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Autore: FRAMAR    11/07/2015    24 recensioni
Era la prima volta che le accadeva di pensare che Enrico, forse, non fosse l'uomo che avrebbe potuto renderla felice. LE sarebbe stato più facile esserlo con un uomo tenero e sensibile.
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Dedicato alla mia amica HippyLove
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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E arrivi tu


 
 
“Un momento, per favore!”, gridò la ragazza correndo affannata verso l’ascensore. Il ragazzo che lo occupava riaprì ed attese che lei entrasse.

“Grazie”, sorrise lei, “terzo piano… mi chiamo Simona”.

“Bene, io mi chiamo Gabriele”, aggiunse lui con un bel sorriso smagliante.

Simona per guadagnare tempo cercò le chiavi nella borsetta ed i guanti le sfuggirono. Il ragazzo si chinò premurosamente a raccoglierli e glieli porse. Poiché era giunta, Simona li prese distrattamente e uscì ringraziando. Soltanto quando fu in casa si accorse che i guanti erano tre, evidentemente, nella fretta, quel ragazzo gliene aveva dato anche uno dei suoi. Pensò di lasciare il guanto in portineria scendendo, affinchè la portinaia lo restituisse al proprietario, che conosceva soltanto di vista. Era infatti, il fidanzato della figlia dell’avvocato del quinto piano. Per non dimenticarsene pose il guanto bene in vista sulla mensola dell’ingresso.

Corse in camera e prese a cambiarsi in fretta pensando contrariata che avrebbe preferito distendersi e rilassarsi un quarto d’ora prima di uscire. Ma con Enrico non c’era modo di ragionare. Lui pretendeva che in mezz’ora tornasse a casa a cambiarsi e fosse pronta, fresca e sorridente (nonostante la giornata passata in piedi, in negozio) per trascorrere la serata con lui. Se tardava cinque minuti non la finiva più di brontolare.

Si stava infilando il giubbottino quando suonò il campanello. Era Enrico che si era già spazientito di attenderla giù in strada, benché il ritardo non fosse che di dieci minuti. Come Simona aprì, l’apostrofò in modo sgarbato: “Non sei ancora pronta? Voi donne quando siete davanti allo specchio perdete la nozione del tempo”.

Simona non rispose. Mentre raccoglieva la borsetta e ne controllava il contenuto, Enrico spalancò la porta e con due falcate attraversò l’ingresso. Lo guardò allarmata vedendo il suo volto indurito e gli occhi lampeggianti mentre sollevava dalla mensola, tenendolo con due dita come se fosse qualcosa di immondo, il guanto maschile. “E questo che cosa sarebbe?”, ruggì fissando la ragazza.

Lei lo guardò irritata e rispose seccamente: “È un guanto da uomo, mi pare evidente”.
“Evidente, sicuro, ed è anche evidente che mentre io devo aspettarti in strada perché la gente non abbia a pensare male, qualcuno ha invece la libertà di accesso dal momento che può dimenticare qui i suoi guanti!”, sibilò furioso.

Simona, cui quell’insinuazione aveva fatto l’effetto di una frustata si sentì andare il sangue alla testa: “Prima di tutto sei tu che hai la fissazione di non farti vedere su, per me puoi venire quanto ti pare e piace. E poi ti rendi conto… “. Ma lui la interruppe gridando: “Voglio sapere a chi appartiene”.

Simona rimase allibita e indignata per questa sfuriata. Gli strappò di mano il guanto che Enrico continuava ad agitarle sul viso e rispose furibonda: “Scoprilo da te di chi è, visto che sei tanto perspicace!”. Gli volse le spalle e lo lasciò solo. Dopo qualche istante di silenzio lo sentì uscire sbattendo la porta.

Che giornata infernale! Ci voleva quel disgustoso episodio per completarla. Già nel pomeriggio il direttore del magazzino l’aveva rimproverata perché con le clienti era troppo remissiva e compiacente e quelle ne approfittavano per farle perdere tempo inutilmente. Ma forse aveva ragione. Era troppo timida ed acquiescente con tutti. Anche con Enrico e aveva sbagliato. Ora se ne rendeva conto. Era sempre disposta a chiedere scusa anche quando sapeva di avere ragione, solo per amore di pace, perché le spiaceva vederlo rannuvolarsi. In principio la sua dolcezza pareva intenerirlo, ma poi la sua indole aveva il sopravvento e ormai pareva che provasse un acre piacere nel mortificarla, rimproverandola aspramente anche per le più piccole cose. Ma stavolta aveva esagerato e Simona sentiva che qualcosa di sconosciuto si stava agitando in lei: una ribellione sorda che forse era latente già da tempo.

