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Autore: lucysal    11/07/2015    1 recensioni
A volte basta uno sguardo, un'attenzione in più, l'accorgersi di un piccolo gesto per scombussolare un intero universo.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamori Anezaki, Youichi Hiruma
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Hiruma osservava di sottecchi la ragazza seduta accanto a lui, le gambe snelle appoggiate sul tavolino difronte al divano le servivano come supporto per il block-notes sul quale stava annotando con caratteri fittissimi ogni mossa, numero, percentuale, e qualsiasi tipo di informazione potesse rivelarsi utile per mettere a punto la tattica vincente. Il giovane, dal canto suo, non riusciva a concentrarsi per più di mezzo fotogramma. Vi era qualcosa, nell’espressione seria e concentrata della manager che stava catalizzando tutta la sua attenzione, gli occhi castani si muovevano rapidamente, cercando di cogliere il maggior numero di dettagli possibile, scriveva senza quasi staccare gli occhi dallo schermo del pc e nonostante ciò la sua grafia era meravigliosa, chiara e pulita. Cercando di mascherare quei pensieri, Hiruma continuava a sbuffare e a masticare nervosamente il chewing-gum senza riuscire a capire il significato reale di quei pensieri. Per lui non esisteva nient’altro al di fuori del football americano e il guardare le immagini senza realmente memorizzare le formazioni o i punti deboli degli avversari lo destabilizzava e innervosiva. Non era il tipo da lasciarsi deconcentrare così, di solito era capace di focalizzarsi su qualcosa annullando ogni interferenza proveniente dall’esterno, ma quel pomeriggio il suo cervello aveva deciso che non doveva più essere padrone delle proprie facoltà intellettive. In un moto di stizza, chiuse con un colpo secco il portatile poggiato sulle sue ginocchia, si alzò di scatto dal divano e si stiracchiò.
-Ehi che ti prende, Hiruma? Dobbiamo visionarlo tutto prima di domani-.
Il biondo le rivolse un mezzo ghigno infastidito e tra un mezzo sbuffo nervoso e l'altro rispose
-Questo dannato braccio deve muoversi a guarire. Il gesso mi sta innervosendo-. Mentì spudoratamente, che altro poteva dire? Che aveva un calo di concentrazione senza motivo? O che il motivo esisteva, era palese dinanzi a lui ma non riusciva ad ammetterlo neanche con se stesso?
-Ehi, fottuta manager, qualcosa da bere?- chiese aprendo il mini frigo che era riuscito ad estorcere al preside la prima settimana della sua vita da liceale.
-No, grazie- rispose, dopo una breve pausa Mamori riprese - Hiruma....- ma si interruppe non sapendo come continuare
-Hn...?-
-Niente. Io devo andare. Si sta facendo tardi e avevo promesso a Sena di aiutarlo per il test della prossima settimana.-
- Kekekekekeke! il fottuto nanerottolo ha ancora problemi?-
-Può riuscire egregiamente! È molto in gamba!- rispose alterandosi leggermente per le continue prese in giro nei confronti del suo amico di infanzia.
-Kekekeke! se lo dici tu, manager di merda… -
Mamori non rispose nulla, afferrò la sua borsa e uscì sbattendo la porta. Hiruma rise per quell'atteggiamento infantile, ma al contempo così materno e protettivo. Il biondo afferrò una lattina e si disse che quello non era il momento più adatto per concentrarsi, aveva bisogno di fare quattro passi, distendere i muscoli e trovare una soluzione per quel dannato gesso che non la smetteva di pizzicargli e per quei pensieri non proprio comodi che gli affollavano la mente, decimando le sue capacità di giudizio. Prese un altro chewing-gum, lo scartò e iniziò a masticarlo mentre si avviava verso il campo da football. Ripensava al fottuto vecchio che li aveva abbandonati, ripensava ai due anni in cui insieme avevano sognato il Christmas Bowl e come quel sogno si stava avvicinando. Aveva trascorso la sua vita alla ricerca di certezze e le aveva trovate nei numeri e nelle statistiche, nei calcoli e nei giochetti subdoli. Era cresciuto così, cercando di spaventare l'avversario, di vincere con ogni mezzo. Poi all'improvviso tutti i suoi pensieri si riversarono sul volto della manager, sulla sua espressione seria, sui suoi lineamenti delicati e sul suo modo di fare così premuroso, anche nei confronti di un piccolo demone incarnato come lui. Si era presa cura di lui, non solo durante l’infortunio al braccio, ma durante tutto l’anno; ogni giorno, tra le varie litigate che scandivano la loro routine, la manager gli aveva riservato un piccolo, ma prezioso gesto d’affetto, piccole attenzioni quasi invisibili, nascoste nel suo cuore e manifesti solo al ragazzo, lui che non vi aveva mai prestato molta attenzione, anzi fino a quel momento aveva beatamente ignorato la loro esistenza, eppure da qualche settimana i suoi neuroni avevano iniziato a mettere insieme i pezzi, a collegare i fili e tutto gli appariva sotto una luce nuova, la manager di merda…no…Mamori, aveva assunto ai suoi occhi un aspetto diverso. "Non dirmi che ti sei rincoglionito improvvisamente, Hiruma! Hai un obiettivo, non si accettano distrazioni!" pensò e continuando a maledirsi, arrivò al centro del campo, stava oramai scendendo