassetto ed era alla fine corsa verso di lui per abbracciarlo entusiasta.

- Questa casa è grandissima. Papà, papà, guarda! - aveva strillato, per poi trascinarlo in giro per tutto la locanda, non le aveva ancora spiegato che non apparteneva tutto a loro. L'idea di avere una stanza tutta sua sembrava mandarla su di giri, così come iniziare una nuova scuola in cui conoscere nuovi bambini.

Continuò a sorridere mentre si dirigeva al lavoro. Presto avrebbe potuto comprarle nuovi giocattoli.

 

So what if you can see the darkest side of me?
No one will ever change this animal I have become
Help me believe it's not the real me
Somebody help me tame this animal I have become
Help me believe it's not the real me
Somebody help me tame this animal

Razza di idiota. Non era la prima volta che quell'uomo cercava di fregarlo, pensava davvero di farla franca solo perché era in città da poco tempo? - Questo è meno della metà del denaro che mi hai promesso!

- Ho detratto la mia commissione. Se vuoi lavorare, compagno, farai a modo mio.

A modo suo?! Non aveva nessuna intenzione di permettere a qualcuno di usarlo o mettergli i piedi in testa. - Non hai il diritto di...

- E tu mi sembra non voglia più lavorare!
Chi si credeva di essere? Erik si sentì ribollire il sangue nelle vene. Iniziò ad avanzare verso di lui, non poteva tornare a casa senza i suoi soldi. Non poteva farsi raggirare in quel modo.

Un piede di porco sfrecciò poco distante da lui e si conficcò nella parete, a pochi centimetri dalla faccia del suo capo. L'uomo, sconvolto, gli diede il resto del denaro e lo lasciò andare.

Erik si allontanò con calma, come se nulla fosse successo, mentre nella sua mente vorticavano domande senza risposta. Che cosa era successo? Era stato lui? E se era stato lui... come era stato possibile? Doveva dirlo a Magda? Se davvero aveva dei poteri forse...

Qualcosa interruppe bruscamente i suoi pensieri e lo riportò alla realtà. Un incendio. Una strana inquietudine si impossessò di lui e iniziò a correre nella direzione da cui si stavano propagando le fiamme.

Non può essere.

A mano a mano che si avvicinava, i dubbi scemavano sempre di più: era il quartiere in cui avevano trovato alloggio. Continuò a correre. Quella era la loro strada. E quella era la locanda in cui viveva con la sua famiglia... l'enorme edificio si ergeva davanti a lui in fiamme.

Iniziò a guardarsi attorno, nervoso. Dov'erano Magda e Anya? Perché non riusciva a trovarle?

Sentì il panico iniziare a farsi strada dentro di lui, non potevano essere rimaste dentro.

- Locandiere! - urlò strattonando l'uomo accanto a sé. - Mia moglie. Mia figlia... dove sono?

Sentì il cuore saltare un battito quando l'altro gli disse che erano ancora dentro.

Fece per correre all'interno ma si bloccò, il calore era infernale. Per un momento gli parve di fare un salto indietro nel tempo, di nuovo nel campo, davanti ai forni in cui dovevano gettare i corpi dei loro compagni. Anya. Magda. Si costrinse a muovere le gambe e corse all'interno dell'edificio in fiamme.

- Magda! - sua moglie era lì, stava cercando di raggiungere il piano superiore

- Nostra figlia... è in trappola! - gridò afferrandolo per il bavero della giacca. - Dobbiamo salvarla!

- Non le faremo alcune bene se tentando di farlo moriremo. Tu va fuori, io troverò un modo per salire le scale!
Una trave crollò dal soffitto e per poco non li colpì in pieno, una specie di campo di forza si era esteso tutto attorno a loro, proteggendoli dalle fiamme e dai detriti. I due si guardarono per un momento, sconvolti dal fatto che fosse stata opera di Erik.

Erano fuori, ma la bambina era ancora intrappolata all'interno. Le fiamme non le permettevano la fuga.

Erik cercò di rassicurare la figlia e di rientrare nella locanda ma qualcuno lo bloccò.

- Sei in arresto, compagno. Per estorsione e aggressione. - Cosa? Di che stavano parlando? Anya era dentro alla locanda. Sua figlia stava bruciando! Dovevano lasciarlo andare!

Iniziò a dimenarsi, le urla della figlia che gli rimbombavano nelle orecchie. Anya che lo chiamava, Anya che supplicava.

- No... non potete... mia figlia... vi prego. - un manganello lo colpì al volto, lasciandolo stordito per un momento. - Vi prego... mia figlia! - riuscì solo a ripetere.

Una voce sprezzante fu l'unica a rispondere. - Spiacente, compagno. Ti ho offerto un onesto salario per un'onesta giornata di lavoro, ma tu hai voluto essere avido. E ora pagherai.

Cosa? Davvero era questo? Stava mettendo a rischio la vita di sua figlia, di una bambina, per i suoi stupidi soldi?!

- Quel grido! Mia figlia non vi ha fatto nulla... vi prego! Per amor del cielo, qualcuno mi aiuti... per favore!

