I
Never
Forgot.
La
mamma di Fuusuke
faceva la maestra in un orfanotrofio. Diceva sempre che tutti i bambini
meritavano di sapere almeno le basi dell'istruzione, per questo aveva
accettato
di insegnare lì, al Sun Garden, che il giardino lo aveva ma
non si può dire lo
stesso del sole. Suzuno era sempre stato un bambino molto intelligente
e anche
all'età di sei anni capiva cosa volesse dire essere orfani.
Significava non
avere genitori, essere soli al mondo e l'albino immaginava che tutto
questo
fosse una cosa davvero molto triste. A volte la donna lo portava con
sé alle
sue lezioni nell'orfanotrofio e Suzuno storceva il nasino ogni volta;
era
noioso starsene lì in un angolo, seduto su una seggiolina ad
ascoltare le parole
di sua madre, spesso
noiose quanto il
contesto, mentre fuori c'era l'aria fredda di novembre oppure il vento
frizzante della primavera. Lui voleva uscire, voleva sedersi sotto un
albero e
godersi la piacevole sensazione del vento sulla sua pelle.
La
donna era solita
portare gli orfanelli del Sun Garden in un parco appena fuori
città, quando non
aveva lezione. Ai bambini piaceva quel posto, era diverso dal solito
giardino
recintato dell'orfanotrofio, a partire dal fatto che l'erba cresceva
ricoprendo
di verde l'intera zona, non solo a tratti il poco terreno presente. Il
prato
era costellato da tanti piccoli fiorellini bianchi e azzurri, gli
alberi si
ergevano imponenti con le loro chiome creando ampi spazi d'ombra,
cespugli
circondavano l'intera zona e al centro vi era un grande scivolo in
legno
dipinto di rosso ed un'altalena. La campagna era senza ombra di dubbio
più
gioiosa e fresca della cittá, il luogo perfetto per far
giocare i bambini.
In
quel pomeriggio di
metá estate tirava un venticello piacevole e rigenerante,
scuoteva appena le
innumerevoli foglie degli alberi e si confondeva fra le voci allegre e
infantili dei piccoli che si divertivano, spensierati, a rincorrersi
nel prato.
Fuusuke se ne stava in disparte all'ombra di un albero dalle fronde
particolarmente fitte, che rendevano più fresco e ombroso
l'ambiente
sottostante. Gli piaceva stare così, in pace, immerso nella
natura a bearsi del
fresco venticello che a tratti spirava, smuovendogli appena i soffici
capelli
bianchi come la neve, pettinati in modo assolutamente originale.
"Guardie
e
Ladri". Una bimba propose quel gioco e subito tutti furono d'accordo.
Alcuni contavano e gli altri si nascondevano, attendendo di essere
trovati.
Suzuno non era molto sicuro che il gioco consistesse solo nel
nascondersi e
cercarsi, non aveva mai partecipato: lui non aveva amici con cui
poterlo fare e
nemmeno li cercava, preferiva stare in solitudine, anche se spesso
starsene
perennemente solo lo portava a sentire come un piccolo spazietto vuoto
nel petto,
all'altezza dei polmoni. Era piccolino, non sapeva cosa significasse,
ma aveva
capito che s'intensificava ogni qual volta lasciava cadere il proprio
sguardo
celeste su tutti quei bambini come lui, identici, ma con un sorriso
solare
stampato in viso che lui non conosceva.
Correndo,
un bimbo
dai capelli verdi come l'erba alla luce del sole e la pelle abbronzata
cadde e
si sbucció le ginocchia. Rimase seduto un attimo a terra con
gli occhi neri
velati di lacrime, il tempo che ci volle perché un altro
bambino, stavolta
rosso di capelli, dalla pelle diafana e gli occhi color acquamarina, lo
raggiungesse e gli porgesse la mano, sorridendo dolcemente. Appena i
loro
sguardi si incontrarono, gli occhi neri del piccolo verdino si
illuminarono.
-
Grazie Hiroto! - disse il piccolo, ricacció indietro le
lacrime per mostrare il suo bel sorriso al rosso, accettando la mano e
tirandosi su con il suo aiuto.
-
Che sbadato che sei, Midorikawa! - esclamó da lontano un
terzo bambino dagli occhi dorati e i capelli rosso fuoco acconciati... a forma di tulipano?
Il
verdino si
imbronció e nessuno fece in tempo a ribattere che un tipetto
alto dai lunghi
capelli neri sbucó dietro al terzo bambino, scompigliandogli
l'acconciatura
stramba.
-
Saginuma, non toccare la mia fiamma! - si dimenó il rosso
urlando e sbraitando frasi sconnesse.
