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Autore: slancy    13/07/2015    0 recensioni
Ci sono storie che nascono all'improvviso, storie che durano alcuni giorni e altre che durano anni, secoli. Storie nate per morire. Altre vissute fino alla fine. Ci sono cuori toccati dalla purezza, altri dal male della prima stella del mattino.
Amore e odio.
Paura e passione.
Nati per eliminarsi hanno vissuto per incontrasi ancora una volta, tra odio e amore, nasce la vera passione.
Giusto o sbagliato? Nessuno lo sa.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Bondage, Incest, Triangolo
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Con gli anni Nicolette aveva finito per comportarsi come una ragazza comune. Era così che la ragazza dalla chioma di un biondo fragola impossibile da scappare all’occhio, aveva finito col starsene distesa sul divano di quella grande casa che aveva finito per essere il ritrovo d’esseri simili a lei, diversi alcuni, probabilmente divisi in buoni e cattivi, ma pur sempre simili alla giovane donna.
Se ne stava lì, sola con i suoi pensieri e le parole, o meglio, le insinuazioni del demone  che poche ore prima erano uscite dalla sua bocca. Parole forti provenienti da un viso angelico e un cuore nero come la pece che rimbombavano ancora nella sua mente e che erano riuscite a turbarla più del dovuto, a farla dubitare, a farle tornare quella strana sensazione di … oppressione e insicurezza, che era parte di lei da secoli, ma che col tempo era svanita. In quel momento era come se tutte le sue sicurezze fossero state scalfite nel profondo e, da una lato, la cosa la faceva sentire terribilmente, come se non fosse degna di fiducia perché era la prima a dubitare di essa. Affermava di fidarsi di Gabrijel,  ma erano bastate solo alcune insinuazioni per trasportarla dalla sponda del dubbio e della sfiducia.
 
Ma ad un tratto eccolo, ecco la voce del ragazzo che di giovane aveva solo l’aspetto. Eccola la voce che riuscì a riportare Nicolette alla pura e cruda realtà, la SUA voce.
E fu così che, la rossa alzò lentamente, / troppo lentamente / lo sguardo verso il biondo, strinse le labbra nervosamente e con il cuore in gola fissò i grandi occhi verdi su quella figura che ormai pareva perseguitarla da anni.
Indecisa, confusa, piena di paure.
Chiedere o non chiedere?
E cosa chiedere poi?
 
“Hey, il tuo amico dice che vuoi uccidermi è vero?”
 
Naturalmente e poi?  
Non poteva aspettarsi una confessione, anche se la cosa fosse vera, non lo avrebbe mai ammesso… ma era vero? O solo una strategia per far uscire di senno la strega?
E poi, era davvero cosi ovvio che il demone davanti a lei le avrebbe mentito?
Le aveva mai mentito?
No, a Nicolette non era mai parso di cogliere quella esitazione, quel silenzio, quel imbarazzo nel sguardo di Gabrijel o nella sua voce, quelle sfumature tipiche di qualcuno che mente.
No, era sempre stato onesto.
Lo sarebbe stato anche quella volta?
Sarebbe stato sincero con lei?
Ma, cosa più importante, la strega volevo davvero l’onestà in quel momento?
 
Lacerata quasi nel profondo, perciò, la rossa si decise d’alzarsi e, con un sospiro sulle labbra, una stecca di cioccolato tra le mani scovata negli abissi della propria  borsa– era ben consapevole del debole per il cioccolato dell’attraente demone che continuava ad incontrare e, da un lato, agognare – e si avvicinò a lui.  A quella poltrona su cui, ora, se ne stava stravaccato, senza alcun problema, senza un’evidente guerra in testa e nell’anima come quella che stava combattendo lei.
 
