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Autore: _Corin    15/07/2015    2 recensioni
Certo, Rose era vagamente attratta ossessivo compulsivamente da Scorpius Malfoy. E permalosa come una gatta a cui avessero pestato la coda, interessata al suo aspetto probabilmente meno di quanto non lo fosse la sua già considerevolmente trascurata madre, paranoica ogni oltre limite, logorroica con chiunque avesse un paio di orecchie e nessuna voglia di ascoltare le sue turbe, incapace di comprendere l’autorità che un professore avrebbe dovuto avere, rossa, lentigginosa e arruffata.
In una parola, almeno secondo il punto di vista oggettivo e sensato di James, interessante.
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Prologo

La Catastrofe
 




La catastrofe iniziò in biblioteca. L’inizio fu silenzioso, poiché se qualcuno avesse alzato la voce proprio lì la decrepita bibliotecaria sarebbe rinvenuta dal suo stato di morte apparente – sempre che non fosse morta davvero, finalmente – e avrebbe fatto una strage con l’utilizzo di una piuma di pavone intinta d’inchiostro e il vecchio libro sulle guerre dei Giganti di Marcus Rellevart.
La catastrofe venne annunciata da niente più che uno sbuffo.
«Mi annoio.» disse James Potter al ragazzo seduto davanti a lui.
Ora, secondo la sua non modesta opinione, in quel momento un vero amico avrebbe avuto pena della sua condizione di povero studente oppresso da Vector e tiranneggiato dalla McGrannit.  Soprattutto un vero migliore amico.
Se Connor gli avesse detto che si annoiava, lui avrebbe reso meno tediosa la sua giornata appendendo per una caviglia quell’idiota di Francis McNamore nel parco, possibilmente davanti ad un pubblico ampio e che cogliesse l’ironia. Certo, più che rendere felice Conn avrebbe reso felice lo stesso James, ma essendo suo amico avrebbe dovuto essere felice che James fosse felice per proprietà transitiva, no?
Ecco, Connor non fece niente di tutto quello.
James pensò che non sapeva proprio sceglierseli, gli amici. Avrebbe dovuto uscire con Devon Finch-Fletchley: lui sì, che avrebbe agganciato gente per la caviglia per rendergli meno monotoni i pomeriggi. E le mattine. E, con ogni probabilità, anche le notti. Sì, in effetti, ad uscire con Finch-Fletchley si sarebbe ritrovato lui stesso a levitare appeso a testa in giù davanti ad una folla ridente.
Comunque, Connor si limitò a sollevare lo sguardo dal libro che stava leggendo, e che parlava molto prevedibilmente di aerei babbani - la sua più grande passione, che nonno Arthur condivideva pienamente – e ad inarcare un biondo sopracciglio.
Il suo sguardo saltò dalla mano che giocava con una pallina di spugna babbana – gliel’aveva data Madama Picket come rimedio contro lo stress e l’iperattività, come se lui fosse stato iperattivo! – all’altra, che lasciava e riacchiappava un boccino d’oro di cui si era impropriamente impossessato.
«Vuoi una pluffa per palleggiare con le gambe e un bolide da colpire con la testa?» chiese acido.
James gli avrebbe volentieri risposto – no, non voleva né pluffe né bolidi, lui voleva McNamore senza mutande fuori dalla finestra della torre di astronomia! – ma Connor aveva rifondato il naso nel vecchio volume, e non l’avrebbe ascoltato.
James sbuffò, raccogliendo le palline e infilandosele in uno dei taschini nell’interno del mantello – un modello su misura, pieno di tasche costantemente piene di cose che lui stesso si dimenticava di avere addosso – e uscendo dalla biblioteca alla ricerca di qualcosa da fare – perché l’idea di starsene fermo non faceva parte di ciò che avrebbe sopportato.
I corridoi di Hogwarts erano pieni di ragazzi assolutamente non preoccupati dai suoi problemi – né, a quanto pareva, che quella fosse effettivamente una scuola, luogo di studio – che chiacchieravano e ridacchiavano e litigavano e facevano cose da adolescenti. Noia.
Una sculettante Rebecca Sterling. Belle gambe. Con tutto ciò che si trova sopra, per di più.
Devon Finch-Fletchley. Meglio cambiare strada.
Rose che… Rose?
Quella sembrava una cosa interessante. Rose era effettivamente ciò che di più interessante avrebbe potuto trovare nella sua famiglia ricca di persone noiose.
