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Autore: Conodioeamore    14/07/2015    0 recensioni
«Non prendermi in giro perché ti ucciderò nel sonno!» Sin da quando ero bambina, sono stata addestrata ad odiare le creature della notte. I miei genitori mi avevano affidata ad un maestro che m'insegnò tutto quello che c'era da sapere su di loro. Perché le favole che si tramandano sono vere. Sono la realtà. Molti mi chiedono come io riesca ad uccidere a sangue freddo. Guardarli negli occhi e premere il grilletto. Io gli rispondo semplicemente che sono dei mostri senza umanità!
© (Copyright 2015 by Martina Carlucci)
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Fui svegliata dal rumore del clacson di una macchina sportiva, scoprendo che mancavano appena due ore a mezzogiorno. Prima di addormentarmi avevo messo la sveglia al cellulare, ma scoprii che si era spento e così lo misi in carica, sperando che appena due ore di carica gli bastassero. Mi affrettai a vestirmi, indossando la mia divisa da lavoro. Chiamai al centro dei taxi ed inviai la via della casa in cui abitavo, in modo da farmi venire a prendere. Il lato positivo di essere un Cacciatore è che ti abituano a lavorare da solo sin dalla più tenera età e non appena sei abbastanza autonomo ti fanno andare a vivere da solo, fino a quando, ovviamente, non trovi un partner e fai un altro mini Cacciatore. Il vincolo al quale tutti noi Cacciatori siamo vincolati è quello di avere figli solo con altri della nostra specie, però possiamo avere rapporti sessuali con qualsiasi razza. Il campanello suonò circa mezz'ora dopo, era il tassista. Presi il mio arsenale ed uscii di casa. Salii in macchina e dissi all'autista il luogo in cui doveva portarmi. L'ospedale dove erano custoditi i cadaveri era situato in un punto molto scomodo. Per arrivarci, infatti, fui costretta ad usare tacchi e suola. La macchina si fermò al confine tra l'asfalto e il terreno ricoperto da brecciolini e piantine spinose. Sembrava ottimo come set di un film horror. Appena il taxi si fermò, l'autista mi invitò a scendere dicendomi: - Da questo punto in poi è impossibile proseguire con qualsiasi mezzo. Dovrà procedere a piedi.- Presi la mia borsa e diedi la mancia al tassista, poi mi affrettai a scendere dall'automobile. Non ero del tutto sicura di voler procedere, perché ogni istinto del mio corpo mi diceva di non farlo, però mi dovetti fare coraggio. Del resto, era il mio lavoro. Bryan mi aveva inviato una piantina dell'ospedale con cerchiato in rosso la camera dov'era la camera mortuaria. Appena varcai la porta dell'ospedale, venni travolta da un'aura tetra ed un incredibile puzza di cadavere. Essendo isolato, nell'edificio non c'era anima viva. Forse la polizia lo aveva chiuso per averlo a disposizione durante il corso delle indagini. Un paio di poliziotti stavano a guardia dell'entrata principale che portava ai vari reparti. Uno di loro mi guardò sorridendomi e, molto gentilmente mi disse: - I minorenni non possono entrare qui. - Lo scrutai dall'alto verso il basso. Aveva sì e no quarant'anni, alto all'incirca un metro e settanta. La sua carnagione era olivastra ed il colore degli occhi era quello delle nocciole. Abbozzai un sorriso e per tutta risposta gli dissi: - Sono stata convocata dalla polizia locale per esaminare i cadaveri dei vostri colleghi - gli risposi, spostando poi lo sguardo da lui al suo collega. Quest'ultimo mi stava fissando senza spiccicare parola. Valli a capire gli adulti! - Non puoi essere la Cacciatrice! Sei troppo piccola... - Non gli diedi il tempo di finire la frase che subito ribattei. - Vede agente, a me non importa un fico secco se rispecchio o no il suo ideale di "Cacciatrice perfetta". Le cose stanno così, sono io colei che stavate aspettando, perciò le sarei grata se mi accompagnasse nella stanza dove mi stanno aspettando i suoi superiori. - Nel sentire quelle parole, l'agente rimase senza parole. Corrucciò la fronte e mi disse: - Identificatevi, allora.