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Autore: Aoboshi    10/07/2015    4 recensioni
Un profilo scuro si avvicina all'immenso centro ShinRa, l'ombra slitta veloce. Nel silenzio della notte, risuona una nuova canzone, il cui ritmo accelerato e le frustate sonore, irrompono nel palazzo della compagnia. L'ombra prende corpo e si prepara all'attacco, cerca qualcosa, oltre la vendetta, ma il prezzo per trovarla, sarà sempre troppo alto
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Scarlet, Zack Fair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core
- Questa storia fa parte della serie 'il soldier e la tecnopate'
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L'adrenalina mi scorre nelle vene, guardo il mio corpo, la tuta lo ricopre attillata, sento i componenti metallici accarezzarmi le cosce. Tutti credono che la tecnologia non abbia cuore o mente, vero, a meno che non l'abbia ideata io. La mia tuta è un'armatura, frutto di anni di sperimentazioni e ricerche. Mi sono allenata, tanto, ma il mio corpo risulterà sempre debole e fragile, allora ho fatto affidamento sulla testa: Così l'ho realizzata, la mia armatura in fibra metallica, composta da microcellule robotiche, sono minuscole, ma da brava mammina le sento sfrigolare a contatto con la mia pelle. Possono bloccare tranquillamente qualsiasi proiettile, oltre a lasciarmi indifferente a qualsiasi sbalzo di temperatura. E' buio, l'oscurità è ferita giusto dalle mille luci dei laboratori ShinRa, il profilo scuro del cannone si staglia nel cielo terso come un lungo braccio desideroso di infettare anche le stelle. Il mio aiser fende l'aria silenzioso, è una tavola a propulsione, veloce, efficace, sicura, ha un sistema di richiamo collegato direttamente ad un cip inserito nella manetta sul mio braccio. E' il mio aiser, è la mia bestiolina, mi raggiunge sempre, quando ho bisogno di lui. La tavola sfreccia rapida, indurisco gli addominali per rimanere ferrata e in equilibrio, anche se i piedi sono fissati tramite dei cerchi magnetici, la lega metallica della suola fa il resto. Programmo la maschera, la schermata degli infrarossi si apre sui miei occhi. L'enorme edificio scuro davanti a me si scompone in uno scheletro di muri rossastri e semitrasparenti, vedo tutte le figure che si muovono all'interno, delle piccole, dolci, ignare, formichine. Io sono il formichiere, o il parassita, che si inserirà lì e lo distruggerà dall'interno.
Il segnalatore inquadra le persone, ne analizza i parametri vitali, sui miei occhi si staranno specchiano la miriade di piccolissime scritte, finalmente si accende la lucina blu: il condotto, la porta per l'inferno, loro, spero. Mi lancio, la sferzata di aria mi investe, artiglio le mani guantate sulle superficie metallica, l'aiser è dietro di me. Se fosse vivo, quasi sembrerebbe preoccupato, ed ha ragione, se casco ci sono non so quanti piani a separami dal terreno e non voglio diventare cibo per topi o la nuova bambolina dei barboni delle slum. Mi isso, ringrazio tutti i piegamenti e gli allenamenti, almeno sono capace di sollevarmi, mi infilo nella feritoia, riaccendo la maschera per la visione al buio. Mi volto e saluto il mio aiser, lo riprogrammo sul braccio, vedo la mia tavola svanire, coperta dall'oscurità. Accendo un'altra applicazione sulla maschera, vedo ai margini del mio campo visivo una piccola icona. Sorrido, perché no, dopotutto non lo saprebbe nessuno. Avvio l'applicazione, l'icona si fa più grande, non troppo da coprirmi la visuale, l'accenderò non appena aprirò le danze e, a giudicare dai metri che macino gattoni, non dovrebbe mancare molto. Un corridoio libero, c'è solo un povero stupido fante, bene. Guardo la tecnologia che mi ricopre, chissà cosa direbbe mio padre vedendomi, chissà quanto sarebbe fiero di me e dei miei lavori. Serro la mascella, purtroppo per colpa della ShinRa non posso saperlo... per ora. Forse non avrebbe apprezzato quello che sto per fare, o forse sì, se è vivo ed è stato torturato. Ma mando a razzolare le stupide considerazioni etiche, sono mostri, chiunque nella Shinra è un mostro.
