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Autore: Lila May    11/07/2015    4 recensioni
[4 Brothers] [Triste, drammatico] [Spoileraccio (?) tremendo per chi non ha visto il film - no, scherzo, niente di ché, ma chi vuoi che non lo abbia visto almeno di sfuggita cazzeggiando fra i canali, ormai quel film c'ha 10 anni -]
Sono passate due settimane dalla morte di Jack, e Bobby non riesce a farsene una ragione. Sa che è colpa sua, sa che in un modo o nell'altro avrebbe potuto salvarlo.
Invece no.
E nel disperato tentativo di conservare qualcosa di lui, qualunque cosa, finisce per chiudersi nella sua camera dai muri cobalto, di solito inaccessibile.
E si imbatte nella sua chitarra elettrica, la sua vita.
-
enjoy it
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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guitar ~


Bobby Mercer sapeva benissimo che la camera di Jack era territorio a lui non accessibile. Insomma, lì dentro c'era la sua roba, che nessuno poteva azzardarsi a toccare, dal letto sempre disfatto ai poster sgualciti attaccati alle pareti, o ancora peggio, dai pacchi di sigarette mezzi nascosti fra i boxer dentro il cassetto, alla sua amata chitarra acustica, che suoleva tenere gelosamente segregata in una lustra custodia nera, per timore che o lui, o Jerry o Angel potessero rovinarla in qualche modo.
Però, quel triste giorno d'inverno, si era permesso di rinchiudersi in quella stanza dall'aria ancora impregnata di fumo e, sì, di mettere le mani sulla sua chitarra.
Accomodatosi sulla moquette argentata, cominciò a tastare dolcemente la liscia cassa color caramello, lasciando che le dita ruvide gli si rilassassero al contatto. Se Jack fosse stato ancora presente fra quelle quattro pareti, l'avrebbe già preso a calci in culo.
Però il cucciolo di casa Mercer non c'era più, e mai più lo avrebbe inseguito per le scale maneggiando alla cavolo la sua lunga mazza da hockey.
Già.
Una maledetta sparatoria del cazzo glielo aveva portato via mentre lui, armato di pistola, aveva tentato di fare piazza pulita insieme a Jerry e Angel.
Strinse con rabbia il manico della chitarra, fino a farsi sbiancare le nocche, e un mostruoso incendio affamato di vendetta parve esplodergli nelle piccole iridi color giada, incendiandogli il cuore di una rabbia che, nonostante l'indole già aggressiva e suscettibile di suo, mai aveva provato.
Maledizione.
Era lui quello che Jackie aveva chiamato più di una volta, disteso sulla neve con le gambe fuori uso e un gigantesco buco piangente fiotti di sangue poco più sotto della spalla destra.
Era lui quello che avrebbe dovuto mollare la pistola ai fratelli, uscire di casa e raggiungerlo, anche a costo di crepare con un proiettile al cuore.
Era lui quello che, guadagnando un po' di tempo, gli avrebbe potuto salvare la vita.
Perché Jack aveva urlato il suo nome, non altri. E aveva avuto bisogno solo di lui, in quel momento, lo aveva implorato di correre al suo fianco, per percepirne la presenza rassicurante e sentirsi bene, al sicuro, protetto come sempre da quel fratello un po' burbero ma speciale che ormai poteva considerare papà a tutti gli effetti.
Ma lui non c'era stato. Non aveva proprio saputo esserci, anzi, troppo accecato dall'ira per distrarsi e, chissà, magari calmarsi, chiamare un'ambulanza e tentare di bloccargli l'emorragia. E quando si era fiondato sull'ormai gelido corpo di Jack, era stato tutto inutile.
E l'aveva perso. Per sempre.
Digrignò i denti, ma allentò la presa al manico della chitarra, rilassando i muscoli.
E ora gli mancava, cazzo se gli mancava, più di ogni altra cosa al mondo, e si sentiva in colpa. Non riusciva a dormire la notte, i rimorsi lo tormentavano ogni istante, costruendogli in mente l'immagine quasi perfetta di suo fratello con le labbra imbevute nel sangue e le narici allargate nel vano tentativo di respirare e vivere, vivere, vivere.
Cosa che lui gli aveva impedito di continuare a fare, e tra l'altro senza nemmeno volerlo.
<< Jackie... >> sussurrò piano, reclinando la testa all'indietro. E mai che avesse goduto troppo della sua compagnia. Certo, nessuno si aspetterebbe mai di perdere un fratello in modo tanto precipitoso. Ma mai che fosse andato a trovarlo a casa, mai che avesse avuto voglia di conoscere i suoi amici, i suoi spazi, il suo mondo, quello strano pianeta protetto da barriere invalicabili che, ne era sicuro, con un po' di lavoro sarebbe riuscito ad abbattere, facendolo sentire un ragazzo più esposto alle emozioni.
Guardò ancora la chitarra, incurante dei soliti due o tre ciuffi corvini che, nel chinare il capo sullo strumento, erano sfuggiti alla forte tenuta del gel, cadendogli morbidi sulla fronte corrucciata.
Perlomeno aveva avuto la grazia di infilarsi in uno di quei terribili casini a cielo aperto ove un Jack conciato alla bene meglio montava sul palco e cantava, saltando da tutte le parti come un pazzo scatenato.
La sua passione più grande, merda.
La musica.
Lo ricordava bene, quel giorno, l'espressione entusiasta di Jackie, espressione che mai più avrebbe potuto vedere.
Faceva male ripensarci, cazzo se faceva male. Eppure si perse ugualmente in quel dannato ricordo, desideroso di rivedere ancora il viso di suo fratello.
 
