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Autore: Castiga Akirashi    12/07/2015    0 recensioni
{Rating più alto in alcuni capitoli}
Può una bestia redimersi?
Può smettere di uccidere?
Il Demone Rosso ha seminato distruzione, paura e morte per anni.
Ora è sparita.
È morta? È nell’ombra che aspetta una preda?
Nessuno lo sa…
Aurea Aralia è una studiosa Pokémon conosciuta in tutta Isshu.
Stimata e rispettata, passa il suo tempo a esplorare il mondo dei Pokémon ed a aiutare i giovani allenatori che le vengono affidati.
La sua vita cambierà, quando incontrerà una ragazza.
Ragazza o… Demone?
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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«Ci sono davvero i cannoni?!» chiese Raphael, sconvolto dalla descrizione della Palestra.
«Eccome. Però non credo tu possa farci su un giro e poi non combattere.» rispose Castiga, stando male al solo pensiero. Non le era proprio piaciuta quell'esperienza.
«Evitiamo.»
Ridacchiando i quattro andarono a riposarsi e poi, il giorno dopo, ripartirono. Belle prese la carta della regione e chiese: «Ora dove andiamo, Castì? Mistralopoli?»
«Ci sarebbe la Torre Dragospira…» rispose la ragazza, pensando, con la cartina di Isshu davanti al naso: «Ma prima volevo andare nella Cava Ponentopoli… qui.»
Con il dito, indicò un punto a est della città. Raphael tolse lo sguardo dalla mappa per posarlo su di lei e chiese: «Perché vuoi andare lì?»
«Dicono ci sia dentro un mostro. Sai che figo incontrarlo?»
Gli altri accettarono, ma Belle si rifiutò categoricamente di entrare nella grotta. Così, lei e Cheren rimasero fuori, mentre Castiga e Raphael andarono dentro la Cava. Preoccupato, doveva ammetterlo, lui chiese: «Vuoi davvero cercare un mostro?»
«No. Però so che qui ci sono degli Axew. La prof ha detto che ne hanno avvistato uno particolare e mi ha chiesto i dati ma aveva paura che Belle e Cheren si offendessero. È top secret.» rispose lei, con un'alzata di spalle: «Conosco Belle e so quanto è fifona. Era l'espediente perfetto.»
«Dai, vieni qui.» disse il ragazzo, abbracciandola, non avendo ascoltato nemmeno una parola della sua spiegazione.
Lei si strinse a lui. Restarono così un po’, poi lui la spinse contro la parete e la baciò dolcemente. Lei non fece nemmeno in tempo a ricambiare che il muro alle sue spalle cedette e la ragazza precipitò attraverso un tunnel, finendo in fondo alla grotta con una capriola. Si rialzò tenendosi la testa.
«Maledizione, che volo.» borbottò, ma si bloccò vedendo la creatura che aveva di fronte.
Una specie di cavallo color cobalto, fiero e altero, che la fissava con due occhi ardenti. Si specchiarono negli occhi, rosso nel rosso. Il Pokémon e Castiga si studiarono a lungo. Poi le corna della bestia divennero luminose e lui attaccò. Castiga se lo aspettava e fece uscire prontamente Hoshi che si preparò a combattere.
«Hoshi usa Nitrocarica!» ordinò la ragazza, ma l’avversario ruggì e la Zebrstrika, come se fosse stata ipnotizzata, cambiò direzione e attaccò la sua stessa allenatrice. Il Pokémon cobalto fermò il suo attacco e guardò attentamente la scena.
Castiga rimase immobile un secondo, vedendo Hoshi correre fiammeggiante verso di lei, ma non arretrò. Vedendo che non aveva paura, la bestia blu ruggì di nuovo e Hoshi si diresse a tutta velocità verso il muro.
«Hoshi, no!» esclamò la ragazza, ma la Zebstrika non rallentò. Ignorò gli ordini della ragazza e sembrò che si volesse schiantare.
Castiga non perse tempo: corse verso la sua Pokémon, la strinse e, scottandosi le mani e le braccia, fermò la sua folle corsa. Il Pokémon Blu osservò la scena, poi ruggì ancora e Hoshi venne liberata da quella strana ipnosi. Scrollò la testa, rintontita.
«Per fortuna stai bene, Hoshi!» esclamò la ragazza fra le lacrime, dovute alle ustioni sulle braccia.
*«Scusami...»* mormorò lei, leccandole le ferite
«Non ti devi scusare Hoshi. Tu non c'entri.» disse Castiga, alzando poi lo sguardo sul Pokémon blu con occhi ardenti: «Senti un po’ bestione… non so come tu abbia fatto, ma non ti permettere mai più di fare del male a Hoshi. Sleale vigliacco. Cos’è… hai paura di lei per caso?»
Il Pokémon emise un ringhio di avvertimento ma la ragazza non intendeva farsi intimidire. Lo fissò decisa negli occhi, senza mostrare timore e pensò: “Non mi fai paura…”
*«La tua anima è strana, umana. Ci rivedremo.»* disse lui, con una voce profonda e solenne. Aveva visto che lei poteva comunicare con i Pokémon e per questo le aveva parlato a voce e non telepaticamente come raramente era solito fare con umani meritevoli della sua attenzione.
Il Pokémon la guardò negli occhi e lei, con un sorrisetto, rispose: «Contaci.»
Lui la fissò per un ultimo, interminabile istante e poi svanì nel buio con un guizzo della coda. Castiga, invece, tornò in superficie con Hoshi, in tempo per vedere Raphael catturare un Axew. Vedendola, le corse incontro, preoccupato, ed esclamò: «Athena! Grazie al cielo stai bene! Stavo catturando un Axew per farmi aiutare ma… che hai fatto alle braccia?!»
«Mi ha attaccata uno strano Pokémon blu ed è riuscito, non so come, a mandarmi contro Hoshi. Ma non è nulla.» rispose lei, cercando di tranquillizzarlo, ma lui non sentì ragioni: la prese fra le braccia, senza farle male e la strinse. Lei, toccata da quell’abbraccio dal quale trasparivano i sentimenti del ragazzo, si posò a lui e si tranquillizzarono a vicenda. Per ognuno bastava la presenza dell’altro.
Due occhi rossi li scrutarono dal profondo della Cava: “La tua anima è pura, ma ha un fondo oscuro che mi inquieta. Qual è il tuo segreto, giovane umana?”
Castiga e Raphael uscirono dalla grotta, dopo che lui le ebbe medicato le ferite subite con lo scontro. La ragazza si sentiva osservata, ma una volta fuori, la sensazione svanì.
«Castì!» esclamò Belle correndole incontro, seguita a ruota da Cheren: «Cos’hai fatto alle braccia?! Sei ferita?»
«Tranquilla Belle.» rispose la ragazza, facendole un cenno di noncuranza con la mano: «Non è nulla! Solo un Pokémon blu cornuto che ha tentato di farmi secca.»
Belle si bloccò e, con voce tremante, mormorò: «Le sue corna sono diventate più grandi? E luminose?»
«Sì. Come fai a saperlo?»
«Nel… nel Bosco Girandola un Pokémon verde ha fatto la stessa combattendo contro Emboar.»
