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Autore: adler_kudo    14/07/2015    2 recensioni
Berlino, 2015. Un giovane e promettente studente di informatica vittima della noia di una vita anonima incontra per caso un qualcuno che lo porterà a riscoprire le sue doti e il brivido della vita. Perché stare con un teppista viziato non è una cosa normale... E se si mette in conto che il ragazzo in questione non è nulla di ciò che pare non c'è il rischio di annoiarsi.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello, Nuovo personaggio | Coppie: Matt/Mello
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“...Dunque il concetto di software era già stato intuito da Turing che riteneva i suoi colleghi americani troppo legati alla parte meccanica, ossia al hardware, per la risoluzione di problemi che potevano avere una soluzione univoca grazie a un programma virtuale. All'epoca però era...”

Matt sospirò sul bancone dell'aula universitaria fino a cui si era trascinato quella mattina. Che cosa aveva fatto di male per meritarsi un tale supplizio? Il professore era bravo, nulla da dire, ma gli argomenti che trattava erano di un'elementarità assurda! Le cose che in tutto un mese di università aveva ascoltato le aveva apprese in meno di una settimana appena un undicenne, e non prima solo perché sua madre gli aveva impedito di toccare un qualsivoglia libro o strumento informatico per due anni da quando in quarta elementare aveva mandato “accidentalmente” in corto il sistema antivirus della sala computer.

Sospirò nuovamente e si accasciò sul tavolo lanciando un fugace sguardo al telo bianco sul quale erano proiettate immagini di rudimentali computer e rispettivi inventori. Gettò lo sguardo all'orologio appeso in fondo all'aula: le dieci meno quindici. La lezione sarebbe durata ancora un'ora e un quarto e lui aveva già voglia di scappare. Notò che il suo stato d'animo era piuttosto condiviso: la maggior parte degli studenti che affollavano l'aula stava lottando contro la noia o il sonno nelle maniere più disparate. Chi tra le ragazze si ritoccava lo smalto, chi risolveva cruciverba o sudoku, chi scarabocchiava il braccio del vicino addormentato, o anche qualche secchione che tentava di seguire la lezione prendendo appunti e finendo poi con il disegnare stupidaggini. Matt attese altri cinque minuti e poi non resistette più: era troppo anche per lui. Raccattò le sue cose e chiedendo di poter passare a una sua compagna di corso, tutt'altro che interessata alla lezione, riuscì a guadagnarsi abbastanza furtivamente l'uscita. Non appena udì il click della porta antincendio alle sue spalle si lasciò andare ad un sospiro di sollievo. Aveva chiuso con il corso “Storia e sviluppo dell'informatica”, avrebbe studiato da solo, dato l'esame a tempo debito e non ci avrebbe pensato più.

Ora che era fuori da quell'aula afosa e affollata, si chiese cosa era meglio fare. Il corso di Programmazione sarebbe iniziato solo due ore più tardi e dunque aveva tutto il tempo per farsi un giro fuori dalla sede universitaria, nella “ridente” Berlino. Attraversò il corridoio color crema illuminato al neon sentendo il brusio delle lezioni dietro ad ogni porta, arrivò all'atrio e guadagnò l'uscita con noncuranza. L'aria, fredda per essere solo autunno, di Berlino lo investì immediatamente così come i rumori del traffico e delle voci della città. Si sistemò il cappotto beige scuro riscaldato da pelliccia (finta, ovviamente, quella vera non se la sarebbe potuta mai permettere) e, con la tracolla rossa appesa pigramente alla spalla destra, si avviò per le strade della metropoli. Aveva due ore di tempo per andare dove voleva e tornare al corso, ma evidentemente persino il suo subconscio era esausto giacché i piedi lo guidarono, in mezz'ora di cammino, alla palazzina dove alloggiava. Sospirò per l'ennesima volta in quella giornata e salì le poche scale che lo separavano dall'ingresso preparandosi invece per le innumerevoli che lo dividevano dal suo appartamento. Stare al quinto piano senza ascensore di un palazzo del Settecento a Berlino equivaleva a fare un chilometro di maratona.

Appena aprì la porta verde scuro del suo appartamento e se la chiuse alle spalle si rese conto di aver fatto una stupidata. Aveva fatto tutti quei gradini per nulla dato che entro un quarto d'ora avrebbe comunque dovuto riscenderli tutti. Sbuffò dandosi dello stupido e si gettò di peso sul divano grigio, senza neanche togliersi le scarpe e il cappotto in ingresso. Chiuse gli occhi: se aveva solo un quarto d'ora almeno avrebbe lo avrebbe reso produttivo. Prima di addormentarsi del tutto, allungò la mano verso il bancone dell'angolo cottura dove sapeva esserci sempre un bicchiere colmo di coca-cola sgasata ad attenderlo.

Quando aveva dovuto trasferirsi a Berlino per l'università, era stato fortunato a trovare quel bilocale in pieno centro a un prezzo irrisorio; certo, i metri quadrati erano più che altro quelli di un monolocale, ma, vivendo da solo, c'era tutto lo spazio necessario per lui e per i suoi congegni elettronici, sparsi ovunque tra bagno, salotto con cucina e stanza da letto.

Purtroppo il sonno ebbe la meglio su di lui e così si svegliò non un quarto d'ora dopo, ma ben tre quarti d'ora dopo. Ebbe un tuffo al cuore: non sarebbe mai arrivato in tempo per la lezione seguente! Fortunatamente già vestito, si fiondò a ruzzoloni per le scale e si catapultò in strada sentendo tra l'altro le grida della padrona di casa che gli intimava di non correre, che c'erano delle bollette da pagare e in più che era indietro con l'affitto; ma Matt non aveva tempo di darle retta e poi... Come diavolo faceva ad essere indietro con l'affitto se era lì da un mese! Corse lungo il marciapiede fino a beccare il primo taxi libero.

-Alla sede della facoltà di Informatica, velocemente, per piacere.- ordinò senza nemmeno salutare il tedesco tipicamente ariano seduto al volate, che sbuffò per la maleducazione del nuovo cliente. In breve tempo comunque, Matt riuscì a raggiungere la sua meta ringraziando l'autista con una piccola mancia. Addio a ben cinquanta euro che gli sarebbero serviti per la bolletta elettrica, sempre la più salata di tutte.

Arrivò in aula appena in tempo: la docente non tollerava ritardi. Si sedette nell'ultimo posto disponibile in fondo all'aula e iniziò ad ascoltare la lezione.