Ti chiedi perché sei  lì, in mezzo a quei... bruttissimi ragazzini.
C'è un casino tremendo, e tu lo odi, cavolo, lo odi persino più di quella pazza di Sofi, quella... palla al piede, tanto per essere carini. Ragazze col sedere in bella mostra che urlano il nome di tuo fratello, battendo le mani sul limite del palco, musica rock sparata a tutto volume, grida, gente ammassata in ogni angolo, aria irrespirabile, la voce di Jack che distrugge i timpani...
eppure gli avevi promesso che saresti venuto a vederlo cantare, strimpellare la chitarra, saltare come un coniglio.
E tu, strano ma vero, sei un uomo che le promesse le mantiene sempre, in un modo o nell'altro.
Specie se è Jack a chiederti qualcosa, quel pazzo che adesso sta toccando le mani di tutte le sue fans, e che quelle a loro volta rispondono con dei sonori "Ti amo, Mercer!", "Portami a letto, Jack!", "Jack, sposami!", "No, sposa me!", "No, me!" e via dicendo.
Incroci le braccia al petto e decidi che quando il casino si sarebbe allentato un po' saresti uscito allo scoperto.
Comunque trovi sorprendente il modo in cui Jack posa le labbra sul microfono, o sfrega le unghie sulle corde della chitarra, sorridendo nel sentirne fuoriuscire il suono. Certo, mosse come tante.
Ma sono particolari, davvero. Ci mette una passione incondizionata. E' come se fosse tutt'uno con quello strumento. Come se avesse sempre fatto parte di lui, come se fosse un suo arto, o un suo organo vitale, che batte, si muove, pompa sangue, lo riceve, funziona semplicemente a meraviglia.
Jack è... è musica.
Completamente. Musica nel cantare, musica nel suonare, musica in tutto, musica persino quando apparecchia, o fuma, o si chiude in bagno per i bisogni.
Aggrotti le sopracciglia e lo squadri dal basso, osservandolo chiudere gli occhi, mettere in mostra il collo sudato - le fans urlano, ovviamente - e smuovere appena il pomo d'Adamo, lasciando che il ritmo della canzone gli si innietti nelle vene e lo esalti alla follia, come droga.
Sai bene che a Jack non gli importa niente delle fans, nonostante le ami tutte, o delle persone che lo circondano.
La gente è tanta, sì, ma è come ci fossero solo lui, la sua band e la sua chitarra, che più che sfregare sembra carezzare con una dolcezza infinita, quasi fosse la sua piccola bambina.
Rimani a osservarlo per altri minuti, compiaciuto nel vederlo suonare con tanta energia e amore, poi, quando pone termine alla canzone con uno di quei suoi gridi da far gelare il sangue, la folla esplode in un applauso, a cui ti aggiungi anche tu. Sei fiero di Jackie, lo sei davvero. Certo, non puoi capire cosa significhi per lui la musica, e forse mai lo capirai, ma sai che se continuerà con quella passione farà tanta strada.
Lo vedi scendere dal palco con un balzo, poi scorgi i suoi amici difenderlo da una terribile ondata di ragazze, che però lui sembra apprezzare da morire.
Poi trovi i suoi occhi, due specchi di cristallo colmi di gioia e orgoglio per l'ottima esibizione.
E lo raggiungi, sorridendogli.
Jack ti viene incontro a sua volta, e fermatosi davanti a te vi abbracciate come veri fratelli, con quella pacca sulla spalla che non può mai mancare. << Bobby, porca puttana, che ci fai qui?! >> esclama, chinandosi alla tua misera altezza di un metro e settantatré.