«Era stato lui a ferirlo?»
«Sì… scusa se non te l’ho detto.»
Castiga le sorrise e rispose: «Non è un problema, saranno della stessa specie.»
I quattro amici ritornarono e rimasero una settimana a Ponentopoli, ospiti di Anemone, per permettere alle braccia della ragazza di cicatrizzare. In quel lasso di tempo, piuttosto lungo vista la lenta guarigione, raccontarono a Raphael cosa successe prima, dentro e dopo Mistralopoli.
 
~§~
  
INTERMEZZO: TRA RABBIA, DRAGHI E DELIRI DI ONNIPOTENZA
 
Arrivati alle pendici del Monte Vite, la miniera tra Ponentopoli e Mistralopoli. Cheren e Castiga improvvisarono una lotta di allenamento dalla quale risultò vincitrice la ragazza. Imbronciato, lui fece rientrare i suoi Pokémon. Era stufo di vedere sempre lo stesso epilogo.
«Bravi ragazzi! Bella lotta!» esclamò una voce dall’alto.
Alzando lo sguardo, i tre amici videro un uomo dalla fulva chioma arancione che li fissava dal costone di roccia sopra di loro. Con un sorriso l’uomo saltò giù e Cheren sbottò: «Ciao, Nardo. Ho perso la sfida perché sono troppo debole. Quindi i tuoi complimenti, a dire la verità, mi sembrano fuori luogo.»
«Non è la prima volta e non sarà l'ultima, Dottore.» sogghignò Castiga, troppo contenta di aver umiliato quel bambino saccente un'altra volta.
Lui la squadrò di risposta e ribatté: «Prima o poi avrò la mia rivincita, stanne certa!»
«Non prendertela, ragazzo.» intervenne Nardo, nel tentativo di sedare il battibecco sul nascere ed evitare che i due amici litigassero: «Secondo me dovresti rilassarti ed essere contento. Dopotutto i tuoi Pokémon si sono impegnati molto. Te lo chiedo ancora: che cosa vuoi fare una volta che sarai divenuto forte?»
«Se diventassi forte… se diventassi il Campione, potrei dare un senso alla mia vita. E proverei che sto davvero vivendo!» esclamò lui, avendo finalmente pensato a una risposta per quella domanda che tanto lo aveva spiazzato.
“Prova a tagliare una gola e vedrai se non ti senti vivo e onnipotente.” commentò la ragazza con il pensiero, mentre Nardo rispose: «Mmh.. mi ricordi Marzio. Avere un obbiettivo è senza dubbio importante. Ma ancora più essenziale è sapere che cosa fare quando lo si raggiunge, nel tuo caso, cosa fare con la forza ottenuta. Non credi?»
«Non so... io penso che prima mi concentrerò su come ottenerla e poi... vedrò cos'altro fare!» rispose lui, determinato ad arrivare alla Lega e a sfidarlo almeno una volta nella vita.
Nardo sorrise e gli fece l'occhiolino. Salutò educatamente Belle, che rispose imbarazzata. Poi guardò Castiga... si fissarono un momento, senza parlare, poi lui le sorrise. Lei si fece perplessa, ma ricambiò. Nardo risalì sul costone con un balzo, si voltò e disse: «Allora, miei giovani Allenatori! Non dimenticate di considerare anche cosa desiderano i vostri Pokémon! Non ci siete solo voi, siete una squadra. Non dimenticatelo mai!»
Sorridendo loro, fiero, se ne andò con passo veloce, pronto a ricominciare a vagare per la regione, ma questa volta, con un obbiettivo: la ricerca del team Plasma.
Castiga lo fissò pensierosa e commentò: «Che tipo quel Nardo… è così diverso.»
«Diverso?» chiese Cheren: «In che senso?»
«Diverso da una persona che conosco. Non fate caso a me.» rispose lei vaga, per poi incamminarsi verso il Monte Vite.
Belle e Cheren si guardarono perplessi ma non insistettero. Entrarono nel monte e, appena fatti alcuni passi, videro Rafan.
«Salve ragazzi!» li salutò: «Stavo perlustrando il Monte Vite e non mi aspettavo proprio di incontrarvi! Siete diventati più forti, mi pare.»
«E da cosa lo vedi?» chiese Castiga accigliata.
«Castì piantala di rispondergli male!» le disse Belle, riprendendola seccamente. Non sopportava che ogni volta che si vedevano, dovevano per forza parlarsi in quel modo.
Rafan la squadrò, seccato, mentre lei borbottava qualcosa piccata; lasciando perdere il sicuro litigio, il Leader aggiunse: «Sentite, avete visto il Team Plasma di recente? Io e gli altri Leader ci siamo riuniti per capire dove si possano essere nascosti. Ma non abbiamo proprio idea di dove possa trovarsi il loro covo. Sembra che siano stati inghiottiti dalle fauci della terra! Forse possiamo solo aspettare il loro prossimo passo.»
«Beh, effettivamente Geechisu aveva det…» cominciò Cheren, avendo qualche informazione a riguardo, ma Rafan lo interruppe, continuando a parlare: «Ma scusate, non sono cose di cui dovete preoccuparvi. È giusto che i bambini pensino soltanto a giocare con i Pokémon!»
Ignorando le facce seccate dei tre, e soprattutto di una persona in particolare, cambiò discorso, guardando verso le profondità del monte.
«Il Monte Vite è eccezionale! Il mio posto preferito si trova proprio dopo questo passaggio…» disse, indicando una direzione: «Ma invece che spiegarvelo a parole, è meglio che lo vediate con i vostri occhi.
Vi saluto ragazzi!»
Sorrise a Belle e Cheren, scoccò uno sguardo arrogante a Castiga e se ne andò con passo deciso.
I ragazzi si guardarono e Castiga sbottò: «Io direi che dovremo preoccuparcene invece. Quel folle di Geechisu vuole anche i nostri, di Pokémon.»
«Sono d’accordo. Dobbiamo aiutare i Leaders più che possiamo!» concordò Cheren.
«Peccato che per loro valiamo meno di zero.» sbottò ancora irritata Castiga: «Beh, si accorgeranno che ci siamo anche noi a tempo debito. Noi intanto andiamo a Mistralopoli! Mancano ancora due Medaglie!»
Il Monte Vite era un’enorme montagna, scavata all’interno e usata come miniera. Non era una novità che Rafan andasse lì: era un minatore che amava scavare e cercare fossili, che poi portava alla sua amica e collega Aloé a Zefiropoli. Ed era risaputo il suo amore per quel luogo.
I tre amici faticarono molto a trovare l’uscita, soprattutto perché era tutto un via vai di cunicoli intricati, i quali, se non eri un minatore e non li conoscevi a memoria, diventavano un vero e proprio labirinto. E i tre si persero. Castiga continuava a guardarsi intorno, abbastanza agitata. Vedeva solo roccia intorno a lei. Roccia, solo soffocante roccia. Si sentiva schiacciata, in trappola, senza uscita. Cheren e Belle continuavano a parlare, senza rendersi conto del suo disagio, ma questo era un bene perché una voce, una qualunque voce teneva Giovanni lontano. Castiga avrebbe preferito essere all'aria aperta ma, nonostante l'ansia, si sentiva ancora padrona di sé. Belle però si era accorta del suo disagio e, credendo che il problema fosse la sua parlantina, aveva cominciato a fare silenzio, per non darle fastidio. Il silenzio di Belle fu però rotto dal mormorio di Giovanni. Athena cominciò ad essere sempre più agitata: si guardava intorno, a scatti, temendo di vedere il capo comparire da un momento all'altro. Uno squillo ruppe il silenzio; Belle rispose alla professoressa Aralia: «Salve, prof! Come sta?»