La professoressa Kreig, oltre ad insegnare, era anche il rettore della facoltà ed era una donna dall'intelligenza grandiosa. Sentirla parlare era stupefacentemente stimolante, anche se faccia a faccia incuteva piuttosto timore; qualcosa in lei spingeva a parlarle con reverenza. Estremamente distinta, bionda con gli occhi azzurri come ogni buona tedesca, era vestita sempre con tailleur impeccabilmente eleganti, arricchiti sobriamente da un qualche monile dall'aria davvero costosa. Matt ammirava davvero quella donna, i cui cinquant'anni erano portati divinamente; era molto competente nel suo campo e, nonostante dovesse avere un marito, si vedeva che teneva molto alla sua immagine forte in un ambito prevalentemente maschile; durante la lezione Matt rimaneva sempre affascinato da quella donna.

-Bene signore e signori.- disse la docente alla fine dell'ora -Ho visionato i vostri lavori di programmazione della scorsa settimana e devo dire che sono rimasta piuttosto colpita da alcuni di voi... Uno di voi in particolare gradirei, se ha tempo, che si fermasse qui un attimo: Mail Jeevas. Il resto di voi può pure andare.-

Matt trasalì. La professoressa davvero voleva discutere con lui di quello stupidissimo programma per giocare a briscola contro il computer? Non gli pareva fosse così complicato da meritare una sua lode... Ciò nonostante, Matt, mentre gli altri lasciavano l'aula straniti e taluni invidiosi, raccolse le sue cose e iniziò a scendere le scale verso la cattedra.

-Oh, lei è Mail Jeevas?- domandò la donna indicandogli cordialmente la sedia di fronte a lei.

-Sì, signora.- Matt faticò a trovare le parole per risponderle; il suo guardo di ghiaccio metteva davvero in soggezione.

-Molto lieta. Allora, non ho molto tempo, ma ci tenevo a dirle che il suo lavoro è eccellente. Il migliore di tutti quelli che ho visionato nel primo mese di corso da parecchi anni a questa parte.-

La donna lo fissò attraverso gli occhiali dall'ovale allungato con fine montatura argentea attendendo una risposta qualsiasi.

-Ehm... Grazie, signora. Non credo però sia così valido come lavoro. Era piuttosto semplice.-

-Lei trova semplice quel programma?- domandò l'altra, sollevando le sopracciglia perfettamente curate in segno di stupore.

-Perché? Non lo è?-

La risposta più idiota che Matt avrebbe potuto dare l'aveva appena pronunciata. Aveva appena dato in pratica dell'incompetente alla sua docente preferita!

La signora si sistemò gli occhiali, probabilmente stava soppesando bene le parole con le quali buttarlo fuori dalla sua aula; Matt si aspettava già la risposta brutale, ma invece la professoressa sorrise.

-Ho avuto studenti molto brillanti durante i miei corsi. Lei è uno che potrei definire geniale. Continui così, signor Jeevas. So che sentiremo parlare di lei in futuro.-

-La... ringrazio.- rispose l'altro spaesato.

-Molto bene, mi spiace averle fatto perdere tempo. Prego, può andare. Buona giornata.-

La docente si alzò in piedi e gli tese la mano; Matt esitò appena nel fare altrettanto, non ancora sicuro di ciò che gli era appena stato detto: lui era un genio?

Sovrappensiero, uscì dall'aula fantasticando. Un genio. Lui, un genio. Era sempre stato precoce per quanto riguardava i computer, ma lo avevano classificato sempre come strambo, combinaguai, nerd... Mai come un genio. Gli sarebbe tanto piaciuto che quella donna fosse stata la sua professoressa al liceo... Avrebbe pagato oro per poter vedere la faccia di sua madre dopo un colloquio con lei. Magari, se avesse ricevuto i riconoscimenti che meritava forse sua madre avrebbe smesso di considerarlo un pazzo.

Appena mise piede fuori dalla sede, si accorse di essersi dimenticato la borsa rossa che portava sempre appresso. Sbuffò irritato: l'aveva lasciata in aula. Fece il percorso a ritroso e, arrivato davanti alla porta, sentì delle voci che discutevano. Sbirciò all'interno e vide la professoressa Kreig discutere animatamente con un... Con quello che pareva un ragazzo. Anche lui aveva i capelli biondi, tagliati a caschetto, piuttosto lunghi per un maschio; indossava una sorta di tuta di un materiale lucido che pareva pelle nera e un cappotto rosso cupo con il cappuccio bordato di pelliccia. Matt non ne era sicuro, ma gli era parso che portasse degli stivali decisamente troppo alti per un uomo.

-Allora, il tipo ti ha dato la grana?- sentì questo domandare alla donna che pareva per nulla spaventata da un tizio così particolare.

-Non parlare di lui a quel modo. Comunque non ancora.-

-Tipico di quello stronzo.-

-Porta rispetto e non dire volgarità! Con chi credi di stare parlando?-

-Sì, scusa. Ma è davvero uno stronzo.-

-Ora basta. Vai.-

-Gliela farò pagare a quel bastardo.-

Con questa ultima uscita il ragazzo si avviò a passo di carica verso la porta, i suoi passi risuonavano sul pavimento dell'aula deserta e si intrecciavano con quelli della donna che usciva da un'altra parte.

Matt fece appena in tempo a ritrarsi che il biondo uscì dall'aula; gli occhi color ghiaccio erano colmi di ira. Il ragazzo lo squadrò dall'alto in basso e lo urtò apposta prima di andarsene gridando -Oi! Sta attendo a dove vai, pomodoro!-

Non appena quello ebbe svoltato l'angolo, Matt si tastò i capelli rossi: aveva sempre odiato che lo chiamassero così.

Dopo aver rapidamente raccattato la tracolla, andò verso casa. Aveva un conto in sospeso con un certo pisolino e non poteva certo lasciare perdere. Prima però di arrivare al bilocale, decise di fare un salto al supermercato; molto previdente giacché non c'era nemmeno mezzo sandwich in casa.

Passò in rassegna i vari scaffali del negozio, senza trovare qualcosa che lo soddisfacesse davvero; finì quindi per afferrare un pacco di coca-cola, del pane da sandwich confezionato, un barattolo di salsa tonnata con pezzetti di uova sode e una tavoletta di cioccolato. Nemmeno dieci euro di spesa che gli sarebbero bastati per almeno una settimana e mezza.

Uscito dal negozio, svoltò in un vicolo che sapeva essere una scorciatoia deserta, zeppa solo di bidoni e rifiuti; tuttavia quel giorno, proprio deserta non era: non appena svoltato l'angolo urtò un qualcuno che non la prese per nulla bene.

-Ancora tu?!- sbottò lo stesso tizio biondo dell'università, cadendo a terra.

-Dovrei essere io a dirlo!- ribatté Matt; gli bruciava ancora l'offesa ricevuta poco prima.

