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Autore: Angie Mars Halen    15/07/2015    0 recensioni
Fin dal loro primo incontro Nikki e Sharon capiscono di avere parecchi, forse troppi, punti in comune, particolare non indifferente che li porta ad aggrapparsi l’uno all’altra per affrontare prima la vita di strada a Los Angeles, poi quella instabile e frenetica delle rockstar. Costretti a separarsi dai rispettivi tour, riusciranno a riunirsi nuovamente, ma non sempre la situazione prenderà la piega da loro desiderata: se Sharon, in seguito ad un evento che ha rivoluzionato la sua vita, riesce ad abbandonare i vizi più dannosi, Nikki continua a sprofondare sempre di più. In questa situazione si rendono conto di avere bisogno di riportare in vita il legame che un tempo c’era stato tra loro e che le necessità di uno non sono da anteporre a quelle dell’altra. Ma la vita in tour non è più semplice di quella che avevano condotto insieme per le strade di L.A. e dovranno imparare ad affrontarla, facendosi forza a vicenda in un momento in cui faticano a farne persino a loro stessi.
[1982-1988]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TIL DEATH DO US PART





“Ehm... Sharon Smith?” biascicò una voce stanca e sconvolta dall’altra parte della cornetta, lasciandomi perplessa. “Sono Mick. Mick Mars. Scusa se ti disturbo, non avrei dovuto telefonarti io, ma Rita e Jamie sono andati via dall’ospedale subito dopo di te, Tommy è qui che bestemmia con Doc, e io sembro l’unico in grado di articolare una frase di senso compiuto.”

Mi passai una mano sul volto e sbuffai sonoramente, zittendolo. “Senti, Mick, non è che ce l’ho con te, ma non penso che questo sia il momento adatto per delirare al telefono. Capisco che non sia una situazione facile, ma–”

“No, aspetta, fammi finire,” mi interruppe con tono brusco e autoritario, poi assunse quello più quieto di poco prima. “Ti ho chiamata perché volevo dirti che Nikki è scappato.”

Aggrottai la fronte senza essere certa di aver capito bene ciò che mi era appena stato detto e rivolsi uno sguardo confuso a Vince, il quale aggrottò a sua volta la fronte. “Fatti accompagnare a casa, d’accordo? Hai bisogno di dormire.”

“È scappato per davvero!” ripeté Mick con estrema convinzione. “Poco dopo che tu e Vince ve ne siete andati, si è risvegliato. Non chiedermene il motivo perché i medici hanno provato a spiegarmelo, ma non sono riuscito a capire. Tommy, Doc e io eravamo agli studi impegnati a cancellare date e appuntamenti per alcune interviste quando abbiamo ricevuto una chiamata dall’ospedale in cui ci hanno detto che si è strappato i tubi da addosso, ha mandato tutti a farsi fottere ed è uscito. Poi nessuno l’ha più visto.”

“Oh, merda...” riuscii a borbottare, poi riattaccai in faccia a Mick e mi voltai di scatto verso Vince per ripetergli le stesse parole che mi erano appena state comunicate. Una vaga idea di dove potesse trovarsi in quel momento ce l’avevamo entrambi, e quando Vince digitò il numero della casa a Van Nuys capimmo che avevamo fatto centro: il messaggio della segreteria telefonica era stato cambiato di recente e recava una frase tutt’altro che piacevole – “Ciao, sono Nikki e non ci sono perché sono morto”.

