Mi svegliai felice, avevo ancora la sua testa appoggiata sul mio seno. Lui dormiva ancora, faceva lunghi respiri ed ogni tanto strizzava gli occhi. Rimasi un po’ di tempo a guardarlo, gli accarezzavo la testa fino a quando mi resi conto che ne avevo ancora voglia, a quel punto decisi di svegliarlo.

Nessuno di noi due era vestito, i nostri abiti erano sul pavimento dal pomeriggio prima, ormai puzzavano di polvere ma a noi non importava, la cosa essenziale era stare assieme. Incominciai a passare le mie mani sulla sua schiena, prima i palmi, poi i polpastrelli ed infine le unghie.

Tirò su la testa, non aprì neanche gli occhi, mi lasciò uno stampo sulle labbra per poi inserire di nuovo il suo viso fra i miei seni. Mi misi a ridere:
"Guarda che non è il paradiso" gli dissi,
"La speranza è sempre l'ultima a morire", mi rispose lui, smorzando un sorriso fra le parole.

Questa volta si alzò, sedendosi sulla sponda del letto mentre io mi rannicchiavo per cercar di far stare entrambi i nostri corpi su quel minuscolo materasso.
Si infilò i Boxer ma non lo lasciai fare: "Ho ancora voglia", pronunciai lentamente sottovoce, quasi per non farmi sentire. Era figlio di un pastore protestante.
Ributtò le mutande sul pavimento e prima di gettarsi dentro di me disse:

"Dio non ci perdonerà per aver goduto così tanto",

"Amore mio, Dio non esiste",

"Speriamo".