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Autore: eleanor89    20/01/2009    4 recensioni
TEMPORANEAMENTE SOSPESA.Spin off di "Panda" di Coco Lee.
Perché se tuo figlio sogna che un uomo cattivo vuole fare del male a lui e tua moglie, è meglio tenere gli occhi aperti.
cap II: «Hai ragione Tenten, sono ancora forte.» si compiacque Sakura, pur insoddisfatta dall’incapacità di mettere tutto il chakra nel pugno, in quelle condizioni. Ogni traccia di ilarità si spense scorgendo Ino, che ancora tossiva, chinata a terra.
Ino alzò appena la testa, ed i loro occhi si incontrarono.
Grazie, frontespaziosa. Sta attenta.
Non morire, Ino. Davvero.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka, Sakura Haruno | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Longfic di tre capitoli, ispirata dalla oneshot “Panda” di Coco Lee, che consiglio caldamente a tutti di leggere, per una ventata di dolcezza

Longfic di tre capitoli, ispirata dalla oneshot “Panda” di Coco Lee, che consiglio caldamente a tutti di leggere, per una ventata di dolcezza. [Non è necessario comunque averla letta prima.]

Come sempre, le storie di Lee fanno nascere in me l’ispirazione, motivo per cui resta sempre una delle mie autrici preferite, oltre ovviamente alla sua bravura a prescindere dalle mie reazioni da invasata.

Il pezzo prima del titolo è tratto proprio dalla sua shot, ed è ciò che mi ha ispirato la storia, motivo per cui alla fine di tutto mi prenderete per psicopatica, se darete un’occhiata a Panda. Anche perché persino Lee era sconvolta, ma io vado ad associazioni libere, ed il fatto che non ho mai visto film Disney da bambina deve avermi segnata, che vi devo dire.

Inutile dirlo, la Lee sa di questa fiction e approva, e mi ha concesso l’uso dei suoi personaggi. E io la ringrazio, perché anche se sono sempre pigra oppure occupata e finisco col recensire poco, e andrei bruciata per questo, amo davvero tutte le sue storie, e gli universi immaginari in cui mi lancia con la sua estrema bravura. E la ringrazio anche perché mi lascia sempre scrivere spin off per le sue storie e mi incoraggia.

E la ringrazio perché alle volte, senza motivo, ascolta i miei scleri quando magari sono giù, nonostante non sia venuta a farlo, e sa vita morte e miracoli dei miei problemi con l’esame di ammissione, o del ragazzo che mi piace, o cose simili. La ringrazio, perché Lee è Lee, e a me piace Lee. 

 

Questa storia è per te.

E per chiunque abbia apprezzato: “per essere immortale.”

 

 

 

 

 

“Hai fatto un brutto sogno, Shin?” chiese l’uomo sorridendo al bambino che cercava di aiutarlo per i sensi di colpa.

“Era da un po’ che non facevi la pipì a letto..” constatò il jonin prendendo le lenzuola e portandole nel cesto dei panni sporchi.

Shin lo guardava con timore, torturandosi le manine e osservando il tappeto della camera che improvvisamente era diventato interessantissimo; Shikamaru si inginocchiò davanti a lui, scrutandolo da vicino e invitandolo a parlare con lo sguardo.

“Ho fatto un brutto sogno.. c’era.. c’era un uomo cattivo che.. che voleva fare male a me.. e alla mamma.. ma tu non c’eri a casa papà, e io.. io avevo tanta, tanta paura.. e allora..”

“Ma Shin nessuno mai ti farà del male!” gli disse Shikamaru guardandolo con sguardo ironico e divertito.

“Neanche alla mamma?” chiese il bambino sfregandosi gli occhi con la manica del pigiama.

“Neanche a lei, ometto!”

 

 

Solo un brutto sogno.

 

 

 

 

Naruto si stava divertendo parecchio a far ruotare per aria una bella bambina dalle lunghe trecce castane, che rideva spensierata.

«Naruto, per quanto ancora intendi giocare con mia figlia?» borbottò Neji, imbronciato nel vedere la sua unica bambina dare confidenza a quello lì.

«Non è colpa mia se preferisce me a te.» lo stuzzicò Naruto, facendogli una linguaccia. La piccola rise più forte.

«Che cosa?» si innervosì lo Hyuga all’istante, alzandosi in piedi. Naruto mise giù la bambina, che corse ad abbracciare il padre.

«No, papi! Mai-chan preferisce te!» lo rassicurò teneramente lei, tirando la stoffa dei pantaloni del padre e sorridendo in modo irresistibile. Neji cedette, e la prese in braccio.

«Tutta tua madre, piccola furba… Uzumaki, quella peste di tuo figlio, piuttosto?»

«Yuu è con Shin, non li vedi?» li indicò divertito, mentre i due bambini complottavano qualcosa, sporchi di fango sino alle ginocchia.

«Beh, gioca con lui.»

Improvvisamente due grida stridule riecheggiarono per il parco, facendo fuggire via tutti gli animali, ed anche qualche adulto.

«Naruto!» urlò la voce pericolosamente simile ad un ringhio di Sakura.

«Shikamaru Nara!» ululò Ino.

«Neji, possiamo andare.» dichiarò Tenten tranquilla, passando accanto al marito e infilando una borsa a tracolla. Neji ringraziò il cielo per non aver sposato una isterica e la seguì.

Naruto e Shikamaru invece strinsero convulsamente un bracciolo della panchina, sorridendo nervosi alle rispettive mogli. Sakura fu la prima a farsi avanti, strattonando Naruto.

«Tuo figlio è sporco di fango sino al collo!» lo aggredì, fulminandolo con un’occhiataccia. «Meno male che dovevate controllarvi voi oggi! “Hokage rispettabile” un paio di balle!»

«Tu non ceni stanotte.» decretò Ino, lapidaria.

«Ma che c’entro! Shin è appena fuggito via, lo sai come sono i bambini…» tentò Shikamaru.

«Non riesce neanche a controllarne uno solo, figuriamoci due…» mormorò Ino rivolta a Sakura, che alzò le spalle mentre trascinava via Naruto. «Nara, prendi tuo figlio e fagli un bagno.» ordinò.

«Sei una Nara anche tu.» le fece presente l’uomo, alzandosi svogliatamente e sbuffando. Poi si bloccò di colpo, tornando a guardarla. «Figuriamoci due?» ripeté come folgorato.

Ino scosse la testa, scocciata. «Non sono incinta.»

«Ma ne vorresti un altro?» non si arrese lui, costringendola a voltarsi verso di lui e scrutandola con occhi seri. «Ino, se vuoi…»

«Non mi sembra il luogo adatto.» lo interruppe lei, facendo un cenno con la testa rivolto alle coppie e ai bambini che gironzolavano per il parco.

«Giusto.» concordò Shikamaru con un mezzo sorriso, che poi si allargò fino a diventare un ghigno, «Ma stasera ne riparliamo.»

Ino non poté impedirsi di sorridere e annuì.

Shikamaru la superò con rinnovata lena, nel tentativo di riacciuffare il bambino che a contatto con il piccolo Uzumaki diventava pestifero quanto l’altro. E non appena smise di essere osservata, il sorriso le gelò sulle labbra.

Si guardò attorno mentre portava la tracolla della borsa sulla spalla, e seguì il marito.