-
Capita a tutti di cadere, non solo a Midorikawa. Nagumo,
dovresti essere meno arrogante e più gentile. - disse
pacatamente il nero,
lasciando in pace la presunta fiamma dell'altro.
-
Uff, siete tutti pallosi... - brontoló il rosso (che
pareva chiamarsi Nagumo, secondo le parole di Saginuma) per poi
voltarsi e
andarsene lontano da loro con un broncio infantile stampato in viso.
Stupido
tulipano, pensò fra sé e sé
Fuusuke distogliendo lo sguardo
e concentrandosi ora sui piccoli fiorellini che crescevano tra l'erba
fresca.
L'atmosfera si era fatta improvvisamente silenziosa e il prato si era
sgombrato
di colpo, fatta eccezione per pochi bambini che contavano ad alta voce.
Suzuno
rimase perplesso: dov'erano finiti tutti?
-
Ehi, ciao! - una piccolina dai lunghi capelli color
cioccolato correva velocemente verso di lui, bisbigliando. - Ti
dispiace se mi
nascondo qua dietro? - indicò il tronco dell'albero al quale
era appoggiato
l'albino. - Gli altri posti sono già occupati!
Il
bambino la
osservò
interdetto, senza sapere come risponderle. Lei lo guardò in
viso con quei suoi
occhioni castani, si incupí per un nanosecondo e infine gli
sorrise raggiante,
per poi andarsi ad accovacciare dietro all'albero.
-
Fai pure. - disse
Fuusuke. Aveva un tono di voce piuttosto neutro per un bambino di soli
dieci
anni e constatarlo fece impensierire la castana.
-
State giocando a
"Guardie e Ladri"? - le chiese Suzuno, spezzando il silenzio.
-
Sí! Non trovi che sia un gioco molto divertente?
Non
smetteva mai di
sorridere, lei. Proprio mai. L'albino era sicuro che le sue labbra
fossero
piegate all'insù soltanto ascoltando il tono di voce solare
della piccola,
nonostante fossero di spalle con un tronco a dividerli.
-
Non ci ho mai giocato. - disse, questa volta il silenzio
prese una nota di inaspettata tristezza, ma non duró molto.
La castana,
infatti, uscì dal suo bel nascondiglio e prese Suzuno per il
braccio,
trascinandoselo dietro verso gli altri bambini.
-
Rebecca, ti ho trovata! - urló eccitato il verdino,
correndole incontro.
-
Pazienza, per questa volta avete vinto voi. - sorrise lei,
contenta. - Guardate, ho trovato un nuovo amico! Giocherà
con noi! - aggiunse
poi indicando l'albino, rimasto interdetto. Che
cavolo stava facendo quella bambina? Perché lo aveva
trascinato in mezzo agli
altri?
-
Ma non è il figlio della maestra? - Nagumo, appena
arrivato, si impose subito con il suo caratteraccio e una domanda
impertinente.
L'albino si riscosse immediatamente dai suoi precedenti pensieri.
-
Sí. - gli rispose, gelido, senza scomporsi di un
millimetro. Nell'aria, la tensione fra il rosso e l'albino era
palpabile. Si
davano ai nervi a vicenda, probabilmente. Una cosa abbastanza ovvia dal
momento
che parevano due opposti già dall'aspetto, per non parlare
poi del carattere e
del modo di esporsi.
-
Che cosa importa?
Dai, continuiamo a giocare! - a rompere quel fastidioso silenzio fu
Hiroto,
fortunatamente tutti lo ascoltarono, compreso il tulipano che, prima di
voltarsi, rivolse un ghigno di sfida a Fuusuke. Quest'ultimo non
rispose,
troppo occupato a tenere testa alla castana che lo stava trascinando in
giro
per il parco alla ricerca di un nuovo nascondiglio. Correvano senza
meta fra i
fiori e l'erbetta luminosa, Suzuno pensò che quel paesaggio
fosse perfetto per
lei: era felice e solare, proprio come il sorriso che ella rivolgeva a
tutti,
lui compreso. Era davvero carina.
Per
fortuna che c'era il sole e l'albino cominciava a sentirsi accaldato a
forza di
correre, altrimenti il leggero rossore che gli colorava le guance color
caffèlatte avrebbe avuto un'altra motivazione per essere
comparso.
-
Guarda lá, c'è un cespuglio enorme! -
esclamò
improvvisamente la bambina, destandolo dai suoi pensieri. Corsero in
direzione
di un groviglio intricato di rami e foglie scure, fitte. Lei si
guardó intorno
per accertarsi che nessuno l'avesse vista e aggiró il
cespuglio,
accovacciandosi dietro. Non appena si sedette -o meglio,
tentó invano- sul
terreno, si sbilanció all'indietro e cadde dentro al
groviglio di rametti.