«Ciao, Belle! Io sto bene, grazie. Voi? Dove siete?»
«Al Monte Vite!» rispose lei, ma poi abbassò la voce, per non farsi sentire da Castiga, che probabilmente non l'avrebbe comunque notata presa com'era a scrutare i dintorni: «Professoressa… Castiga si comporta in modo strano.»
«Strano come?» chiese la donna, facendosi attenta.
«Non lo so... credo tema qualcosa. Si guarda intorno, sembra tesa, come se avesse paura di veder spuntare qualcosa che la terrorizza dalla roccia. E borbotta cose senza senso.»
Aralia spalancò gli occhi, inorridita. Ricordava bene la loro ultima chiaccherata... Castiga aveva lamentato la sua insofferenza nei luoghi chiusi.
“Nel monte Vite… si saranno persi! Deve essere al limite. È in un luogo chiuso... sono in pericolo!” pensò preoccupata, poi disse: «Belle, Cheren, allontanatevi subito da lei. Non parlatele, non guardatela… lasciatela andare avanti da sola. Quando le sarà passata, tornerà lei, ma fate molta attenzione.»
Con queste parole rischiava di mandare all’aria la copertura della ragazza. Avrebbe potuto essere costretta a rivelare tutto su di lei, per le domande dei due ragazzi. Ma la situazione era troppo grave. In quello stato, Athena poteva essere fuori controllo. I due eseguirono, prendendo senza dirle niente un cunicolo trasversale. Castiga notò all'improvviso, metri dopo, che era rimasta sola. I due amici erano spariti. Spalancò gli occhi... Giovanni aveva campo libero. Si appoggiò al muro, sedette a terra, si prese la testa, ad occhi chiusi, e borbottò: «Stai calma, stai calma... Giovanni è a Kanto, non sei nei sotterranei...»
Cercava di convincersi che andava tutto bene, che era al sicuro, ma in fondo alla sua mente, la risata di Giovanni diventava sempre più forte, sempre più reale. Maru non sapeva cosa fare. Voleva aiutarla ma come poteva? Non sapeva che sarebbe bastato parlarle e tranquillizzarla...
All'improvviso, lei spalancò gli occhi. Lo vedeva lì, nel buio, il suo ex capo, il suo carceriere, tornato dal passato per ricominciare a controllarla. Per avere di nuovo la sua arma. Cominciando a respirare più forte, tirò un pugno al muro e gridò: «Vattene!»
Tra il panico e la rabbia, gridava sempre più forte, nel vano tentativo di scacciare quella visione ormai quasi del tutto reale. Maru arretrò, impaurito da quel che stava vedendo. Non l'aveva mai vista in quelle condizioni, sembrava totalmente folle, staccata dalla realtà, spettatrice di qualcosa che in realtà non esisteva. Il Samurott non sapeva cosa fare... impaurito, arrivò all'imboccatura del cunicolo e corse via; tra le lacrime, si maledisse per la sua vigliaccheria.
*«Pidg, aiutami tu!»* gridò, mentre correva nel pianto: *«Tu sapresti cosa fare... io no, non sono degno.»*
Quando non sentì più le grida, si fermò, ansimante. Si sentiva male per il suo gesto, voleva tornare indietro, aiutarla... ma per cosa? Per restare lì, impotente, e guardarla impazzire? Magari neanche riconoscerlo?
Con la sua fuga però, Athena era peggiorata. Se i luoghi chiusi le facevano male, essere sola faceva peggio. Era in balia delle sue stesse allucinazioni, più cercava di combatterle, più sembravano nitide. D'un tratto, apparve un minatore, nuovo e inesperto, che esclamò: «Chi è là?»
Athena sovrappose la figura reale con quella illusoria di Giovanni e, volendo far smettere a tutti i costi quella risata, attaccò a lama tesa. Ad ogni pugnalata, la voce si allontanava, lei tornava ad avere contatto con la realtà, tornava se stessa. E si rese conto di quel che aveva fatto. Come al solito, solo quello riusciva a calmarla. Non era cambiato niente, nonostante la cura. Togliere le vite la faceva stare bene. Come avrebbe fatto ad andare avanti? Come poteva riunirsi con gli amici, dare la caccia ai Plasma, fermare N, se rischiava di perdere la testa da un momento all'altro? Doveva ammettere che quella nuova vita le piaceva ma il passato era sempre in agguato, pronto a rovinare tutto...
Prese l’Interpoké con un sospiro e chiamò. Doveva dirlo. Ora che riusciva a mettere bene i pensieri in fila, doveva confessare. Di nuovo. Non le era mai pesato tanto in vita sua. Una volta andava quasi orgogliosa dei suoi lavori...
«Athena… è finita?» chiese preoccupata la prof, quando vide chi stava chiamando.
La ragazza annuì di risposta, ancora parecchio su di giri. Amava troppo uccidere, era inutile negarlo.
Vedendo che ancora non parlava, Aurea incalzò: «Belle e Cheren…»
«… stanno bene. Un minatore no, però.»
«Dimmi cos'è successo esattamente.» mormorò la studiosa, per capire se ci aveva visto giusto.
«Ho incontrato Nardo, che mi ha ricordato Lance. Poi ci siamo persi. Odio non sapere dove sono e in questa montagna… mi sento chiusa in gabbia. È più forte di me. Poi è comparso Giovanni. Cioè, i miei occhi lo vedevano ovunque ma in realtà non c'era.»
Aurea annuì e replicò: «Sì, me l'hai detto... L’importante è che loro stiano bene.»
«È strano… ho fatto di tutto per non far loro del male. E boh, come dire, stavo leggermente meglio in compagnia. Sa, la compagnia mi aiuta... anche quando ero piccola... Pidg veniva sempre fuori dalla stanza buia e mi parlava, cercando di tenermi ancorata alla realtà.»
Aurea spalancò gli occhi. Non aveva capito niente. Aveva detto lei a Belle e Cheren di allontanarsi e così facendo, aveva peggiorato la situazione. Era tutta colpa sua... cercando di non mostrare il suo senso di colpa, provò invece a trasmetterle un po' di ottimismo, dicendo: «Purtroppo sei ancora instabile, più di quanto pensassi. La cura sta funzionando, anche se a rilento. Io ho fiducia in te e so che ce la farai.»
«Io no, prof…»
«Devi invece. Quando sarai davvero convinta di poterti controllare, sarà fatta.»