Poi, con un sussulto, notò che il piccolo Yuu la fissava insistentemente, cogliendo ogni suo più piccolo particolare. Tornò a sorridere rassicurante, ben conscia che il piccolo aveva ereditato sì l’aria innocente di Naruto, ma anche l’intuito di Sakura. Gli occhi verdi della madre erano in quel visino angelico, che continuavano ad inchiodarla lì a chiedersi quanto avesse già notato e quanto potesse sapere.

La sua visuale fu coperta da Naruto, che lo sollevava come un sacco di patate mettendoselo in spalla e facendolo ridere. Ino si diede dell’idiota nel sentire quel suono così infantile: era solo un bambino, e lei era paranoica.

Sicura?

Il fatto che fosse la voce di Sakura quella che sentiva nella sua testa, testimone forse di un esaurimento nervoso o più probabilmente dello stress eccessivo che avrebbe potuto portarla ad averlo, non la rassicurò affatto.

 

«Cos’è quello?» domandò Ino, e dovette farsi forza perché la voce non le tremasse, mentre indicava un foglio sulla credenza, accanto ai piatti sporchi da lavare. Shikamaru, con il piccolo Shin sulle spalle, seguì il suo sguardo e annuì.

«Oh, quello. Una missione, come sempre, neanche fossi l’unico stratega nella terra del fuoco… Che seccatura.» borbottò l’uomo, facendo volare con un piccolo salto il bambino, che si aggrappò più forte a lui, ridacchiando.

«Prepari di nuovo una super tattica, papà? Così arrivano più soldi!»

I due genitori si scoccarono due medesime occhiate scioccate.

«E queste cose chi te le dice?»

«Mai-chan.» rispose senza esitazione.

«Quella bambina mi preoccupa…» mormorò Shikamaru con un mezzo sorriso. Poi notò l’espressione della moglie. «Ino, starò via solo qualche giorno.» si affrettò ad aggiungere.

Il silenzio piombò sulla cucina, da parte di madre e figlio.

Gli occhi azzurri di lei incontrarono quelli cioccolato del figlio, zitto, in attesa delle sue prossime parole.

«Giorni?» ripeté Ino, senza smettere di guardare il bambino.

Shikamaru rafforzò la presa su di lui con una mano, cominciando a sentirsi a disagio. «Giorni, sì. A volte sono stato via mesi, che c’è che non va?» attese per qualche secondo una risposta che non giunse, e continuò, «Non è che mi state nascondendo qualcosa, vero?».

Le labbra di Ino si aprirono in un risolino, che era poi una risata isterica, ma che lei si preoccupò di nascondere dietro una mano. «Paranoico, è solo che… beh, ci mancherai.»

Anche Shikamaru sorrise, sollevato.

«Era da tanto tanto che non andavi in missione papi…» piagnucolò invece il bambino, sfregando la testolina contro i capelli del padre. «Non andare. Tu fai la super tattica qui a casa, poi va zio Choji in missione.»

Shikamaru, con qualche difficoltà, riuscì a spostarlo davanti a sé e lo guardò dritto negli occhi: «Ascolta, Shin. Papà va via domani e qualche giorno, ma poi tornerà… e ti porterà un regalo, va bene?» promise con dolcezza. Mai Shikamaru Nara avrebbe pensato che un bambino microscopico avrebbe potuto portarlo ad un tale cambiamento, ma quegli occhioni meritavano tutta la delicatezza del mondo.

Shin fece segno di no con la testa e incrociò le braccia. I suoi occhi erano diventati più lucidi. «Non voglio un regalo. Voglio papà a casa.»

Ino avrebbe voluto dire lo stesso, ma il suo autocontrollo le permise fare qualche passo avanti. «Basta così, Shin. Papà deve andare, ma tornerà presto.» la sua voce le sembrava terribilmente straziata, quasi un lamento, ma a giudicare l’espressione di Shikamaru doveva essere soltanto una sensazione. «Adesso fila a farti una doccia e poi a letto. Domani mattina saluterai tuo padre come si deve.»

Shikamaru mise a terra il bambino, che si voltò verso la madre e alzò la testa, per guardarla con tutta l’indignazione permessa da quattro anni di età. Gli poteva leggere negli occhi quanto la considerasse una traditrice. E aveva tutte le ragioni.

«E, se fai il bravo, domani notte andrai a dormire con zio Choji.» aggiunse, perché Shikamaru potesse sentire. Shin sembrò sul punto di andare in preda al panico e aprì la bocca, ma Shikamaru lo precedette.

«Saremo quasi tutti in missione, Ino. Naruto vuole esporsi in prima linea, e con noi ci saranno Neji, Choji e Kiba.»

«I cinque di Konoha…» ricordò lei, con un sorriso nostalgico. «Beh, troverò qualche altro premio se farà il bravo.»

«Ma io…» cominciò Shin.

«Niente ma, tesoro. Fa come ti dice la mamma.» ordinò Ino, senza smettere però di sorridere.

Il bambino si imbronciò, con le lacrime che minacciavano di uscire agli angoli degli occhi, e scappò via.

«Che strano…» considerò Shikamaru, «E’ la prima volta che se la prende tanto per una missione.»

«Ci eravamo abituati ad una tua partecipazione solo esterna o comunque che durasse solo qualche ora del giorno.» gli fece notare Ino, voltandosi per finire di sparecchiare, «E lui era troppo piccolo prima, per capire. Aspettati molte di queste scene, se hai intenzione di essere un jonin più attivo.»

«Non ne ho la benché minima intenzione, ma come direbbe la piccola Mai: “ci sono un sacco di soldi in cambio”. Naruto non si è risparmiato per ripagarmi del disturbo, sarebbe una pazzia non accettare. Solo per questa volta.»

Ino si morse un labbro. Forse era meglio così. Forse. Almeno ora doveva soltanto trovare un posto dove nascondere Shin mentre lui non c’era, e forse tutto sarebbe andato bene.

Ma c’erano troppi forse e quelle erano solo ipotesi.

«Ehi, Ino…» la chiamò il marito, poggiandole le mani sui fianchi. Ino poté sentire il suo respiro caldo sulla nuca, e rabbrividì. «Non mi avevi mai detto che ti sarei mancato.»

Lei sentì che stava sorridendo, e chiuse gli occhi. Gli sarebbe mancato più della sua stessa vita.

«Potere di Shin, mi ha fatto distrarre e mi è sfuggito di bocca.» mormorò, mentre lui le lasciava qualche bacio sul collo.

«Che ne dici di sparecchiare domani?» propose lui, sciogliendole giocosamente i fiocchi che tenevano legati il grembiule da cucina.

Ino si voltò di scatto, baciandolo con una passione quasi disperata, portando le mani dietro la sua nuca e affondandole nei suoi capelli, disfacendogli la coda e premendo il corpo contro il suo.

Prima di essere totalmente annebbiato dagli istinti che la moglie gli scatenava, Shikamaru fece un passo indietro. «Ehi, ehi… Shin è sveglio. Andiamo in camera.»

Lei annuì, spostandolo e sciogliendosi a sua volta i capelli. Quasi corse per raggiungere la loro camera da letto, con Shikamaru compiaciuto alle calcagna, incerto se chiederle spiegazioni prima o dopo per quella strana passionalità improvvisa.

«Recuperiamo in anticipo questi giorni.» lo stuzzicò Ino, chiudendo la porta e rispondendo così ai suoi dubbi. Shikamaru ghignò, un sorriso malizioso ed eccitante che l’aveva sempre fatta impazzire, e lei si precipitò tra le sue braccia.