-Che cazzo vuoi, eh? Cerchi guai, rosso?-

-Ma come diavolo parli?-

Non aveva mai sentito nessuno esprimersi in modo così insulso da quando era alle medie.

-Hai qualcosa da ridire, pomodoro?-

-Non chiamarmi così, biondina!-

-Biondin...A?! Non hai idea contro chi ti sei messo!-

-Nemmeno tu, a dire il vero! Vuoi fare a botte? Forza, alzati, allora!-

Era piuttosto fiducioso in una rapida vittoria, a dire il vero; non pensava certo che quella sorta di drag queen potesse saper fare a pugni, e lui era piuttosto esperto in risse; insomma non poteva essere peggio di GTA.

-Con piacer...Ahia!-

Il biondo tentò di sollevarsi, ma si bloccò quando sentì un dolore lancinante al palmo. Lo portò all'altezza degli occhi ed esaminò la ferita causata da un vetro rotto; era piuttosto profonda.

-Maledetta questa montagna di marciume!- sbottò cercando qualcosa per tamponarsi la mano.

Matt lo guardò dall'alto. Lì, seduto in mezzo alla spazzatura non sembrava affatto minaccioso, anzi faceva piuttosto pena e pareva pure che avesse la voce incrinata. Quasi involontariamente, Matt tirò fuori un fazzoletto e glielo porse.

-Non mi serve la tua cazzo di carità, pomodoro.-

Cercò di sembrare duro, ma aveva abbassato lo sguardo, probabilmente arrossito per il gesto; Matt non poté trattenere un sorriso: gli ricordava il gattino nero che aveva trovato nella via dietro a casa sua; era aggressivo e graffiava tutti all'inizio, ma poi era diventato un tesoro che sua madre adorava tutt'ora.

“Matt, non è un gatto. È un ragazzo.” cercò di ricordare a se stesso anche se caratterialmente c'era molta somiglianza con il suo Cenere.

-Va bene.- disse Matt scavalcandolo per andarsene -Ma io non la sottovaluterei. È piuttosto profonda, senza contare che è causata da un vetro rotto di cui non sai nemmeno la provenienza.-

-Che cosa sei, un medico?-

-No. Studio informatica.- rispose Matt con un sorriso cordiale. Tentare di fare amicizia con qualcuno in una città nuova non era poi così male... Anche se il vicolo dei rifiuti di fronte a casa non era certo il posto migliore, né quel tipo pareva quello migliore.

-Che cazzo ridi, oh! Era ovvio che studiassi informatica, sennò che ci saresti stato a fare dentro la facoltà!-

-Beh, in primo luogo, tu mi hai chiesto se ero un medico quindi...-

-Ironia.-

-...E in secondo luogo, avrei potuto essere lì per qualcuno, per un appuntamento o altro, o per rubare. Le facoltà sono aperte a tutti, sai?-

Il ragazzo sbuffò irritato. Probabilmente nessuno aveva mai osato contestarlo in quel modo. Un punto per Matt.

-Ti serve una mano a rialzarti?-

-Faccio da solo.- Il biondo si alzò in un lampo considerato il modo in cui era vestito.

-Vieni su da me?- propose senza nemmeno pensarci Matt. Davvero, doveva smetterla di raccattare cose dalla strada; sua madre aveva ragione...

-Ci stai provando con me?-

-No, solo che ho la roba per medicarti la ferita.-

Il biondo lo guardo storto.

-Hai il complesso della crocerossina, per caso?-

-No, ma se non ti muovi si infetterà... Molto probabile che ti taglino anche la mano.-

Matt ridacchiò nel vedere l'altro allarmato che controllava il palmo con attenzione clinica.

-Beh, immagino vada bene.- sentenziò infine il biondo.

Senza più dire un'altra parola, il ragazzo seguì Matt fino alla vicina porta del suo palazzo dove lo accolse l'arcigna anziana signora Inger con un plico di bollette in mano e molte lamentele in bocca.

-Toh, disgraziato! Vedi di pagare anche l'affitto prima o poi! E chi ti porti in casa! Oh, cielo! I giovani d'oggi! Non voglio certa gente in casa mia!-

Le sue “dolci” parole accompagnarono i due per tutta la salita fino al tanto agognato quinto piano. Una volta poi che Matt si fu chiuso la porta alle spalle, l'altro ridacchiò -Ma fa sempre così?-

-Sì.-

Era la prima volta che lo sentiva ridere; la sua era una risata cristallina quanto i suoi occhi, pareva sincera, così come quell'unica domanda che aveva fatto; avrebbe dovuto comportarsi forse in modo più spontaneo di quello che faceva, sarebbe di sicuro stato meno odioso.

-Accomodati pure.- fece Matt mentre prendeva acqua ossigenata e garze dallo stipetto del bagno, ma fu piuttosto stupito di trovare il tale in pratica disteso sul suo divano come se fosse a casa.

-Ehm... Ok, ora dammi la mano. Brucerà un pochino.-

Non appena una goccia di disinfettante cadde sulla ferita il ragazzo urlò di dolore.

-Cazzo, mai sei idiota! Fa un male cane!-

-Dai non fare il bambino! Dammi la mano, da bravo.-

-No, brucia! Non lo voglio più!-

Matt sospirò pesantemente: era un moccioso o cosa?

-Se fai il bravo ti do la cioccolata.-

Era un'idea idiota che l'altro cedesse solo per quello, ma a quanto pareva era quella la chiave giusta con quello strano tipo.

-La cioccolata?-

-Sì, fondente. Ti piace?-

Il biondo annuì infantilmente con la testa.

-Allora prima dammi la mano, poi ti do la cioccolata.-

-Oi! Credi di avere a che fare con un moccioso?-

La risposta nuovamente dura del ragazzo lasciò Matt ancora più perplesso, ma approfittò dell'attimo di distrazione per versagli ancora il disinfettante sul palmo.

-Ahi! Traditore!- strillò l'altro.

-Abbiamo quasi finito.-

Seguirono grida e strilla che di sicuro l'avrebbero messo nei guai con la proprietaria e con il resto dei vicini, ma alla fine riuscì a bendare la mano a quell'infantile biondino.

-Cioccolata. Adesso.- sibilò minaccioso, come soffiava un gatto al quale si è appena fatto il bagno.

-Tieni.- Matt gli tese la tavoletta appena comprata.

-È cioccolato scandente.- commentò l'altro al primo morso.

-C'è solo questo.-

-Sfigato...-

“Viziato” pensò di contro Matt che, dopo un attimo di silenzio, tornò a parlare.

-Come ti chiami?-

-Chi me lo chiede?-

-Matt, mi chiamo Matt.- Era una classica prova di fiducia quella domanda, qualsiasi idiota sapeva quel test... Probabile che il tipo fosse uno studente di psicologia... o quantomeno ci avesse tentato.