Uscita dal cunicolo, la ragazza prese il tunnel principale, alla ricerca di Belle e Cheren, ma non prima di aver chiamato il numero di emergenza e aver allertato le ricerche del minatore. Almeno lo avrebbero trovato in fretta. Dopo aver vagato per parecchio, riuscì a trovare l’uscita. Lì, però, vide due allenatori lottare: Cheren e un seguace dei Plasma. Si avvicinò, mentre la lotta infuriava, colpita dalla bravura dell'amico. Cominciava davvero a dare spettacolo. Belle la salutò timidamente, vedendola tornata normale mentre Maru evitò il suo sguardo. Perplessa, Castiga si avvicinò a lui, ma il Pokémon non parlò, allontanandosi di qualche passo. Lei non ricordava quando se ne fosse andato, era troppo presa dal sentire e vedere Giovanni ovunque, quindi non sapeva cosa avesse visto. Sentendosi in colpa per averlo probabilmente spaventato molto, borbottò: «Scusami, Maru.»
Poi tornò vicino a Belle, pronta anche a dirgli addio pur di vederlo felice. Maru alzò lo sguardo, colpito, la raggiunse e mormorò: *«Scusami tu. Non dovevo andarmene ma...»*
«Non ti preoccupare.» rispose lei, sottovoce, per non farsi sentire da Belle: «Credo sia normale. E più sicuro.»
Maru guardò a terra, in colpa, e sussurrò: *«Pidg non lo avrebbe fatto.»*
Lei si chinò, mise un dito sulla punta del corno e gli fece alzare il muso, per guardarlo negli occhi. Con un sorriso, mentre gocciolava il sangue dal suo indice, commentò: «Tu non sei Pidg, Maru. Credimi, lui conosceva la bestia meglio di chiunque altro eppure confessava ogni tanto di avere paura. È normale... credimi, non hai fatto niente di male. Anzi, sono contenta che ti sia messo in salvo. Il resto non conta.»
Maru le gettò le zampe al collo, in lacrime, chiedendo scusa e dicendole che le voleva tanto bene. Lei lo strinse a sua volta e rispose: «Ti voglio bene anche io, cucciolone.»
Un grido deluso improvviso attirò la loro attenzione: «Accidenti, che forza!» ringhiò il seguace Plasma sconfitto da Cheren: «Ma è una forza che voi allenatori ottenete sfruttando i Pokémon!»
Lui, seccato da quelle continue insinuazioni che andavano avanti dall'inizio del viaggio, ribatté: «E sarebbe per questo che voi mirate alla liberazione dei Pokémon? Se è quello che volete, fate pure. Ma voi usate la forza per rapire i Pokémon degli altri. Non avete di certo nulla di cui vantarvi!»
Il seguace fece per ribattere, ma venne distratto da un suo compagno, che, dopo averlo raggiunto, esclamò:
«Oh, eri qui? Abbiamo trovato quello che cercavamo. Andiamo anche noi alla torre!»
Lui annuì, mentre la delusione svaniva dal suo sguardo come se non fosse successo nulla e, voltandosi verso Cheren, disse: «Questa sconfitta non ha importanza. Il Team Plasma adesso dispone del potere necessario a cambiare questo mondo che opprime i Pokémon!»
«Esatto!» aggiunse l’altro, con fervore: «Su, presto, andiamo a rapporto da N, il nostro sovrano!»
I due si voltarono e fuggirono come fulmini. Cheren li fissò, ancora arrabbiato per le loro parole, e sbottò: «Chissà cos’hanno trovato. Vorrei proprio saperlo…»
“Il Pokémon Leggendario... il Chiarolite o lo Scurolite.” pensò Castiga, mentre uscivano: “Io ti fermerò N. è una promessa.”
Uscirono dal Monte Vite e videro venire loro incontro Cedric Aralia, il padre di Aurea, che, sorridendo gioviale come sempre, li salutò e chiese: «Salve ragazzi! Come stanno i vostri Pokémon?»
«Bene grazie.» risposero loro.
«Da come vedo Samurott.» proseguì Cedric, notando il Pokémon accanto alla sua allenatrice: «Sembra che si sia affezionato a te! Molto più di prima. Il Pokédex è importante, ma non c’è nulla di meglio che passare del tempo assieme agli amici!»
«Sono d'accordo.» rispose lei, sorridendo all'amico che rispose: *«Ora più che mai. Prometto che non ti abbandonerò più.»*
Lei non rispose per non cominciare una discussione eterna ma sperò che così non sarebbe stato. In caso di pericolo, Maru doveva andarsene, mettersi in salvo e proteggere gli amici. Lo sguardo le cadde su una torre in lontananza: sembrava molto antica e aveva qualcosa di strano.
Seguendo lo sguardo della ragazza, Cedric chiese: «Conoscete la Torre Dragospira?»
Cheren fece per dire di sì, ma Belle lo interruppe con una gomitata perché non parlasse, indicando Castiga che scuoteva la testa, perplessa e incuriosita.
«Beh, in effetti non tutti la conoscono…» commentò Cedric per poi spiegare: «Vuoi sentire una delle mie vecchie storie?»
Castiga annuì, interessata, soprattutto perché i Plasma avevano parlato di una torre, e lui proseguì: «La Torre Dragospira è la più antica costruzione di Isshu. Si dice che i Pokémon Leggendari siano nati lì e che vi risiedano dormienti. »
«Pokémon Leggendari?» chiese lei, cercando di saperne di più visto che N aveva parlato proprio di questo.
«Sì. La torre si trova appena usciti da Mistralopoli, ma non so dirti nulla di più. Nessuno ci ha mai messo piede. Anche a mia figlia piacerebbe carpirne i segreti, ma non ne ha il tempo.»
«Immagino. Aurea è un tipo curioso.» sorrise la rossa ragazzina, pensando a quella stramba donna così dolce: «Si appassiona a tutto ciò che non riesce a capire.»
Cedric rise e ribatté: «È vero! Ed è questo che la rende speciale. Ora perdonate,  è proprio alla Torre che stavo andando! Ci si vede!»
Li salutò con un gioviale cenno della mano e se ne andò, pronto ad esplorare ogni antro di quell'antica torre che incuriosiva tutti. Voleva scoprire qualcosa anche per la figlia, che da sempre ambiva alla ricerca.
Castiga lo seguì con lo sguardo, soffermandosi poi sulla torre e pensò: “I Pokémon Leggendari sono nati lì. N sta cercando le pietre e il Seguace di prima ha detto che le hanno trovate. N è lassù, non ho dubbi.”
«Ehi, Castì! A cosa stai pensando?» le chiese Cheren, notando il suo sguardo assente.
Lei scosse la testa e rispose: «Niente di importante.»
Non voleva parlare agli amici delle sue supposizioni. Rischiava di sbagliare e comunque era meglio prendere prima le medaglie. Voleva rivedere Nardo, ma soprattutto sfidarlo. Se N non si mostrava e non faceva qualche danno, potevano ancora lasciargli fare quel che gli pareva.
Belle le si avvicinò titubante e chiese: «Cosa ti è preso prima? Ero preoccupata.»