Ed eccola, l'immagine di quel ragazzo steso sul mio letto, muscoloso, praticamente letale, ma con lo stesso potenziale di malvagità del cuscino sotto di lui. Mi scende l'amaro in gola. Cosa gli sto facendo...
No, scuoto la testa, non posso, non è il momento e non lo sarà mai, cerco di ripetermi che devo, che l'ho attirato a casa mia per avere fuori dai piedi uno dei soldier di secondo più bravi.
Sephiroth invece è in missione, dovrei ringraziare quello smorfiosetto di Genesis. Non ha idea del piacere che mi ha fatto. Mi scappa una risatina, lui era il primo ad odiarmi, ma anche a fornirmi l'occasione più propizia. Continuo a strisciare nella condotta, uno spiffero più freddo mi investe, le mani incontrano la grata. Con Sephiroth impegnato a fare la balia, Angeal e Genesis disertori, praticamente mi hanno fatto il regalo di natale in anticipo. Accendo il piccolo laser sul mio polso, brucio le viti, intanto la mia mano scende sulla coscia, afferro il manico dalla mia pistola. L'unica cosa negativa dei guanti è non poter sentire il freddo metallo della mia compagna, ma non importa. La grata cede, l'afferro prima che possa cadere, il fante è sotto di me. Sorrido, digito il menu sulle lenti touch della mia maschera, seleziono l'icona. La musica comincia, e così, le danze.

La musica tecno risuona nelle mie orecchie, non posso fare a meno di muovermi anche nello spazio angusto, il fante è sotto di me, afferro l'altra pistola, e mi lancio.
Sento il ritmo farsi più incalzante, vibrarmi dentro, non sento l'urlo del fante, ma gli punto la pistola contro e sparo. Non se lo aspetta, il suo urlo gli muore in gola, intanto sento il ritmo farsi più forte e non posso fare a meno di ballare. E' la mia colonna sonora, una tamarrata volgare e priva di qualsivoglia gusto musicale, ma è figa, mi piace, mi fa sentire viva e va a tempo con la mia eccitazione. Sarà solo una danza, o almeno così mi sembrerà esserlo. Il corpo del fante cade esanime, gli ho perforato lo sterno, il sacco morto crolla aprendomi la visuale sui suoi amichetti accorsi.
Si comincia.
Sparano, ma il ritmo mi impone di andare in ponte, mi rialzo, sparo, e un'altro è a terra, corrono verso di me. Mi muovo sinuosa, cambiando ballerino non appena la canna emette il suo verdetto in merito alle loro prestazioni. Pessime, ovviamente, perchè loro la musica non la sentono. Uno mi spara addosso, mi abbasso ancora, scivolo, lo gambizzo, urla al punto di coprire la mia canzone.
No, stupido, così non la sento!
Gli sparo un colpo alla testa, il proiettile trafora uno dei tre globi verdi e lui raggiunge i suoi. La mia bocca si arriccia in un sorriso. Vorrei dire che mi fa schifo, vorrei dire che mi sento in colpa, ma non è così, li odio, li odio così tanto. Non sono persone, sono mostri e lo sono anche io. Mentre trivello di colpi un altro, mi chiedo se la mia rapsodia omicida sarebbe venuta fuori comunque, intendo se la ShinRa avesse lasciato in pace me e la mia famiglia. Magari sono semplicemente pazza e questa è stata la scusa per farla venire fuori. Magari sarei diventata una folle scienziata della loro schiera. In quel caso, hanno perso un ottimo elemento.