Vince e io ci guardammo a vicenda come se avessimo potuto trovare una spiegazione a tutto ciò negli occhi dell’altro. Fui la prima a interrompere il contatto visivo e, dopo avergli chiesto se aveva voglia di venire con me fino a Van Nuys e aver ricevuto una risposta negativa, indossai velocemente il chiodo, balzai a bordo della mia auto e mi diressi verso la San Fernando Valley, dove arrivai verso le cinque della mattina. Posteggiai raso al muro per poterlo scavalcare salendo sul tettuccio della macchina, passai attraverso la finestra della cucina, che riuscii ad aprire grazie a un buco nel vetro, e salii direttamente al piano di sopra. La porta dello sgabuzzino era aperta e mi permise di vedere che al suo interno non c’era nessuno. In compenso, quella del bagno era chiusa. La spalancai con un colpo sicuro e carico di rabbia e mi ritrovai davanti uno scenario disgustoso: Nikki era sdraiato a pancia in su sul pavimento, sopra un ammasso di tappeti e asciugamani impregnati di acqua e vomito, con ancora un ago infilato nel braccio e l’altra mano sporca di sangue, probabilmente nel tentativo di tamponare quello che era uscito dal forellino sulla pelle. Vedevo che respirava, il che significava che era ancora in vita, ma questo non servì a impietosirmi, anzi, mi fece arrabbiare ancora di più. Varcai la soglia con un solo passo, mi chinai di fianco a lui e iniziai a scuoterlo per una spalla.

“Svegliati, cazzo! Apri quegli occhi!” gridai.

Nikki sobbalzò e si sedette lentamente, stupendosi della chiazza rossa sulla mano destra.

“Che schifo...” biascicò, ancora stordito dalla batosta e dal sonno.

“Proprio così: che schifo!” ripetei a pochi centimetri dal suo viso. “Lo sai cos’hai fatto? Hai una vaga idea di quello che è successo?”

Nikki tirò su col naso e si stropicciò gli occhi sbavando il trucco nero già in pessime condizioni. “Oh, sì, certo. Sono morto, sono ritornato in vita, ho mandato a fare in culo due infermiere e mi sono fatto portare a casa da due tipe piagnucolanti. Poi ho trovato la mia roba.”

Lo afferrai per entrambe le spalle: la sua testa si muoveva come se fosse stata priva del sostegno della colonna vertebrale e i suoi occhi mi osservavano confusi. “Tu eri morto. Morto, cazzo!”

“Peccato che adesso sia di nuovo vivo,” farfugliò abbozzando una smorfia che avrebbe voluto essere un sorriso sarcastico. “A quanto pare, dall’altra parte non mi vogliono, né di sopra né al piano interrato.”

“Smettila,” lo pregai mentre tentavo di trascinarlo fuori dal bagno, ma fui costretta ad abbandonare l’impresa perché non ne avevo la forza. “Quando mi hanno detto che eri morto avrei voluto sparire dalla faccia della Terra. Mi avevano detto che non ti avrei più visto, che non avrei più potuto parlarti, e invece adesso ti trovo qui, vivo e vegeto, grazie a Dio, e cosa cazzo devo sentire? Che preferiresti essere morto?”

Nikki tornò a tirare su con il naso, che doveva essere ancora irritato da tutta la cocaina che aveva sniffato prima che arrivassi.

“Maledizione, saresti potuto–” lasciai la frase a metà come se, pronunciandola, ciò che stavo per dire avrebbe potuto avverarsi.

“Per favore, non dire così,” mormorò Nikki col capo appoggiato contro il bordo della vasca da bagno. “Se me ne fossi andato avrei posto fine a questo calvario.”

“Però sarebbe ricominciato il mio,” tali parole lo zittirono e sembrò riacquistare una piccola parte della lucidità che aveva perso. “Io ho ancora bisogno di te proprio come tu ne hai di me. Se io riuscivo a trovare le parole giuste per confortarti, tu riuscivi a trasmettermi l’affetto di cui avevo bisogno e che voglio sentire ancora,” mi chinai di fianco a lui e lo abbracciai. Ebbi come l’impressione di aver circondato con le braccia il fusto di un albero centenario. “Ti sei arrabbiato con me quando hai creduto che non volessi più stare con te, ma alla fine sei stato tu ad abbandonarmi. Per un attimo mi sono sentita persa. Non sapevo più cosa fare, dove andare, con chi parlare... non avevo più te e non avevo più nessuno.”

Nikki sollevò a fatica un braccio e posò la mano sopra la mia testa nel tentativo di accarezzarmi i capelli. “Non ti ho mai abbandonata e non voglio farlo.”

“Ci sei quasi riuscito,” ribattei premendo il volto contro la sua spalla.