«Nulla di grave, Belle. Lascia stare.» disse lei, con noncuranza, sperando che non le facesse troppe pressioni per sapere ciò che era meglio non sapesse. Erano già parecchie volte che rischiavano la vita in sua compagnia. Ma sentiva che le era sempre più difficile far loro del male. Sentiva di non volerli ferire. Sapeva che era strano, anche se le era già successo. Di norma, non aveva mai ucciso qualcuno che le stava simpatico. Sentiva che però era una cosa diversa. Un legame diverso che non riusciva a definire. Per sdrammatizzare, ma togliersi anche dalla testa tutti i pensieri cupi, disse: «Beh, ragazzi. Cedric non ci ha detto dov’è la Palestra. Andiamo a cercarla?»
«Perché non facciamo un giro della città? Mio padre dice che Mistralopoli è una città molto caratteristica!» propose Belle, ma Castiga scosse la testa: «Prima la Medaglia. Poi facciamo i turisti.»
«Io devo allenarmi. Non sono pronto per Silvestro.» sbottò invece Cheren.
Ovviamente, non avevano le stesse priorità; così si misero d’accordo: Belle fece un giro turistico della città, facendo uscire Pignite, Minccino e Herdier a farle compagnia, Cheren andò nella Palude Mistralopoli per allenarsi e Castiga andò a cercare la Palestra. Quando la trovò, entrò e vide di fronte a sé una distesa di ghiaccio. Il Giudice di gara le disse che se voleva andare da Silvestro, il Leader, doveva scivolare sul ghiaccio e raggiungerlo, superando alcuni ostacoli. Con l’aiuto di Maru, la ragazza non ebbe problemi e, in breve tempo, raggiunse il Leader. La lotta fu molto dura, perché Castiga aveva solo la Nitrocarica di Hoshi per sopraffare i Pokémon di tipo Ghiaccio di Silvestro. Fu un colpo di fortuna quando Maru imparò la mossa Vendetta, che devastò gli avversari e le fece ottenere la Medaglia Stalattite. Silvestro le stinse la mano, soddisfatto dell’incontro, avendola anche lui presa in simpatia per la grinta con cui combatteva, e lei, dopo averlo salutato, raggiunse la porta attraverso una scorciatoia. Uscì dalla Palestra con la medaglia in mano e vide Belle e Cheren attenderla fuori.
«Grande!» esclamò Belle, entusiasta, quando vide la Medaglia e il ghigno dell’amica: «Lo sapevo che ce l’avresti fatta!»
Lei sorrise, ma Cheren disse, con la faccia di uno che aveva passato tutto il pomeriggio a rimuginare su chissà cosa: «Castì... Secondo te sono cambiato da quando abbiamo lasciato Soffiolieve?»
“Tu non lo so. Io di sicuro.” pensò lei di risposta, mentre Cheren, non aspettando una risposta, le raccontava i suoi dubbi esistenziali che aveva da quando aveva parlato con Nardo. Che era confuso, non sapeva più cosa voleva perché il Campione lo aveva riempito di dubbi e cose così.
«Dai, Cheren! Non fare così! L’importante è che siamo ancora tutti insieme!» esclamò Belle per sdrammatizzare e tirarlo su di morale.
«E poi, siamo come i Pokémon... evolviamo andando avanti con la vita. È un dato di fatto.» commentò Castiga, notando come lei stessa era cambiata dopo aver cominciato quel viaggio.
Cheren annuì, cercando di sorridere, ma all’improvviso Silvestro uscì di corsa dalla Palestra e secco, esclamò: «Chi c’è?!»
Belle si nascose dietro Cheren, spaventata dalla reazione esagerata alla loro visita, e borbottò: «Che modi… io sono Belle e lui è Cheren.»
Silvestro la ignorò completamente e si guardò intorno, quasi arrabbiato: «Lo so che siete qui. Fatevi vedere!»
Dal nulla apparve il Trio Oscuro che li circondò. Uno sorrise da sotto la maschera e commentò: «Bravo, Leader di Mistralopoli. Sei degno della tua fama. Non siamo facili da scovare. Volevamo riferirlo solo a Castiga… ma pazienza.»
I tre si voltarono verso la ragazza e uno esclamò: «Geechisu ha un messaggio per te: vieni alla Torre Dragospira!»
«N ti aspetta lì... così ha detto.»
Silvestro li interruppe, intromettendosi, e chiese: «La Torre Dragospira?! Che significa? Spiegatevi!»
I tre ninja sparirono nel nulla senza dare risposta e Silvestro, nero di rabbia per essere stato ignorato, si rivolse a Belle e Cheren: «Voi due! Se siete qui per sfidarmi, allora dovrete aspettare. Ora devo andare alla Torre Dragospira!»
Castiga lo guardò accigliata: volevano lei e nessun altro. Avevano chiesto espressamente di lei. Perché si metteva in mezzo?
“Questi Leader. Vogliono fare tutto loro.” pensò, seccata da quelle manie di protagonismo.
«Veniamo anche noi!» si propose Cheren senza indugio, mentre Belle al suo fianco annuiva: «Se questi minacciano la nostra amica, se la vedranno anche con noi! La Torre si trova a nord di qui se non sbaglio.»
Silvestro annuì e guidò il gruppo diretto alla Torre. Lui e Cheren davanti, Belle dietro e Castiga chiudeva la fila, imbronciata.
“Impiccioni.” pensò, irritata da quella compagnia non voluta: “N vuole me. Fatevi i cavoli vostri.”
Questo pensiero la stupì; era forse... gelosa? Ma gelosa di cosa, si disse, sempre più imbronciata.
*«Secondo me lo sei.»* commentò Maru, ridacchiando, avendola sentita borbottare le sue considerazioni sulla gelosia: *«N è un po' come te. Siete molto simili, avete avuto gli stessi problemi con l'uomo e l'unica ancora sono i Pokémon. E credo che la sua costante attenzione ti lusinghi, sotto sotto.»*
Lei guardò di lato, non volendo far notare quanto quel discorso l'avesse scoperta. Maru aveva ragione. Il continuo tormentarla di N la faceva sentire importante. Era da sempre stata unica, staccata dalla massa. Era il Demone Rosso, era il terrore di Kanto e Johto, era temuta ma era come su un piedistallo che la rendeva unica agli occhi di tutti. Smettere di esserlo l'aveva resa uguale ad ogni allenatore... ma N vedeva in lei qualcosa di unico, talmente speciale da separarla di nuovo da tutti.
«L'ego del Demone non è morto con lei, insomma.» sbottò riconoscendosi in quel suo bisogno estremo di attenzioni.
Arrivarono all’inizio di un ponte artificiale, più moderno della torre, che conduceva al suo interno e lì videro un uomo che disse: «Oh, Castiga! Ciao!» esclamò gioviale Cedric Aralia; vide però lo sguardo truce di Silvestro, così aggiunse: «Ma ora non c’è tempo per parlare! La situazione è questa: alcuni membri del Team Plasma hanno abbattuto una parete e si sono intrufolati nella Torre! Dovete fermarli!»
Silvestro e Cheren si guardarono e corsero dentro. Castiga voleva seguirli, ma Belle le teneva un braccio, come fosse un’ancora di salvezza. Così si arrese e attese, non trattenendo però lo sbuffo.
«Ma professor Aralia, lei ci ha detto com’è nata la torre... ma perché ora interessa al Team Plasma?»