Inaspettatamente, quella aveva tutte le carte in regola per sembrare
una cavità
all'interno del cespuglio. La piccola castana si massaggió
la schiena
dolorante, ridacchió per la figuraccia appena fatta e subito
dopo chiamò Suzuno
e lo invitó ad entrare all'interno anche lui, per non essere
visto.
Lo
spazio dentro al
cespuglio era poco e male allestito -d'altronde, cosa ci si
può aspettare da un
arbusto?-, il terreno era freddo e ricoperto di foglie secche e non
entrava
luce, tanto erano fitti i rami. A causa dell'umidità, l'aria
che si respirava
era pesante. Tuttavia, quel piccolo e angusto angolino di prato
sembrava fatto
apposta per loro. Suzuno non osava guardare la bambina negli occhi,
troppo
occupato a fingere di non sentirsi teso dall'improvvisa piega che aveva
preso
quel pomeriggio. Lei, invece, continuava a sorridere.
-
Non mi hai ancora detto come ti chiami! - bisbiglió.
-
Nemmeno tu. - le
rispose l'albino, utilizzando il solito tono distaccato.
-
E va bene, mi
chiamo Rebecca. - gli sorrise ancora. - Ma se ti va puoi chiamarmi
Bebe!
Seguirono
pochi
attimi di silenzio prima che Fuusuke parlò.
-
Suzuno. - disse, nulla di più e nulla di meno, perdendosi
ad osservare distrattamente i piccoli buchini fra le foglie dalle quali
provenivano sottili fasci di luce.
-
Piacere di
conoscerti allora, Suzuno!
In
tutta risposta al
suo sorriso smagliante, Fuusuke mugugnó appena in segno
d'assenso. Di lí in
poi, solo silenzio. In lontananza si sentivano le urla dei bambini che
scovavano gli amici nei loro nascondigli e Suzuno si chiese se li
avrebbero
trovati, loro due. Non ne era affatto sicuro. Come per ottenerne una
conferma,
spostò il suo sguardo su Bebe e lei gli sorrise.
-
Perché fai così? - fu una domanda che gli
uscí
involontariamente, senza che potesse controllarsi e tacere.
-
"Così"
come? - chiese la castana, guardandolo interrogativamente.
-
Sorridi sempre. Cerchi di far sorridere gli altri. -
Fuusuke distolse lo sguardo. - Cerchi di
far sorridere me. Perché? - se lo chiedeva
veramente. Lui che non aveva mai
avuto amici e nemmeno ne voleva (per quanto si ostinasse a dirsi) in
quel
momento aveva trovato un'amica. Un'amica sempre felice che cercava in
tutti i
modi di far sentire felice anche lui.
-
Semplice: adoro vedere gli altri sorridere! - rispose
serenamente Rebecca. - E lo stesso vale per te! Dovresti
sorridere di più, Suzuno.
L'albino
non poté
fare a meno di abbozzare un lieve risolino. Era incredibile ed
inaspettato
l'effetto che aveva quella bambina su di lui, mai se lo sarebbe
immaginato. Non
ebbe il tempo di spiccicare parola che sua madre, la maestra,
richiamó tutti
per tornare nell'orfanotrofio. Senza che se ne rendessero conto,
infatti, il
cielo si era già dipinto delle tonalità soffuse e
calde del tramonto.
xxx
La
mamma di Fuusuke morì qualche giorno dopo. Suo padre gli
aveva detto che si era come 'addormentata' sulla sedia, davanti alla
cattedra,
e i bambini avevano pensato che avesse ceduto alla stanchezza. Quando
poi si
accorsero che non si svegliava più, chiamarono aiuto. Forse
era destino, o
forse no, fatto sta che subito dopo aver celebrato il funerale della
donna,
Suzuno e suo padre lasciarono quella città per tenersi il
più possibile lontani
dai ricordi e traslocarono dai nonni.
A
tredici anni,
Fuusuke ripensava con nostalgia al tempo passato con la madre. Pur di
riaverla
avrebbe sopportato altri cento giorni in classe ad ascoltare le sue
noiose
lezioni, l'avrebbe accompagnata anche più spesso. Ma ormai
era troppo tardi e
quelle memorie non potevano far altro che restare tali e continuare a
vivere
unicamente nella sua testa.
