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Autore: bisy    12/07/2015    1 recensioni
Salve a tutti. Stavolta mi sono cimentata in una storia che da tempo mi frullava per la testa ma che non si è lasciata scrivere con la facilità sperata. Spero come sempre in un vostro commento e vi auguro una piacevole lettura.
Luogo sconosciuto, anno non definito. Un ragazzo speciale, una società d'ipocriti e un grande sogno, ecco la ricetta di una storiella dal sapore dolceamaro, pronta da infornare e servire con un filo d'immaginazione. Fortemente ispirato a “Il giovane Holden” di J.D.Salinger (lettura consigliatissima).
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prendi una discarica, portala in mezzo ad uno sputo d'isola dispersa nel nulla e aggiungici tre chili d'ipocrisia. Ecco dove vivo. Chi sono io? Beh, sono fatti miei, o fatti di tutti, come lo schifo gente di questo schifo di posto ama pensare. Ogni due abitanti un pettegolo, assurdo. Però ci sono quelli come me, ai quali non frega un accidente di cosa fa o non fa la gente.
Prendi i miei vicini: si ritrovano a sessant'anni con una figlia alcolizzata ricoperta di tatuaggi e con tanti piercing da non ricordare dove siano. Quella ha anche i capelli tatuati, te lo dico io, ma non sono nessuno per giudicarla. Una persona normale se li immaginerebbe esasperati, tutti occupati a far ragionare quella belvetta, dopotutto sono i suoi genitori, no? E invece i pensionati in questione non se la filano minimamente. Loro, posteggiati su una cavolo di panchina, se ne stanno lì tutte le sere a osservare gli altri. Che c'è di male, dirai, invece loro criticano, giudicano. Alla vecchia specialmente non sfugge proprio nulla.
-Hey, Mike, comprati dei vestiti, sono due giorni che giri sempre con la stessa maglietta orrenda,- robe così. Robe da pazzi. Se mi gira indosso gli stessi vestiti anche per un anno.
E poi le mie magliette non si toccano, mi sono costate una cosa come cinque dollari. Io sono uno di quelli che emergono dalla tana una volta all'anno al massimo per comprarsi dei vestiti, e in quelle occasioni memorabili mi compro tanta di quella roba da dover noleggiare un tir, dico sul serio. Mi piacciono le magliette nere, di quelle super larghissime e un po' stinte. Ne ho talmente tante da poter scrivere un libro sulle millemila sfumature del nero. Qualcuno lo ha già fatto sul grigio, ma pazienza.
Poi un'altra cosa che mi da sui nervi è quando abbreviano il mio nome. Ci vuole tanto a dire Michael? Cos'è, uno sforzo immane dire un cavolo di nome tutto intero? Si, sono uno di quelli che quando escono si divertono mille volte di più da soli. Qui se non hai un telefono di quelli super avanzati da far vedere a tutti anche mentre sei a tavola o fuori con gli amici, non vivi. Sarò all'antica, uno scemo, quello che ti pare, non mi importa, ma quando parlo con qualcuno mi urta vederlo concentrato a scrivere su quel coso.
Ti starai chiedendo dove vada uno scemo come me da solo. Beh, non lo so mai, perchè vado dove mi gira. Quando piove specialmente mi piace un cas*no uscire, mi bagno come un verme ma è bello, la pioggia ti ripulisce dentro. Non puoi capire quanto sia bello il mare quando piove, il cielo è grigio, il mare non parliamone e vedi tutto quell'ammasso di grigio a perdita d'occhio e dici, cavolo. Cavolo davvero. Ma la cosa più bella di tutte è quella scema di Grace. La devi vedere, gira con dei pantaloni strettissimi anche in piena estate, solo per far vedere che ha un fisico da urlo. La vedo sempre nel parco, prima arrivano i suoi tatuaggi, poi lei. Si, è la ragazza di prima, quella alcolizzata. Quanto la amo.
Ci siamo parlati in tutto una cosa come tre, quattro volte, ma mi fa morire. Ha un modo di parlare assurdo, te lo dico, vuole fare la scrittrice o roba così, immagino, perchè quando parla, bho, non ti riesce proprio non ascoltarla. Roba dell'altro mondo, ragazzi.
-Hey, ciao Grace. Sempre di corsa, eh?-
-Ciao. Ehm, scusa, non ricordo molto bene il tuo nome-
-Michael-
-Ah, si, Michael. Ti dispiace se ti chiamo Mike?-
-... no, no. Assolutamente. Chiamami come ti pare-
-Come te la passi, Mike? In questi giorni si sente proprio che la primavera è vicina, guarda gli alberi, non sono mai stati vestiti di fiori come quest'anno. Il parco sembra pieno di zucchero filato-
-A me lo zucchero filato fa schifo-
-Ah-
Roba così. E, te lo dico, quando la guardi in quei suoi occhietti piccoli ti si apre un mondo. Sono di un verde da infarto.