Sparo, una fontanella di sangue si apre sui miei occhiali, è un momento, la pellicola robotica la fa scivolare via. Sono tutti a terra, un lago di sangue, sono morti, lo so, ho fatto in modo di colpire punti vitali. Mi muovo abbozzando un altro passo di danza, è la mia personale discoteca, riaccendo la mappa olografica degli occhiali, sono al livello 41, devo raggiungere gli uffici di amministrazione. Vorrei che questa fosse solo una missione killer, ma non è così, ho un obiettivo preciso e questa è forse la mia unica occasione. Ho tre minuti per inforcare la strada, raggiungere l'ufficio e cercare la documentazione prima che le canne dei soldier giochino al tiro al bersaglio con il mio simpatico fondo-schiena. Corro, il gps mi mostra la strada, il sottofondo tecno è lì a tenermi compagnia, immagino le note sotto forma di proiettili e luci. Incontro altri sottoposti, ma non hanno il tempo di urlarmi “Ehi”, sono già con un proiettile da qualche parte. Ne supero uno, gli sparo, lo afferro, lascio che la trivellata di colpi del compagno si scarichi su di lui, poi lo lancio e sparo anche io al suo amichetto. Bene, ho deciso che farò un altro gioco. Quando ero piccola mio padre mi faceva divertire con le simulazioni balistiche- almeno in questo ho avuto un'infanzia invidiabile- ho anche il theme di battaglia, cosa voglio di più!?
Colpisco. Cinquanta punti, ho fatto una sbavatura nella trachea. Mentre corro nel corridoio, ricarico la mia bambina, è divertente come non riescano neppure a darmi della puttana mentre li centro. Settanta, trenta, cinquanta, cento. Cadono come frutta troppo matura. La cosa divertente è che credono che i miei proiettili siano normali, non sanno che ho studiato le loro armature sin al midollo per trovare una lega abbastanza resistente da perforarle. Alcune porte si aprono, escono gli scienziati. Livello bonus.
Li passo velocemente in rassegna, non avranno armature o pistole, ma le loro teste sono più pericolose di tutte le braccia soldier messe insieme.
-Ciao belli, vi sono mancata?- la voce sembra quasi non appartenermi, è fredda, divertita. Sbiancano, non vedendo i loro scudi di carne e armatura. Parte la mia pioggia e i camici bianchi... diventano rossi.
Li guardo. Cento, cento, cento, ottanta, cento, centocinquanta. Il cuore mi batte per l'adrenalina e anche per l'aspettativa, le note rimbombano nelle mie orecchie insieme alle detonazioni, vado a tempo, sempre. Supplico non so quale divinità, non solo di trovarlo, ma di trovarlo anche abbastanza cosciente. Ma del vecchio sciacallo con i capelli sporchi e la voce gracchiante non c'è neppure l'ombra.
Non importa. Mi ripeto, lo troverò e magari non sarò sola quando lo farò fuori. Corro, dove diamine hanno messo quei dannati uffici? Cerco quello di Lazard, da lì posso vedere tutte le missioni dei soldier, oltre che le documentazioni scientifiche. Sento un clangore alle mie spalle. Merda.
Mi volto, sono una decina, terza classe, l'uniforme blu l'attesta. Abbasso lo sguardo e vedo, con loro, gli ultimi ritrovati del reparto bellico sperimentale. Automi e macchine cigolanti, un design datato e troppo approssimato, ma nelle battaglie non conta l'aspetto. Non ce la faccio, la mia bocca si stende in un sorriso a trentadue scintillanti denti. Non mi reputo una persona molto fortunata, cioè, hanno rapito i miei, mi hanno fatto condurre un'esistenza di schifo fino ad ora, al punto di dovermi fingere la fidanzatina perfetta della persona che vorrei trapassare con quella sua dannata masamune...
Però alle volte la ruota gira …
Digito il codice sul bracciale sinistro e attivo la risonanza. Quasi mi sembra di vederle, le onde del campo magnetico, anche se si sente solo un fischio. I soldier si guardano stolidi, ma poi, non appena la prima canna dei loro amichetti robotici si rivolta contro di loro, anche i loro cervellini da dobermann riescono ad elaborare. Il mio virus si diffonde sui loro macchinari, la tecnologia aiuta la sua mammina. Lascio ai miei nuovi amici l'onere di occuparsi dei soldier, io ho trovato la sala. La porta automatica in vetro mi restituisce per un secondo la mia immagine. La tuta scura è aderentissima, mette in risalto praticamente tutte le poche curve del mio corpo. Cosa dicevo sull'aspetto!?