Involontariamente pensò al proprietario del guanto. Doveva essere un tipo del tutto opposto a Enrico. Era un biondino, distinto e gentile, lo si capiva dal suo sorriso così garbato… Ma non tutte le ragazze hanno la fortuna di incontrare un ragazzo che vorrebbero…

Era la prima volta che le accadeva di pensare che Enrico, forse, non fosse il ragazzo che avrebbe potuto renderla felice. Le sarebbe stato più facile esserlo con un uomo tenero e sensibile, come probabilmente era il fidanzato della Paola… E chissà se quella lo apprezzava? Che cosa ci trovasse un giovane così fine in quella ragazza altezzosa e scostante era un mistero. Era graziosa ed elegante, d’accordo, ma si guardava attorno come se considerasse il resto dell’umanità degno soltanto di stare ai suoi piedi. Valli a capire gli uomini! Forse è più facile avvincerli con le sgarberie che con la gentilezza!

Era ancora assorta in tali amare  considerazioni, quando squillò di nuovo il campanello. Pensando che fosse Enrico spalancò la porta d’impeto, decisa a dirgli il fatto suo, ma si smontò trovandosi davanti la figlia della portinaia che le porgeva un involto della lavanderia. Mentre cercava degli spiccioli per compensarla della commissione, Simona non si accorse che la ragazzetta  fissava, come affascinata, il guanto maschile. Un momento prima la Paola aveva mostrato un guanto identico chiedendo se nessuno ne avesse trovato il compagno che il fidanzato riteneva di aver smarrito in ascensore. Era un guanto finissimo ed inconfondibile e se Simona lo avesse trovato in ascensore glielo avrebbe certo consegnato perché fosse restituito al proprietario. Ma la ragazza ricordava benissimo di averli visti salire insieme, e come avrebbe potuto trovare il guanto in terra se lei usciva dall’ascensore due piani più sotto? No, in quella faccenda c’era qualcosa di poco chiaro, decise la ragazza sempre avida di pettegolezzi. Era una notizia troppo ghiotta per non correre subito a divulgarla. Per prima cosa, appena uscita, pensò di andare a riferire la scoperta alla Paola. Tra l’altro non le sembrava vero di umiliarla insinuando, senza averne l’aria, che il suo ragazzo se la intendeva anche con una commessa.

Ma Paola seppe mascherare il disappunto e sostenne che la ragazzina doveva essersi sbagliata.

“Se non ci crede vada a vedere lei stessa” la rimbeccò quella ragazzina, tra l’altro seccata.

Paola rimase un po’ perplessa, poi decise di andare ad accertarsene. Le pareva impossibile, ma… non si sa mai che cosa ti possono combinare gli uomini dietro le spalle. Mentre giurano a una donna di non amare che lei, si guardano bene dal lasciarsi sfuggire qualsiasi distrazione capiti loro a portata di mano.

Suonò, dunque, da Simona senza essersi neppure preparata un pretesto, ma non ebbe bisogno perché, appena la porta venne aperta, vide subito il guanto incriminato, e siccome la piccola spiona l’aveva messa al corrente del fatto che i due erano saliti insieme, si sentì certa che il fidanzato, nonostante la sua aria timida e sprovveduta, fosse un infame infedele in amore. Mentre Simona la guardava interrogativamente, la investì come una furia:

“Dunque è vero! Con quella faccia era riuscita ad ingannare tutti, ma s’è scoperto cosa c’è dietro quell’aria innocente da santarellina! Bella roba! E vergognati. Quanto a lui tienitelo pure, io non voglio più vederlo. Sembrate fatti l’uno per l’altro con quella faccia di ipocriti!”.

Simona cercava invano di interromperla, ma l’altra era scatenata e dopo avergliene dette di tutti i colori se ne andò sbattendo l’uscio e lasciando Simona interdetta.

Ancora ribollente di… sacro sdegno, Paola telefonò all’ignaro responsabile e in un modo brusco ed esplicito (quanto oscuro per l’interessato) lo lasciò in tronco.

Gabriele, che dopo aver preso l’aperitivo con Paola l’aveva riaccompagnata al portone di casa senza accorgersi di alcuna nube sul loro orizzonte, si era appena seduto a tavola, dopo la telefonata respinse il piatto con aria pensierosa e preoccupata. Gli era passato completamente l’appetito. Con quella benedetta ragazza non sapeva mai esattamente come comportarsi, aveva sempre la sensazione di essere in errore. In principio, ciò che lo aveva attratto era proprio la sicurezza di lei ed aveva pensato che con una donna simile al suo fianco i suoi complessi sarebbero stati neutralizzati. Invece col passare del tempo si era sentito sopraffatto dalla forte personalità di lei al punto da non osare nemmeno più di esprimere delle opinioni personali, anzi, talvolta aveva l’impressione di non essere più capace di averne. Per evitare scontri, dai quali peraltro usciva invariabilmente sconfitto, si era abituato a dire sempre di si, a cedere in tutto ed anche se si rendeva conto di sentirsi avvilito, non aveva il coraggio di ribellarsi, sempre nel timore di perdere Paola. Ma non riusciva a capire che cosa potesse essere accaduto per farla infuriare a quel modo.  Comunque si decise, rassegnato, ad andare a chiarire il mistero di persona, già disposto a chiedere scusa per l’ennesima volta. Ma quando Paola lo vide non gli diede neppure il tempo di fiatare.

“Hai sbagliato piano”, lo apostrofò sgarbatamente, “d’ora innanzi puoi fermarti sempre al terzo, dalla tua Simona, visto che già ve la intendevate”. E gli sbatté la porta in faccia.

