Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Susy07    17/07/2015    8 recensioni
TRATTO DALLA STORIA:
"Lei era speciale, dannatamente bella, nonostante i suoi innumerevoli difetti. Era stupenda, vestita dei suoi sbagli, con gli occhi ricolmi di amore da donare e terrore da scacciare. Si vedeva che ci credeva, non si sa bene in cosa, ma lei ci sperava e avrebbe continuato a farlo, perché si sa, la speranza è l’unica cosa che ci rimane, in questo mondo di delusioni."
--------------------------------------------------
Quante frasi non dette, quanti sguardi non ricambiati... A volte la vita ci passa accanto e noi non ce ne accorgiamo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note dell’autrice: 

Salve a tutte, mie care. 

Quest’oggi, vi propongo una storia un po’ diversa dalle altre che ho scritto e postato. Non sono tanto sicura che essa possa soddisfare le vostre esigenze, ma spero comunque che possa piacervi. 

Se così non fosse, non esitate nel dirmelo, spiegando magari cosa avreste voluto leggere o sapere. Perdonate gli errori, non mi piace molto rileggere, cosa che devo modificare, ma pian piano riuscirò a migliorare anche in questo. 

Sono consapevole del numero illimitato di OS che sto postando, in questi ultimi giorni, ma che ci volete fare? Ho una voglia insaziabile e corrosiva di scrivere, scrivere e scrivere. 

E sinceramente, finché le idee ci sono, sono contenta che sia così. 

Spero di ricevere qualche recensione, che, come già sapete e come vi ripeto ogni singola volta, mi fanno piacere e mi aiutano a crescere. Un bacione,

Susy. 

Angelo. 

Quando la vidi per la prima volta, capii immediatamente che la mia vita sarebbe cambiata, da quell’istante in poi. Anche se le avevo parlato solo per pochi minuti, sentivo che quella ragazza aveva qualcosa, dentro di sé, che non sarei riuscito a trovare in nessun’altra. 

Lei era speciale, dannatamente bella, nonostante i suoi innumerevoli difetti. Era stupenda, vestita dei suoi sbagli, con gli occhi ricolmi di amore da donare e terrore da scacciare. Si vedeva che ci credeva, non si sa bene in cosa, ma lei ci sperava e avrebbe continuato a farlo, perché si sa, la speranza è l’unica cosa che ci rimane, in questo mondo di delusioni. 

Lei era così, strana, ma incredibilmente perfetta e quando le parlavo, ogni sabato mattina, sentivo che qualcosa cambiava in me. I suoi discorsi erano strani, a volte profondi, altre talmente stupidi che, ascoltandola, si poteva credere di stare parlando con un’ignorante. Oh, non era così! 

Era intelligente, lei, anche se non le piaceva dimostrarlo. Furba, quello sì. Amava fare finta di niente, di non sapere, per capire fino a che punto la gente fosse disposta a mentire. 

Non amava i grandi gesti, ambiva alla felicità e per raggiungerla sapeva che le occorreva solamente una cosa, l’essere semplice e umile. A volte era la persona più pessimista che potesse esistere, altre trovava la gioia in qualsiasi cosa. Andava a giorni, ogni mattina sfoggiava una maschera diversa, ne cambiava talmente tante, quasi fossero vestiti, che forse nemmeno lei, alla fine, poteva dire quale fosse quella che più la rappresentava. 

Si sentiva persa, e si capiva. Non comprendeva il motivo del suo esistere, credeva che nessuno in questo mondo avrebbe potuto essere come lei, e forse aveva ragione. 

Penso che nessuno la conoscesse veramente, talmente era complicata e ricolma di sfumature, eppure a lei bastava un piccolo gesto per essere felice. Non pretendeva di essere capita, sapeva anche lei che nessuno sarebbe mai riuscito a farlo, l’unica cosa che chiedeva era l’umiltà, la sincerità. 

Non era difficile andare d’accordo con lei, bastava dimostrarle ciò che si sentiva. Non le piaceva essere presa in giro (forse era l’unica cosa che la rendeva almeno simile a tutti gli altri), ma non si arrabbiava quando accadeva. Sapeva che chi giudica, o sparla, sta affrontando un periodo difficile ed ha bisogno di far peggiore la vita degli altri, per sentirsi meglio. 

Aveva poca fiducia in se stessa, quando si parlava di aspetto fisico. Si vedeva costantemente brutta, imperfetta, ma non faceva un granché per cambiare, forse sapendo che, infondo, poco le importava di apparire bella agli altri. 

Quando era triste, l’unica cosa da fare per consolarla era abbracciarla e farle capire che era importante. Si arrabbiava con poco, ma le passava talmente velocemente che quasi faticavi a starle dietro. 

Era un miscuglio di incomprensioni, ma bastava guardarla negli occhi per capire ciò che pensava veramente, le emozioni che provava sembravano concentrarsi tutte lì, in quelle gemme. Odiava essere compatita, ma era disposta a farsi aiutare, o dare aiuto agli altri. 

Amava chi la circondava, di un amore vero e sincero, ma lei non era mai la scelta degli altri, forse a causa delle sue infinite stranezze. O almeno, lei pensava così. 

Non aveva compreso appieno ciò che era per me, l’importanza che davo ad ogni singolo sguardo, gesto, o sorriso. Quando cercavo di dimostrarglielo, mi diceva che dovevo starle lontano, perché mi avrebbe rovinato la vita. Ed allora io lo facevo. Non perché credessi veramente che mi avrebbe reso una persona peggiore, bensì perché sapevo di non doverla forzare, altrimenti avrei rischiato di perderla per sempre. 