la sera, il sole stava tramontando e la luna aveva iniziato a far capolino tra le nubi. Accanto ai suoi piedi, un pallone dimenticato da quegli inetti che aveva reclutato come squadra. Lo afferrò con la sinistra, soppesandone il peso e lasciandosi inebriare dall'odore di pelle vecchia e terra che emanava. Si mise in posizione e lanciò. Con suo sommo disappunto si accorse che il tiro non era preciso, potente si, ma era totalmente privo della classe e della destrezza che caratterizzava ogni suo lancio. Rise di una risata amara e carica di tristezza, era così vicino a raggiungere il suo obiettivo e si era fatto fregare come una mammoletta, quell’incidente poteva avere conseguenze disastrose sul suo imminentissimo futuro. Eppure sapeva che sarebbe toccato a lui. Fu conscio fin dall’inizio che sarebbe stato lui l'agnello sacrificale di quella partita, lui, il quarterback e colonna portante della squadra, ora però non vi era tempo per piangersi addosso, non era il tipo, bisognava far funzionare il cervello, collegare i neuroni e mettersi all'opera. Doveva trovare il modo per recuperare l’uso del braccio destro entro il 25 dicembre, per il Christmas Bowl. Mancavano poche settimane, ma poteva farcela. Doveva solo capire come. Doveva trovare il trucco del secolo, qualcosa che lo costringesse a guarire quelle dannate ossa con la stessa velocità con cui si erano spezzate. Lui era Yoichi Hiruma, se non avesse trovato lui una soluzione, nessun altro avrebbe potuto farlo. Doveva per forza esistere un metodo, una soluzione, poteva accontentarsi anche di una pozione magica o di un miracolo…no, un miracolo no! I demoni non chiedono aiuto agli dei.
-Hiruma...- una voce femminile lo chiamò da bordo campo, riportandolo alla realtà.
-Manager...?- chiese voltandosi -non eri andata via? Il fottuto nanerottolo non aveva bisogno di te?-
- Smettila di chiamarlo così. Il suo nome è Sena!- lo riprese lei avvicinandosi.
-Kekekekekeke! Anche fottuto nanerottolo è carino però.-
- Sei odioso!-
Rise di nuovo. Adorava le sue reazioni esagerate e più lei provava a difendere il suo indifendibile runner più lui si divertiva.
-Kekekeke! Non ha bisogno di una balia!-
-Ero a casa di Sena, comunque – riprese – quando mi sono accorta di aver dimenticato il quaderno al club, così sono tornata indietro e ti ho visto qui-.
Il giovane non rispose continuando a fissarla, per la prima volta seriamente. Stava guardando i lineamenti delicati del suo volto, le sue movenze calme come seta che al contempo trasmettevano la forza e la potenza di un uragano, la voce soffice, non vi aveva mai prestato attenzione, eppure in quel singolo istante qualcosa in lui mutò, sentì una scossa elettrica corrergli lungo la schiena, un brivido piacevole che lo risvegliò definitivamente dal suo torpore volontario.
-Va tutto bene?- domandò lei –se ti fa male il braccio possiamo cercare una soluzione – continuò, prendendo tra le sue mani le dita che sfuggivano dal gesso e osservandole come a volerle studiare, -sai, dovresti … -
Hiruma non la lasciò continuare, al momento non gli interessava. Con il braccio sinistro l’attirò a sé, i loro visi a pochi centimetri di distanza, Hiruma sorrise, un sorriso diverso, del tutto nuovo per lui, non il ghigno da demone biondo che aveva caratterizzato la sua vita, ma un sorriso più dolce e sereno. Era un sorriso così semplice, forse quasi banale ma che sul volto di Yoichi appariva perfetto, gli donava, dimostrando che infondo non era quel diavolo che appariva. Il cuore della ragazza iniziò a battere velocemente, mentre il suo sguardo si perdeva nel profondo dei suoi occhi verdi.
-Mamori…- sussurrò.
Era, forse, la prima volta che la chiamava con il suo nome, senza usare quella marea di fantasiosi epiteti che lei tanto odiava. Il suo nome, pronunciato da Hiruma, ebbe l’effetto di farla arrossire. Senza aggiungere altro il ragazzo azzerò completamente le distanze tra loro. Fu un bacio dolce, delicato, lento. Senza fretta. Vi erano solo loro due e per una volta avevano tutto il tempo di questo mondo. Hiruma la teneva stretta a sé, il braccio intorno alla sua vita le trasmetteva protezione, lei allungò una mano e gli accarezzò il viso. Quando Hiruma si staccò sorrideva felice, aveva abbandonato per un istante tutte le incombenze, i sotterfugi, i trucchetti e le percentuali. In quel momento aveva deciso di rischiare, di abbandonare la certezza del calcolo per provare l’ebrezza di quel salto nel buio. Il viso della ragazza era illuminato da un magnifico sorriso, radioso, che la rendeva ancora più bella.
-Va tutto bene- disse, rispondendo alla domanda lasciata in sospeso – ora va tutto bene-.
Mamori ricambiò il suo sguardo carico di un mix di determinazione e amore – Vinceremo, li uccideremo tutti. È una promessa!-
-Sì, li uccideremo tutti- rispose, per poi ritornare dalle sue labbra. Si, ora ne era davvero convinto. Tutto si sarebbe risolto per il meglio, ma vi era tempo per pensare alla partita, al football e a tutto il resto, quello che ora era realmente importante erano loro e quei sentimenti taciuti per tanto tempo.
 
 
  
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