- Immediatamente, dalla tasca interna della giacca presi il distintivo dei Cacciatori soprannaturali. - Cacciatrice Devee Hamilton. - Era una rarità vederne uno, perché non c'erano molti cacciatori di mostri in circolazione. L'uomo non disse nulla, si limitò semplicemente a scortarmi dai suoi superiori, mentre il collega rimase a sorvegliare l'entrata. Non ci mettemmo molto ad arrivare nella stanza dove il capo della polizia mi stava aspettando. La porta era aperta e da dentro si potevano sentire i rumori delle voci di alcuni agenti che si lamentavano del ritardo della Cacciatrice, che sarei io. A quel pensiero mi si formò un nodo alla gola, e le gambe mi si bloccarono. L'agente che mi aveva accompagnata mi si parò davanti, entrando per primo nella stanza. Immediatamente gli altri poliziotti si girarono verso di lui. - Agente Mike, qualcosa non va? - gli chiese uno di loro. - Niente sergente. Ho qui, però, una ragazza che dice di essere la Cacciatrice Devee Hamilton - gli rispose. Subito l'uomo drizzò la schiena, perché poco prima stava con le mani sopra la scrivania. Evidentemente stava leggendo alcuni documenti. Al che intervenni. - Mettiamo immediatamente le cose in chiaro, non è che mi sono presentata qui come una pazza appena uscita dal manicomio che soffre di doppia personalità e ho detto di essere un'altra persona. - Uno degli agenti scoppiò a ridere, ma lo sguardo agghiacciante dell'uomo che, molto probabilmente, doveva essere il suo superiore lo fece smettere subito. Scostai l'agente Mike da davanti a me e raggiunsi un punto in cui tutti potevano vedermi. - Sono la Cacciatrice Devee Hamilton e sì, ho diciassette anni. - Immediatamente gli agenti nella sala si misero a bisbigliare tra di loro. -Chi ti ha mandato qui? - mi domandò un'uomo in divisa. Voltai lo sguardo verso di lui. - E... tu saresti l'agente a cui hanno affidato il caso, suppongo. - -No, non sono io. Rispondi alla mia domanda. - - Risponderò solamente al tuo superiore, ossia all'agente che si occupa degli omicidi... chi è tra di voi? - chiesi a tutti i membri della sala. Una voce femminile interruppe il brusio di sottofondo che si era andato a formare qualche istante prima. - Sono io - disse, facendosi avanti. Non era in divisa. Indossava un paio di jeans ed una camicia con maniche tre quarti nera. La pistola nella fondina ascellare, come ce l'avevo io. Solo che la mia non era in bella vista come la sua, perché ero furba. - Sono Devee Hamilton - le dissi, porgendole la mano. Lei la strinse e mi guardò con aria titubante. - Jessica Monroe.- I suoi capelli rispecchiavano un po' il suo modo di essere. Erano senz'altro tinti, perché erano di un rosso innaturale. Gli occhi, invece ce li aveva marroni. Non mi tolse ancora gli occhi di dosso. O meglio dal mio viso. La gente si girava spesso per fissarmi quando uscivo per strada. D'altronde sono un po' particolare. I miei capelli sono lunghi fino a metà schiena e sono completamente bianchi, mentre i miei occhi sono di due colori diversi. Uno azzurro e l'altro marrone. E spesso bastavano loro a mettere in suggestione la gente. Mi portai una mano sulle punte dei capelli e dissi: - Non sono tinti, sono naturali.- Il mio tono era sarcastico, ma credo che nessuno di loro se ne fosse accorto. - Posso vedere i cadaveri? - Domandai come se stessi impartendo un ordine. La donna mi guardò per qualche istante e poi mi fece strada verso la camera mortuaria. - Da questa parte - mi disse.Un paio di agenti ci accompagnarono dai cadaveri. Scendemmo le scale e alla nostra sinistra ci trovammo un corridoio a malapena illuminato da delle lampadine al neon, non c'erano finestre. - Incantevole - dissi ironica. Uno degli agenti abbozzò un sorriso, mentre Jessica diede una controbattuta: - Avete paura, Cacciatrice?- Accennai un sorriso. - Vado a caccia di mostri dall'età di quattordici anni. Secondo voi posso avere paura di un corridoio con scarsa illuminazione?