<< La cioccolata è per tenermi buono? >>

Domandò lui, placido e curioso. Come se fosse la cosa più semplice del mondo, ma senza nascondere quella sfumatura nella voce e nello sguardo che presagiva l’arrivo di una tempesta. Quella sfumatura che intrigava terribilmente la giovane, che le provocava quel brivido tipico di qualcuno che era ben consapevole che, la persona che tanto riempiva le nostre vite, era capace di fare cose terribile ma allo stesso tempo teneva solo a te.
 
“Forse.”
 
Pensò la giovane.
Semplicemente, onestamente, automaticamente.
Era per tenerlo buono?
Si.
Lo era.
Ma non fu questa la sua risposta.
 
 << No … è..guarda che se non la vuoi fa nulla. >>
 
Mormorò, sottovoce in tutta risposta Nicolette, senza riuscire a trattenersi dal deglutire ed assottigliare le labbra con forza, tipico segno di una strega intimorita e nervosa dai suoi stessi gesti e parole.  Come se dire di più fosse un pericolo. Un pericolo in cui non dovevo cadere.
 
 << Certo che la voglio! >>
 
Replicò lui, quasi offeso dal fatto che la rossa l’avesse anche solo osato mettere in dubbio, mentre lei tutto quello a cui riusciva a pensare fu quanto fosse in grado di  sentire il suo sguardo su di sè, sul proprio corpo, tanto che le pareva di poter prendere  fuoco da un momento all’altro. Era come se lo sguardo del demone bruciasse la candida pelle della strega e, in quel caso, in quel momento, non assolutamente una sensazione piacevole.
In quel momento Nicolette aveva un estremo bisogno d’acqua. Acqua che l’avrebbe liberata, salvata da tutto quel fuoco e quel bruciare sotto lo sguardo del ragazzo.
 
<< P-posso chiederti una cosa? >> 
Sussurrò ancora una volta sottovoce, mentre iniziò a percepire l’esatto momento in cui la sua  gola prese a bruciare a sua volta e, dopo aver trovato nuovamente il coraggio di tornare a guardare il more, di tornare a incrociare il suo sguardo, di abbracciare il blu dei suoi occhi con il verde dei propri, la strega lo notò annuire, lievemente, impercettibilmente e la cosa mi fece andare nel panico.
Letteralmente nel panico.
“Glielo vuoi chiedere per davvero, Nicolette?
Sei davvero cosi stupida?
Si, lo sei!”
 
<< Isaac ha insinuato che tu voglia uccidermi  e … no nulla. >>
 
Lanciare il sasso per poi ritirare la mano, era proprio quello che stava facendo la rossa.
Non aveva il coraggio di chiederlo, non lo voleva.
Non voleva sapere.
Fu per questo che scosse velocemente il capo, sperando di non ricevere una risposta ma…  la ragazza sperò male.
 
<< È vero. >>
 
Due parole.
Un pugno allo stomaco.
Un colpo al cuore.
Due parole che le presero il respiro.
Due parole che cambiarono tutto.
Erano bastate due semplici parole ad immobilizzarla, perché era così, Nicolette ormai non riusciva a muoversi, per Zeus, non riusciva nemmeno a ragionare, non riusciva a fare nulla, solo starsene li, seduta vicino a Gabrijel.
 Vicino al suo futuro carnefice.
Perché non riusciva a muoversi?
Questi i pensieri che riempivano la mente della giovane strega dal sguardo più saggio e vissuto di una qualunque ventunenne.
“Complimenti Nicolette, forse quest’anno vincerai pure il premio di Miss Stupidità dell’anno.”
Ma eccolo lì, ancora una volta il ragazzo a sorprenderla, a farla tornare alla realtà. Eccolo che senza essere disturbato da alcune parole, con una placidità che apparteneva solo a lui, alzò lentamente una mano e la portò tra i rossi e intriganti capelli della strega. Una sola ciocca con cui prese a giocare tranquillamente, un accarezzare ed arrotolare i capelli della strega che tanto calmava il demone, ma che fece scattare un qualche tipo di movimento nella ragazza. Un moto che la fece tremare, sussultare ma non il tipo di movimento quello che desiderava.
Perché lei voleva tutt’altro.
Lei voleva scappare.
Voleva salire sul primo aereo e andarsene lontano, fino a non essere trovata ma tutto quello che fece, imprecando in tutte le lingue che conosceva nella sua mente, fu semplicemente sussultare.  
“Fantastico.”
Penso, prima di trovare le ultime forze per far uscire il dubbio dalle labbra tremolanti e spaventate, un sussurro che chiedeva una semplice spiegazione.
<< Perché? >>
 