- Sprechi il tuo fiato, compagno... nessuno rischierà la vita o la libertà per un nemico dello stato come te. Condoglianze, compagno, per la tua tragica perdita, ma non puoi biasimare altri che te stesso.

Compagno? Compagno?! Lo aveva accusato di un crimine che non aveva commesso. Aveva lasciato morire sua figlia arsa viva... e aveva il coraggio di continuare a chiamarlo compagno?!

Qualcosa scattò dentro di lui, qualcosa che non era stato usato a lungo e che era sempre rimasto in attesa del momento di manifestarsi.

Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo e tutto diventò nero.

 

Morti. Non c'erano altro che morti attorno a lui. Come aveva fatto? Aveva davvero tutto quel potere?

- Tu... hai ucciso... - alzò lo sguardo vitreo verso sua moglie. - Li hai uccisi tutti!

Ci mise un attimo a capire l'implicazione delle parole di Magda. - È colpa loro se Anya è morta. Non meritavano altro. - Cosa stava dicendo? Aveva ucciso delle persone. Tutte quelle persone... che cosa aveva fatto? Il sorriso di Anya gli balenò nella mente, contrasse i muscoli, meritavano di morire.

- Hai lanciato fulmini... dai tuoi occhi!
- Ho dei poteri, Magda! Ci hanno salvato e avrebbero salvato anche Anya. L'hanno vendicata però.

Magda gli rivolse uno sguardo pieno di orrore, paura e disgusto. - Non sono... tu... non sei umano.

- Sono più che umano, credo. Meglio che umano, prometto. Vieni qui... diamo una degna sepoltura a nostra figlia e andiamocene da qui - supplicò tendendo una mano verso di lei.

Fu allora che accadde, la donna si girò e iniziò a correre. - No... non posso... non voglio... non con te! Tu non sei l'uomo che amavo! Sei diventato un mostro!

La chiamò. La chiamò ancora e ancora ma lei continuò a correre, non si voltò mai indietro e non tornò mai più.

 

Somebody help me through this nightmare
I can't control myself
Somebody wake me from this nightmare
I can't escape this hell

 

Adagiò a terra il fagotto che teneva tra le braccia e iniziò a scavare. Ogni movimento era misurato e controllato, tutta la sua concentrazione era incanalata in quel movimento regolare e ripetitivo, non poteva permettere alla sua mente di vagare, non poteva permettere che i ricordi e gli eventi di poche ore prima gli invadessero la mente. Sollevò il fagotto da terra e lo depose nella buca con delicatezza. Perfetto. Ora doveva solo riempire la buca, rimettere la terra al suo posto. Era facile, poteva riuscirci... era solo terra.

Si rese conto di non riuscire a muoversi, i suoi occhi erano incollati al mucchietto di stracci dentro alla buca, sentì le ginocchia cedere e gli occhi pungere, il groppo in gola non accennava ad andarsene. Si ritrovò carponi davanti alla buca, le lacrime che gli annebbiavano la vista e scorrevano copiose.

Anya. Quel mucchietto di stracci era ciò restava della sua bambina. Un ricordo vivido gli balzò davanti agli occhi, un esserino minuscolo, così piccolo da poter essere sollevato con un solo braccio. Una bambina tutta rossa e strillante. La cosa più bella che avesse mai visto, la sua piccola. Magda gli sorrideva dal letto, esausta e sorridente, non ricordava di averla mai vista più felice.

Anya. La sua bambina che imparava a camminare, all'inizio traballante sulle sue gambe grassottelle, le braccia tese in avanti come a cercare un appiglio, mentre procedeva barcollante verso di lui.

Cercò di fermarli ma non ce la fece, i ricordi si susseguirono uno dopo l'altro e non fu più in grado di controllarli, come un fiume che rompe gli argini: Anya che lo fissava stupida e concentrata mentre lui le parlava, cercando di capire cosa le stesse cercando di dire; le fossette sulle sue guance di bambina quando sorrideva, ancora troppo paffute; la sua prima parola; la prima volta che lo aveva chiamato “papà”; il modo un cui lo guardava, sempre piena di aspettativa e fiducia incondizionata, come se fosse stato un supereroe, come se fosse stata convinta che nessuno le avrebbe mai fatto nulla fintanto che c'era lui, era stato lui stesso a dirglielo: le aveva promesso che sarebbe stata sempre al sicuro, che non avrebbe mai permesso a nessuno di farle del male... aveva fallito.

Aveva davanti a sé quello sguardo così sincero e fiducioso e sapeva di aver fallito, aveva tradito la sua fiducia. Non era riuscito a salvarla, non era riuscito a proteggerla. Aveva solo potuto restare a guardare mentre urlava e bruciava. Aveva solo potuto guardarla morire.

Magda era fuggita, sconvolta da ciò che lui aveva fatto. Aveva massacrato tutte quelle persone senza muovere un muscolo. Forse lei aveva ragione, forse era davvero un mostro.

Anya era morta, la sua bambina era morta perché lui non era stato abbastanza forte per salvarla.

La sua famiglia non esisteva più. Era solo.

  
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