Gli occhiali coprono totalmente i miei occhi, allo chignon sfugge giusto una ciocca castana. Ma è il mio sorriso a catturarmi, le labbra sono distese, mostrano i denti, sembro felice, sono felice, mi sto vendicando. La porta si apre e devo riconcentrarmi sull'obiettivo, sparo senza pensare al tizio davanti a me. Settanta punti. Lo calpesto, forse. L'ufficio è libero, mi spiace, avrei voluto bucherellale Lazard, sarebbero stati duecento punti bonus, ma non si può avere sempre ciò che si vuole. Mi lancio sulla testiera della scrivania, si apre lo schermo olografico, mi alzo gli occhiali e digito. Le mie dita si muovono velocemente sullo schermo impalpabile, non sono una musicista, ma credo di avere una rapidità manuale invidiabile. Eccolo, il documento sulla strage infangata di Gongaga. Lo leggo, i miei occhi si muovono saettando, sento i passi fuori dall'ufficio. Prendo la pennetta, comincia il download dei dati, devo hakerizzare della roba, ma non importa. Riattivo la risonanza, per rendere i server più collaborativi. Intanto si accendono le sirene e così le luci di allarme, ci credo, dopo una quarantina di morti, era anche ora. La voce ripete un irritante “Allarme intrusi!”. Il mio virus riattiva un contenuto, mi indica quello che cerco, la cartella del dottor Philip Neavy, ufficio di Rufus ShinRa, ultimo piano. Stacco la chiave, non prima di aver regalato un altro piccolo firewall, così, perchè mi sento tanto buona.
Si apre la porta dietro di me, alzo le braccia, piego i gomiti, le canne fumano dopo il colpo, sento il corpo cadere. Mi volto, ho avuto fortuna ancora una volta. Trecento punti. Prendo una delle munizioni speciali, il fumogeno. Lo lancio prima di uscire, la nebbia avvolge tutto e io posso fuggire. Appena sono lontana dal tiro, lancio il proiettile fire. Non ringrazierò mai abbastanza Sephiroth e Zack per avermi fornito così tante utili informazioni sulle materie. I miei due colpi reagiscono e dietro di me esplode lo spettacolo pirotecnico. Forse ho sbagliato mestiere. Ora la ShinRa sembra davvero una discoteca, le luci di allarme si accendono ad intermittenza rendendo il panorama psichedelico. Non posso non ballare. Mi abbasso gli occhiali, per sembrare ancora più volgare in quel rave party. I piani sono liberi, forse sono tutti a quelli degli uffici, mi nascondo, mentre una mandria di soldati mi supera senza notarmi. Mi sento quasi offesa, ma è solo un momento, ho sempre saputo di non essere questa grande bellezza. Corro mantenendo la risonanza, funziona per un raggio di cento metri, non sono riuscita a fare di meglio, altrimenti avrei hakerizzato tutti i macchinari comoda, comoda, dal mio appartamento. Arrivo all'ufficio del buon vecchio Rufus. Ci sono due turk. A fare la guardia.
Il tizio con i capelli rossi mi fissa, sgrana gli occhi, il suo amico gorilla al fianco mette fuori le armi, il rosso estrae delle spranghe.
-Ciao principessa, in giro a fare danni!?-
Perché non riesco a levarmi il sorriso dalla faccia?
Che bello, il ritmo della mia canzone è anche sincronizzato, mette il profilo di attesa per poi accelerare mentre corro verso di loro. Il gorilla cerca di afferrarmi. Non sono stupida, sono un disastro nel corpo a corpo, non resisterei un secondo, ma gli scivolo in tunnel e sono abbastanza esperta di uomini, per capire dove colpire. Un grido acuto copre la mia risata. Il gorilla è a terra e si copre il suo posticino tutto speciale mentre rotola e piange. La solidarietà maschile mi lascia sempre senza fiato. Il suo collega, atterrito, gli corre incontro per aiutarlo, gli sparo alle gambe.
-Bravo, vai ad aiutare la tua principessa!-
Quello mi urla un insulto, nulla di originale, e io che volevo apliare il mio vocabolario. Apro finalmente la porta e l'ufficio di Rufus è ai miei piedi. Guardo la grande stanza, che uomo megalomane, lui e i suoi poster di se stesso, sembra un miscuglio tra l'ufficio di un manager e la stanzetta di una teenager in preda agli ormoni. Poi vedo la mappa del nostro mondo, vedo i segni rossi con il simbolo della ShinRa, vedo quelli verdi dei Wutai, in netta minoranza. Mi fiondo sull'armadio dove sono sicura di trovarla. Apro il cassettone di ferro, lascio scivolare le mani, la carta mi graffierebbe se non avessi i guanti, finché non la trovo.