Tanto sapevo che sarebbe tornata, a sfoggiare un’altra delle sue innumerevoli maschere, il sabato mattina, a quel bar che era diventato il simbolo della nostra amicizia, il luogo dove tornare, sapendo che l’altro ci sarebbe stato. 

Lei era così dannatamente giusta, per me. Era colei che vedevo sempre, anche quando non c’era. Era il mio pensiero fisso, che mi faceva sorridere per strada, senza un motivo preciso. 

Non era la cosa più bella che avessi, eppure l’avrei scelta sempre, a qualsiasi costo, perché ne valeva la pena. Sapevo di amarla, pur non avendoglielo mai detto. Lei era talmente particolare che, a dirle di amarla, la facevi allontanare. Lei odiava far soffrire la gente, perciò appena si accorgeva che qualcuno provava qualcosa di particolare nei suoi confronti, scompariva. Credeva di non essere in grado di amare, perciò preferiva non provarci neanche. 

Io ho sempre creduto che, in realtà, di amore ne avesse a sufficienza per riempire ogni singolo cuore presente in questo spazio, chiamato mondo. 

Lei era dolce, una sognatrice, ma non si lasciava mettere i piedi in testa da nessuno. Se qualcuno le parlava male, aveva sempre la risposta pronta, da dare con quel suo sguardo gelido, che, in quei momenti, non lasciava trasparire niente. 

Diceva che l’indifferenza era la sua arma migliore, così come la solitudine. Ma io sapevo che quest’ultima era anche il suo punto debole. Le piaceva la psicologia umana, la affascinava, mentre a me, l’unica cosa che affascinava era proprio lei e quel suo mondo, complicato e forse anche un po’ dannato. 

Credeva in tutte quelle cose particolari, come le sirene o le fate, le piaceva confidare nell’esistenza di una seconda vita, per poter fare tutto ciò che non sarebbe riuscita a compiere in questa. 

Ogni cosa che indossava aveva un qualche significato per lei, non metteva mai cose a caso, tanto per il gusto di farlo. Amava le sorprese, ma soprattutto organizzare per gli altri. Diceva che era grandioso osservare le diverse emozioni alle rivelazioni. 

Diceva che non esistono persone buone o cattive, è semplicemente la vita che trasforma i caratteri della gente. Credeva negli angeli e, una volta, mi ha confessato di aver pregato che uno di essi vegliasse su di me, quando ebbi un incidenti e rischiai di morire. 

La vita le passava davanti, senza che lei facesse niente per cambiarla. Il suo, ormai, più che vivere era un susseguirsi di abitudini, alle quali non riusciva a rinunciare e dopo un po’, perse quella voglia che la caratterizzava quando la conobbi. Mi disse che quando metti troppa speranza in un qualcosa che poi non avviene, perdi un pezzo di te stesso, e lei di fiducia ne aveva data davvero molta, forse è per questo che lo fece. 

Tirava avanti come poteva, ma io sapevo che non era felice, l’ho sempre saputo. Ho provato mille volte ad aiutarla, ma sembrava che la depressione nella quale era caduta la stesse lentamente divorando e, piano piano, cambiò anche lei. 

Avrei voluto dirle tante cose. Avrei voluto urlarle che io c’ero, che lei era l’unica cosa importante per me e che l’avrei scelta nonostante i suoi difetti, nonostante lei si credesse un peso.  

Avrei voluto dirle che necessitavo della sua presenza, nella mia vita, per poter essere una persona migliore, ma non ci riuscii mai. 

L’avevo amata così a lungo, che dopo un po’ credevo che lei non mi avrebbe mai potuto ricambiare. 

E poi avvenne… Si suicidò, in una sera troppo calda. 

Quando me lo dissero, non potevo crederci. Mi rifiutavo di crederci. 

Senza di lei, non ero niente io. Ma la cosa che mi fece più male, fu una notizia, datami da suo fratello. Lei mi amava. 

Lessi il biglietto che aveva scritto prima di andarsene e capii che c’era un motivo a tutti quei “no”, rivolti agli altri ragazzi. Lei non voleva farli soffrire, perché sapeva che non sarebbe mai riuscita ad amarli veramente, perché il suo cuore apparteneva già a me. Aveva atteso una vita, aspettava che io la salvassi, che mi dichiarassi, ma ciò non arrivò mai. 

E poi subentrò altro… La monotonia della sua vita la stava distruggendo, il non poter realizzare i suoi ideali la portò alla morte. 

Infondo al biglietto, macchiato delle sue lacrime, scrisse qualcosa rivolto solo a me. 

Sarebbe diventata il mio angelo e non mi avrebbe mai lasciato. Mi avrebbe indicato il cammino e sarei stato felice. Lei la mantenne la sua promessa, o almeno, mi piace pensarla così. 

Adesso sono sposato, ho due figli meravigliosi ed un lavoro che mi piace, eppure sento che manca ancora quel qualcosa che magari avrebbe potuto darmi lei. Sento di averla sempre accanto, che mi osserva e mi protegge e più volte ho avuto la dimostrazione di ciò. 

Come quando caddi in bicicletta ed un fragile, sottile come le sue braccia, ramo, mi afferrò per la maglietta, prima di cadere in un baratro che sarebbe stato lo scenario della mia morte. 

Una parte di me non la dimenticherà mai, talmente è improntato dentro di me il suo ricordo. Il ricordo di quella fragile ragazzina, divenuta donna forse un po’ troppo presto, che si perse nei meandri della sua testa, che a forza di indossare maschere, non capì più chi fosse veramente. 

Avrei voluto dirle tante cose.

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Susy07