“Adesso sono qui, sono vivo e in fondo so che voglio continuare a vivere. Per te che mi vuoi bene, per Tommy che mi sopporta da anni, per la band e anche per me, che mi sto perdendo tante cose belle,” ammise con i pugni serrati e gli occhi fissi sul pavimento. “Avevo delle persone che mi amavano e ho dubitato di loro, avevo un gruppo che un tempo credeva in me e spero che continui a farlo. Ne ho piene le tasche di svegliami la mattina pensando solo a come fare per procurarmi un’altra dose, e non voglio più addormentarmi con il dubbio se mi sveglierò o no. Voglio vivere in modo normale e godere delle cose positive della mia vita anche se posso contarle sulle dita di una mano. Dovete aiutarmi, Sharon. Sono stanco di sopportare una situazione che non mi piace, sono stanco di questo non-vivere, e sono stanco di essere stanco.”

“È questo ciò che voglio sentirti dire, Nikki,” mormorai commossa dallo sforzo enorme che aveva appena compiuto. Aveva finalmente capito che l’unico modo per uscire da quella situazione opprimente con la quale conviveva da ormai troppo tempo era volerlo per davvero e farlo per se stessi, non per fare un piacere a qualcun altro con la convinzione che, tanto, ogni soluzione non sarebbe stata utile.

Nikki mi chiese di aiutarlo ad alzarsi dal pavimento e, una volta che fu in piedi, si trascinò fino alla finestra per aprire gli scuri e far entrare la luce. Si coprì il volto con le mani per ripararsi dai raggi dell’alba e, una volta che si fu abituato alla loro intensità, osservò la sua stessa pelle brillare sotto la luce come non vedeva da mesi. Un sorriso si fece largo sul suo viso e mi chiese di fare il giro della casa per spalancare tutti gli scuri e tutte le finestre perché quella villa aveva bisogno che il sole e l’aria fresca risanassero le sue pareti seccando l’umidità ed eliminando l’odore pestilenziale che stagnava in ogni stanza.

Aveva finalmente deciso di porre fine a quella storia e aveva iniziato con quel semplice gesto che racchiudeva un significato ben più profondo di quanto sembrasse. Fu proprio in quell’occasione che si rese conto di non aver mai amato così tanto la luce che fino a poco tempo prima aveva voluto domare con pesanti tende di velluto. La casa non sembrava neanche più la stessa ora che i raggi del sole avevano rischiarato le pareti: i gargoyle sembravano più piccoli e quasi buffi, il legno dei mobili più brillante, e anche la vita sembrava aver preso un sapore meno aspro.

“Chiama Doc,” esclamò Nikki dopo avermi piazzato la cornetta telefono sotto al naso. “Chiamalo e digli che sto bene e che voglio che mi porti via da qui.”

Non esitai e composi immediatamente il numero dell’ufficio del suo manager, dove ero certa che l’avrei trovato dal momento che, come mi aveva detto Mick poco prima, era impegnato a fare le telefonate necessarie per annullare in tour in Europa. Inutile dire che inizialmente Doc non volle credermi, ma quando si convinse che le mie parole non erano la conseguenza dello shock come aveva pensato all’inizio, inforcò l’auto e guidò fino a Van Nuys portando con sé anche il resto della band per una riunione improvvisata. Mi spostai al piano superiore in attesa che finissero quello che più che una chiacchierata sembrava un litigio, e tornai salone solo quando sentii la porta principale chiudersi con un colpo.

“Doc ha detto che ci prende uno a uno e ci chiude in un centro di disintossicazione,” sintetizzò Nikki con nonchalance. “Se devo essere sincero, non vedo l’ora. So che sto andando incontro a mesi di tortura fisica e psicologica, ma almeno stavolta servirà a qualcosa, sia a me che agli altri. Dopodomani mi trasferirò con loro in un postaccio tipo prigione non molto lontano da qui. Verrai a trovarmi qualche volta?”

Gli feci cenno di seguirmi mentre mi dirigevo verso il patio sul retro e mi sedetti su una sedia di paglia. “Dopodomani ripartirà il mio tour. Saremo in viaggio per altri tre mesi, poi torneremo e potremo vederci tutte le volte che vorremo.”

Nikki avvicinò la sedia alla mia facendo strisciare i piedini sulle mattonelle di cotto, lo sguardo abbassato.