Carini, ci hanno messo tutti insieme. La targhetta recita “Neavy”, la butto sul tavolo, ci do un'occhiata rapida per essere sicura che sia quella che cerco. Vedo le foto dei miei, di mia sorella Linni e la mia, Sheera Neavy. Non ho mai voluto cambiare il mio nome, per questo, quando fuggii, gli apportai giusto qualche modifica. Sheela, al posto di Sheera, Vayne al posto di Neavy, chiunque con un po' di cervello avrebbe potuto fare due più due. Certo, come potevano immaginare che la bambina suicida di Nibelheim sarebbe tornata dai morti a reclamare vendetta? Va be', la loro stupidità mi ha fatto comodo, non dovrei neppure osare lamentarmene. Ma se posso insultarli ogni tanto, non mi spiace. Ora devo uscire, sento gli elicotteri e l'allarme come una grande orchestra, i cori dei soldier di sottofondo. Stanno aumentando, hanno capito che sono davvero un pericolo. Eppure ho la sensazione di non essere solo io. Rufus non era nel suo ufficio. A giudicare dalle parole di Sephiroth, Genesis era molto arrabbiato, forse il buon capo della ShinRa aveva pensato di farsi una vacanzina, finché le cose non fossero tornate a posto e i suoi pargoletti avessero smesso di dargli la caccia. Dannato vigliacco.
Esco, i due turk non ci sono più. Non li ho uccisi, ho solo fatto un favore all'umanità impedendo a uno dei due di riprodursi. Dovrebbero farmi una statua e chiamare me, eroina.
Vedo il profilo dell'elicottero. Merda. Mi infilo nell'ascensore mentre l'elicottero apre il fuoco. Ho il tempo di far saltare il tettuccio della scatola di metallo, mi ci infilo dentro. Apro la zip della tuta, la cartella finisce nel corpetto. Mi arrampico sui cavi, sotto di me, la detonazione dei colpi del caccia turk. Salgo, le braccia mi fanno male, sono allenata, ma non così tanto. L'adrenalina sta terminando, adesso comincio a stancarmi, ora le facce delle persone che ho ucciso stanno cominciando a guardarmi. Arrivo finalmente al piano superiore, apro le ante dell'ascensore e...
Merda.
Sono lì, cinque fanti, due di seconda classe e tre di terza, dieci in totale. E ricomincia la danza. Sparo, questi cercano di fendermi la gola con le loro spade, riesco ad eludere i colpi, e i soldier sono a terra. Uno dei fanti cerca di fuggire, è il primo che faccio fuori, l'altro lo colpisco con una gomitata, uno cerca di prendermi da dietro, non ho tempo di finire quello colpito, sparo alle mie spalle e l'aggressore è a terra. Gli altri due mettono fuori le pistole, ma sono già morti e non lo sanno. Ops, pardon, ora lo sanno, sono a terra. Rido, non ce la posso fare a trattenermi, la mia risata echeggia fresca nel corridoio, ma termina, all'improvviso. Un sparo, sento il sangue caldo scorrermi sulla guancia seguito da un dolore bruciante. Il rilevatore sugli occhiali fa il suo, mi indica il fante a terra, quello della gomitata, ha una pistola, si sta rialzando, il casco gli è caduto. Ha i capelli biondo cenere, lisci, sparati all'insù, lo sguardo è spaventato e trema, ma è deciso a farmi fuori. E' giovane, troppo giovane, poco più piccolo di Zack, è un bambino insomma. L'ira mi scorre dentro filtrando dalla ferita sulla mia guancia.
La.
Mia.
Guancia.
Il dito del ragazzo è sul grilletto, vedo il casco per terra, ci sparo sotto e questo salta, gli tiro un calcio con tutta la mia rabbia e centro il ragazzino. E' un colpo da cinquecento punti. Cade a terra, il naso gli sanguina, ho la pistola ancora calda, pronta a colpire ancora. Io lo faccio fuori quello stronzetto!
