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Autore: imtheblackyoubetheorange    16/07/2015    1 recensioni
La storia di Alex e Piper nella serie TV "Orange is the new black" mi lascia affamata. Mi fa andare a letto pensando a loro, mi fa camminare per strada con le cuffie nelle orecchie pensando a cosa sarebbe successo "se". Così, aspettando il lontano giugno 2016, mangio e respiro Vause e Chapman. Quello che scrivo non toglie nulla alla serie TV, forse cerca di rendere quella tonta di Piper un po' meno stronza e ama immaginare i Missing Moments.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Alex Vause, Altri, Cal Chapman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Mentre Piper muoveva i suoi primi passi all’interno della prigione, tutte continuavano a fissarla. Pensavano che fosse quella famosa cantante. Ma lei continuò a camminare lungo il corridoio, il suo nuovo cuscino a righe stretto contro il petto, uno spazzolino e il tubetto del dentifricio nascosti in una mano.
Ai lati dei corridoio, assiepate contro i muri, le altre le lanciavano sguardi torvi e, portandosi una mano a lato della bocca, bisbigliavano nelle orecchie delle detenute lì vicino. Poi ridacchiavano, sbuffavano e le lanciavano sguardi ancora più minacciosi.
“Ti ho già vista in giro, giusto?” una ragazza sbatté contro di lei così forte da farla vacillare, appoggiò le mani sulle sue spalle e la fece ruotare su se stessa. Non indossava l’arancione, ma la divisa color cappuccino di tutte le altre. La faccia era circondata da una massa disordinata di ricci capelli ramati, la pelle pallida aveva lo stesso aspetto sbiadito della divisa, la bocca e gli occhi erano circondati da strane linee che la facevano sembrare stanca, o forse le davano un’espressione ostile. Magari era solo una tipa che rideva spesso, potevi andare a pensare incontrando per la prima volta la detenuta Nichols, Nicky per gli amici. O magari era solo fatta o era una tosta che si faceva di sigarette.
“Mmh. No” bisbigliò Piper. “Non credo.”
Non sto tremando, mettiti in ordine, ragazza, è solo una detenuta, come te, non ti farà niente di male, niente di male, giusto? pensò Piper.
“Hai proprio un bel faccino da angioletto” disse la detenuta dai capelli ramati. “Ci scommetto il culo di averti già vista in giro. Cosa sei, una pop star?”
“Al diavolo, no.” rispose Piper. Non avrebbe saputo dire da dove quell’improvvisa boccata di coraggio fosse spuntata fuori, ma subito dopo si rese conto di aver distolto lo sguardo e di aver parlato troppo in fretta, mentre i suoi occhi si contorcevano nel solito tic nervoso.
La detenuta a pochi centimetri dalla sua faccia inclinò la testa da un lato, con lo sguardo interrogativo di un cane che non ha capito bene l’ultima parola del padrone.
“Senti” sbottò Piper. “Me lo hanno già detto ma sarò costretta a ripetermi. Non sono Lindsay Lohan, ok?”
“Calma, gioiellino,” CapelliRicci tolse le mani dalle spalle per sventolargliele a pochi centimetri dal viso. “Non era quello che intendevo. Stavo pensando più a… qualcuna come Adele, capisci?”
Piper impallidì. Girò la schiena alla detenuta ficcanaso e riprese la strada lungo il corridoio che l’avrebbe portata al blocco e al letto che le avevano assegnato.
Zitta, zitta, stai zitta, non ha detto nulla, non hai sentito nulla, canticchiò una piccola voce dentro la testa di Piper. Era terrorizzata.
“Mi chiamo Nicky” sentì dire a CapelliRicci dietro di lei, ma la ignorò.
Litchfield è una prigione femminile, Piper continuò a ripetere a se stessa, ferma sulla soglia del blocco di cemento che le avevano assegnato. Quindi nessun uomo qui dentro, giusto?
Ma la sua nuova compagna di letto, con i capelli corti come quelli di un militare e la sua tozza, minacciosa figura, assomigliava più a un uomo. Le labbra quasi si alzarono a mostrare i denti in una smorfia selvaggia, benvenuta-in-prigione-io-sarò-la-tua-nuova-migliore-amica. Miss Claudette era il nome di quella strana signora-uomo di colore, le avevano detto. In quel momento lei posò la tazza che teneva tra le mani e guardò Piper come fosse la cacca di un insetto.
“Niente scarpe qui dentro, fuori” e fece il gesto di scacciare una mosca. Piper entrò, lasciò cadere cuscino e spazzolino e dentifricio sul materasso verde. Alzò il mento, come sua nonna le aveva insegnato a fare quando si affronta il nemico. Il bianco dei suoi occhi risaltava contro i cerchi neri che quelle due ore di prigione le avevano appena disegnato sotto gli occhi.
“Mi ascolti. Io non sono né Adele né Lindsay Lohan e farò camminare i miei piedi e le mie scarpe e il mio culo da criminale su questo pavimento del cazzo. E sì, piacere di conoscerla, avrò bisogno di un po’ della sua aria e del suo spazio per tutto il tempo che sarò costretta a passare in questo cazzo di buco. Perché io sono qui dentro, e lei è qui dentro, entrambe dobbiamo pagare l’affitto alla merda illegale che abbiamo fatto là fuori”.
Silenzio. Ci fu una lunga pausa, che fluttuò nell’aria tra loro due, appesa a un filo sottile e appuntito come la punta di un coltello.
Litchfield era una prigione per le donne, niente posto per gli uomini e per i sorrisi lì dentro, ma in quel momento Piper pensò di averne appena visto uno: un sorriso incurvò gli angoli della bocca di Miss Claudette verso l’alto e sparì subito dopo come un fantasma. “OK” aveva detto quel sorriso, ma le labbra di Miss Claudette non si mossero. La donna-uomo si girò e riprese la sua tazza.
“Oh” aggiunse Piper “potrei avere uno di quei appendini?”
Quella notte Piper pianse, gli occhi spalancati a fissare i quadratini della lampade al neon sul soffitto. Si rese conto di voler cantare. No, non era solo quello: moriva dalla voglia di lasciare uscire la voce fuori dai polmoni e attraverso la gola, lasciare che le parole graffiassero l’aria tra i denti e la lingua e le labbra. Ma non poteva, nossignore.
Non posso, non posso. Ho fatto una promessa, ricordò a se stessa, come sempre faceva, ogni giorno e ogni notte prima di addormentarsi. 
   
 
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