Sarà che con le donne proprio non ci so fare, ma vorrei tanto che si mettesse con me. Sono anni che ci provo, ma niente. Loro sono un universo a parte.
Poi, naturalmente, quando sono a casa certe volte la vedo. La sua finestra è proprio davanti alla mia. Credimi, non sono il tipo che guarda le ragazze quando sono in camera a fare i cavoli loro, se vedo per esempio che è in uno dei suoi momenti d'intimità, dove si spoglia piano piano e si guarda i tatuaggi allo specchio, chiudo le tende. Ci mette una cosa come tre secoli a guardarsi, giuro.
Poi, le rare volte in cui si fa la doccia, la senti cantare a squarciagola e ogni tanto le senti fare un rutto di quelli da far girare un eschimese dallo spavento. Una vera principessa. Poi, quando non rutta, canta o altro si mette alla scrivania, proprio alla finestra, e scrive come una fuorsennata. Te l'ho detto, lei vuole fare la romanziera. Pagherei per vedere le cavolate che scrive, dico sul serio, la vedi lì, con la sua brava penna, tutta concentrata. Adorabile, davvero. Ogni tanto, la sera, apre le persiane e si mette lì seduta alla scrivania a guardare la notte. Sembra un gufo su un trespolo, mi fa morire. Quando osserva le cose è assurda: sembra che le accarezzi, tipo. E in quei momenti pensa, non mi chiedere a cosa perchè non lo so proprio. Quando pensa è troppo bella.
Un giorno ero lì che tipo sbavavo alla finestra e mentre la guardavo lei, non so come, se ne accorge, si gira e mi fissa per una cosa come un anno. Io lì, impietrito, non sapevo proprio che fare. Bella storia, già. E poi non è finita, alza una mano e mi saluta con un sorriso da far incendiare l'acqua. Poi richiude tutto e spegne la luce. Addio mondo, ero rosso come un non so cosa e non mi riusciva proprio di dormire. Ricordo di essere uscito, forse in pigiama, con in tasca solo le chiavi e il mio vecchio Nokia indistruttibile, e di essere arrivato fino al mare. Di notte è uno spettacolo. Vedi la costa tutta macchiata di lucine messe lì a caso e poi il faro col suo sguardo girevole. Una forza, e quando ti punta quel lume accecante addosso ti senti un dio o roba del genere. Hai presente quando sei felice e non ti spieghi perchè? Ecco, io ero in quelle condizioni quel giorno, roba da matti. Avevo lasciato un biglietto sul tavolo di casa, torno domani, diceva. Ma ai miei non importa, su questo ho fortuna, posso uscire quando cavolo mi pare e tornare quando voglio, basta che mi prenda le chiavi.
Stavo dicendo, ero lì assorto sulle luci, e intanto pensavo. Si, anche uno scemo come me ogni tanto pensa, ma ogni tanto. Pensavo ai pesci. Come diavolo fanno a vederci, sepolti sotto a tutto quel nero? Eppure di notte non tutti i pesci dormono. Un mistero. E poi ho pensato al vecchio Tom, mio zio. Lui mi guarda sempre da quel nero infernale, ne sono sicuro. Da bambino mi portava sempre qualche conchiglia quando tornava dalle sue “spedizioni da sub”, come le chiamo io. Le conservo tutte su uno scaffale sopra al letto. Era incredibile, in ogni conchiglia, se l'avvicinavi all'orecchio, sentivi il mare, ma non lo stesso mare, mari diversi. Se avvicinassi me ad un orecchio sentiresti solo una grande rabbia, un'unica grandissima rabbia. Come si fa a non provare rabbia quando vedi partire tuo zio tutto contento che s'infila la muta e sparisce fra le onde e vederselo tornare tre giorni dopo disteso sul frangiflutti coperto da uno schifo di telo bianco con tutta quella gente intorno? Dimmelo tu, perchè io non ci capisco proprio nulla. Ora da quelle conchiglie sento solo il vuoto, come se fosse sempre stato mio zio a produrre quel bellissimo suono cantilenante. Era un mago lui, te lo dico. Mi ha insegnato lui a nuotare.
Ora ti lascio, sono ore che sto qui seduto sulla spiaggia a scrivere e mi fa male la mano e il fondoschiena. 
Ciao mare, di' a mio zio che un giorno ci rivedremo, ma ancora è troppo presto.
Abbi ancora un po' di pazienza, zio. Devo prima sposare Grace.
   
 
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