Ti mancherà più di quanto lui possa immaginare… ma questo per ora lo sappiamo solo noi.

 

Diverse ore dopo Shikamaru si stava infilando i pantaloni, con un ultimo sguardo di rimpianto verso la figura di spalle di sua moglie, coperta solo dal lenzuolo. L’avrebbe volentieri svegliata solo per “recuperare” ancora un po’, ma era troppo tardi, specie se voleva salutare Shin.

Sobbalzò mentre infilava la maglia, ricordandosi troppo tardi dei graffi sulla schiena. Anche quelli, Ino glieli lasciava solo quando fuori di sé, e seppur dolorosi gli fecero desiderare di partire un po’ più spesso, se era quello l’effetto.

Si diresse con passo felpato in corridoio, non sapendo che gli occhi di Ino erano già aperti da un bel pezzo e fissi sulla sveglia.

Infine giunse alla camera del figlio, ed entrò aprendo la porta con delicatezza. Si sedette sul letto del bambino per poterlo svegliare, ed il piccolo Shin scattò a sedere di soprassalto, spaventandolo. Due grossi lucciconi scesero sulle guance rosse del bambino, che per un momento neppure si accorse del padre.

«Shin?» lo chiamò Shikamaru allarmato.

«Papà!» esclamò il bambino, abbracciandolo di slancio. Tremava come una foglia, e Shikamaru ricambiò l’abbraccio, dondolandolo appena.

«Hai fatto un brutto sogno?» domandò l’uomo, accarezzandogli i capelli. Il piccolo annuì, sforzandosi di trattenere i singhiozzi.

«L’uomo… l’uomo cattivo è ri…ritornato...» spiegò con voce tremante ed impastata di lacrime, «Ritorna se-sempre q… quando non ci sei.» aggiunse, lasciandosi sfuggire un singhiozzo impaurito.

Shikamaru alzò gli occhi al cielo. Ino aveva ragione, Shin aveva fatto brutti sogni anche l’ultima volta che lui era stato via per più di qualche ora, anche se non aveva collegato subito, e probabilmente sarebbe stato sempre peggio. Per fortuna non era un uomo che amava l’avventura.

«Shin, ascolta papà. Non c’è nessun uomo cattivo. Era solo un brutto sogno.»

«Lo so… l’ha detto anche mamma.»

«Ecco, bravo. La mamma ha ragione. Ed io starò via solo qualche giorno. Non succederà niente, vedrai.»

Il bambino, poco convinto, evitò di rispondere. Alla fine, con l’intento di rassicurare il padre, annuì piano. «Va bene.» acconsentì, strofinando la faccia contro il giubbotto del padre per asciugare almeno le lacrime.

«Aspetta. Ecco.» disse, porgendogli un fazzoletto appena preso dal comodino. «Che regalo vorresti?»

«Un altro panda.» rispose il bambino debolmente, anche se poco interessato ai giocattoli.

«Un altro panda sia.» confermò il padre, scompigliandogli ancora una volta i capelli.

«Torni presto papà?» non riuscì a trattenersi dal chiedere Shin, allargando gli occhi ancora spaventati e cercando di mettere meglio a fuoco il padre al buio della sua stanza.

«Promesso. Tu ce la fai a dormire o ti chiamo mamma?»

Shin tacque, riflettendoci sopra

«Mamma.» decise infine, stupendolo. Shikamaru, conoscendo il figlio, avrebbe giurato che avrebbe fatto finta di nulla per paura della reazione di Ino. Doveva aver sottovalutato lo spavento del bambino.

«Sono qui.» li avvertì la voce assonnata di Ino.

«Mamma!» la invocò Shin, allungando una mano verso di lei, mentre Ino, avvolta da una vestaglia bianca e con una mano sull’occhio quasi fosse una bambina anch’essa, lo raggiungeva barcollando.

«Amore, dì tutto alla mamma. Shikamaru, è tardi, sono le sei.»

«Vado. Shin, papà torna presto presto. Ciao Ino, ti amo.» li salutò Shikamaru quasi automaticamente, angustiato per il piccolino che ancora tremava. Ino gli diede un veloce bacio a stampo sulle labbra, facendosi poi spazio sul lettino del bambino. «Ti amo anche io.» aggiunse rivolta a Shikamaru, tornando poi a prestare attenzione a Shin.

Ascoltarono silenziosamente i passi di Shikamaru allontanarsi e poi la porta di casa chiudersi, e Shin si strinse alla madre.

«Mamma… ho sognato ancora il signore cattivo.»

«Oh, Shin…»

«Perché non hai fatto rimanere papà? Perché non l’hai detto a papà?» insistette il piccolo, minacciando un altro pianto.

«Perché…» Ino cercò le parole adatte, «Te l’ho già detto, è pericoloso. Tra qualche ora verrai con me all’ospedale e poi andrai a casa di… Sakura. Penso che a casa sua andrà bene.  Ti divertirai con Yuu, vedrai.»

Il bambino la stava guardando con vero e proprio orrore. «E tu come farai?»

«Alla mamma non succederà nulla… la mamma è forte. Nessun signore cattivo le farà male…» sussurrò lei di rimando, pregando che fosse vero. Diede un bacio sulla fronte al bambino e se lo strinse forte al petto, chiudendo gli occhi. «Ma tu devi stare via di qui, così sarò tranquilla. Solo qualche giorno. Magari non succede niente, magari…» fu interrotta da Shin, che scuoteva la testa.

«Lui ti vuole portare via da me.» la contraddisse preoccupato.

«No. Vedrai che… no. Tu però ora dormi, sarà una lunga giornata.»

«Mamma?» chiamò invece lui.

«Sì?»

«E se invece lui ce l’ha anche con me?»

Ino tremò. Non poté impedirselo. Un brivido gelido scese lungo la sua schiena, scuotendo tutto il suo corpo inerme.

La sua scelta l’aveva già fatta. Avrebbe sacrificato tutto, la sua vita, il suo futuro, qualsiasi cosa, purché i due uomini della sua vita fossero stati bene. Non era coraggio o stupidità, era un’esigenza. Come l’aria che respirava, come mangiare e bere, lei aveva bisogno che loro due stessero bene a prescindere da tutto, e sin dall’inizio non aveva avuto altra scelta.

Ma il solo pensiero che non potesse bastare, che quel mostro umano puntasse anche il suo bambino, cosa non impossibile, bastava ad intrappolarla in un abisso di panico.

«Non è pericoloso anche per Sakura-san? O Yuu?» continuò il bambino imperterrito.

Impietrita, Ino si rese conto che suo figlio stava guardando lo scenario che lei non aveva voluto neanche pensare di contemplare. Lui sì che era coraggioso e si preoccupava anche per gli altri, e le stava porgendo quelle domande che lei aveva volutamente evitato.

Ma ha ragione. E tu lo sai.

«Troveremo un altro posto. Non c’è neanche zio Cho… forse Shino…» rispose quindi con un filo di voce. Incerta, pensò a se dire qualcosa o meno alla sua migliore amica. Metterle la pulce nell’orecchio, così che tenesse i due bambini e se stessa al sicuro, e magari facesse in modo di proteggersi adeguatamente. Ma sarebbe stato troppo pericoloso, perché Sakura avrebbe potuto costringerla a mettersi al sicuro con loro, e a pagarne le spese sarebbe stato qualcun altro.

Sakura avrebbe capito troppo. Lo sapeva, soltanto immaginando i suoi occhi verdi così attenti.