Già, perché voleva ucciderla? 
Per tutte le rose del deserto, la strega credeva veramente ci fosse un qualcosa tra di loro. Dopo tutti quegli anni, quei incontri, quel comprendersi che era solo loro si aspettava che ci fosse davvero un qualcosa.
 Possibilmente un qualcosa che andasse oltre il rapporto tra vittima e assassino.
Sbagliava.
<< Perché, perché la voglio. Voglio la tua anima. La voglio per me. La voglio mia. E voglio … voglio sentire il tuo corpo sotto le mie mani mentre il coltello segna la tua gola e voglio avvertire il calore del tuo sangue sulle dita  e voglio guardare i tuoi occhi su di me e avvertire il tuo respiro mentre la vita ti abbandona e diviene mia. Perché … sono io. Io sono questo. >>   Replicò nervosamente e freneticamente il demone con una luce oscura ed eccitata negli occhi, una luce che era esattamente la perfetta descrizione per desiderio, bisogno, ossessione. Una luce che avrebbe fatto tremare Lucifero in persona, una luce nello sguardo che mista al suo tono pareva una dichiarazione d’amore, una seduzione che mirava all’incontrarsi di due corpi, i loro corpi che si erano già conosciuti e, probabilmente, se Nicolette non avrebbe fatto caso alle parole sarebbe stata tentata di lasciarsi prendere un’altra volta.
Ma lei ascoltava.
Ascoltava le sue parole.
Ascoltava il demone di cui si era innamorata e che desiderava il suo sangue, agognava ardentemente il suo sangue sulle proprie dita e segnare la candida gola della ragazza con il suo coltello, fidato compagno d’avventure da secoli.
E quella fu la scintilla, il fuoco che la fece scattare ed alzarsi, finalmente, di scatto dalla sua dolce stretta.
Ma oramai era più che sconvolta.
Perché sì, quello era decisamente peggio di un colpo al cuore.
Senza nemmeno rendersi conto di come e quando di preciso, delle calde e umide gocce d’acqua si fecero spazio tra le lunghe ciglia della ragazza, insistenti lacrime che volevano rigarle il viso. Prepotenti, acide urlavano di cadere. Pretendevano di cadere, ma lei era decisa a non permetterlo.
No.
Non davanti a lui. Non davanti al suo carnefice che anch’egli era scattato, furioso e indispettito quasi dalla reazione della strega.

 << Tremi. Piangi. Hai paura. È questo ciò che sono. Lo hai sempre saputo. >>  

Rabbia.
Urla.
Paura.
Urla furenti.
Confusione.
Offese.
Incertezze.
Rabbia.
Castelli di false sicurezze che non riuscivano più a campare in aria.
Questa era l’aria che si percepiva tra i due, in uno spazio che era di un solo passo tra i loro corpi, nella stanza in cui non sarebbe entrato nemmeno un pazzo se teneva minimamente alla vita.
Ma la domanda che venne spontanea nella mente della giovane, ora, fu un’altra.
“Perché diamine ce l’ha con me adesso?”
 Fu per questo che si strofinò gli occhi, lasciando la gola deglutire, in un flebile tentativo di placare quel fuoco che era nato dentro il suo minuto corpo.
 << Lo so..ma non capisco, perché sei arrabbiato con me se quello che vuole uccidermi sei tu e non il contrario. >>
 
Gli occhi verdi della strega, ormai, erano fissi sui piedi. Uno sguardo duro e offeso, quasi quanto il tono di voce che aveva deciso per conto proprio di rinfacciare quanto c’era da rinfacciare in quel momento.
 