Cedric scoppiò a ridere ed esclamò: «Scusa! Ho tralasciato la spiegazione più importante! La Torre Dragospira è una torre antichissima, eretta prima che Isshu venisse fondata. Si racconta che il Pokémon leggendario attendesse in cima alla torre l’avvento di colui che persegue la verità.»
«N crede di essere l’eroe, quindi sarà lì che tenta di risvegliare il Pokémon Leggendario.» mormorò Castiga, mentre i tasselli di quello strambo puzzle andavano a posto da soli, con un quadro completo di tutta la storia.
Cedric si accorse della sua voglia di seguire Cheren e Silvestro, così disse, per tagliare il discorso: «Allora, pensate anche voi di mettervi all’inseguimento del Team Plasma? Badate bene però che non sarà una passeggiata. Se pensate di proseguire, fate molta attenzione!»
«Non si preoccupi! Castiga e Cheren sono due Allenatori molto forti che hanno già affrontato il Team Plasma! Io non sono altrettanto forte, quindi preferirei restare qui a proteggerla.» mormorò Belle, timidamente, cercando la sua approvazione.
«Ti ringrazio.» rispose lui, sorridendo davanti al suo imbarazzo: «Mi piacerebbe davvero sapere cosa hanno in mente quegli invasati del Team Plasma.»
Castiga guardò Belle che disse: «Non guardarmi così Castì!»
«Sei sicura?» chiese lei, semplicemente. Non era tranquilla a lasciarla sola.
Belle capì cosa volesse dire con quella frase e rispose: «So difendermi, anche se non sono molto forte.»
Castiga prese la Ball di Wargle e disse: «Tieni. Affidati a lui se sei in pericolo.»
«Wargle... grazie Castì! Vai tranquilla!»
Con un’ultima occhiata, Castiga fece un cenno a Maru e insieme corsero nella Torre Dragospira. Giunti sul posto, entrarono con passo deciso nella torre, passando sopra il ponte fatto dai Plasma. Entrati, percorsero un corridoio dissestato, avvicinandosi a delle scale. Prima che potessero salire però, un boato fece ondeggiare la torre.
«Che diavolo stanno facendo lì in cima?!» si chiese Castiga mentre salivano.
*«Una lotta. E temo non stia andando bene per i nostri.»* commentò Maru, proteggendola dal crollo di una colonna.
«N non guarda in faccia a nessuno. Ammetto che mi piace di più quando fa così.»
*«Non fartelo piacere troppo. Dobbiamo fermarlo.»* rispose lui, ridacchiando nel vederla così contenta di vedere un essere umano.
«Lo so. Ma questo non mi impedisce di apprezzare questi modi... come dire, decisi.»
*«Oserei dire esagerati.»*
Al piano superiore  dovettero camminare sulle colonne crollate per poter proseguire, perché le scale erano bloccate. I boati si sentivano ancora e non sembrava per niente un buon segno.
“Arrivare da N sarò dura. Forza Athena, non ti sei mai tirata indietro!” pensò, prendendo le scale con decisione.
Al piano successivo trovarono dei salti da superare per proseguire, preceduti da una scala contorta che girava sulle pareti della torre, a spirale. Osservandola, buttò lì: «Ora ha tutto più senso. Torre drago-spira. Ingegnoso.»
Arrivarono finalmente al terzo piano. Nascondendosi dietro a una colonna, Castiga vide i Seguaci Plasma circondare Silvestro e Cheren. Si fece avanti per aiutarli ma Silvestro le urlò, mentre combatteva: «Castiga! Ci penso io a questi! Tu vai pure avanti!»
Castiga proseguì, ma mentre saliva per il quarto piano incontrò altri seguaci, che sconfisse prontamente.
Il quarto piano era un labirinto circolare, formato da tre cerchi, rampe e salti. Arrivarono senza problemi alla scala, che li condusse al quinto piano, dove si sentì un boato e la terra tremò. Poi un ruggito squarciò il silenzio e qualcuno urlò: «È tutto in fiamme!»
«Ma che diavolo succede lì sopra?!» si chiese Castiga, cominciando a correre. Cominciava davvero a temere che qualcosa fosse andato storto e che N fosse in pericolo. Un leggendario fuori controllo non era proprio una cosa divertente. Vide quattro dei seguaci Plasma e si nascose dietro una colonna. Di fronte a loro c’era Giano, uno dei Sette Saggi, che parlava: «Finalmente! Il nostro sovrano, N, diventerà l’eroe!»
Maru, per nascondersi meglio, si spostò leggermente urtando un sasso e facendo rivelare la loro posizione.
Giano li vide ed esclamò, in maniera quasi eccessivamente teatrale: «Impossibile! Come hai fatto ad arrivare fin qui?! Forza, proteggiamo il nostro sovrano!»
Uno dei Plasma afferrò Castiga e i quattro la circondarono. Lei si liberò dalla presa con sdegno, irritata da tanto coraggio. Nessuno si era mai permesso di metterle le mani addosso. Mai.
Giano esclamò: «O sei con il Team Plasma oppure sei contro il Team Plasma! Non c’è posto qui per te!»
I quattro attaccarono tutti insieme, ma Castiga e Maru si difesero con classe e potenza, sconfiggendoli tutti.
Liberatasi dei Seguaci, Castiga guardò Giano, che di tutta risposta arretrò impaurito e la lasciò proseguire, fino al sesto piano.
Lì, voltato verso l’orizzonte, c’era N.
Davanti a lui si stagliava un Pokémon Bianco, una viverna di dimensioni immense, con due occhi blu ghiaccio, che lanciò un ruggito spaventoso.
«Guarda, Castiga!» disse N, voltandosi verso la ragazza con la felicità dipinta nello sguardo, avvertito della sua presenza dal Pokémon: «Non è maestoso? Questo è il Pokémon Leggendario che guiderà il mondo accanto all’eroe! Ora potrò recarmi alla Lega Pokémon con Reshiram per sconfiggere il Campione! Sarà l’ultima lotta per i Pokémon! Quella che metterà fine alle loro sofferenze! Finalmente potranno avere un mondo in cui vivere felici! Alzati in volo, mia cara Reshiram, e portiamo i Pokémon alla salvezza! La mia unica verità è che gli umani sono il male per i Pokémon!»
Con un ruggito, il Pokémon Bianco Verità distese le immense ali e si librò in volo, pronta a partire, pronta a perseguire la Verità ad ogni costo. L'umano dal cuore puro l'aveva convinta e lei lo avrebbe servito: *«Pronti alla partenza, mio Lord.»*
«Se vuoi fermarci, dovrai prima diventare un eroe!» esclamò N, rivolto alla ragazza, ormai convinto che tutto sarebbe andato secondo i suoi piani: «Per me lo sei già, ma solo se Zekrom, il nero Pokémon degli Ideali, riconoscerà il tuo valore, potrai affrontare me e Reshiram alla pari e avrai così una possibilità di fermarci! Allora, cosa pensi di fare?»
«Indovina.» rispose lei, sorridendo però nel pregustare lo scontro finale. Sarebbe stato... epico.