Il giovane ragazzo rimase di stucco sul pianerottolo. Quando riuscì a riscuotersi decise di andare a chiedere spiegazioni alla misteriosa ragazza, visto che, in qualche modo, doveva entrare nella faccenda.

Simona in quel frattempo, non aveva fatto altro che rimuginare sugli avvenimenti della giornata e come si vide davanti il responsabile di tanti guai lo aggredì con violenza che meravigliò lei stessa.

“Giusto tu! Ci mancava che venisse anche qui, adesso! Non ti basta che per causa tua abbia bisticciato col mio fidanzato? E che sia stata insultata da quella sciocca presuntuosa? Cosa vuoi ancora?”.

Lui la guardava sbalordito e non tentava neppure di difendersi, visto che non ci capiva nulla, ma finalmente si fece un po’ di luce nella sua mente quando Simona gli rinfacciò la sua sbadataggine sventolandogli il guanto sotto il naso.

“Mi spiace veramente”, disse sinceramente dispiaciuto, “ma non ti preoccupare spiegherò tutto al tuo fidanzato e tu avrai la compiacenza di fare altrettanto, perché mi trovo nelle tue stesse condizioni. Paola non vuole più saperne di me”.

“Al tuo posto mi riterrei fortunato. Se fossi un uomo, piuttosto che sposare una donna di quel genere farei il domatore di tigri! E quanto al mio fidanzato non intendo spiegargli proprio nulla. Ne ho abbastanza di lui!.

Proprio in quel momento Enrico si affacciò alla porta rimasta accostata. Mentre i due lo guardavano imbarazzati, egli li avvolse in uno sguardo che non prometteva nulla di buono. Poiché Simona pareva aver perso la voce, il giovane si ritenne in dovere di spiegare:

“Sono il proprietario del guanto…”.

Gli occhi di Enrico si fecero più cupi. “Grazie dell’informazione!”, abbaiò e prima che il malcapitato avesse il tempo di rendersi conto delle sue intenzioni, lo colpì con un violento  pugno alla mascella.

Si può essere timidi e contrari a qualsiasi espressione di violenza, perbacco, un pugno è sempre un pugno, e chi lo riceve in pieno viso ha la convinzione di non meritarselo, ce n’è abbastanza per scuotere anche la persona più pacifica di questo mondo. Il nostro eroe era infatti di indole pacifica, ma non era certo un rammollito, quel pugno gli fece veder rosso e rispose per le rime, cioè con un altro pugno. Finì che sotto gli occhi esterrefatti  di Simona si azzuffarono con una foga degna davvero di miglior causa. La ragazza atterrita, saltellava attorno ai due cercando invano di separarli. Finalmente ebbero bisogno di riprendere fiato e Simona approfittò di quell’attimo di tregua per spingere energicamente Enrico fuori della porta. Non le passò neppure per la mente che a rigore di logica avrebbe dovuto espellere l’intruso, cioè l’altro. Si volse a guardarlo dopo aver rinchiuso la porta. I lividi che incominciavano ad apparire, i capelli arruffati e la cravatta a sghimbescio lo facevano apparire tutt’altro che romantico, ma a Simona parve addirittura un eroe. Infine pensava, egli le aveva prese (ma le aveva anche date) per causa sua, e insieme al rimorso provò un senso di esaltazione.

Lo aiutò a ricomporsi ed a pulirsi il viso da qualche goccia di sangue, quindi gli chiese con sollecitudine: “Come ti senti?”.

“Potrà sembrare strano, ma mi sento meglio di prima” fu la sbalorditiva risposta di lui, accompagnata da un sorriso assurdamente allegro”.

“Meglio?”, si stupì Simona.

“Sicuro, mi sento come se mi fossi e liberato da oscure inibizioni. Se siano stati i pugni o altro non saprei dirlo, ma il fatto è che mi sento completamente diverso”, tacque qualche istante considerando gravemente la ragazza che, senza sapere perché, arrossì. “Però”, aggiunse, “anche il tuo fidanzato non mi sembra dotato di un carattere particolarmente dolce, perbacco… Se io fossi una donna, piuttosto che sposare un tipo simile farei la … domatrice di tigri…”.

Simona alzò gli occhi e come i loro sguardi si incontrarono scoppiarono simultaneamente in una allegra risata.

In quel preciso istante capirono perché improvvisamente si sentivano così leggeri e felici: avevano scoperto di essere fatti l’una per l’altro.
 
 
 
 
 



 
Ringrazio i lettori silenziosi e non che la scorsa settimana hanno letto i miei racconti.
Ringrazio anche coloro che hanno recensito, in ordine di arrivo: Shinepaw, Perceus_Jackson0397, Stevan, Lisitella, Dinda91, Hippylove, Plaunac, Santhy, Serenoa, Drytec, Totalip, Wladimir, Shakana, Querelle, Enapril, Littlefreack, Mindyxx, Yoshioshi, Blyth, Pippo1986, Actarus61, Larryshvgs.
Grazie a tutti voi che mi state sempre vicino.

 
   
 
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