-Mello.-

-Mello? Strano nome. È un nome per gli amici, vero?-

-Assolutamente no!- ringhiò Mello -Questo è il nome con cui tutti mi conoscono. Il nome per gli amici...-

-Il nome per gli amici è il tuo vero nome?-

Mello lo guardò storto -Cosa sei? Una sorta di Freud oltre che un nerd?-

-No, solo che lo uso anche io.-

Il biondo parve cadere dalle nuvole. Forse per la prima volta in vita sua, come per Matt, aveva trovato qualcuno davvero simile a lui nonostante le differenze apparenti.

-Mihael, Mihael Kneel.- si presentò.

-Mail, Mail Jeevas.-

 

Quattro anni e mezzo dopo.

 

Matt si alzò di scatto dal letto al suono della irritante della sveglia sul comodino. Pensava di essere di nuovo in ritardo, ma per fortuna non era così. Sospirò mettendosi a sedere sul bordo e, mentre si stropicciava gli occhi verdi, tastò il pavimento per cercare i suoi indumenti. Con un vistoso sbadiglio indossò i pantaloni in jeans e la maglia a righe bianche e nere del giorno prima, poi si alzò stiracchiandosi e osservò la stanza disseminata di cartacce e cavi con il letto distrutto, la televisione di fronte ancora ronzava di elettricità statica dalla sera precedente. La spense premendo il pulsante rosso e si avviò fuori di casa; come unica colazione la fedele sigaretta che da vari mesi a quella parte aveva sostituito buona parte dei suoi pasti solitari.

Camminava a passo veloce per le vie di Berlino che aveva imparato a conoscere a memoria e arrivò anche in meno tempo del solito alla sede universitaria. Prese posto in una delle sedie della aula ad anfiteatro e attese l'arrivo della sua docente prediletta. Dopo tutto quel tempo era ancora delizioso ascoltarla, anche se per lui le lezioni non si rivelavano particolarmente interessanti dato che empiricamente aveva già sperimentato ogni tipo di programma o tecnica proposti. Non ci volle molto dunque affinché dopo l'inizio del corso crollasse, esausto dalla sera precedente, addormentato sul bancone. Si risvegliò solo quando si sentì chiamare un paio di volte dalla docente che gli chiedeva se poteva restare cortesemente a parlare.

Dopo essersi stiracchiato a dovere e aver atteso che tutti gli altri lasciassero l'aula, alquanto stranito, Matt scese le scale verso di lei.

-Mail, posso darti del tu?- domandò la donna guardandolo da dietro gli occhiali con fare quasi materno.

-Certamente, signora.-

-Bene, Mail. Tu sei certamente lo studente più brillante e qualificato che mi sia capitato nel corso almeno degli ultimi dieci anni di insegnamento. Ho notato che ti annoi spesso a lezione, non solo la mia...-

-Oh, no. Le sue lezioni sono molto interessanti, mi creda!- rispose il ragazzo sperando di essere convincente; non voleva sembrarle sgarbato o arrogante.

-Ne sono lieta. È arrivato il momento, lo sai vero?-

Matt trasalì: di che diamine stava parlando?

-Devi laureati tra qualche mese. È ora che tu presenti la tua tesi alla commissione. Sei l'unico che non lo ha ancora fatto.-

La tesi! Ecco cosa aveva dimenticato! E dire che pure glielo avevano ricordato tutti gli insegnati della facoltà; forse doveva smettere di sonnecchiare in classe... Doveva inventarsi qualcosa al più presto.

-Ehm... Sì, infatti... Ad essere sincero non ho ancora nulla di scritto, ma ho già in mente qualcosa.-

-Eccellente. Allora, visto che sarò io a presentarti alla commissione di laurea sarò io a seguirti con la preparazione della tua tesi. Dovrà essere innovativa, originale e utile. Voglio che il tuo genio ne venga esaltato. Tutto chiaro?-

Il ragazzo annuì meccanicamente, in realtà per nulla convinto. Chissà chi credeva che fosse... Era solo un ragazzo che si dilettava ad hackerare qualche pc fin dalle elementari, non ci vedeva poi molto di geniale.

-Bene. Dunque, so che è un po' frettoloso, ma se per stasera non hai impegni gradirei che tu cenassi con me per discuterne. Comprenderai che dobbiamo recuperare il tempo che hai perso.-

-Stasera?!-

-Sì, facciamo alle sette al Lorenz Adlon Esszimmer? Naturalmente offro io.-

Matt non seppe cosa fare se non annuire. Era il ristorante stellato più costoso di tutta Berlino e la sua docente universitaria lo stava invitando a cena lì per discutere della sua tesi di laurea?! Qualcosa non quadrava.

-Ehm, se non sembro un approfittatore... Va bene.-

-Eccellente. Buon pranzo, quindi. A stasera.-

Il ragazzo si alzò meccanicamente dalla sedia e si avviò verso casa perplesso. Non pensava che fosse molto normale che i professori invitassero gli studenti a cena per discutere di una tesi... Doveva esserci qualcosa di più sotto.

Era talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno di una moto che gli si era appena fermata di fronte sgommando sul marciapiede.

-Ehi, pomodoro!-

Matt alzò lo sguardo una frazione di secondo, in tempo per vedere il braccio del ragazzo biondo vestito di nero, che da un po' definiva “suo”, tirarlo sul sellino posteriore della sua splendida Harley d'epoca nera. Senza alcuna spiegazione gli fu intimato di reggersi forte e i due sfrecciarono via per il traffico berlinese.

-Dove stiamo andando!- urlò il ragazzo, senza casco, aggrappato al guidatore che correva ad una velocità folle.

-A fanculo!-

Matt sospirò. Era inutile tentare un dialogo maturo con lui; era il classico ragazzino che dalla vita aveva avuto troppo e che ora non sapeva fare nulla... O quasi: Mello era assolutamente geniale, era incredibilmente sveglio, sapeva controllare la situazione e aveva una determinazione mai vista; avrebbe potuto diventare persino cancelliere se non fosse stato terribilmente testardo e non avesse abbandonato gli studi di Psicologia per frequentare cattive compagnie; le stesse, tra l'altro, nelle quali aveva trascinato Matt in qualità di suo braccio destro dopo che avevano stretto amicizia. Ed ora lui era costretto a lavorare la notte per dei “favori” informatici a quei teppisti al posto di preparare la sua tesi; la sua vita era diventata un inferno da quando lo aveva conosciuto, ma, doveva ammettere, che in fondo se quello era l'inferno gli piaceva: le rendite prese dalla banda di teppisti per i suoi servigi non erano niente male e finalmente non aveva più avuto problemi con affitti e bollette; per di più avere una relazione sentimentale con Mello era quanto di più strano e al contempo appagante ci potesse essere al mondo.