Ma sento dei passi e delle voci, devo andare via. Magari il colpo gli ha fatto risalire il setto fino al cervello. Scappo senza girarmi, le scale danno all'ultimo piano, il tetto.
Spalanco la pesante porta di acciaio. Il vento mi sferza la faccia e mi brucia la ferita. Respiro a pieni polmoni l'aria di libertà. La musica è finita, il mio respiro è ansante cammino verso il ciglio del tetto, richiamo l'aiser, sarà lì tra un minuto. La porta si chiude con un tonfo e allora sussulto. Non sono sola. Sgrano gli occhi mentre un brivido primordiale mi si arrampica in ogni dove. Il vento mi porta il suo odore, come faccio a non riconoscerlo, se ha praticamente impregnato il mio appartamento!?
No...No...No...
So di essere morta, non ho bisogno neppure di voltarmi o di prestare attenzione al rilevatore sulla maschera, la luce intermittente vuole solo confermarmi la mia dipartita. Lo so, è finita prima ancora di cominciare. Sento i suoi passi felpati ed eleganti. Io ho danzato nella ShinRa, ma quello che fa lui è di tutt'altro livello. Sta camminando lentamente, mi sta studiando, ma sappiamo tutti perfettamente che non ho chance. Mi decido e mi volto, tanto vale non fare la vigliacca e guardare la morte in faccia.
Il corpo imponente e allenato indossa il lungo soprabito di pelle nera, i rinforzi delle cerniere brillano nella notte, i capelli serici e argentei si muovono sinuosi al vento. La lama brilla sinistra nelle sue mani.
Cosa ci fa lì, non ha senso, doveva essere a cercare Genesis, a meno che...
Sento l'allarme a distanza. Non ero stata l'unica a infiltrarmi nella ShinRa, quella prima donna di Genesis ha oscurato il mio momento di gloria. Ha sferrato un attacco assieme a me, quell'inutile attoretto da due soldi!
Sempre a rubarmi la scena!
Sephiroth si avvicina e l'aiser non farà in tempo. Lo conosco, quell'uomo è capace di saltare sul letto ad una velocità spaventosa, figurarsi in un combattimento, e con la spada gli basta davvero poco per passarmi da parte a parte. Il mio battito rallenta, non posso fare niente, lo guardo stolida, mentre si avvicina, un grosso felino pronto a balzare sulla preda, io. Il luccichio della spada ammicca sinistro, chiudo gli occhi, sento lo spostamento d'aria. Uno schianto. Apro gli occhi di scatto e spalanco la bocca. Cominciano a bruciarmi, sto piangendo.
La masamune trema contro un'altra spada, una spada semplice, anzi fragile, quella di un semplice soldier di seconda. Sephiroth torreggia sul ragazzo, molto meno imponente di lui, più giovane, ingenuo e inesperto. Il ragazzo trema tutto per sorreggere il peso del colpo. La sua spada cede e si spezza con uno schianto.
Non ho bisogno di guardare il bracciale con le coordinate dell'aiser, è a cinquecento metri di distanza, ma io non riesco a muovermi e non riesco a smettere di piangere. Sephiroth sbuffa e si allontana. Zack cerca di rimanere in piedi, si volta verso di me, per assicurarsi che stia bene, i sui occhioni azzurro cielo mi trapassano, c'è di tutto là dentro. Tranne l'odio, davvero, vorrei che mi odiasse, forse lo vorrebbe anche lui, ma la parte più egoista di me è felice che non sia così. Non so perché sia lì, né come ci sia arrivato, anche se il ronzio dell'elicottero mi suggerisce qualcosa. Perchè le lacrime non si fermano!?
Vado in pezzi, tutti i miei sforzi per mantenermi fredda, crudele e cinica, quell'idiota li ha vanificati. Vorrei corrergli incontro, abbracciarlo e chiedergli scusa, scusa di tutto, di averlo lasciato solo nel mio appartamento, di avergli fatto scoprire in quel modo la verità. Vorrei chiedergli di perdonarmi per essere un mostro, so che mi perdonerebbe, quella è la cosa che fa più male.