Occhi verdi come quelli di Yuu, che al parco la guardava come se sapesse che tutta quella noncuranza e quella disinvoltura erano una maschera ben costruita. Ino trasalii a quel paragone.

«Shin? Hai detto qualcosa a qualcuno di tutto questo?» lo interrogò con voce più ferma, mentre realizzava che forse era già nei guai con Sakura.

«No.» rispose velocemente il bambino.«No, hai detto che è pericoloso.»

«Neanche quando…» Ino faticò a rievocare le bugie che gli aveva detto, «Ti ho quasi convinto che fosse tutto un sogno?»

«Ah… beh…Mai-chan sa che ho sognato un uomo cattivo. No, non che ho sognato… a Mai-chan lo avevo detto che c’era un uomo cattivo nei miei sogni, poi più niente però, giuro!» ammise il piccolo. «Scusami.»

«No, amore mio, no. Non ti scusare. Non è colpa tua, niente di tutto questo.» negò con energia Ino, sentendo le forze venir meno man mano che tentava di convincerlo. Fortunatamente Tenten non avrebbe creduto che ci fosse qualcosa di serio sotto, era solo un bambino che raccontava un incubo ad un’altra bambina.

Avrebbero potuto fare due più due solo dopo la notte che ancora doveva venire, quando lui sarebbe tornato, approfittando dell’assenza di Shikamaru che sarebbe durata a lungo.

Anche l’ultima volta, al chiosco, si era fatto vivo, sprezzante del pericolo di essere visto, e l’aveva terrorizzata quel che bastava per farle prendere la decisione di assecondarlo purché non facesse del male a nessuno.

Quella volta Shikamaru aveva avuto parecchie ore di lavoro davanti per decodificare un codice, a ben pensare. Come sapesse sempre i suoi impegni era un mistero; ad ogni modo era stato occupato e non aveva sospettato nulla: e dire che era stata l’unica volta in cui aveva preso sul serio gli incubi di Shin e aveva controllato che non ci fosse nessuno intorno alla casa, quella notte. Se li avesse tenuti d’occhio anche al chiosco qualche ora prima…

Al momento l’unica cosa sicura era che quel bastardo non si sarebbe fatto scappare una simile occasione, e l’avrebbe portata via o uccisa, e a quel punto Shin avrebbe detto tutto e Sakura avrebbe capito e richiamato gli uomini dalla missione, ma troppo tardi, ovviamente.

Già sentiva tutte quelle voci che sarebbero seguite.

«Nara-san, ci dispiace tanto… avremmo dovuto indagare meglio su gli incubi ricorrenti di suo figlio, avremmo dovuto…»

«Il corpo di sua moglie è stato ritrovato accanto alle porte di Konoha alle...»

«… era in condizioni tremende, sembra che l’assassino abbia infierito prima e dopo…»

A distoglierla dalle macabre visioni della sua fine fu il rumore della porta di casa che si apriva.

Si irrigidì e con le mani allontanò le braccia del bambino da sé, che la guardava con un’espressione allarmata che probabilmente rifletteva la sua.

«Va sotto il letto e non muoverti.» gli sussurrò Ino all’orecchio. «Magari non è niente.»

Shin annuì, dandole un bacio leggerlo sulla guancia, mentre lei si alzava in piedi e si malediceva per non aver portato un kunai o qualcosa di simile con sé. Ma chi l’avrebbe fatto, nella camera di un bambino?

«Shikamaru, sei tornato indietro?» tentò, incredula lei stessa, e se fosse stato davvero il marito non avrebbe mai saputo giustificare il tono che aveva appena usato, così terrorizzato.

 «Scappa, quando sei sicuro che non ti senta.» sussurrò ancora, appena udibile. Gli occhi di Shin, ancora visibili da sotto il letto, saettarono verso l’esterno, poi scomparvero alla sua vista mentre si rintanava contro il muro.

«Sakura?» azzardò Ino ancora, uscendo a grandi passi dalla camera del bambino per allontanare l’intruso da lui. Passando davanti al bagno ne spalancò silenziosamente la porta e proseguì, verso le scale che davano all’ingresso e al soggiorno.

Pregò che fosse un ladro persino, o chiunque. Tutti ma non lui.

Intanto la voce così simile a quella di Sakura, che la metteva in guardia quando faceva qualcosa di stupido o che ingigantiva le sue paure, sembrava sparita. Forse era terrorizzata anche lei.

«Sa…»

«No.» la interruppe una voce maschile mentre lei scendeva gli ultimi gradini.

Ino chiuse gli occhi, col respiro mozzato in gola ed un dolore sordo al petto, dove il cuore batteva così forte da far male. Quando riaprì gli occhi, lui era ancora lì, poggiato all’unica via d’uscita. «Sono io, tesoro. Sakura dorme abbracciata al suo bel bambino ora. L’ho vista poco fa.»

Le sfuggì un gemito.

“Ti prego Dio, è solo un bambino, lascialo scappare…”

«Allora, ti sono mancato?»

«Da impazzire.» rispose Ino, non riuscendo a reprimere un sorriso disperato. Sicuramente, tra voci mentali e cambi d’umore come i suoi, impazzire era la parola giusta.

La stanza stava cominciando a girarle attorno ed il respiro le diveniva più affannoso. Si sentì improvvisamente sorreggere per un braccio, e due occhi verdi comparvero davanti ai suoi.

«Ehi, non svenirmi davanti! Capisco di essere bello, ma…» scherzò l’altro, a dispetto di tutto.

Ino aveva l’agghiacciante sospetto che fosse davvero convinto di esserle mancato. Sospetto tramutato in certezza quando le accarezzò i lunghi capelli sciolti. «L’altra volta sono stato davvero scortese, ma sai… ero geloso. Quell’Inuzuka non mi piace affatto.»

Quell’ultima frase gliel’aveva detta anche Shikamaru molti anni prima, una sera di dicembre, quando entrambi brilli avevano ballato insieme in modo un po’ spinto, ed il Nara aveva finito col rompere il naso a Kiba. Sentirla dalla sua bocca, con quel tono viscido che voleva essere affettuoso, gli fece riempire gli occhi di lacrime.

Che era pazzo lo sapeva, che volesse vendicarsi di Shikamaru anche, ma il tassello mancante, il motivo per cui non l’aveva uccisa subito, l’anno prima, quando si era trovata sola con lui, ora era finalmente davanti ai suoi occhi.

Era ossessionato.

Non dal suo sangue, o meglio non solo, non dall’idea di farla pagare ai ninja di Konoha, ma da lei come donna. Non sarebbe bastato ucciderla velocemente e portare il suo corpo dove l’avrebbero trovato altrettanto in fretta.

La bramosia nei suoi occhi la conosceva bene, l’aveva vista in diversi criminali nel corso della sua esistenza, e non l’aveva mai dimenticata. Era disgustosa e semplice voglia di possederla. Ed in questo caso di farla anche soffrire probabilmente, per poi far avere il tutto a Shikamaru.

La conclusione veloce che aveva immaginato si era sgretolata di fronte a quello sguardo famelico.

«Non c’è bisogno di piangere.» le fece notare lui, raccogliendo una sua lacrima con un dito.

«Mi dispiace.» sussurrò Ino, cercando di fingersi compiacente, «Non mi avvicinerò più a Kiba.»