Strinse un po' di più la presa sui fianchi del ragazzo e attese che la moto si fermasse. Osservò i vari quartieri cambiare e passare da quelli più nuovi, a quelli storici fino ad arrivare alla periferia della città, dove si fermarono nel vicolo stretto sul retro di una birreria.

Mello attese che Matt smontasse e poi si tolse il caso guardandolo negli occhi duro.

-Che c'è?- domandò l'altro.

-Odio la mia famiglia.- sibilò a denti stretti.

Matt si permise di ridere -Cosa? E mi hai portato qui per dirmi che odi la tua famiglia?-

-Smettila, è una cosa seria! E poi non ti ho portato qui per questo. Devo incontrarmi con un “cliente”.-

-Non mi avevi mai detto che facevi la prostituta...-

Mello lo fulminò con lo sguardo -Credi di essere spiritoso, idiota?-

L'altro alzò le mani in segno di resa; l'unica alternativa ad un litigio di proporzioni mondiali.

-A parte questo, è in ritardo quindi cercavo di fare una cosa che si chiama conversazione... Ma forse sei troppo un idiota asociale per capirne il senso.-

-Ok...-

Non era raro che Mello lo rapisse nel bel mezzo del giorno, o della notte, per portarlo ad incontri illegali con coloro che richiedevano il lavoro della sua gang; riteneva che con uno al seguito avrebbe fatto più la scena del “boss”, ma a Matt sembrava solo un montato, anche se ovviamente si risparmiava dal farglielo notare. Tuttavia quella volta, il vago tentativo di discussione sulla famiglia lo aveva lasciato un attimo spiazzato, dato che quello era da sempre stato un tabù tra loro: lui non voleva parlare di sua madre, totale figlia del dopoguerra, né l'altro voleva parlare di chiunque lo mantenesse.

-Che c'è con la tua famiglia allora?-

-Stasera dovevamo vederci, ma sono obbligato ad andare con loro ad una fottuta cena.-

Matt finse di ricordarsene, così pure di esserci rimasto male -Oh, mi dispiace. Non puoi proprio rinviare?-

-No. Anche se preferirei buttarmi a mare...-

-Che peccato.-

In cuor suo, Matt stava esultando: il suo ragazzo non lo avrebbe ucciso per essersi dimenticato dell'appuntamento e per aver preferito a lui la sua tesi di laurea.

 

Dopo che il “cliente”, uno stupido che aveva preteso una rapina per chissà che motivo idiota, aveva consegnato loro una valigetta con un bel po' di contanti all'interno, Matt era stato fortuitamente accompagnato a casa (non come due anni prima quando l'altro l'aveva abbandonato a sedici chilometri dalla sua residenza) e in più aveva le tasche belle piene di euro che avrebbe subito utilizzato per il pagamento dell'affitto, con il quale peraltro inspiegabilmente era di nuovo in ritardo.

Non appena scivolò dentro l'appartamento attraverso la porta verde, si gettò sul divano sbuffando. Erano già le cinque, non aveva pranzato, e aveva solo due ore di tempo per pensare ad una tesi decente, farsi una doccia, vestirsi e farsi trovare presentabile nel ristorante più costoso di Berlino. Sembrava fattibile, no? Ma lui, purtroppo, aveva la pessima tendenza ad addormentarsi nei momenti peggiori o, in quel caso, a perdere tempo con un livello di un videogioco che aveva abbandonato la notte prima alle tre, troppo esausto per continuare. Anche stavolta si accorse troppo tardi di essere in ritardo sulla tabella di marcia e così, rigorosamente dopo aver ucciso il boss del livello ed aver salvato i suoi progressi, filò sotto la doccia senza nemmeno attendere l'acqua calda e si vestì con i jeans meno rotti che aveva, una maglia a righe rossa e nera e una giacca nera sopra tanto per dare una parvenza di eleganza. Si rimirò per un istante allo specchio: senza contare i capelli rossi zuppi d'acqua e le occhiaie peggiori della storia, non gli pareva poi tanto male, se non guardava le vecchie e logore old stars nere. Si asciugò velocemente i capelli con l'asciugamano e corse a rotta di collo in strada. Avrebbe potuto prendere l'autobus, ma sapeva che a quell'ora non ne passavano, così si rassegnò all'uso del taxi. Effettivamente come mezzo di trasporto era comodo e veloce, scivolava bene nel traffico, ma le cifre astronomiche che a fine corsa pretendeva il conducente minavano davvero la volontà di chiunque nell'usarlo. Ma se da una parte era costoso, dall'altra aveva salvato Matt molte volte dai ritardi nel corso del suo soggiorno a Berlino e quella volta non fu da meno: puntuale e preciso il ragazzo si fece trovare di fronte alla porta del lussuoso ristorante; fu un sollievo per lui constatare che la sua ospite non era ancora arrivata. L'alto edificio era situato direttamente sulla piazza della Porta di Brandeburgo che, illuminata dai numerosi fari e lampioni, era uno spettacolo davvero suggestivo. L'entrata del costoso ristorante era adornata da un classico baldacchino color vinaccia sul quale capeggiava il nome del locale a lettere d'oro; la porta era a scorrimento trasparente con dettagli dorati, protetta da un facchino impettito. Se solo l'esterno era così imponente chissà l'interno cosa riservava!

-Mail Jeevas. Grazie per essere venuto.- si sentì chiamare da dietro dalla voce soave della sua professoressa.

-Grazie a lei per avermi... In... vitato.-

Nel girarsi per rispondere Matt era rimasto impietrito. Al seguito della donna vi era un imbronciato losco figuro che non appena udì quel nome parve come risvegliarsi, sollevando la testa e rivelando capelli biondi a caschetto, occhi azzurro ghiaccio penetranti... Mello.

-Ti presento mio figlio, Mail... Il suo nome è Mihael, ha insistito tanto per venire.- fece la signora con un gran sorriso, accennando al ragazzo esterrefatto dietro di lei.

-Tanto piacere.- rispose Matt tendendo la mano. Due cose erano appena passate per la sua mente: la prima era che Mello doveva essere stato trascinato lì a forza di ricatti e minacce, e la seconda era che quell'idiota era davvero un idiota: non gliel'avrebbe fatta passare liscia stavolta.

Mello ovviamente si comportò da Mello e, quasi schiaffeggiando la mano che gli veniva tesa, rispose -Il piacere è tutto tuo... Mail.- sibilò il nome e gli lanciò uno sguardo accusatorio. Come se fosse stata colpa sua! Di certo lui non poteva sapere che la madre del suo ragazzo era anche la sua professoressa!