Aveva
da tempo
rinunciato ad avere degli amici. A scuola nessuno si avvicinava a lui
per via
del suo carattere cupo, disilluso, freddo. Per contrastare la
solitudine si
gettava a capofitto nello studio, riuscendo a constatare persino che
era
portato per le materie che richiedevano ampio uso della logica e aveva
un'ottima memoria. Ma gli altri ragazzi non volevano come amico un
silenzioso e
cinico sapientone, così Suzuno si era trovato solo. Sempre.
A
volte gli capitava
di ripensare al passato, ma non ai ricordi con la madre,
bensí a quelli che
grazie a lei gli era stato possibile vivere. Chissà, magari
se quella mattina
fosse andato all'orfanotrofio con lei, sarebbe riuscito a tenerla
sveglia. Si
era proprio addormentata, la sua mamma, prima che la morte se la
portasse
via... forse nemmeno se ne stava rendendo conto.
E
i bambini del Sun
Garden? Adesso chi avrebbe insegnato loro? Chi li avrebbe portati in
campagna,
in quel prato, a giocare? E quella
bambina, Rebecca, dov'era finita?
-
Ehi Suzuno,
cos'è
quell'aria triste? - capitava spesso che si ritrovasse i grossi rubini
del suo
vicino di banco incollati addosso, quando si perdeva nelle sue
innumerevoli
domande senza certe risposte. Afuro
Terumi. L'unico ragazzo dell'istituto capace di atteggiarsi
come se fosse
un dio greco sceso in terra con l'unico scopo di farsi ammirare. -
Qualunque
cosa tu abbia, non preoccuparti, ci sono io con te! - concluse
scostandosi
egocentricamente la chioma bionda e lucente indietro, lungo la schiena,
dando
prova della sua importanza e magnificenza.
-
Adesso sí che mi sento meglio.
xxx
All'età
di sedici anni, finalmente Suzuno poté ritornare a
far visita alla sua vecchia città, quella dove aveva vissuto
con la sua
famiglia fino a sei anni prima. Suo padre non sarebbe mai stato
d'accordo, lui
non aveva superato minimamente la perdita della moglie:
era caduto in una lunga depressione sfociata
nell'alcol, farsi seguire da psicologi non era servito a nulla, era
irremovibile. Ma Fuusuke voleva rivedere i luoghi dove aveva vissuto
tutta la
sua vita, voleva tenersi stretti i ricordi e non lasciarseli alle
spalle. Non
voleva dimenticare.
La
città non era
minimamente cambiata. Camminare nuovamente su quelle strade era come
fare un
tuffo nelle memorie, con qualche microscopica differenza. A Fuusuke la
città
era sempre sembrata triste, soprattutto in prossimità
dell'orfanotrofio.
L'ambiente sembrava percepire la tristezza di un luogo simile e ne era
impregnato, quasi per crudele scherzo. Quell'edificio spoglio e
malconcio
doveva accogliere i bambini e farli sentire a casa, come se lo fossero
davvero.
Invece era tetro, buio, copriva la luce del sole, era inospitale.
Proprio come
nei suoi ricordi. Il piccolo giardinetto che aveva all'entrata era
completamente freddo ed in ombra, deserto. Ecco anche un altro motivo
per cui
odiava accompagnare la madre a lezione: quel posto era terribilmente
infelice.
Ma lei riusciva a renderlo migliore. Ci riusciva davvero.
Fuusuke
si chiedeva
spesso perché erano sempre le
persone
migliori ad andarsene, eppure non sapeva darsi una risposta.
Con l'autobus
aveva raggiunto in maniera relativamente veloce la periferia della
città,
arrivando a piedi alla sua destinazione. Non era ancora primavera,
l'aria
pungente di marzo gli si insinuava nella camicia bianca come il latte
facendolo
rabbrividire. Avrebbe dovuto vestirsi un pó più
pesante.
Il
prato era proprio
come se lo ricordava: fresco, pulito, assolato, felice. Con lo scivolo
e
l'altalena, gli alberi, i cespugli, i fiorellini appena sbocciati
timidamente
tra i fili d'erba. Inspiró profondamente. Gli pareva quasi
di sentire gli
urletti eccitati dei bambini del Sun Garden quando, sei anni prima, sua
madre
li aveva portati proprio in quel posto. Suzuno si appoggió
appena ad uno degli
alberi all'entrata del parchetto. Ricordava bene quel giorno, il buffo
Midorikawa, il dolce Hiroto, il saggio Saginuma, lo scontroso Nagumo.
La
piccola Rebecca, l'unica vera amica che lui abbia mai avuto. Erano
passati sei
anni, ma come poteva scordarsi di lei? I
suoi occhi castani, i suoi capelli color cioccolato, quella sua bella
vocina
allegra che lo incitava a partecipare ai giochi, a sorridere. Indimenticabile.