L’uomo rise, cattivo. «Questo è sicuro. Vedi, oggi ti devo uccidere. Ho preparato tutto perché sia più spettacolare per il tuo maritino. Oh, non guardarmi così, so cosa ti ho detto l’ultima volta, che ti avrei portata via con me. Ma vedi… se lo facessi potrebbe trovarti qualcun altro. Invece quando tra qualche giorno lui tornerà a casa, e salirà le scale per andare in camera vostra, ti troverà sul vostro letto. Ho pensato di mettere tanti petali di rose rosse sul materasso e per terra, così lui capirà. Gli altri forse no, ma lui . La mia donna adorava le rose rosse e le usava nelle sue tecniche… ma queste sono cose che sappiamo noi due, lasciamo stare.» si interruppe infastidito. «Ciò che conta è che ti troverà lì in mezzo a tutte quelle rose e al sangue, il tuo per essere precisi, e quando ti faranno l’autopsia sapranno tutto quello che ti ho fatto... perché tu sarai mia prima di morire. Per ultima cosa voglio lasciarti il mio segno, ti resterà per l’eternità.» spiegò tornato calmissimo.

Ino registrava solo meccanicamente ciò che diceva, come se stessero parlando di un’altra persona.

«Lui ha preso la tua donna e tu prendi la sua.» comprese, annuendo appena.

«Esattamente, brava la mia ragazza!» confermò gioioso. «E sai cosa metterò ai piedi del letto?»

Ino lo guardò, con gli occhi nuovamente pieni di lacrime. Non ne poteva più di tutta quella paura e quella tensione.

E siamo solo all’inizio, le suggerì la vocina cattiva, ribattezzata come la voce di Sakura, ma in realtà molto più sadica.

E realista. Sadica ma realista almeno.

«Cosa?» si sforzò di chiedere, scacciandola via.

«Il corpo del tuo adorabile bambino.»

Gli occhi di Ino si spalancarono, mentre freneticamente si chiedeva se Shin avesse già approfittato del tempo datogli per fuggire, ed un'altra voce le urlava di mettere in salvo entrambi, ed un’altra ancora urlava soltanto, senza parole.

«No…» sussurrò. Poi la voce divenne un grido acuto. «NO!»

Non vide neppure arrivare il pugno dell’altro, sentì solo un dolore forte alla tempia destra, nascosto subito da uno più lancinante al resto della testa ed alla spalla, mentre si ritrovava a terra in mezzo a cocci di un vaso e un tavolino rotto accanto. Sentì il sangue cominciare a colare giù per la sua nuca.

Era orribilmente forte, lo sapeva già. Aveva fatto le sue ricerche, era un nemico di classe S, troppo per lei da sola.

Ma il suo bambino…

«Aspe… Aspetta.» riuscì a dire, allungando una mano insanguinata verso di lui, come se questa potesse bloccarlo. Non si era neanche accorta che l’aveva stretta tanto, mentre parlava del suo piano, da averla fatta sanguinare.

Lui si fermò, incuriosito. «Certo, dimmi.» disse con una cortesia da farle venire la nausea.

«Se.. se tanto devi uccidermi e lo farai… dimmi almeno perché.»

Lui assottigliò lo sguardo. «Sai perché.»

«No! Voglio dire…» cercò disperatamente come prendere tempo, «… dimmi di lei. Dimmi del vostro scontro. Io so solo quello che mi hai detto tu le uniche due volte che ci siamo visti. Che Shikamaru ha ucciso la tua donna e che ti saresti vendicato su di me. E basta.» si affrettò a dire, estromettendo volutamente Shin da quel discorso, come tutte le minacce arrivategli. L’unico motivo per cui non aveva fiatato era stato proprio Shin, oltre ovviamente a Shikamaru.

Aveva detto che si sarebbe accontentato di portar via lei, per far vivere Shikamaru nelle sofferenze più atroci e ricambiargli il favore, e lei, pensando di potergli almeno salvare la vita grazie alla indole sadica di quel bastardo, aveva accettato.

Avresti dovuto prevedere che Shikamaru avrebbe sofferto di più se gli avesse tolto anche Shin…e lui l’ha fatto.

«Capisco… in effetti sapere meglio il perché morirai ti farà capire che non sono così cattivo. In fondo tu mi piaci. Mi piaci molto. Somigli a Sanae.»

Sanae” si ripeté mentalmente Ino. Doveva mostrarsi attenta; nella scheda su di lui presente negli archivi aveva letto che si aspettava interessamento da parte delle sue vittime, e che si poteva contare su un prolungamento della sopravvivenza se non lo si indisponeva, abbastanza da far arrivare i soccorsi. Puntò su quelle poche informazioni, sebbene sapesse che non sarebbero arrivati soccorsi.

Ma aveva troppa paura per pensarci ora. Riepilogò le informazioni che era riuscita ad avere, quando lui le aveva rivelato incautamente il nome.

Tomoki Sarunobi, trentacinque anni, mukenin di classe S. Provenienza sconosciuta. In viaggio con la compagna ed un gruppetto di cinque mukenin di classe inferiore che rispondevano ai suoi ordini.

Almeno finché il team composto da Shikamaru, Neji e Choji non aveva provveduto in parte alla loro eliminazione, e a Shikamaru come sempre era toccata la donna.

Ex ninja medico, con una forza sovraumana, specializzato in seguito in torture.

Mentalmente disturbato, passava da stati di calma e cordialità, in cui teneva particolarmente alle discussioni civili, fossero anche prima di un combattimento, a profondi cali di autocontrollo, specialmente se provocato, in cui perdeva la coscienza di sé e si comportava in modo animale. Nel primo caso si arrivava ad uno scontro pericoloso con un nemico intelligente e dall’umore distorto e imprevedibile, con un vasto arsenale di conoscenze mediche, nel secondo caso si aveva a che fare con un animale assetato di sangue e fondamentalmente sadico. E malato.

Maledetto pazzo… ma come osa… proprio a me… alla mia bellissima famiglia…” pensò con odio, osservandolo sedersi educatamente sul divano ignorandola, mentre se ne stava stesa a terra dolorante per il colpo.

Cercò di mettersi a sedere ignorandolo a sua volta, e con sommo orrore vide i piedini scalzi di Shin sostare accanto alle scale, troppo in alto perché potesse alzare il viso senza farsi notare e dirgli di andarsene e troppo in basso per non essere visto da Tomoki.

Senza far rumore il bambino si spostò, entrando in bagno: la serranda di quella finestra era rotta e sarebbe potuto scappare da lì. Ino pensò con orgoglio che senza dovergli spiegare nulla Shin era stato in grado di trovare una via d’uscita, riuscendo a muoversi silenzioso come un ninja nonostante la tenera età e la sicuramente grande paura.

L’orgoglio si spense mentre Tomoki si schiariva la gola. «Posso avere un caffè?»

 

«Mi sembri preoccupato, Nara.» notò Neji, saltando da un ramo all’altro.

«In effetti sembri tutto pesto. Grandi saluti con Ino?» scherzò Kiba.

Shikamaru scosse una mano.

«Cosa vorrebbe dire, Choji?» gli domandò Kiba.

«Credo sia un… sì.» azzardò l’amico, ridendo. Naruto si unì a lui, mentre Kiba fischiava.

«Mi mancava tutto questo.» sbottò Naruto infine.

«Stare tra uomini? Perché, con Sakura non è uguale?»

«Tappati la bocca, Inuzuka. Anzi, vai a dirglielo in faccia.» lo provocò Naruto. Kiba si finse scandalizzato.