La donna notò lo scambio di sguardi tra i due e chiese -Vi conoscete già?-

-Oh... No, non proprio.- risposero all'unisono, per poi rammaricarsene l'istante seguente; che errore da stupidi parlare allo stesso tempo! Chi mai non avrebbe sospettato che c'era qualcosa sotto?

Per fortuna, o sfortuna, si aggiunse un'altra persona a quella piccola riunione, una persona che aveva tutta l'aria di non desiderare quella compagnia. Alto, biondo, occhi scuri, l'uomo in completo blu gessato era appena sceso da una lussuosa macchina sportiva nera e aveva squadrato il ragazzo dai capelli rossi con aria di sufficienza.

-Martin.-

-Elsa.-

La professoressa e il nuovo arrivato si erano salutati in un tono così tetro che, nonostante fosse quasi maggio, l'aria parve raggelarsi. I due si scambiarono un lungo sguardo che lasciava trapelare un odio così profondo che pareva difficile immaginare che fossero sposati, come invece rivelavano le fedi ai loro anulari sinistri.

-Mihael.-

L'uomo salutò il ragazzo con freddezza, freddezza che venne ricambiata con un altrettanto gelata risposta -Vai al diavolo.-

-Noto con dispiacere che non sei cambiato affatto... Ma non mi stupisce dato con chi vivi.- commentò l'altro lanciando un'occhiata di sufficienza a quella che, a quanto pareva, doveva essere la moglie.

-Non l'ho certo scelto io, ipocrita di m...-

-Mihael! Modera i termini.- ordinò la madre -È tuo padre.-

-Per una fottuta disgrazia...-

-Mihael, basta. Non comportarti male di fronte al nostro ospite.-

Matt, che per tutto il tempo della riunione famigliare era rimasto allibito in disparte, si sentì in un istante preso in causa e, con gli occhi di tutti addosso, desiderò tanto in quel momento sparire.

-Martin, non ti ho presentato il nostro ospite per questa sera. Mail Jeevas, te ne avevo già parlato.-

L'uomo parve perdere per un attimo l'astio che caratterizzava il suo sguardo e tese la mano verso di lui con un sorriso, probabilmente più per forza di abitudine che per altro giacché doveva essere un uomo d'affari.

-Piacere, Mail. Mi hanno parlato spesso di te. Elsa mi ha detto che sei il suo studente più brillante... Ti classifica addirittura come un genio. Bene, sentiremo cosa hai da proporci, no?-

Matt ebbe la pessima sensazione che quell'uomo non vedesse l'ora di guardarlo inciampare su una qualsiasi cosa, solo per poter ridere della moglie.

-Entriamo?- propose la signora facendo strada.

 

Accolti nel ristorante da un cameriere “altamente qualificato” o almeno così recitava l'attestato della guida Michelen appeso all'ingresso, vennero condotti in un crocevia di corridoi e sale arredate da tavoli candidi splendidamente apparecchiati, tendaggi rossi e oro e colonne di stile greco: il lusso, in una parola. Il cameriere li fece accomodare ad un tavolo ovale che godeva della splendida vista sulla porta di Brandeburgo e comunicò loro che a breve sarebbe tornato per prendere le loro ordinazioni.

Seduto accanto a Mello, Matt si sentiva inimmaginabilmente in imbarazzo. Oltre al fatto che si sentisse un intruso; da una parte aveva il suo ragazzo, ma nessuno doveva venirlo a sapere; dall'altra i genitori del suo ragazzo, sul piede di guerra, ignari di essere al cospetto di colui il quale si f... Insomma, stava con il loro figlioletto.

Per evitare di guardare in faccia chicchessia prese il menù rilegato in pelle pregiata e ci ficcò la testa dentro. Si sorprese però nel leggere le varie pietanze, delle quali a malapena comprendeva nome e contenuto, e per poco non ebbe un attacco cardiaco nel leggere il prezzo di ciascuna. Forse avrebbe fatto meglio a inventarsi una scusa e sgusciare fuori da lì il prima possibile, correre al fastfood più vicino e abbuffarsi, annegando il ricordo di quell'incontro nella coca-cola e nei grassi idrogenati.

Quando arrivò il cameriere, i tre dell'“allegra” famigliola ordinarono subito, evidentemente usi a quel tipo di ambiente; Matt invece non aveva ancora capito come definire quelle scritte che tutto gli sembravano fuorché cose da mangiare.

-Cosa prendi tu, Mail?- chiese la professoressa, notando il suo molto probabile sguardo interrogativo.

-Ehm... Credo... Quello che ha preso lui.- rispose indicando Mello. Era il suo ragazzo, no? Non potevano avere gusti così diversi... Eppure l'altro gli lanciò un'occhiata stranita; oh, beh, non era mai stata una persona schizzinosa.

I seguenti due imbarazzanti minuti di silenzio dopo che il cameriere se ne fu andato vennero fortuitamente interrotti dalla docente che iniziò una conversazione con Matt come se nessun altro fosse presente.

-Bene, dunque... Mail, noi dovevamo discutere della tua tesi, non è vero?-

-Oh, giusto. La tesi.-

In tutto quel trambusto del pomeriggio e quel particolare incontro si era scordato di pensare a qualcosa che potesse essere considerata quantomeno valida.

-Ecco... Pensavo a...-

Matt avvertiva su di sé lo sguardo speranzoso della donna, quello sarcastico del marito e quello penetrante del suo ragazzo. Fece girare gli occhi qua e là in una frazione di secondo per trarre ispirazione da qualcosa; vedeva tanti elementi, tutti diversi, tutti scontati, tutti banali; l'occhio gli cadde sul panorama fuori dalla finestra, vide l'obiettivo tondo di una telecamera di sicurezza che sorvegliava la strada appesa ad un palo della luce. Chissà chi lo stava guardando in quel momento. Finalmente ebbe un'illuminazione.

-Pensavo a un qualcosa sulla sicurezza. Sui sistemi di sicurezza digitali, informatici e di rete.-

L'uomo sbuffò forse per coprire una risata sommessa -Mi sembra un po' poco...-

-In realtà questo era solo l'argomento. Intendo presentare il progetto del sistema di sicurezza totale più sicuro al mondo.-

-Utopie.- ribatté l'uomo sprezzante -È pieno di hacker là fuori che sono in grado di eludere i sistemi di sicurezza più avanzati; non avranno certo problemi con quello di un ragazzino.-

Matt non riuscì a trattenersi dal sorridere: non solo lui faceva parte di quella categoria, ma era anche tra i migliori... E chi meglio di un hacker poteva progettare qualcosa che nemmeno i suoi simili potessero risolvere?