Effettivamente,
si
accorse tardi, nel prato c'erano dei bambini, quel giorno. Facendoci
caso, si
accorse che stavano giocando tutti insieme. Correvano da una parte
all'altra
del prato verde, guardando dietro ogni angolo, ogni posto, ogni albero.
Guardie e Ladri.
-
Bebe! Dove ti sei
nascosta?! - stavano urlando i bimbi, esasperati. L'albino si
bloccó
all'istante. Quel soprannome non gli era nuovo. Fu come se una
lampadina gli si
fosse improvvisamente accesa, nei meandri della mente: Suzuno
attraversó il
prato fiorito senza farsi notare e, attento a non fare rumore,
aggiró uno dei
tanti grovigli di rami e foglioline che formavano un cespuglio
più grosso degli
altri. Senza pensare a nulla si abbassó e andó ad
accovacciarsi in un punto
preciso, districandosi dai rametti, sedendosi rapidamente all'interno
di quella
piccola cavità, sul terreno. Lo spazio era davvero poco,
quasi non si respirava
ed era buio, la luce filtrava debolmente attraverso le fitte foglie
verde
scuro. Sentí il calore di un respiro molto vicino a lui.
-
Ero certo di trovarti qui, - disse, continuando a
guardarsi intorno fino ad incontrare lo sguardo castano di una ragazza
dai
lunghi capelli color cioccolato. Non era cambiata di un millimetro,
solo il
fisico si era sviluppato, assomigliando ora ad una ragazza e non
più ad una
bimba. - Rebecca. - concluse, accennando appena un sorriso. Ora che ci
pensava,
non era nemmeno sicuro che si ricordasse ancora di lui. Dopotutto erano
passati
ben dieci anni. E poteva non essere lei. Ma su questo non aveva dubbi.
Era lei,
era inconfondibile. Gli sembrò che stesse cercando di
formulare una risposta,
troppo presa dallo stupore. Poteva essere un effetto positivo.
-
Suzuno... ? -
disse, titubante, con le guance leggermente imporporate.
-
Suzuno Fuusuke. - ripeté lui, aggiungendo il nome
completo. La vide cambiare rapidamente espressione, fare un sorrisone
ampio e
luminoso, tanto lucente da illuminare quel minuscolo spazietto fra i
rametti.
-
Quanto tempo... come hai fatto? - la castana si sedette
più compostamente, andando leggermente a cozzare contro il
corpo di Fuusuke.
Ridacchió, imbarazzata dalla situazione. Due adolescenti che
non si vedevano da
sei anni, nascosti in un cespuglio di un parco. Decisamente poco
consueto, eppure
Suzuno parve non farci caso. Sgombró la testa da tutti
pensieri superflui,
parve non accorgersi nemmeno di aver perso momentaneamente la
compostezza e
rigidità di sempre, posó la fronte su quella
della ragazza, la guardò
intensamente.
-
Non ho mai dimenticato.
.
.
.
Buongiorno,
Bebe-chan!
♥
Piaciuta
la sorpresa? Io spero di shi uvu
Mi
sono impegnata un casino a scriverti questa os lunghissima
come mai prima d’ora mi era successo- questo per ringraziarti
sia dei
complimenti che mi fai sempre che della tua os che mi hai dedicato, aw.
Spero
ti abbia fatto piacere ciò che ho scritto, la SuzuBebe
c’è, ma in pratica il
finale è lasciato molto all’immaginazione, oserei
quasi definirlo incompiuto.
Ma mi piaceva troppo concludere con quella frase
ç.ç
Mi
sono ispirata alle poche cose che so di te –ami far sorridere
le perone, ami il gioco ‘guardie e ladri’- e mi
auguro di averti resa il più possibile
IC x’’
Per
quanto riguarda gli altri personaggi, io boh- sarà colpa di
Changes se mi viene naturale descrivere la vita di Fuusuke, e renderla
sempre
malinconica al massimo. Poverino— Invece, stavolta Midorikawa
l’ho fatto solo
cadere lol. Niente alberi assassini E Hiroto
è sempre dolcioso. E Nagumo
si intromette sempre. E stavolta è spuntato pure un saggioh
Saginuma! Per non
parlare dell’apparizione random di Afuro- non riesco
tutt’ora a capire il
motivo, eppure mi ispirava infilare pure lui. Boh, chi capisce la mia
ispirazione è bravo x°°
Neeh,
spero che questa sorpresina chilometrica ti abbia fatto
piacere e sorridere almeno la metà di quanto ho sorriso io
grazie alla tua os
c:
Grazie
mille a chi recensirà/leggerà!
See
you later,
_Breathing.