“Odio quando dici che devi partire,” confessò. “Però so che ti divertirai, e mi fa piacere sapere che tu stia bene. Parti e non preoccuparti per me, me la caverò benissimo.”

Il contatto del suo palmo freddo e umido con la mia mano mi fece rabbrividire.

“Hai freddo? Vuoi tornare dentro?” domandò Nikki.

“Sono solo stanca,” biascicai, poi appoggiai il capo alla sua spalla mentre osservavo il giardino incolto, domandandomi se lo avrebbe mai fatto sistemare.

“Non appena ne avrò la possibilità, comprerò una casa nuova, più luminosa e con un giardino ancora più grande, così il cane avrà più spazio per correre,” esordì come se mi avesse letto nel pensiero, poi mi picchiettò un dito sulla spalla per attirare la mia attenzione. “A proposito, come sta quella bestiola? Che ne sarà di lui ora che io vado in riabilitazione e tu riparti?”

“Sta’ tranquillo, troverò un bravo dogsitter,” risposi con gli occhi già chiusi per godere del lieve tepore dei raggi del sole.

“Quando potrò tornare a casa lo porterò con me,” disse Nikki con estrema convinzione, poi si lasciò sfuggire un lungo sbadiglio. “Mi sento a pezzi. Credo che andrò a riposarmi.”

“Non vedo cos’altro potresti fare dopo una nottata del genere,” mormorai mentre mi stringevo al suo braccio come se avessi voluto constatare che fosse veramente con me. “Tu non sai che cazzo di paura mi hai fatto prendere. Ho rischiato di perdere una delle persone a cui tengo di più.”

“Anch’io,” rispose Nikki prima di alzarsi senza lasciarmi andare. “Ho rischiato di perdere quel po’ che avevo senza nemmeno darmi la possibilità di trovare di più.”

“Vedrai che presto avrai ciò che meriti,” dissi mentre fissavo distrattamente il giardino malconcio davanti a me. “Tutti sbagliamo, però poi possiamo rimediare. Non sarà facile, ti avverto fin da subito, ma questo non significa che sia impossibile. Ce la farai anche senza di me.”

Nikki sbuffò sonoramente e appoggiò il capo al muro dietro di lui. “Ti prometto che quando sarò finalmente uscito da questa situazione di merda, troverò il modo per ringraziarti.”

“Ringraziarmi per cosa?”

“Per non avermi mai lasciato solo.”

“Non ce n’è bisogno,” obiettai prontamente. “Mi basta che tu sia di nuovo qui, non chiedo nient’altro.”

“Peccato che dopodomani tu debba già partire,” ribatté sarcastico.

Gli circondai le spalle con un braccio e lo strinsi forte a me.

“Tornerò presto,” sussurrai anche se ero consapevole che non avrei fatto in tempo a scendere dall’aereo che John Gates avrebbe già pianificato i prossimi due anni della band.

“Avvertimi quando stai per partire, così saprò quando devo passare da casa tua.”

Sorrisi mentre gli accarezzavo i capelli, certa del fatto che quella fosse una delle ultime volte in cui ci saremmo visti, ignorando completamente il fatto che il destino non riserva solo brutte esperienze, ma anche cambiamenti inaspettati.





N.D’.A.: Buongiorno!
Stavolta pubblico dopo una settimana. Mi sembra il minimo che possa fare!
Il mistero della chiamata è stato risolto e, se ai nostri occhi non risulta nulla di particolare, ha in realtà cambiato la giornata di parecchie persone, Sharon inclusa. Ad ogni modo, l’importante è che Nikki sia riuscito a capire dove ha sbagliato e, soprattutto, in che modo affrontare la situazione, cosa che nella vita reale è però avvenuta un po’ più tardi, ma va be’!
Questo, comunque, era l’ultimo capitolo della terza parte, nonché il penultimo dell’intero racconto. La prossima volta arriverà la parte conclusiva.
Spero che la storia sia stata di vostro gradimento e spero che il finale lo sia altrettanto!
Come al solito, un mega grazie a chi segue! ❤️
Alla prossima,

Angie


Titolo: Til Death Do Us Part - Mötley Crüe


   
 
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