-Credo di esserne in grado, signore.-

-Ripeto: inutili utopie. Mi avevano detto che eri un genio, ma per il momento sei solo un ingenuo ed inutile idealista... Che spreco di tempo.-

Il ragazzo stava per rispondere indietro: tutto si poteva dire di lui, ma che era idealista proprio no; era la persona più disillusa che conoscesse ad eccezione di Mello. Si bloccò un attimo prima di aprire bocca sentendo il rumore metallico di una posata piegata; Mello, tra le sue mani, aveva una povera forchetta che aveva avuto la sfortuna di incontrarlo in quel pessimo momento. I suoi genitori lo guardarono male, molto male.

In quell'istante il destino benevolo volle che i piatti arrivassero al tavolo. Matt non si era certo aspettato salsiccia e crauti, ma nemmeno quei sette cubetti bianchi ricoperti di gelatina verde ed erbette, e ancora meno quel bicchierino di salsa verde scuro non meglio identificabile. Lanciò un'occhiata al ragazzo al suo fianco che gli restituì un sorriso di sfida; probabile che sapesse che quella roba non gli sarebbe mai piaciuta. Matt allungò la mano sul tavolo per prendere una forchetta, ma si accorse che non sapeva quale scegliere tra le quattro che vi erano. Ne sollevò una a caso dato che erano più o meno tutte uguali e cominciò a sbocconcellare quello che tecnicamente doveva essere il suo primo piatto. Si era accorto di avere gli occhi del padre di Mello puntati contro: lo stava studiando.

Appena mise in bocca uno dei quei cubetti rimase perplesso. Gli sembrava di aver appena mangiato insalata con delle patate bollite fredde; ma ecco che al primo morso la bocca venne invasa da un gusto di capperi e acciughe decisamente troppo forte per lui che li odiava. Deglutì in silenzio, sopportando eroicamente quel supplizio, e finse con un sorriso che il piatto fosse di suo gusto.

D'un tratto l'uomo proseguì con il discorso di prima -Tu non hai idea della feccia che c'è in giro. La feccia lì fuori non aspetta altro che idealisti falliti per ingannarli e fare i propri interessi. Possono spacciarsi pure per geni, ma restano solo dei criminali, solo della feccia. Lo dico sempre a mio figlio.-

-Cosa cazzo mi dici tu?- sbottò Mello. Stava per perdere il controllo, male.

-Mihael, calmati.- fece il padre senza scomporsi; grave errore, mai dire a Mello di stare calmo.

-Che cazzo ne sai tu di me? Cosa ne vuoi sapere? L'unica feccia qui sei tu, schifoso ipocrita!-

-Mihael...- tentò di sedarlo la madre con scarso successo; ormai si era alzato in piedi per far valere meglio le sue idee.

-Non me ne fotte un cazzo se non ti fai mai vedere!-

-Mihael...-

-Ma non azzardarti a dare della feccia a ciò che è mio!- urlò attirando l'attenzione di molti dei presenti.

-Mihael!- questa volta fu Matt a chiamarlo, ottenendo un effetto immediato -Per favore, siediti.-

Mello si lasciò crollare sulla sedia come esausto; belva ferita, ma non sconfitta. Era raro persino per Matt chiamarlo con il suo vero nome; lo faceva solo quando era arrabbiato o quando voleva qualcosa di particolarmente... piccante, non lo aveva mai chiamato così in pubblico; faceva uno strano effetto.

-Non ho mai offeso ciò che è tuo.- riprese il padre come se nulla fosse. Matt non aveva mai visto nessuno di più incurante ed insensibile e soprattutto non aveva mai visto Mello abbassare lo sguardo in quel modo.

-Stavo dicendo la verità. Riprendendo il discorso di prima... Mail, giusto? Mail, vediamo cosa mi sai portare a livello pratico e poi ne riparleremo. Nutro dei dubbi, ma se ci riuscissi vorrei quel progetto per la mia azienda.-

-Eccellente!- esclamò la donna cercando di ravvivare la serata -Mail mi darà il prima possibile i suoi progetti, non è vero?-

-Certamente, signora.- annuì Matt -Ora se volete scusarmi dovrei andare in bagno.-

Si alzò certo di essere seguito e non appena sentì la porta del bagno chiudersi alle sue spalle si trovò un paio di labbra sulle sue. Rimasero così per un qualche istante, abbracciati, fino a che Mello non si staccò e appoggiò la testa sulla sua spalla quasi sconsolato.

-Capisci perché ho detto di odiare la mia famiglia?-

-Sì, capisco. Ma prima una cosa.- Matt fece allontanare di qualche passo l'altro e poi gli tirò un pugno in piena faccia facendolo cadere per terra.

-Ma sei cretino, idiota!- sbraitò Mello tenendosi con la mano il naso sanguinante.

-Questo è per non avermi detto che la mia professoressa è tua madre, non una tua vecchia conoscenza!- gridò il ragazzo furibondo. Era da quando era iniziata la serata che desiderava farlo.

-Sei un idiota!- urlò di nuovo l'altro a terra.

-Non hai il diritto di fare ciò che vuoi questa sera! Adesso la pianti di fare il moccioso viziato, ti tiri su e inizi a comportarti come si deve! E mi spieghi come diavolo ho fatto a finire qui!-

Mello si alzò lentamente e con altrettanta lemma si avvicinò allo specchio esaminando il suo naso dolente; nulla di grave, solo un po' di sangue che con una passata d'acqua sparì in un lampo. Si girò verso il ragazzo che, ancora affannato da ciò che aveva urlato, stava respirando profondamente nel tentativo di calmarsi. Matt non fece nemmeno in tempo a realizzare cosa stava succedendo che si ritrovò una ginocchiata nello stomaco. Tendendosi l'addome cadde tra le braccia dell'altro che gli sussurrò truce all'orecchio -Non c'è colpo che non renda. Non azzardarti a farlo un'altra volta o ciò che ti restituirò non sarà solo una ginocchiata. Ti farò sputare sangue e implorare pietà.-

-Non lo fai già?- rispose Matt ridacchiando.

-Idiota. Però... Forse... Dovrei... Chiederti... S...Sc... Insomma... Hai capito, no? Intendo dire, io sapevo che stasera sarebbe venuto anche quella merda, ma non pensavo fossi tu la vittima di mia madre.-

L'altro sbatté gli occhi un paio di volte; aveva sentito bene? Vittima?