Lui sorrise, felice nel vedere che anche lei desiderava quel che voleva lui: «Secondo le mie previsioni, tu incontrerai Zekrom. Sarai forse tu, con l’aiuto e la fiducia dei tuoi Pokémon, l’incognita che manderà all’aria il mio piano di cambiare il mondo? Ora vai! Trova Zekrom, se ci tieni così tanto a proteggere il legame che unisce uomini e Pokémon! Sono sicuro che lui, sottoforma di Scurolite, ti sta aspettando.»
Con un balzo elegante e un sorriso sulle labbra, un sorriso di vittoria, N salì in groppa a Reshiram; dopo un ultimo sguardo, accarezzò la sua viverna e mormorò: «Andiamo, mia Lady.» e volò via.
Poco dopo arrivarono di corsa Silvestro e Cheren; da lontano, avevano visto N e Reshiram volare via. Agitato, il ragazzo chiese: «Castì! Ma chi era quello?»
«Cosa sta succedendo?» aggiunse Silvestro.
«Castì…» riprese Cheren, fissando la ragazza, che stava ancora guardando la direzione nella quale N era svanito: «Quel tizio era N, vero? Come mai accanto a lui c’era il Pokémon leggendario? Non può essere veramente lui l’eroe! E perché ti ha chiesto di trovare l’altro Pokémon leggendario?»
«Dottore, finiscila!» sbottò Castiga irritata da tutte quelle domande. Preferiva di gran lunga la compagnia di N, ormai era certo. Lui non faceva domande inutili e, a parte i suoi sproloqui a caso, era un ottimo interlocutore.
«Calmiamoci!» intervenne Silvestro, notando l'aria farsi troppo tesa: «Intanto, usciamo di qua. La cosa più importante ora non è capire cos’è successo, ma qual è la prossima mossa da fare!»
Insieme, i tre scesero dalla Torre dove ritrovarono Belle e Cedric, che disse: «Non credo ai miei occhi! Il Pokémon Drago Leggendario si è risvegliato!»
«A quanto pare, quel tizio di nome N…» cominciò Cheren, ma venne interrotto da Castiga, che pensierosa mormorò: «Natural Harmonia Gropius… detto N.»
«Sì, lui.» riprese Cheren: «Il capo del Team Plasma, ha risvegliato il Pokémon Drago.»
«Reshiram.» mormorò ancora la ragazza.
«E prima di sparire» riprese Cheren scoccando un’occhiataccia a Castiga: «Ha anche detto a Castì di cercare l’altro Pokémon leggendario.»
«Zekrom.»
«Sì, lui.»
«Che cosa?!» esclamò Belle: «Quindi ci sono due Pokémon Drago leggendari?»
«Esatto, proprio così!» esclamò una voce.
Tutti si voltarono a vedere chi li raggiungeva da Mistralopoli e videro Nardo che venne salutato da Cedric. Il Campione però, molto serio rispetto ai suoi standard, liquidò l'amico dicendo: «Non c’è tempo per i saluti. Quella fiammata violenta che si è levato dalla torre... È opera di un Pokémon così potente da poter distruggere il mondo intero. E il pazzo che lo controlla vuole imporre a tutti di liberare i Pokémon.»
“Quello non è pazzo. Io sì, Geechisu forse, ma non N. La pazzia è un’altra cosa.” commentò Castiga con il pensiero “È solo un po’ invasato… e ha anche un po’ di ragione.”
«Non possiamo lasciarlo fare…» proseguì il Campione: «O quello che ci aspetta sarà un mondo in cui Pokémon e Allenatori non potranno più vivere gli uni accanto agli altri.»
«Hai ragione!» esclamò Cedric, per dargli manforte e convincere tutti che la situazione era grave: «E non è tutto. N, il capo del Team Plasma che ha risvegliato Reshiram, ci ha anche detto di cercare Zekrom.»
«Secondo il mito, Reshiram devastò in un istante, con fiammate micidiali, l’antica regione di Isshu, insieme ad un altro Pokémon. N deve esserne al corrente e ora si aspetta che noi gli portiamo l’altro Pokémon leggendario.» disse Nardo.
«Co-cosa?!» esclamò Belle, terrorizzata: «Ma risvegliare un Pokémon così forte è pericoloso! Dobbiamo fare qualcosa!»
«Sei davvero una ragazza buona, Belle!» disse Nardo sorridendole: «Ma purtroppo con gli altri Pokémon non abbiamo alcuna possibilità di riuscita. Si tratta di un Pokémon Leggendario!»
«Nemmeno se combattiamo tutti insieme…» provò a chiedere Cheren, ma Nardo scosse la testa: «No, ragazzo. Non funzionerebbe. Non piace nemmeno a me fare quello che N, o come si chiama, si aspetta che facciamo, ma non ci resta che cercare quel Drago. Anzi la sua Pietra. Meglio che a trovarlo siamo noi, piuttosto che il Team Plasma. Andremo a cercarla al Castello Sepolto che ho visto durante il mio viaggio per la regione.»
«Nardo, senti una cosa.» borbottò invece Castiga, fermandolo prima che salisse sul suo Bouffalant e partisse verso il luogo prestabilito. Lui si voltò, perplesso, e chiese: «Dimmi.»
«Cosa cambia se il Team Plasma trova lo Scurolite?»
«Cosa vuoi dire?»
«Intendo... se Reshiram si è risvegliata perché c'era N, anche Zekrom aspetta l'umano diciamo prescelto per tornare in forma di Pokémon. Quindi se questo non è tra le file dei Plasma, il drago non si risveglierà mai. Tanto vale che lo trovino loro.»
Nardo storse la bocca; sembrava volesse far fare agli altri quello che non aveva voglia di fare lei. Così rispose: «N ti ha detto di cercare la pietra, no? Ti ha detto che secondo lui, tu sei l'eroe. Quindi se i Plasma dovessero trovare la pietra prima di noi, potrebbero ricattarti per fartela avere. Oppure non consegnarcela proprio, visto che è l'unico modo tangibile per fermare la sua follia.»
Castiga rimuginò a lungo. Poi fece uscire Wargle e commentò: «N ci tiene troppo alla lotta finale per non consegnarci la pietra. Ma Geechisu potrebbe farlo. Quindi sì, a questo punto, è meglio se la troviamo noi. Andiamo al Castello.»
Usando i loro Pokémon volanti, i tre amici partirono e ben presto arrivarono al Castello Sepolto, nel mezzo del Deserto della Quiete; avevano perso Nardo che, durante il tragitto, aveva accelerato troppo per i loro giovani Pokémon.
«Bene il posto è questo.» disse Cheren, scendendo dal suo Unfezant e atterrando nella sabbia: «Nardo è già andato avanti. Dobbiamo trovare quella pietra!» esclamò il ragazzo per poi entrare nel Castello Sepolto. Così fece anche Belle; Castiga fece lo stesso ma li guardò cadere nelle sabbie mobili, convinti di essere sulla strada giusta; non li seguì e decise di controllare meglio il posto in cui era. Una strada così semplice non la rassicurava. Mentre vagava, guardandosi in giro, vide uno spiritello che la osservava e la seguiva da un po’. Era nero, con una maschera appoggiata al corpo e due occhi rossi, molto tristi.