«Così mi da’ un pugno di quelli mortali, non ci tengo! Ma il nostro Shikamaru continua ad ignorarci…» riportò l’attenzione su di lui Kiba.

«Torno subito, chiedo a Yamato quando ci raggiungeranno Shino e Lee.» avvisò Naruto, scomparendo.

«Il caro Hokage è il solito spiantato… secondo voi davvero troveremo finalmente il rifugio di Kabuto- pardon, intendevo di quell’incrocio tra Kabuto e Orochimaru, alla fine di questa strada?»

«Ci vogliono ancora giorni, chi può dirlo?» sospirò Shikamaru. «Se Ino sapesse quanto è pericolosa questa missione… non voglio neanche immaginare.»

Gli altri risero, stavolta però comprensivi.

«Mi sa di violenta quella donna, se indisposta.» concordò Kiba con un ghigno sarcastico.

«Vero? È una sensazione leggera ma la dà anche a me…» rise Choji. «Oh! Ora capisco! E’ per lei che sei giù?»

«No, è per Shin.» ammise Shikamaru, pensieroso.

Subito gli altri tre si fecero più seri.

«Cos’ha?» domandò Kiba subito.

«Sta male?» lo interrogò invece Choji.

Neji non disse nulla, ma lo guardò interrogativamente.

Shikamaru scosse la testa. «No, ha fatto solo i capricci perché non voleva che andassi in missione. Sapete, fa degli incubi spesso… incubi ricorrenti.»

«Che genere di incubi?» intervenne Neji, aprendo bocca per la prima volta dalla partenza. Con gli anni era diventato più loquace, ma in missione restava il più serio solitamente.

«Un uomo cattivo che vuole fare del male a lui ed Ino. È da parecchio che lo sogna, sempre quando devo partire in missione. Dice che viene quando non ci sono.» spiegò. Con sua sorpresa nessuno di loro lo derise, ma sembrarono tutti rifletterci sopra.

«Certo che è da brivido.» commentò Kiba. «Hai controllato?»

«Cosa?» si stupì Shikamaru.

«Che sia solo un incubo.»

«Kiba, è solo un bambino. Certo che è un incubo, è anche normale, dopotutto.» sbuffò Shikamaru. Poi roteò gli occhi al cielo. «Va bene, va bene. Un mese fa gli ho detto che sarei stato in missione per una notte e ho finto di non esserci, ma l’ho tenuto d’occhio. Ricordi la sera in cui vi siete tutti visti al chiosco e lui si è versato il ramen addosso? Io ero a lavorare su dei codici e poi ho finto che non sarei rientrato. Beh, l’ho guardato dormire e ti assicuro che era un incubo.»

«Mi sembrava strano che non avessi controllato…» affermò Choji sollevato.

«Giusto. Però non credo vada bene comunque… Vero, Neji?» cercò aiuto Kiba. «Neji?»

Neji fissava la strada, con la fronte aggrottata. «Ho la sensazione di aver scordato qualcosa di importante.»

«Cosa?»

«Se me lo ricordassi non avrei la sensazione di aver scordato qualcosa.» rispose acidamente lui e Kiba sbuffò. «Ora che ci penso… Mai mi aveva detto qualcosa di simile.» ricordò infine.

«Che un uomo cattivo vuole fare male a lei e Tenten?» azzardò Choji.

«No, si parlava sempre di Ino. Shin ha detto anche a lei dei suoi sogni, e lei sembrava molto preoccupata.»

«Ma guarda te questi bambini…» si meravigliò Choji.

«Vivono in un mondo loro… dovrebbe essere più felice però. Noi non eravamo così.» constatò Shikamaru.

«Eccomi. Di che parlate?» si intromise Naruto di ritorno.

«Di un uomo cattivo che vuole fare male ad Ino e Shin.» recitò Kiba in farsetto.

«Ah, me l’ha detto Yuu.» confermò Naruto.

«Kiba, vedi di piantarla. Tu te la faresti sotto al posto loro. Come sarebbe te l’ha detto Yuu? Ma sapevate tutti degli incubi di Shin?» domandò Shikamaru, con un sorriso ironico e in parte infastidito. Non gli piaceva molto scherzarci sopra, quando si trattava della sicurezza della sua famiglia.

«Quali sogni di Shin?» domandò Naruto meravigliato.

Impercettibilmente, e come se avessero ricevuto un ordine verbale, tutti rallentarono.

«Tu, scusa, di cosa stavi parlando? Cosa ti avrebbe detto Yuu?»

«Ah! Ma no… quello sciocchino ha solo sicuramente fatto un brutto sogno. Comunque Shin non c’entra niente, mi aveva detto anzi che a lui non l’avrebbe raccontato per non spaventarlo. Yuu mi ha detto che secondo lui c’è un uomo che ce l’ha con Ino e che si presenta quando tu non ci sei.»

Un improvviso gelo strinse Shikamaru, mozzandogli il respiro. «Con Shin… non ne ha mai parlato?» ripeté, scambiando uno sguardo allarmato con Choji, che era impallidito.

Si erano fermati tutti, e Kiba si era poggiato una mano tra i capelli, come ogniqualvolta era nervoso, mentre Neji teneva gli occhi sgranati su Naruto.

«Te lo assicuro. Me l’ha detto anche stamattina, ha detto che ha sognato l’uomo cattivo che lo guardava dalla finestra mentre dormiva con Sakura. Sapete, lei non ama quando lascio Konoha senza di lei, quindi dorme con lui… ma sono solo chiacchiere di un bambino! Che avete tutti? E poi voi come lo sapete?» esclamò poi sconcertato.

«Stava controllando che tutti stessero effettivamente andando in missione.» comprese Kiba, parlando lentamente

Uno dopo l’altro i brividi continuarono a percorrere la schiena di Shikamaru, e le braccia, e le gambe. Un freddo che non aveva nulla a che vedere con la temperatura del bosco a quell’ora del mattino.

Il modo in cui Ino aveva guardato Shin la sera prima quando le aveva detto che sarebbe stato via qualche giorno.

Il modo in cui lui l’aveva supplicato di restare.

Il modo in cui l’aveva baciato come se non volesse più lasciarlo andare via.

I sogni di Shin ogni volta che lo lasciava per più di qualche ora.

E improvvisamente, le parole del bambino: «Shin, ascolta papà. Non c’è nessun uomo cattivo. E’ solo un brutto sogno.»

«Lo so… l’ha detto anche mamma.»

Ino che sapeva degli incubi di Shin e non ne parlava con lui.

Ino che sapeva qualcosa e non ne parlava con lui.

Ino che sapeva.

Ino che non parlava.

«Dobbiamo tornare indietro.» dichiarò quasi senza voce, evitando volutamente le occhiate comprensive e atterrite degli altri.

«Non è che mi state nascondendo qualcosa, vero?»

«Paranoico, è solo che… beh, ci mancherai.»

 

Sakura fu svegliata da uno strattone al braccio, e si voltò pigramente su un fianco. Gli occhi verdi di Yuu erano puntati su di lei, e accanto a lui altri due occhi castani.

Altri due occhi castani?

Si tirò a sedere di scatto, facendo cadere il lenzuolo.

«Shin, piccolo, che succede?»

Tomoki sorseggiava distrattamente il caffè preparato da Ino, mentre questa si tamponava la ferita alla testa. Era incredibilmente irreale stare seduta a conversare col proprio futuro omicida, con una ferita ancora aperta che sporcava di sangue la poltrona nuova, nell’intimità del proprio soggiorno.

