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Autore: gateship    15/07/2015    4 recensioni
Una serie di drabble, flash e oneshot, tutte teen!lock.
Di quando Mycroft sorvegliava suo fratello senza l'ausilio dei serivizi segreti.
Di quando Sherlock voleva fare il pirata e allontanarsi da Londra con un veliero rubato.
Di mille modi in cui Sherlock e John avrebbero potuto vivere insieme la loro adolescenza.
1. Redbeard (angst)
2. Di quando Sherlock scoprì come nascono i bambini (fluff)
3. Di grifondoro e corvonero (AU, potter!lock, Johnlock)
4. Mamma! (demenziale, MycroftxOmbrello)
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mr Holmes, Mrs. Holmes, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Si, riconosco che il titolo di questa raccolta non è tra i più originali... è solo che ultimamente mi sono innamorata di tutto ciò che è Teen!Lock.
 

Diritti: I personaggi di Sherlock, Mycroft e Redbeard non sono miei, ma sono di due signori chiamati Gatiss e Moffat, i quali, un giorno o l'altro, a forza di sfornare episodi così belli ci uccideranno.

Il tutto è basato sulle opere di Sir Arthur Conan Doyle.

Eventuali riferimenti ad altre opere a parte quello sopracitate e a eventi realmente accaduti sono casuali.

 

Dunque, come sappiamo tutti Redbeard è stato abbattuto.

Solo che non sappiamo ne come ne perché.

Potete dare la colpa di questa ff all'episodio “La Colpa” della Signora del West, che mi ha ispirato tantissimo, in questo caso!

 

 

 

 


“È stato noioso.” annunciò Sherlock sbattendo la porta di casa dietro di sé. Buttò con un tonfo lo zaino per terra, dirigendosi in cucina e salendo sulla sedia della sala da pranzo.

“E i compagni?” chiese il fratello maggiore, dandogli le spalle.

“Noiosi, stupidi, ignoranti. Dei perfetti idioti. - disse, osservando Mycroft posargli un piatto di zuppa davanti – Hai avuto notizie?”

“No.”

Sherlock sospirò, ignorando la scodella davanti a sé e sbriciolando il pane davanti agli occhi di Mycroft: suo fratello cucinava pietosamente. “Sono passati cinque giorni, se fosse vivo lo avremmo già...”

Il fratello gli si sedette di fianco, mettendo la mano vicino a quella pallida di Sherlock, senza contatto, ovviamente, quel ragazzo odiava essere toccato da qualcuno che non fosse il suo cane. “Andrà tutto bene, d'accordo?”

Sherlock si infilò di malavoglia un pezzo di pane in bocca, “Non cercare di confortarmi, non ci sei portato, Mycroft, resta sul ghiaccio, ti viene decisamente meglio.”

“Sherlock...”

“Chiamami se hai notizie di Barbarossa, devo andare a controllare la mia mail, forse Scotland Yard ha preso in considerazione la mia idea su Carl Powers.” disse alzandosi, sparpagliando mollica di pane sul pavimento lindo della cucina.

 

Sette giorni.

Sette giorni da quando Barbarossa non era tornato dalla sua passeggiata nel bosco.

Sette giorni da quando il maggiordomo, Mr e Mrs Holmes erano andati a cercarlo.

Sette giorni da quando Sherlock aveva smesso di mangiare, di dormire e di parlargli.

Se non per insultarlo, ma anche i commenti sprezzanti sulla sua forma fisica stavano diminuendo sempre di più.

Mycroft guardò il fratello, appollaiato sulla poltrona, il Times ripiegato su un bracciolo, lo sguardo perso nel vuoto.

“Vuoi giocare a scacchi?”

“A che serve? - sussurrò Sherlock – Tanto mi batteresti.”

“Cavallo f3.” ribatté Mycroft, congiungendo le mani sotto al mento.

“Mycroft...”

“O giochi, o quando torna dico a mamma che hai messo l'estratto surrenale di topo nel suo tea.” minacciò Mycroft sorridendo.

“Ti odio.” bofonchiò Sherlock.

“La tua mossa?”

Il minore degli Holmes chiuse gli occhi, entrando nel suo palazzo mentale, visualizzò una scacchiera, la scacchiera, quella che usava contro sua mamma, l'imbattibile Violet Holmes. “Cavallo f6.”

Mycroft sorrise, “Pedone c4.”

“Dobbiamo proprio farlo? - domandò seccato Sherlock – non ne ho voglia.”

Suo fratello sospirò, “Dovresti...”

Il telefono di Mycroft trillò, il suono si diffuse nella stanza e Sherlock alzò gli occhi verso di lui, “Guarda il messaggio!”

Il quindicenne estrasse il telefono dalla tasca, era papà. Aprì il messaggio, voltandosi di schiena per impedire a Sherlock di leggere il suo volto.

Deglutì.

