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Autore: sacca    10/07/2015    0 recensioni
Stracci di vita di due ragazze comuni (ma non troppo), una breve finestra sul loro rapporto malato, una riflessione, quasi, su un insano rapporto giunto al termine... o forse no?
"Ecco un'altra cosa interessante della ragazza: aveva molti conoscenti e pochi, pochissimi Amici. Avrebbe dato la vita per ognuno di loro. J. non era fra queste persone, loro non erano amiche. Lei era la sua anima gemella, la sua amante, il suo amore, l'altra metà della mela. Era la persona che più amava e, contemporaneamente, quella che più spesso avrebbe ucciso."
E' possibile seguano altre One shot su J&S ma sono ancora indecisa (probabile se J. dovesse non tornare e quindi non ricongiungersi più a S.). Però come diceva quella frase? Tutti tornano dove sono stati bene.
Fatemi sapere cosa ne pensate se vi va!
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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MALATE D'ANIMO

 

“Non ho avuto la pazienza
di colmare
la metà di te
che non cercava me.
Rimane
un letto disfatto
dove tu hai dimenticato
di portarmi via.”

Olga Tamburini



 

- Scrivi qualcosa! - le aveva detto J. con la sua solita voce imbronciata, triste, forse, perché S. non era più quella di un tempo: era cambiata e il cambiamento si era portato via quelle lunghe buona-notti che le scriveva sempre.

-Ma io scrivo! Ho un sacco di roba scritta! La maggior parte non finita, ovviamente – come poteva S. spiegarle che tutto l'annoiava e tutto l'incuriosiva? E così ecco che non riusciva a finire una storia che subito doveva cominciarne un'altra. Gliele avrebbe mai fatte leggere, le sue storie? Non lo sapeva. S. l'amava veramente con tutto il cuore ed era la sua “preferita” al mondo (rise ricordando quando J. le aveva portato la pizza e lei le aveva detto “è la mia preferita”, parlando quasi a se stessa, riferendosi alla sua amica e non a ciò che aveva portato) ma si fidava fino a quel punto? Un racconto, anche se incompleto, è qualcosa di estremamente personale e lei, in fondo, aveva paura a mostrarle quel suo lato, a farle vedere che c'era anche dolcezza e voglia di amare in lei, che non tutto era cambiato. E se l'avesse presa in giro? E se i suoi scritti non le fossero piaciuti? O se, peggio, non gli avesse capiti? Non poteva rischiare.

- Di noi? - chiese allora J., sempre più imbronciata. Era così carina a volte. Carina e fastidiosa. Perché doveva sempre comportarsi così? Non poteva semplicemente accontentarsi? Era questo ciò che faceva arrabbiare S. più di tutto: non era forse abbastanza ciò che faceva? Perché J. doveva chiedere sempre di più? Le stava già dando di più! Più di quel che dava a ogni altra persona, più di quel che voleva e poteva in realtà darle, più di quel che fosse veramente pronta ad ammettere di riuscire a dare...non bastava? No, lei ne voleva ancora. J. era sicuramente la più avara ed egoista delle persone e quando si trattava di S. lo diventava ancora di più. Doveva essere sua e di nessun altro. Sua nel modo in cui diceva lei, sua da poter controllare a suo piacimento, solo sua da amare! E S. doveva amarla come diceva lei! Aveva chiaro in mente come S. dovesse comportarsi, come dovesse manifestarle i propri sentimenti e, nonostante la ragazza facesse del suo meglio, non era mai sufficiente, nulla lo era.

- A volte sì! - ed era vero! Aveva scritto papiri su quel loro rapporto malato, per lo più accuse e recriminazioni verso di J, nei momenti di sconforti o se avevano litigato per non parlarsi, al solito, per mesi o ancora quando J. l'aveva fatta arrabbiare. Ma aveva anche scritto parole così piene d'amore che, al solo pensarci, le veniva da piangere. Il loro era certamente un amore malato, velenoso. Quel tipo di amore che si presta volentieri alla penna. E, a essere onesti, anche S. era un po' malata nell'anima. Non sapeva veramente quando fosse successo, una mattina, semplicemente, si era guardata indietro rendendosi conto di essere diventata fredda, una grande stronza che riusciva a sopportare a malapena la gente e che, per questo e per la sua capacità di non riuscire a tenere la bocca chiusa, si cacciava sempre nei guai. Aveva anche uno strano senso dell'onore, forse tutti i libri cavallereschi che aveva letto le avevano fumato il cervello! Mai mentire, anche a costo di far star male le persone, alzarsi per i propri diritti e quelli dei più deboli, anche se questo implicava spesso e volentieri immischiarsi in affari non propri e finire in qualche azzuffata. E fare tutto, veramente tutto, per un Amico. Ecco un'altra cosa interessante della ragazza: aveva molti conoscenti e pochi, pochissimi Amici. Avrebbe dato la vita per ognuno di loro. J. non era fra queste persone, loro non erano amiche. Lei era la sua anima gemella, la sua amante, il suo amore, l'altra metà della mela. Era la persona che più amava e, contemporaneamente, quella che più spesso avrebbe ucciso. C'era solo un modo per definire il loro rapporto: malato.


- E perché non me li fai mai leggere? - insistette J., che era passata dall'essere imbronciata ad essere estremamente arrabbiata. Solito. È che proprio non capiva! Sapeva quanto amore avesse da dare S., si era innamorata del suo cuore e lei così spesso glielo teneva nascosto. Ultimamente poi, si ritrovava spesso a piangere, da sola, in camera, a ripensare a cosa erano state un tempo e cos'erano ora. Come era successo? Era per questo che litigavano sempre, Lei rivoleva la vecchia S. e non si sarebbe accontentata di nulla di inferiore. Era anche il motivo per cui era sempre così arrabbiata. Sapere che lei era lì, da qualche parte fra la S. sempre nervosa e quella sempre agitata, ma non riuscire più a tirarla fuori, la mandava su tutte le furie.

- Facciamo così: quando sarà arrivata la nostra fine pubblicherò qualcosa dove tutti potranno vederlo, dove anche tu potrai sempre andarlo a rileggere. Così, anche se non ci sarò più io, avrei sempre quelle poche righe per ricordarti di me. E di cosa hai perso, perché è chiaro che sarà colpa tua se non ci parleremo più, definitivamente questa volta – e l'aveva fatto! S. l'aveva detto quasi per ridere, per prenderla un po' in giro, per ricordare a J. che litigavano spesso per delle stupidaggini dovuti ai suoi strano modi di vedere S. e alle sue teorie di come S. dovesse comportarsi. Solo che alla fine era successo veramente, S. era arrivata al punto di non ritorno così, una sera, aveva scritto davvero qualcosa per lei e, come aveva predetto, era colpa di J. se non esisteva più un “noi”. Ma era davvero così? Il loro amore esisteva da più di 5 anni, era stato il destino a farle incontrare, di questo ne erano certe entrambe, erano sicuramente quello che i grandi scrittori chiamano “l'una per l'altra”, soffrivano nell'anima a stare lontane e dunque, scrivendo, a S. la domanda sorgeva spontanea: era davvero un addio il loro?

 
   
 
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