Certo, Rose era vagamente attratta ossessivo compulsivamente da Scorpius Malfoy. E permalosa come una gatta a cui avessero pestato la coda, interessata al suo aspetto probabilmente meno di quanto non lo fosse stata la sua già considerevolmente trascurata madre, paranoica ogni oltre limite, logorroica con chiunque avesse un paio di orecchie e nessuna voglia di ascoltare le sue turbe, incapace di comprendere l’autorità che un professore avrebbe dovuto avere, rossa, lentigginosa e arruffata.
In una parola, almeno secondo il punto di vista oggettivo e sensato di James, interessante.
Il maggiore della progenie Potter avanzò con il passo largo e baldanzoso, raggiungendo la colonna larga e di marmo dietro la quale uno sputo d’ossa dalla chioma leonina osserva con aria decisamente inquietante un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi color cioccolato che sedeva in bilico su un muretto di pietra bianca, in braccio un libro di storia babbana. Chissà cos’avevano tutti, che si davano alla lettura? Magari ora sarebbe uscito fuori che anche Wally Bergens aveva imparato l’alfabeto!
«Rose!» cinguettò felice James, spettinandosi i capelli con la mano.
Rose sussultò, gli rivolse un’occhiata fulminante, lo tirò dietro la colonna e controllò che Scorpius non li avesse visti (e approfittò della situazione per lanciargli uno sguardo adorante). Il tutto in rapida successione.
«Che c’è? Non vedi che ho da fare?» brontolò la sua cuginetta preferita con affetto.
James inarcò il sopracciglio, guardando la ragazza che se ne stava dritta con l’uniforme larghissima e abbottonata male, divisa fra il rimproverarlo e il continuare a guardare Malfoy nascosta da una colonna. «Certo, certo, vedo… ma, non preferiresti, che so, parlargli?» propose James ragionevole. Certo, per quanto James potesse essere ragionevole.
La buona notizia era che Rose era molto più irragionevole di lui, sebbene per ragioni ben diverse. «Ma che dici? Sei matto? Non lo vedi quanto è bello, intelligente, colto, educato, sexy-» iniziò a sospirare con gli occhi che rimanevano incatenati al bibliofilo ossuto. James avrebbe potuto giurare di vedere un filo di bava iniziare a colare dalla bocca di sua cugina.
«Ok, ok, non lo voglio sapere» la interruppe James con un tono disgustato e un gesto stizzito della mano.
Non voleva immaginarselo, Malfoy in mutande. Anzi, Malfoy non voleva immaginarselo in nessun modo.
Non che avesse qualcosa contro di lui, ma un po’ di dignità, per Circe!
«Che ci fai qui? Non sarai venuto per quella stupida idea di Albus di cercare di farmi uscire con un altro ragazzo spero. Lo sai, no? Lo sapete tutti, che io mi-»
«Certo, certo, lo so. E’ una causa persa di Al, quella di cercarti un ragazzo, mica mia. Io mi limiterò a schiantarlo quando lo troverai, allo scoccare dei quarantasette anni. E lo so, che ti manterrai virtuosa e pura in attesa di Scorpius. L’hai già detto.»
Sua cugina non parve sollevata dal fatto che, almeno lui, non l’avrebbe placcata nei corridoi presentandole uno studente di Tassorosso del terzo anno ed elencandone i numerosissimi pregi. «Ah sì? Beh, allora che vuoi, James?» soffiò, cercando di abbassare la voce ad un livello non ancora raggiunto. Non da loro, no, Rose era ambiziosa. Dall’umanità.
James non si preoccupò di quello. Era James, per Godric! Non si sarebbe preoccupato nemmeno se Voldemort avesse minacciato di risorgere. Per l’ennesima volta. «Mi annoiavo.»
«E non hai trovato niente di meglio da fare?»
«Beh, no, gli altri cugini sono normali e-» ma una voce li interruppe.
«Cosa state facendo, qui, voi, di preciso?» li interruppe Scorpius Malfoy, che li aveva raggiunti nell’angusto, e già decisamente pieno, spazio dietro la colonna.
Era un Prefetto. Non che stessero effettivamente facendo qualcosa di contro le regole, ma James provava un’avversione per i Prefetti totalmente naturale. Doveva essere qualcosa legato ai precedenti portatori dei suoi nomi. O al suo cognome. O al legame di parentela con gli zii Fred e George. E poi, anche se quella volta stavano solo chiacchierando, James era autore di un discreto numero di scherzi ai danni di Malfoy che erano rimasti impuntiti.
Rose, invece, non sembrava affatto disturbata dalla spilla che brillava sul mantello – liscio e perfettamente abbottonato , che cozzava vistosamente con quello della ragazza – e la sua faccia aveva assunto un tono di rosso simile a quello dei capelli.