-Ti spiace spiegarti meglio?-

Mello prese un respiro profondo e iniziò -Quella merda è molto molto ricca ed è uno dei principali finanziatori del laboratorio di ricerca dell'università. Mia madre ogni tanto, dato che è un fottuto tirchio, quando c'è bisogno di fondi, accalappia un qualche nerd idiota e glielo presenta sperando che abbia delle idee interessanti e che colga l'attenzione di quell'opportunista bastardo che così tirerà fuori i soldi e si accaparrerà l'esclusiva del progetto per le sue fottute aziende per minimo un anno.-

Matt rimase spiazzato per un attimo. Era tutta una messinscena per il tornaconto personale di quell'uomo e della moglie? Ora capiva molte cose, in primis quello strano invito. Non riuscì a trattenere le risa: il piano per quella sera non era filato propriamente liscio; a quanto pareva la professoressa non aveva calcolato il fattore Mello.

-Dai, torniamo fuori.-

Al tavolo trovarono solo la madre di Mello con un'espressione a dir poco sconsolata.

-Ehi, dov'è finita la feccia?- domandò il biondo, finalmente rilassato. Era la presenza del padre che lo rendeva nervoso, a quanto pareva.

-Se ne è andato. L'hanno chiamato per lavoro.-

-Meglio così. Siediti, Matt.- fece Mello accennando alla sedia.

-Ah, sei quindi tu il famoso Matt. Avrei dovuto capirlo.-

-Mamma!-

L'altro ragazzo si sentì alquanto spaesato -Mi sono perso qualcosa?-

-Mello parla spesso di un certo Matt, suo “amico”. Dice che è un vero genio del computer... Non mi sorprende che tu e lui siate la stessa persona.- spiegò la donna ritrovando il sorriso, mentre Mello prendeva la sfumatura delle tende.

-Sono desolata per stasera. Ti ho usato in maniera estremamente meschina.-

-Non... Non tema.-

In fondo Matt non si sentiva affatto preso in giro; non era nella sua natura curarsi di cose del genere.

-Sono lieta che Mello abbia trovato una persona come te, anche se credo che sia più lui che ti trascina nei guai che tu che lo tiri fuori.-

-Oh, beh...- Il ragazzo era leggermente in difficoltà: da come ne parlava pareva che la donna sapesse della loro relazione.

L'intuito femminile della signora arrivò subito a comprendere il motivo di quell'imbarazzo e dunque si affrettò a rispondere -Non ti preoccupare. Non sono omofobica come mio... Come Martin.-

-Un altro motivo per odiarlo, no?- commentò Mello accendendo il suo sguardo di rancore. Non sapeva che era successo davvero con suo padre, ne era sicuro di volerlo sapere, ma gli dispiaceva che il suo ragazzo nutrisse così tanto odio verso una figura così importante per chiunque, dal momento soprattutto che lui nemmeno lo aveva un padre.

-Si è fatto tardi ragazzi. Andiamo a casa.-

 

Mello non andò a casa con sua madre, rimase con Matt, in quel piccolo bilocale disordinato che tanto gli rimproverava.

-Noto che non non hai ancora iniziato a fare quelle cazzo di pulizie che ti avevo detto.- commentò non appena mise piede nel salotto, ingombro di cavi elettrici, scarti di cibo, controller per playstation, xbox e wii, e vestiti.

Matt guardò la stanza per nulla allarmato; non c'era nulla fuori posto secondo lui. Forse qualche resto di pizza in meno sul divano poteva pure essere apprezzato, ma di per sé niente era così disordinato a suo dire.

Mello dovette notare il suo sguardo superficiale dato che sbuffò spazientito e scrollò le spalle.

-Domani mattina farai brillare questo posto come uno specchio.- ordinò saettando con gli occhi minaccioso.

-Sì, signore!- scattò sull'attenti l'altro.

-Bene.-

-Mello?- fece Matt con fare interrogativo -Posso chiederti una cosa?-

Era dall'inizio di quella serata che si teneva dentro troppe domande, parecchie non gli importavano nemmeno davvero, data la sua indole menefreghista, ma quella tra tutte era sicuro sarebbe diventata un ottimo pretesto per dell'altro.

Sorrise malizioso prima di porre la questione.

-Ma fai sempre così con i tuoi?-

Il biondo ghignò in un modo che rasentava il sadismo -Sì. Ma di solito quando c'è la vittima mi limito a farmi gli affari miei.-

-Devo sentirmi onorato del fatto che hai fatto una scena madre degna dell'oscar?-

-Smettila di fare l'idiota.-

-Non ti arrabbiavi se offendevano “ciò che era tuo”?-

Dallo sguardo dell'altro Matt capì di aver fatto centro.

-Non sentirti tanto importante... Non era riferito a te.- rispose Mello distogliendo l'attenzione da lui.

-Chi ha mai parlato di me?-

Preso in contropiede, Mello arrossì appena e fissò l'altro, l'espressione da ebete dipinta sulla faccia migliore del mondo.

-Matt.-

-Sì?-

-Sei un idiota. Non smetterò mai di ripetertelo.-

L'altro ragazzo rise di gusto; l'unico idiota lì dentro era lui.

-E tu sei un... mammone!-

-Cosa hai detto?!- sbraitò Mello colorandosi di rosso; intonato al biondo del suo caschetto, a onor del vero.

-Mammone, mammone, mammone!- lo canzonò Matt, aumentando le distanza tra di loro; meglio essere sufficientemente distanti per la fuga. Difatti, non occorsero nemmeno tre secondi che l'altro già gli fu alle calcagna a rincorrerlo attorno al divano. Purtroppo per Matt, il suo disordine stavolta gli fu fatale giacché inciampò su un groviglio di cavi rossi e neri e cadde sul tappeto usurato, l'altro gli fu sopra in un baleno come un felino sulla sua preda.

-Ti spiace ripeterlo?- sussurrò innocente. Mello innocente equivaleva a morte sicura.

-Mammone.-

-Ti punirò.-

-Va bene, mammone.-

Un paio di calde labbra calarono sulle sue.

Matt quella sera aveva deciso di sfidare la sorte che gli era stata anche troppo benevola per quel giorno. Sperava solo di non avere problemi in futuro per tutto quello che era successo, ma sapeva che era impossibile. Era da quando aveva conosciuto quel disastro ambulante di ragazzo a essere costantemente nei guai. E la cosa lo faceva impazzire.



Piccolo appunto per i lettori:
Intanto grazie per essere giunti fino a qui.
È tanto lungo, lo so. Chiedo venia se prolisso.
Due parole sull'idea:
È venuta fuori parlando con una mia amica e... l'ho scritta per lei e la sua insistenza. Ad oggi pubblicata per lei e la sua insistenza.
In ogni caso, spero sia stata di vostro gradimento.
Ho amato particolarmente scrivere di questi due in questo contesto. Li vedo bene, non so voi.
Bene, ho usato abbastanza righe per avervi annoiato. Se avete qualche commento da lasciare sono sempre graditi.
Grazie e a rileggerci
-AK

  
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