- La verità era che soffrivo di claustrofobia, e l'illuminazione non aiutava affatto. Mi trovavo più a mio agio con la totale oscurità che con il rumore delle lampadine che si potevano fulminare da un momento all'altro. Quando avevo dieci anni, un vampiro attaccò la mia famiglia mentre eravamo in vacanza al lago. Mio padre riuscì a farmi fuggire durante la notte tramite dei passaggi sotterranei. Mi ritrovai in un corridoio infinito nel quale non c'erano finestre e la luce era molto bassa. Mi prese il panico e smisi di respirare, fortuna volle che mio zio mi trovò accasciata a terra che boccheggiavo per far entrare un po' d'aria. Alla fine scoprii che i miei erano stati massacrati dal vampiro. Mio zio mi prese con sé e mi portò a casa sua, nel Montana. Quando fui abbastanza grande l'associazione mi diede una casa tutta per me, quella dove vivevo. Non tornai mai a casa dei miei genitori e non rividi più il mio maestro. - Beh, ognuno di noi ha le proprie paure.- - Non mi posso permettere di avere paura, altrimenti non svolgerei bene il mio lavoro - ribattei secca. - Touche, Devee - disse Jessica accennando, subito dopo, un sorriso. Entrammo nell'obitorio. - Quanti sono i cadaveri? - Non appena finii la domanda, un agente mi voltò verso di lui. - Erano nostri compagni. Non chiamarli cadaveri, per favore!- Il suo tono risultò alquanto infastidito. Beh, al diavolo se erano loro compagni perché ai miei occhi rimanevano comunque dei cadaveri. - Agente, non m'importa se gli uomini che ci sono qui erano o no vostri amici. Saperlo non cambierà ciò che sono, cioè morti. Sono dei corpi senza vita.- L'uomo non ebbe il coraggio di ribattere, evidentemente le mie parole lo avevano lasciato di stucco. Mi voltai verso Jessica, aspettando una sua risposta. - Sono dieci. Erano divisi in tre gruppi d'ispezione.- Mi avvicinai ai corpi per guardare meglio i segni che avevano sul corpo. Alcuni di loro erano mutilati e altri privi di arti. Pensavo che fossero vampiri, però mi dovetti ricredere. Era senza dubbio opera di un gruppo di licantropi. Non c'erano segni di canini umani, ma la pelle era completamente strappata. Chiunque fosse, aveva appena ricevuto il gene della licantropia e quindi non apparteneva ad un branco. - Un gruppo di licantropi - dissi ricoprendo l'ultimo cadavere. - Vuoi dire che non è stato un vampiro?- domandò l'agente con i capelli neri. - No. E' stato un licantropo, alla sua prima luna piena aggiungerei. Su ogni cadavere cambia il modo in cui è stato sbranato.- - Come fai a dirlo?- - Perché l'ho studiato, a differenza vostra.- - Grazie, Devee. Ci occuperemo noi di appurare le indagini. Non sai dirci nient'altro?- mi chiese Jessica. - Cercate nel clan del lupo dal manto rosso. Sono quelli che maggiormente trasformano gli umani. Comunque è senza dubbio opera di un licantropo di età inferiore ai vent'anni. Lo si capisce dal segno dei denti.- Gli agenti mi guardarono con sguardo sbigottito. - Okay, grazie.-Jessica mi accompagnò all'uscita dell'ospedale. - Chi ti viene a riprendere?- mi chiese. - Mi verrà a prendere un taxi - le risposi. La donna sembrava alquanto dispiaciuta. - Se vuoi ti accompagno io. La mia macchina è alla fine del sentiero.- - Grazie, ma ho il tassista che mi aspetta alla fine della strada.- -Come preferisci. Arrivederci, Devee - mi salutò la donna. - E grazie ancora per l'aiuto offertoci.- - Ho fatto solo il mio lavoro.- Detto ciò, uscii dall'ospedale e mi affrettai a raggiungere il taxi. Presi il cellulare dalla tasca dei jeans e guardai l'ora. Erano le quattro del pomeriggio. Ero rimasta molto tempo nell'ospedale. Arrivai sotto casa che erano le cinque e mezza, più di un'ora di macchina dall'ospedale, incredibile. Era già il crepuscolo, quindi da ora iniziava la mia caccia contro i vampiri. Notai dalla strada che le luci della mia stanza erano accese. Strano, dato che ero sicura di averle spente prima di uscire. Pagai il tassista ed entrai velocemente dentro casa. Estrassi la pistola dalla fondina, e feci molta attenzione a non fare il minimo rumore. Un maledetto vampiro era entrato in casa mia, merda. Mi sbrigai ad andare in camera mia e con mia grande sorpresa trovai una mia vecchia conoscenza che non vedevo dal fatidico giorno di sette anni fa. Corsius, il vampiro che aveva ucciso i miei genitori. Il vampiro era sdraiato sul mio letto e mi stava guardando con un sorriso a trentadue denti. - Ci incontriamo di nuovo, dolcezza - mi disse, sorridendo malizioso.
   
 
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