Ogni giorno era sempre la stessa storia. La sveglia di Severus suonava alle 6:30 perché Tobias, il padre, non permetteva che il bambino se ne stesse a letto a poltrire mentre lui doveva alzarsi per andare a lavoro, a faticare per una moglie strega ed un figlio che solo Dio sapeva cosa era e cosa sarebbe diventato.
La casa era piccola e i rumori trapassavano i muri di cartongesso. Severus si svegliava sempre prima delle 6:30, quando iniziava a sentire le molle del materasso che cigolavano nella stanza accanto alla sua.
Si alzava facendo molta attenzione. Sapeva di non dover fare rumore e in bagno bisognava sbrigarsi. Avevano uno scaldabagno di 15 litri e per 3 persone, in inverno, era davvero poca acqua. A lui non ne restava mai e così, ogni mattina, si lavava a pezzi con l’acqua gelida. Faccia, ascelle, intimo e piedi. Poi si vestiva velocemente per scaldarsi un po’ dentro quei maglioni slabbrati e vecchi.
La colazione era un tormento. Niente, neanche una briciola di pane doveva cadere sulla tovaglia, altrimenti Tobias gli avrebbe portato via anche il resto della fetta, accusandolo di essere un ingrato e di buttar via il mangiare.
Una volta che il padre usciva per andare a lavoro, il piccolo Severus poteva rilassarsi con la mamma.
Eileen era una maga, apparteneva ad una famiglia purosangue che non aveva gradito il suo matrimonio con un babbano. Era stata diseredata e si era ritrovata ad essere completamente dipendente dal marito, considerato che lei non trovava lavoro nel mondo babbano e che il marito le aveva imposto di non tornare nel mondo magico.
“Era una mamma brava” pensava Severus. Gli aveva insegnato tante cose, forse tutte quelle che sapeva. Gli aveva insegnato a scrivere, a leggere, a fare tanti disegni e spesso quando Tobias non c’era gli raccontava le favole di un certo Beda, che a Severus piacevano tanto.
Le mattine e i pomeriggi trascorrevano tranquilli ma la sera era sempre un pericolo. Quando Tobias tornava, tutto doveva essere in ordine: la cena già preparata, la casa in ordine, il bambino già in pigiama per coricarsi subito dopo aver mangiato. Se, malauguratamente, Tobias riteneva che qualcosa non andasse bene, allora sarebbero cominciate le urla tra lui e la moglie, alle quali spesso seguivano gli insulti e le botte.
In quelle occasioni Eileen e Severus non avrebbero mangiato perché colpevoli di aver, deliberatamente, provocato un uomo stanco che chiedeva solo un po’ di rispetto.
Rispetto era una parola che risuonava sempre nelle orecchie del piccolo Severus.
Rispetto, se cadeva a terra qualcosa
Rispetto, se si sporcava i vestiti
Rispetto, se non ringraziava
Rispetto, se non ascoltava
Rispetto, se non ubbidiva
Rispetto, dopo uno schiaffo
Rispetto, dopo le sculacciate
Rispetto, dopo le cinghiate
Rispetto, dopo le docce fredde.
Rispetto era una parola che odiava. Preferiva, come tutti i bambini, la parola “amore” che la mamma gli diceva sempre.
Amore, se disegnava
Amore, se accarezzava
Amore, se sorrideva
Amore, mentre il ghiaccio era premuto su un livido
Amore, mentre un asciugamano tiepido gli leniva le ferite
Amore, mentre le coperte lo avvolgevano, riscaldandolo
Amore, quando la sofferenza si spartiva in due.
Una sera Tobias, rientrando, esagerò oltre modo. La minestra non era calda al punto giusto. Si alzò di scatto e tirando Eileen per i capelli, la portò in camera da letto, dove sotto gli occhi di Severus, abusò di lei, ridendo. Quando ebbe finito uscì dalla stanza, chiudendoli dentro.
Severus si buttò tra le braccia della mamma e aspettò che smettesse di piangere e singhiozzare. Quando Eileen si fu riperesa un po’, il bambino la guardò e gli chiese:
-Mamma, che cosa è l’amore?-
-L’amore è quel sentimento per il quale si sopporta tutto-.
Il bambino chiese ancora: -Mamma, che cosa è il rispetto?-
-Il rispetto è quel sentimento per il quale si accetta tutto-.
Il bambino fece una faccia strana a mostrare che non aveva capito. Allora Eileen mise le sue mani ancora tremanti sul viso di Severus e chiarì:
-Accetta gli altri per quello che sono, amali nonostante tutto!-.