“Perché diamine ce l’ha con me?”
 
<< Perché … voglio ucciderti. >>
 
Ed eccolo di nuovo, quel tono eccitato e agognante della morte che fece tremare ancora una volta la strega. Quel sorriso così sinistro e spaventoso che avrebbe fatto scappare chiunque, ma stranamente lei non si mosse, tremò e basta.
 
 <>
 
Rabbia.
Frustrazione.
Paura.
Nervosismo.
Confusione.
Desiderio.
Incertezze.
Rabbia.
Pena.
Questa era l’aria che si percepiva tra i due, in uno spazio che era di un solo passo tra i loro corpi, nella stanza in cui non sarebbe entrato nemmeno un pazzo se teneva minimamente alla vita.
E poi c’era quella voglia, quel bisogno da parte della strega di farlo star meglio, nonostante quanto detto.
Era l’adrenalina o era la stupidità?
Non n’era sicura, ma decise d’ignorare quel dubbio. Decise di seguire l’istinto anche se questo non le aveva mai portato niente di buono, e fece un passo verso di lui, il cuore ormai in gola, le labbra ancora tremanti e gli occhi pieni di paura.
Era l’adrenalina o era la stupidità?
<< H-hai detto che la mia voce t-ti calma … quindi ehm, parliamo, cioè posso parlare io..come vuoi. >>  
 
Un sussurro, talmente sottile che lei stessa faticò ad udirlo, ma in un modo o nell’altro era certa che lui era in grado di sentirla. E poi eccolo lì, se la rossa aveva deciso di fare mezzo passo, Gabrijel doveva fare l’altra metà e la fece. Lentamente e senza far rumore, lento e con lo sguardo puntato in quello della strega tremante davanti a se.

<< Parlami. >>

Mormorò bisogno e tremare il demone, quasi spaventato da tutte quelle emozioni che erano appese nell’aria intorno ai due e la rossa annuì, deglutendo e decidendo di fare sua una forza che non le apparteneva o che, per lo meno, non sapeva appartenerle.
 Annuì piano, mentre il demone poggiò la fronte su quella della strega e quel contatto creò sentimenti contrastanti dentro il suo corpo. Le sue labbra cosi vicine e gli occhi chiusi la distraevano non poco, le facevano dimenticare tutto, tutto quello che c’era nell’aria ondeggiate e quelle parole dette con rabbia e senza vergogna.
Ma fece quello che doveva fare, gli parlò e gli raccontò la prima cosa che le venne in mente. Parlò dei fiori, parlò di come Paul le aveva chiesto di parlargli di  fiori, ma che poi le aveva dato dell’ossessionata. Nicolette lo trovava esagerato e disse pure questo al demone sociopatico che aveva il suo cuore legato al dito di una mano.
<< Tu profumi di fiori. >>
 
Replicò improvvisamente lui, come se fosse una scoperta appurata in quel stesso momento, come se quella certezza avesse cambiato tutto, ma Nicolette era troppo presa dal parlare per rendersene realmente, questo il motivo per cui non fece altro se non annuire nuovamente e stendere un sorriso sulle labbra, un sorriso che le fece dimenticare della paura.
 
 << Credo sia perché passo molto tempo tra di loro. >>

Era mai possibile che quel ragazzo avesse tutto quel potere di spaventarla e poi farle dimenticare tutto?

<< Non uscire di casa, stanotte. Chiudi la porta, serra la finestra delle tua camera. Notte, ma rouge. >>

Un sussurro proveniente dalle labbra del demone. Un dolce, seducente e caldo sussurro mirato a raggiungere l’orecchio della rossa, per poi lasciarla nuovamente sola, con i suoi pensieri e le sue paure. Sparire nel buio della notte e lasciarla lì, in quella casa che faceva da ritrovo ma che ora era ancora una volta vuota.  
 
 
  
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