-Fair!- la voce di Sephiroth è severa, gli occhi ferini sono per il mio soldier di seconda – Cosa stai facendo!?-
Zack si volta esterrefatto verso di me. E' così ingenuo.... Crede che anche Sephiroth possa riconoscermi. Ho il viso coperto dagli occhialoni a maschera, mi si vede solo la parte inferiore del viso, e l'oscurità la fa da padrona, le lucine degli impianti non fanno testo, é impossibile riconoscermi. Ma Zack può, lui mi riconosce, mi avrebbe riconosciuta anche se non avesse fatto due più due nel mio appartamento. Lui mi riconoscerebbe tra mille, e questa cosa mi spaventa e mi distrugge. Sephiroth non mi ha riconosciuta, vorrei ridere di questa cosa. Lui, il mio fidanzatino, non mi riconosce nonostante passi buona parte delle giornate a scartarmi come un pacco regalo. Zack ha avuto questa possibilità solo poche ore fa eppure...
-E' un nemico, Fair! Deve essere eliminato!- tremo a quelle parole, è vero, siamo nemici, io e quel ragazzo siamo nemici, chissà quanti suoi amici ho ucciso a sangue freddo. L'amaro mi serra la gola, l'idea che possa odiarmi mi paralizza. Cosa ho fatto...
Il ragazzo guarda prima me e poi Sephiroth, è sconvolto, non so cosa o chi sceglierà e ho paura di scoprirlo. Sephiroth sbuffa, le sue mani si illuminano per l'imminente firaga.
Duecentocinquanta metri.
Sephiroth sta per scagliarsi contro di me, Zack ci divide, non appena lo vede avventarsi, gli si lancia addosso e cerca di bloccarlo.
-No, Sephiroth lei è...-
Qualcosa dentro di me scatta.
NO!
Non deve saperlo. Prendo la pistola, i colpi partono più rapidi dei miei pensieri. Gemono entrambi. Sephiroth lascia la masamune, tra la pelle dei guanti scorre del liquido nero e vischioso, mi guarda con odio. Il mio sguardo supplice si sposta su Zack, è affranto, ha gli occhi sgranati mentre boccheggia, l'ho colpito di striscio al braccio. Ma l'ho fatto per lui, prima che per me, quella ferita lo scagiona da qualsiasi accusa di concussione. Sto piangendo, anche se lui non può vedere le mie lacrime. Sono sul ciglio del parapetto, il vuoto è alle mie spalle e mi decido, faccio un passo indietro, è paradossalmente facile. Apro le braccia e il nulla mi riceve. Sento Zack urlare qualcosa, adesso sa che non deve dire chi sono. So che è disperato, lo sono anche io, adesso ha capito, ha capito tutto. Precipito, sento l'aria sferzarmi la faccia, avvolgersi attorno alle braccia, una parte di me spera che l'aiser non mi raggiunga mai, che possa smettere di soffrire e far soffrire chi mi è attorno. Ma come spesso accade, queste aspettative vengono disilluse, l'impatto è però doloroso, ne sono contenta. L'aiser ferma il mio folle volo, imposto il pilota automatico. Sono stesa sulla tavola, un braccio sugli occhi, il petto scosso dai singhiozzi. Avrei voluto essere come il mio aiser, senza sentimenti, senza coscienza, una cieca macchina assassina. Ma non è così e sono arrabbiata, con la ShinRa, per aver fatto di me un mostro, e con me stessa per non averglielo impedito. Adesso torno a casa, devo far esplodere il mio appartamento prima che Zack ci ripensi e mi denunci... Per non destare sospetti farò saltare altri appartamenti nella zona, ho controllato quali di questi sono vuoti, almeno non ucciderò altri innocenti. A questo punto vorrei solo smettere di piangere.  



NdA: Questo racconto è un complemento a "Pioggia", la protagonista è sempre Sheela. In realtà, avrei voluto cominciare a scrivere in terza persona gli eventi che la riguardano, ma il suo punto di vista mi piace. So che è un personaggio un po' strano e forse irritante, però bo', mi piace come funziona, spero che possa piacere anche a chi legge ^.^
   
 
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