“È... - Mycroft guardò il fratello minore – è Barbarossa – come poteva? Sherlock aveva otto anni, dannazione. Otto anni, come poteva dirglielo? Quel cane era la sua vita. Dannati sentimenti – Lo hanno trovato, Sherl.”

Sherlock sorrise raggiante, lo spettro di tristezza che gli si poteva vedere negli occhi durante la breve partita a scacchi cancellato, saltò giù dalla poltrona, avvicinandosi al fratello maggiore. Sembrava che quella parte strappata del suo cuore fosse stata rattoppata, cucita in pochi istanti. L'ago e il filo la avevano resa solo più unita, difficile da strappare.

Non era giusto.

Non era giusto perché fino a pochi momenti prima stavano giocando a scacchi e ora la vita di Sherlock sarebbe stata cambiata.

“Quando me lo riporta papà?” chiese il piccolo detective con la voce leggermente tremante, gli occhi pieni di speranze.

Mycroft gli si inginocchiò davanti, prendendogli le mani. Lo sguardo del fratello si congelò.

Aveva capito. Il vantaggio di avere un genio in famiglia: non dovevi spiegargli quel tipo di cose.

Sherlock sbatté le palpebre, una solitaria lacrima cristallina che gli rigava il viso, “Cos'è successo?”, domandò, quasi timidamente, aveva paura. Paura della risposta.

“Una volpe lo ha morso...” iniziò Mycroft, cercando lo sguardo del bambino, che sembrava volergli sfuggire.

“Rabbia.” Non fu una domanda. Naturale che Sherlock lo avesse intuito.

“Lo abbiamo preso troppo tardi, è ad un stadio...”

Gli occhi azzurro ghiaccio di Sherlock catturarono lo sguardo del fratello, “Voglio vederlo.”

 

 

Barbarossa era stato chiuso in un recinto, quando arrivarono.

No, non era chiuso.

Era come in quei film, Barbarossa aveva la stessa espressione.

Immobile, gli occhi spalancati.

Esausto, senza forze.

Faceva solo quel suono, un mugugno simile a quello di un gatto.

La bocca aperta, agonizzando per una boccata d'aria.

Il primo impulso di Sherlock fu quello di scappare, di uscire dalla fattoria di suo zio e di non farvi più ritorno, di non voltarsi mai indietro e continuare a scappare, fino a quando gli arti inferiori non avessero ceduto, le gambe troppo deboli, la faccia nel fango.

Si mise le mani in tasca e impuntò i piedi, costringendo la mente a tornare a quello che i suoi familiari stavano dicendo.

Gli avevano spiegato tutto, naturalmente, troppo pericoloso tenerlo in vita, gli avrebbe causato solo altro dolore.

E bisognava abbatterlo.

“Facciamolo adesso.” sussurrò, gli occhi fissi sul pavimento.

Suo padre e Mycroft lo guardarono.

“Ne sei sicuro?” chiese il fratello, avvicinandoglisi con calma.

“Starà sempre peggio, no? Meglio ora che farlo patire ancora inutili sofferenze.” La voce che lo disse gli risultò fredda, estranea.

Il signor Holmes annuì, “Esci Sherlock.”

Lui guardò suo fratello con sguardo determinato.

“Facciamolo restare, papà.”

 

C'erano tre fasi, quando si sparava. Mirare, caricare e fare fuoco. Sherlock lo sapeva bene.

Mirare.

Quando suo padre puntò il fucile verso la testa di Barbarossa, Sherlock trasse un respiro profondo, costringendosi a tenere gli occhi aperti.

Caricare.

Quando sentì quel secco clack, la sua mano volò verso quella di Mycroft, tesa verso di lui, come se il fratello se lo aspettasse. La strinse, la strinse come se da quella stretta dipendesse l'universo.

Sparare.

Gli occhi di Barbarossa erano rivolti verso di lui, lucidi, lo sguardo interrogativo.

Sherlock emise un suono strozzato, le braccia di Mycroft attorno alla sua schiena in mutuo conforto.

Un colpo secco.

Solo uno sparo, poi il vuoto.

Faceva male, si accorse Sherlock, mentre quelle lacrime, che aveva deciso di tenere soltanto per sé, iniziavano a cadere.

Faceva male.

Lo amava, amava Barbarossa, e ciò gli aveva fatto male.

Amare.

No.

Mai più.

 

 

 

 

 

--- Note inutili che potete saltare ---

“Non cercare di confortarmi, non ci sei portato, Mycroft, resta sul ghiaccio, ti viene decisamente meglio.” è una citazione presa da The Sign of Three, in un dialogo tra il magnifico John e Sherlock. Solo riadattata un pochino.

 

Carl Powers. È stato il primo caso di Sherlock. Lui otto anni e Jim tredici, ma quando cavolo erano precoci questi due?

Spero che vi sia piaciuta... se vi va commentate!!! :)

  
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