Lo guardi. Ansima, e rivoli di sudore gli percorrono cauti le pareti delle tempie, fiondandosi sotto la canotta blu elettrica per inumidire anche il resto del corpo. Ma gli occhi gli brillano come stelle, quasi volessero fare a competizione con loro, e luccicano di una passione intensa, ardente, che mette tutto il resto a tacere. Ormai sono sul punto di accendersi in un bel falò scoppiettante.
<< Sorpreso,' frocetto'...? Sono venuto in questa merda di città solo per te. >>
Un amico di Jack gli porge una bottiglia d'acqua, che lui si scola immediatamente. << Grazie. E mamma? >> ti chiede poi, posandola a terra.
Sorridi dolce e ripensi un po' a Evelyn, a tua madre, alla sua gioia nel rivederti dinanzi alla porta di casa e a come ti a stretto a lei, emozionata, mentre quel disastro umano di tuo fratello si accende una bella sigaretta e si gode un po' l'aria notturna, osservando meravigliato il cielo scuro sopra di sé. Per un po' rimanete in silenzio.
<< Sono già passato da lei, ovviamente >> rispondi poi, raccogliendo la bottiglia d'acqua da terra e bevendone un sorso.
Il giovane viso di Jack sparisce in una spessa coltre di fumo, per poi riemergere un pelo più divertito. Vorresti dirgli di non fumare, che così si ucciderà, ma non ci riesci. E allora aspetti che sia lui a dirti qualcosa, mentre i "The Spares" ripendono a provare sul palco, e i ringhi delle chitarre elettriche stridono l'aria con rabbia. Jack sembra chiudere gli occhi, non riesce a non farsi piacere quei suoni.
Incredibile.
<< Jerry? >>
<< No, Jerry no >> borbotti, pensando che meno gente sa del suo arrivo a Detroit meglio stai. << Piuttosto... >> scruti suo fratello, come se ti stesse nascondendo crack sotto la maglietta. << Non sapevo fossi in grado di suonare così. >>
<< Oh, merda... >>
Gli cogli un leggero tremolio nella voce.
<< ...hai visto, Bobby...? Oh, cavoli... tu non puoi capire... hai visto tutta la gente che è venuta a vedermi? >>
<< Ma a te non frega niente della gente, dico bene? >>
Jack ride e tu pure, lasciandoti contagiare da tanto entusiasmo per un inutile concerto.
<< Hai visto come ho suonato...? Come ti sono sembrato? >>
Annuisci e gli fai un cenno di "ok" con la mano, orgoglioso di lui, anche se non glielo vuoi dire per non montargli troppo la testa. << Perfetto. >>
<< Ahah, merda... >>
Gli trema ancora la voce, e nel sentirlo ti si accapona la pelle. Può la sua gioia irradiarsi fino a te? Assurdo, vero? Quasi stupido. Ma la sua passione per la musica è così intensa da arrivare a carezzarti il cuore, illuminandolo di un amore tremendo e impetuoso. Ammettilo. Sei felice per lui, e vederlo così ti sta facendo venire voglia di urlare al mondo intero di andare a vederlo in concerto, nonostante le condizioni a dir poco precarie del luogo. E anche di sparare chi rifiuta, tanto per ricordare a Detroit che comunque rimani lo stronzo di casa Mercer.
Jack ti distrae all'improvviso, sventolandoti sotto il naso la sua chitarra. << Tutto merito suo. >>
<< Ma va là! Te la saresti cavata con qualsiasi altra chitarra. >>
<< No, davvero. Tu non capisci... >> tuo fratello si passa una mano fra i capelli piastrati, che gli ricadono sulla fronte. << Questa chitarra è parte di me. >>
<< Lo so. L'avevano capito tutti che preferiresti lei a un bel letto pieno di donne. >>