«A che punto ero?»

«Mi stavi raccontando dell’ultima missione con Sanae…» gli ricordò Ino, mordendosi un labbro.

«Giusto. A questo punto abbiamo incontrato un gruppo di jonin piuttosto giovani. Più di noi, sicuramente. Aveva l’aria molto sicura, come se dicessero “finiamo in fretta anche qui e andiamocene a casa”, roba da far salire i nervi. A Sanae almeno, sai, lei non sopporta le persone presuntuose, tranne ovviamente il sottoscritto.»

Ino notò come ne parlasse ancora al presente.

«A quel punto ci siamo divisi. Mi sottovalutavano. Io mi sono trovato a combattere con un tizio dagli occhi bianchi… secondo le mie ricerche sarebbe uno Hyuga, giusto? Altrettanto sicuro di sé, molto serio. Un tipo educato comunque, mi ha permesso di parlare prima di combattere invece che attaccarmi subito. L’ho apprezzato, per questo non l’ho ucciso subito. E poi ora che ci penso è grazie a lui se ho potuto conoscere il nome di Konoha e venirti a trovare.»

Ino annui velocemente, picchiettando le unghie della mano destra contro un ginocchio. «Capisco. I nemici alle volte sono così frettolosi…»

«Esatto, esatto! Te l’ho già detto che mi piaci molto? Hai davvero scelto l’uomo sbagliato.» considerò Tomoki sorridendo affabile. Ino chiuse gli occhi.

«Oh, non prendertela. Sono sicuro che saprai reggere il dolore in modo dignitoso. Un po’ meno i bambini, ma sarò veloce con loro. Ad ogni modo, tornando all’incontro…»

«Aspetta.» lo bloccò Ino, che lo guardava quasi con aria spiritata. «Bambini? Perché hai parlato al plurale?»

«Oh, Ino. Davvero pensavi che se avessi voluto uccidere solo te e tuo figlio lo avrei lasciato fuggire? Perché è scappato, no? Ora il piccoletto mi porterà qui la cara Sakura. Così io avrò modo di uccidere anche il piccolo… Yuu, giusto? Il figlio dell’Hokage. Anche lui mi ha visto, non posso permettergli di restare in vita.»

La donna rimase immobile, lottando contro l’istinto che le diceva di svenire. Ogni cosa stava precipitando nello stesso baratro di orrore in cui era finita lei.

L’angoscia non le permise di perdere i sensi, ma anzi, la tenne ben cosciente. Sentì le lacrime finalmente traboccare, e si mise il fazzoletto che stringeva nella mano sinistra davanti alla bocca, a raccogliere le lacrime e soffocare i gemiti di dolore.

«L’ho sentita ridere, la mia Sanae.» riprese lui come se nulla fosse, «E pensavo che, com’era logico, stesse vincendo. Ma quando ha quasi tagliato la gola a quel bastardo, lui l’ha fregata. Un genio del male, il tuo uomo. L’ha imbrogliata.» sbatté un pugno contro il tavolino, mandandolo in mille pezzi. La mano gli tremava pericolosamente mentre se la poggiava nuovamente tra le gambe. «Ops. Beh, tanto tu non lo useresti più comunque. A quel punto sono fuggito. Non per paura, ma perché ucciderlo non sarebbe bastato. Ho iniziato così le mie ricerche, e sono arrivato a sapere di te e del tuo adorabile bambino. Davvero carino.» commentò, poggiando la schiena contro il divano. Il viso gli si era improvvisamente chiazzato di macchie rosse, segno che stava trattenendo la rabbia per quanto possibile. Afferrò, senza neanche guardare dove metteva le mani, una foto incorniciata poggiata sul tavolino accanto al divano, e la guardò.

Ritraeva loro tre assieme, in una assolata giornata di primavera, intenti a fare un picnic.

«Ha il tuo stesso sguardo. I colori sono quelli del padre, ma le forme quelle della madre. Davvero un bel bambino, come mai non ne avete avuto anche un altro? Era abbastanza perfetto il primo?»

Ino non riuscì a rispondere a quella domanda per via delle lacrime, non lo avrebbe fatto comunque, e lui la ignorò nuovamente mentre rimetteva la foto apposto. «Penso che appoggerò anche quella sul letto con te. Ora, lascia che ti spieghi un’ultima cosa. Nessuno mi ha mai amato. Mi hanno considerato pazzo, pericoloso, un mostro. Ho fatto cose che non puoi neanche immaginare quando non ero in me. Ho fatto a pezzi, letteralmente, donne e bambini, uomini e anziani, senza distinzioni. Ho giocato con loro prima di ucciderle. Ma poi ho trovato lei. Guardami.» ordinò seccamente, ed Ino ne incontrò lo sguardo, che le diceva che quella sera avrebbe riprovato tutte quelle belle cose appena elencate, «Ho trovato la mia Sanae. Lei mi guardava come se fossi un uomo, era l’unica. Ed io con lei non ho più perso il controllo. Stavo diventando una persona migliore, una brava persona. Saremmo stati insieme per sempre. Ma è arrivato lui, Shikamaru Nara, e me l’ha strappata via davanti agli occhi. Ed ora io gli porterò via tutto ciò che fa di lui una buona persona: la sua adorata moglie che, senza offesa, non sarebbe abbastanza da sola, ed il bambino, sangue del suo sangue. Spero tu capisca che non posso limitarmi a tagliarti la gola, ma che dovrò farti molto, molto male. Perché lui dovrà essere distrutto quanto me. Ti assicuro solo che tuo figlio invece non soffrirà poi così tanto. A lui penserò dopo morto. Ma almeno tu devi soffrire proprio per questo. Immagino che tu sia d’accordo. O preferisci forse che faccia una cosa veloce con te e mi occupi per bene del bambino?»

Ino si rese conto di ciò che le stava chiedendo con un secondo di ritardo. Avrebbe preferito che torturasse lei e si accanisse sul corpo morto del suo bambino, o che torturasse lui e poi si accanisse sul cadavere di lei?

«Me lo stai chiedendo davvero?» sussurrò sbigottita.

Lui la guardò senza accennare una risposa o cambiare espressione.

«Non fare del male al mio bambino, ti prego. Non ucciderlo, lascialo. Sarà abbastanza farne a me, te lo giuro, io…» cominciò a supplicare senza neppure rendersene conto.

«No. L’unica cosa che posso concederti e di fare una cosa veloce con lui.» la interruppe freddo.

Le suppliche di Ino si tramutarono in un ringhio di odio. «Maledetto mostro psicopatico… sta lontano dal mio bambino, STA LONTANO DAL MIO BAMBINO!» strillò con tutta la voce che aveva in corpo, e prima di rendersene conto si era già avventata contro di lui, impotente ma non per questo meno combattiva.

Fu disgustosa la facilità con cui lui se la scrollò di dosso, mandandola a sbattere contro il muro di fronte con un pugno allo stomaco. Ino non riuscì ad alzarsi, ma si tirò su con le braccia e lo fissò con ferocia, pronta all’attacco.

«Lontano! Dal mio bambino!» ripeté urlando come impazzita.

«Sapevo che non sarebbe durata…» si lamentò l’uomo, palesemente annoiato e infastidito.

«Sei un mostro…» ringhiò lei con disprezzo. «Un disgustoso mostro!»

Stavolta la smorfia di fastidio si tramutò in una più inquietante, e il rossore sul suo viso si diffuse anche al collo. «Smettila, dannata sgualdrina!» la zittì con voce acuta.