*«Ciao!»* esclamò, volteggiandole intorno alla testa.
«Ciao a te.» rispose lei, estraendo il Pokédex: “Yamask, il Pokémon Fatuanima. La maschera che indossa è il volto che aveva quando era un umano. A volte si mette a piangere mentre la guarda. È nato dagli spettri che riposano nelle antiche tombe. Conserva la memoria del tempo che fu.”
«E così tu saresti uno Yamask. Di’ un po’.. sai come si arriva in fondo al Castello?» chiese la ragazza, mettendo via il dex.
*«Certamente! Seguitemi, amici!»* rispose lui annuendo e guidò lei e Maru verso destra, dove Castiga vide delle scale nascoste.
Incuriosita, le scese e incontrò Verdanio, che le disse: «Geechisu mi ha avvertito di quanto tu sia forte.
Ora vedremo se aveva ragione. Prova a sconfiggere noi del Team Plasma!»
«Perché, tu hai il distaccamento di pagliacci più forte?» chiese ironica Castiga, oltrepassando il Saggio che la fissava con sguardo di trionfo e di sfida, convinto che non avrebbe resistito contro tutti i suoi seguaci. Castiga incontrò ben presto un avversario prima delle sabbie mobili che sconfisse con facilità; poi si buttò nel vortice. Atterrò con un tonfo sordo su un cumulo di sabbia e un seguace l'attaccò. Maru doveva ancora scendere e lei non fece in tempo a difendersi ma dal nulla apparve Yamask che atterrò il nemico.
«Grazie!» esclamò lei, stupita da quell'intervento inaspettato.
*«Nessun problema! Posso venite con voi? Sei l'unica persona che incontro che non mi ha guardata con paura...»* mormorò, rattristandosi: *«Gli umani temono noi fantasmi. E io, su questa piastra d'oro, porto impressa la mia vita passata. Ma è ora di andare avanti e sento che con te posso farlo.»*
«Vieni pure, amico. Un'anima tormentata in più non darà fastidio.»
*«Vi ringrazio!»*
Castiga quindi lo catturò e lo chiamò Deathkan; lo fece uscire subito. Una guida le avrebbe fatto comodo. Tornò al vortice e si buttò. Scese così finché non arrivò in un’enorme grotta sotterranea. Di fronte a lei, Nardo e Geechisu si squadravano.
Un rumore le fece capire che anche Cheren e Belle erano arrivati.
«Finalmente ci siamo!» disse il ragazzo
«Ehi, venite da questa parte!» urlò loro Nardo: «Qui! Vicino a me!»
I due affiancarono il Campione e Geeschisu, divertito, disse beffardo: «Ma guardatevi! Tutti qui al gran completo! Ce la state mettendo davvero tutta per svegliare Zekrom, il secondo Drago! Mi dispiace deludervi, ma purtroppo lo Scurolite non è qui. Ad ogni modo…» proseguì avvicinandosi: «Complimenti, Castiga!»
La fisso dritta negli occhi e, dopo una pausa calcolata, aggiunse: «Il nostro sovrano ha scelto te. Se desideri un mondo in cui convivano uomini e Pokémon, dovrai guadagnarti la stima del secondo Drago Leggendario e poi sfidare il nostro sovrano! Se non lo farai, il Team Plasma rapirà i Pokémon e li libererà dal giogo umano!»
Maru, dietro la ragazza, scoprì i denti ringhiando e abbassò la testa, mostrando il corno come segno di sfida.
Nardo, sgomento, chiese: «Liberarli? Come puoi essere sicuro che questo sia ciò che vogliono i Pokémon?»
Guardando Maru, aggiunse: «Voi del team Plasma non siete altro che dei ladri! È inutile che vi nascondiate dietro a paroloni come libertà!»
Distogliendo lo sguardo da Athena, Geechisu fissò Nardo e disse, con disprezzo evidente: «Ma guarda chi abbiamo qui… Nardo, il Campione! Campione che, anni fa, dopo aver perso l’amato Pokémon a causa di una malattia, ha abbandonato la Lega Pokémon nelle mani degli Élite, per andarsene tranquillamente a zonzo nella regione di Isshu! Da quanto tempo non fai una lotta vera? Ma, soprattutto, pensi che uno come te sia in grado di difendere questo mondo dove uomini e Pokémon vivono insieme? Il nostro sovrano mostrerà agli abitanti di Isshu che la sua forza è di gran lunga superiore a quella di un Campione che imprigiona Pokémon! Come un tempo fece l’eroe fondatore di Isshu, il sovrano prenderà il comando al fianco di Reshiram. E allora ordinerà a tutti gli Allenatori di rimettere in libertà i loro Pokémon! Per questo grande momento è già pronto un palazzo, degno del sovrano e del suo leggendario Reshiram!»
Nardo, colpito e ferito da quelle parole, da quel ricordo sempre vivo nella sua mente, ribatté: «Non ci contare! Non perderò! Mi batterò per tutti gli Allenatori che amano i Pokémon! E per tutti i Pokémon che credono nei loro Allenatori, come questo Samurott!»
«E pensi che il nostro sovrano sia interessato a lottare con te?» chiese Geechisu, beffardo: «Se proprio vuoi saperlo, dà già per scontato che ti sconfiggerà! Chi lo preoccupa è qualcun altro…»
«E ti ha lasciato qui per dirmi questo? Aveva voglia di prendermi in giro?!» esclamò, quasi con le lacrime agli occhi, il Campione. Castiga lo osservò, comprendendo il suo dolore e pensò, squadrando l'uomo: “Secondo me N non gli ha detto niente. Non mi sembra il tipo che calcherebbe la mano su una cosa come questa. Geechisu invece sì, chissà perché.”
«Al contrario. Lo ha fatto per gentilezza! Non voleva che tu, il Campione, ti facessi male inutilmente. Anche se a me non dispiacerebbe certo essere testimone dell’istante in cui le tue speranze vanno infrante! Non ho altro da aggiungere. Addio.» concluse Geechisu, andandosene con passo elegante. Castiga lo osservò; lui non aveva la stessa classe di N. Cercava di emularlo, di sembrare nobile, ma non ce la faceva. A differenza del ragazzo, più che rispetto, suscitava ilarità.
«Che uomo ridicolo.» commentò, senza nascondere il suo disprezzo.
Cheren e Belle si avvicinarono a Nardo. Il Campione guardava fisso dinanzi a sé. Castiga fermò gli amici, si avvicinò a Nardo e disse: «Rispetta il suo ricordo battendoti come un vero Campione. Non serve altro.»
Detto questo, si voltò e si diresse verso l’uscita. Nardo la guardò, con il dolore negli occhi, ma si riprese e rivolse la sua attenzione a Cheren che chiese: «Nardo, cosa facciamo adesso?»
«Non mi resta altro da fare che tornare alla Lega Pokémon e lottare contro N. Anche se Geechisu potrebbe aver ragione…»
Guardò ancora Castiga e le lesse la determinazione negli occhi.
«Mi vedi già sconfitto, vero?» chiese, sapendo la risposta.
«Quello che penso io non ha importanza. Sono convinta che tu sia forte, ma avrai davanti Reshiram, non dimenticarlo.»
  
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