Poi aveva iniziato a spostare lo sguardo sui diversi oggetti a cui potesse giungere con la vista, dai quadri che occupavano il Viadotto  alla Darsena.
Infine, il rosso si fece di una sfumatura ancora più intensa, lo sguardo si fermò sulla punta delle sue scarpe e iniziò a boccheggiare. E iniziò, tutto d’un fiato: «Oh, io… ehm… cioè, noi, voglio dire, non che io sia con lui, è lui che è venuto da me e non l’ho nemmeno capito troppo bene il perché me lo stava dicendo quando sei venuto tu certo con questo non intendo alludere al fatto che dovresti andartene oh no! Tu puoi rimanere finché vuoi e non solo perché te lo dico io ma anche perché questo è un luogo pubblico e come luogo pubblico tu hai il diritto di starci come chiunque altro Scorpius o forse dovrei chiamarti Malfoy? E’ così formale! Posso chiamarti Scorpis no? Ti chiamano tutti-»  fortunatamente, qualcuno bloccò quello sproloquio prima che Rose morisse per soffocamento.
Che quel qualcuno fosse proprio Scorpius, la Grifondoro non l’avrebbe certamente considerato una fortuna. «Cosa stai farneticando, Weasley, per Merlino?»
James era indeciso se trovare la situazione divertente o essere in pena per la cugina, che stava sfiorando il rischio di autocombustione.
Forse avrebbe dovuto andarsene, ma… rimaneva James Sirius Potter, per le mutande a pois di Salazar Serpeverde! Quale sarebbe dovuto essere il suo compito, se non rendere più movimentata – interessante – la vita ad Hogwarts, per il bene stesso di chi sarebbe morto di noia, altrimenti?
E poi, a Rose serviva proprio una spintarella. L’avrebbe ringraziato, un giorno, con i figli di Malfoy in grembo. «Voleva chiederti di uscire. Sai com’è, questo sabato si va ad Hogsmeade.» affermò convinto, guardando Scorpius con un sorriso che gridava l’abuso di Erba Pipa da ogni dente. E fingendo di non vedere l’occhiata omicida con cui Rose sperava evidentemente di renderlo un cumoletto di cenere fumante.
Forse ci sarebbe voluto un po’ di tempo, perché lo ringraziasse.
Lo sguardo di Malfoy saettò confuso dalla Weasley al suo decisamente strano cugino. «E dovresti venire anche tu, ad Hogsmade?» domandò cauto.
Rose valutò l’idea di scavarsi una fossa proprio lì, in quel punto. Dopo aver dato una lezione a suon di Crucio a James, naturalmente.
Perché suo cugino, incurante di tutti i guai che già aveva fatto, stava annuendo gravemente, guardando Scorpius dritto negli occhi. «Io vengo come ambasciatore da parte della famiglia. Per proteggere i nostri componenti.»
Le guance di Scorpius si imporporarono. «Okay. Certo. Va bene.»
Rose non poteva crederci. Aveva accettato di uscire con lei? Sì, in effetti.
L’aveva proprio fatto.
Sarebbe uscita con Lui. Con Colui che non deve essere nominato. Non Voldemort, naturalmente. Con quell’altro. Quell’altro di cui si era innamorata il primo settembre del suo primo anno ad Hogwarts.
Per la lingerie di Minerva McGranitt, sarebbe uscita con Scorpius Hyperion Malfoy! Anche se… «Quindi usciamo? Con James?» sbottò Rose, quasi dimentica del fatto che si trovava di fronte a Lui.
«No… cioè, sì, credo. Voglio dire… » sembrava quasi che stesse cercando di rivaleggiare con Rose, quanto a balbettii e guance color ciliegia.
James si aprì in un sorriso che non prometteva niente di buono.
Diede una pacca ai due, poi proclamò quello per cui, due ore dopo, si sarebbe trovato chiuso in un armadio, svenuto e ricoperto di Puzzalinfa:  «Siete fatti per stare insieme, ragazzi!»
E se ne andò, uscendo dalla zona dietro la colonna che aveva effettivamente iniziato ad ospitare troppi studenti, dei tempi di Ron Weasley e Lavanda Brown.
Mentre si allontanava, lasciando Rose a balbettare e rimbambire di discorsi senza capo né coda Malfoy, però, si girò e rivolse ai due un ghigno da Stregatto.
«Ci vediamo ad Hogsamade!» e sparì nella calca di ragazzini.
Fu lì, che la catastrofe ebbe inizio.
 
 
   
 
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