Ino rise priva di allegria, sentendo il sapore metallico e forte del sangue in bocca. «Disgustoso, nauseante mostro…» ripeté marcando bene le parole.

In un battito di ciglia lui le fu nuovamente di fronte, e stavolta le arrivò un calcio dritto in bocca. Sentì la mascella scricchiolare e si ritrovò stesa a terra senza sapere come ci fosse arrivata. Poi qualcosa di pesante, che le sembrava quasi gigantesco, le affondò tra lo stomaco ed il cuore, togliendole il fiato. Non appena riuscì a incamerare nuovamente aria emise un urlo di dolore, che svanì lentamente in un rantolo.

Tomoki alzò la gamba e poi affondò un altro calcio, spezzandole una costola e facendola urlare ancora. «Siete tutti uguali voi, tutti a chiamarmi mostro.» le disse quando l’ennesimo urlo fu scomparso. «I veri mostri però siete solo voi.» le sputò contro, mostrando i denti e le gengive macchiate di sangue, tanto forte aveva digrignato i denti. Tolse il piede, facendola gridare ancora, e la spinse con violenza contro il muro, dove batté la testa. La ferita si riaprì, e lei, totalmente stordita, non riuscì neppure a tentare di spingerlo via mentre le saliva sopra e faceva saltare le bretelle della vestaglia.

Ino lo osservò da vicino, sentendo il suo fiato che sapeva di caffè, guardando gli occhi impazziti che correvano da un punto all’altro del suo corpo, i denti in bella mostra come se volesse mangiarla.

Come se? Mia cara scrofa, lui ti mangerà nel vero senso della parola, quindi vedi di alzarti e corri via.

Avrebbe voluto risponderle che non ci riusciva, ma il mondo scelse quel momento per esplodere. Il doloroso peso del corpo di Tomoki sparì,  lasciandola libera di respirare, per quanto fosse una sofferenza altrettanto forte, e vide soltanto polvere per qualche secondo. Una voce femminile la chiamò, ma in mezzo all’eco del boato non poté sentirla, né tantomeno risponderle qualcosa con la poca voce che le restava. Chiuse gli occhi e sperò soltanto che finisse presto, e che un miracolo salvasse perlomeno il suo bambino.

«Ino!» 

La voce sgomenta di Sakura glieli fece riaprire per un secondo, l’aveva riconosciuta solo perché l’aveva appena sentita chiamarla scrofa nella sua mente, e quasi questo pensiero la fece sorrise. Tomoki aveva previsto bene quasi tutto, tranne il fatto che era ormai giorno e che qualcuno sarebbe venuto a vedere subito, per quanto casa loro fosse isolata. C’era troppo baccano per una semplice lite.

Lei poteva ancora farcela e sopravvivere.

Poi riconobbe più indietro anche gli chignon castani di Tenten.

«Scappate…» sussurrò, consapevole di essere troppo lontana per essere sentita. «Troppo… forte…»

Sakura le corse incontro, inginocchiandosi accanto a lei e parlando a raffica.

«Shin mi ha detto di lui, avrei dovuto credere a Yuu ma…»

«Vuole i bambini.» sussurrò Ino, gemendo poi per il dolore.

«Cosa?» domandò Sakura incredula.

«Anche Yuu.» rispose senza voce, costringendola a leggerle le labbra. Non che fosse difficile poi intuire cosa volesse dirle con quegli occhi.

«Sakura! Dietro!» gridò Tenten.

Un altro rumore di ossa rotte, e stavolta fu Sakura ad urlare, mentre Tomoki quasi le strappava via il braccio e la mandava a schiantarsi contro Tenten.

«Vorrà dire che sarà più veloce del previsto, ma ci saranno più morti.» considerò metodico l’uomo, poco impressionato. Ed improvvisamente esplose in una risata fragorosa e disumana.

No, non era più allo stadio calmo e tranquillo, vistosamente no.

 

La piccola Mai, con i capelli insolitamente sciolti e spettinati, fissava insistentemente lo spazioso giardino della casa, in attesa della madre.

«Stanno tornando?» domandò preoccupata per l’ennesima volta.

«Ma sì, vedrai di sì.» la rincuorò Hinata, incerta. Sakura e Tenten l’avevano pregata di tenere i bambini al sicuro senza spiegarle molto, e si era dovuta affidare al racconto veloce di Yuu, che poi era tornato a giocare ai ninja. Shin invece era rimasto seduto sotto il portico, ben più sconvolto dell’amico, facendo dondolare le gambe e senza aprire bocca.

«Ma c’è davvero un uomo cattivo?» continuò la bambina.

«Spero proprio di no.» commentò Hinata sincera.

Gli occhi di Mai continuarono a seguire ogni suo movimento. «Ma tu mi sembri tesa.»

«E tu sembri tuo padre.» disse lei di rimando, con un sorriso appena accennato. «Sì, sono tesa. Ma sono sicura che la tua mamma e Sakura stanno bene… ed anche Ino.» aggiunse alzando la voce perché Shin potesse sentirla. «Forse era solo un ladro, ed Ino lo avrà sistemato per bene.»

«Non era un ladro.» si intromise Yuu. «L’ho già visto altre volte. Era un uomo cattivo cattivo, teneva Ino qui.» spiegò, e tirò il colletto della propria felpa.

Hinata si morse le labbra aggrottando la fronte, e guardò Shin, che non aveva reagito. Soltanto allora, prestandogli davvero attenzione, si accorse che qualcosa non quadrava. Aveva evitato di fissarlo per non fargli capire quanto in realtà fosse inquieta, ed ora che lo faceva…

Attivò il byakugan.

«Cosa fai, zia Hinata?» domandò Mai incuriosita.

Yuu ridacchiò. «Ah, te ne sei accorta? Shin mi aveva detto di non dirtelo per vedere quando te ne accorgevi!»

«Cosa?» insistette Mai, battendo un piede a terra.

«Quello non è Shin. Ha imparato la tecnica della sostituzione. È bravo anche lui, vero? Io sono di più, però.»

«Geniale.» mormorò Hinata, aggrappandosi ad una colonna per evitare di cadere in ginocchio. Poi gridò, dando l’allarme.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note autrice:

E sì che odio il NaruSaku, eppure ecco un’altra NaruSaku.

La Lee non mi travierà, fan del SasuSaku che siete finite qui.

Che dire, spero che vi abbia fatto piacere questo primo capitolo, e che lasciate una recensione, e che io non abbia esagerato con certi particolari, ma non posso farci nulla. Appena ho letto del sogno di Shin, ero convintissima che la storia di Lee sarebbe continuata con un vero uomo cattivo.

Questo, appunto, succede perché sono macabra.

E a me Tomoki fa pena. Paura, ma pena. E non vorrei averlo in casa, di sicuro.

Mentre scrivere di Shikamaru e cricca coi brividi li ha fatti venire anche a me, e ogni volta faccio accadere il peggio a tutti solo perché adoro scrivere le reazioni degli amici XD come sono contorta!

Se state veramente leggendo le note vi ammiro. Ma non spoilererò la fine.

E la gente che ha letto prima di voi mi ha chiesto [imposto] di non uccidere Ino talmente tante volte che:

A) Potrei averla accontentata.

B) Potrei averlo fatto più apposta.

C) Ho seguito il mio istinto iniziale, e non vi dico qual’era.

Tan tan tan… ebbene, vi lascio, al prossimo capitolo.

 

   
 
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