Jack si ferma e ti osserva dall'alto del suo bel metro e ottantanove, regalandoti uno di quei sorrisoni da perfetto strafottente che avresti voglia di fargli sparire a suon di cazzotti, ma che non puoi farlo perché è tuo fratello, e in fondo gli vuoi un bene dell'anima. Anche se a volte è da strozzare e bruciare al rogo, sì. << Non credi che se fosse stata così inutile...  te l'avrei già fatta provare...? Ah, beh, no, aspetta: non avrebbe comunque senso. Tu distruggi tutto quello che ti passa di mano. >>
<< Fatti sparire quel sorrisino dalla faccia, Mercer. Verrà un giorno in cui te la farò ingoiare, quella chitarraccia del cazzo >> affermi, per poi dargli di spalle e andartene senza nemmeno degnarti di aspettare una risposta.
Ma lo senti ridere, e sai che non ce n'è realmente bisogno. E ti vai ad appostare in un angolo, mentre lo osservi risalire sul palco e confondersi fra gli amici.
 

Bobby si riscosse dai suoi pensieri, scuotendo con energia il capo. Era tutto rimasto come prima, niente si era mosso durante il suo "coma"; la chitarra di Jack gli era ancora lì, immobile sulle cosce, splendente al fioco pallore della lampadina. Il suo letto era ancora disfatto, e i suoi vestiti erano ancora per terra, ammassati in un angolo, come faceva sempre quando usciva dalla doccia, si asciugava in camera e li dimenticava lì, accanto al cassetto. Posò lo sguardo fuori dalla finestra, e si accorse che aveva preso a nevicare. Forse era meglio se tornava a casa, a casa sua, lontano da quella schifosa città che aveva visto morire Jack Mercer.
Si passò ambe le mani sul viso, stanco. 
Era esausto, e il ricordo di quel concerto gli aveva come dilaniato il cuore, che aveva preso a fargli un male terribile. Si alzò dalla moquette e studiò ancora una volta lo strumento, l'amore di Jackie.
C'era tutta l'essenza di suo fratello, lì dentro. Sparsa un po' sulle corde, un po' sulla cassa, un po' sul manico, un po' ovunque, potente come non mai. Poteva persino percepire l'energia che ci aveva sempre messo nel suonarla, forte come mille tornado. Incredibile.
La rimise al suo posto con cautela, richiudendola nella custodia, poi la prese con sé e uscì a malincuore da quella stanza, abbandonandosi alle spalle l'odore ancora forte del fumo.
Poi, fuori, passò di nuovo una mano sulla custodia, quasi ne fosse attratto. Quella chitarra era stata il mondo intero, per Jack Mercer.
Fin dai dodici anni, ovvero quando Jeremiah e Angel lo avevano accompagnato in un mega store di musica.
Ed era l'unica cosa in cui lo poteva ancora sentire vivo, cantando, saltando, urlando e ridendo alla vita, vita che gli era stata strappata troppo presto, nel peggiore dei modi e solo ed esclusivamente a causa sua.
Bravo Bobby, ancora un ottimo lavoro.
Prima hai perso tua madre, e adesso...
adesso hai perso Jack.

 
 
 
 
Angolo Autrice 
Saaaaaaaaaaaaaalve a tutti, bellissimi (?)! *lancia un po' di petali in aria, così, a caso*
Sono nuova di questo fandom, e... questa è la mia prima storia qui, soooo... I'm really nervous.
Premetto che amo il film di "4 Brothers", anzi, lo adoro proprio, e Jack Mercer...
gnaaaa, Jack Mercer è Jack Mercer. Non ci sono parole per descriverlo, per me è semplicemente perfetto, il mio eroeeee (e Garrett Hedlund è... ah! *gridolino*)*3*... 
quindi era da una vita che volevo scriverci su qualcosina di carino e abbastanza apprezzabile. Ed è uscita sta cosa. *indica storia* Inizialmente avevo pensato a qualcosa solo con Jack, ma siccome l'idea mi terrorizzava un pochino (non volevo fare la precipitosa, sapete... Jack... è Jack.) ho preferito trattare un po' il solito argomento base di un po' tutte le storie che ho letto fino ad ora: il legame tra lui e Bobby, che trovo intenso e bellissimo.
Boh, non lo so :'D! Ditemi voi!
Poi, la chitarra... io sostengo che davvero contenga un po' dell'essenza di Jack. Considerando il fatto che, primo, ama la musica, secondo, ha addirittura una band (i "The Spares", dico bien? ... se lo è persino tatuato nelle braccia, se non sbaglio) e terzo, mi pare si guadagni da vivere facendo concerti un po' per tutta Detroit, direi che la musica per lui rappresenta non solo un hobby, ma qualcosa di grande, qualcosa per cui vivere (oltre ad Evelyn e i fratelli, logico).
Inoltre anche Hedlund ha detto che Jack "è un ragazzo sostanzialmente solo, a cui piace stare chiuso in camera con la sua chitarra, perso nel suo mondo"... quindi se lo dice lui, per me è legge (?).
"Fai ancora un gran casino con quella chitarra del cazzo?"
"Sì, faccio ancora un gran casino."
Apparte (?) il resto. Come vi è sembrata la fic? Sarei curiosa di sentire qualche vostro parere, intanto grazie di aver letto, davvero, grazie infinite!
Un bacio,
Lila  
 
PS: chiedo scusa per la scomoda presenza di parolacce, ma da quello che ho sentito nel film mi pare di aver capito che le parole volgari fanno un po' parte del linguaccio dei Mercer (e anche dello stesso Wahlberg, se non sbaglio)... quindi per rispettare i personaggi ho dovuto metterle. Venitemi incontro, dai (?).
   
 
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