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Autore: Lelaiah    17/07/2015    0 recensioni
Da diversi anni il genere umano è entrato in contatto con il mondo soprannaturale e la convivenza, nonostante alcuni alti e bassi, sembra essere tranquilla. L'arrivo del branco MacGregor a New York ha creato un grande scompiglio tra gli altri gruppi di licantropi e stuzzicato la curiosità della stampa.
Tutto quello che vuole Evan, figlio dell'Alfa del clan appena arrivato da oltreoceano, è poter vivere la propria vita in pace. Possibilmente evitando la maggior parte dei contatti col padre e ignorando le richieste egoiste della bella ed algida Crystal, sua moglie.
Nella stessa città vive anche Amanda, giovane assistente che condivide l'appartamento con la sorella Frances e il fidanzato di lei, Andrew. La loro vita scorre tranquilla, lontana da qualsiasi coinvolgimento col soprannaturale... almeno fino a quando tutti loro non si ritroveranno nel bel mezzo di un attacco perpetuato da alcuni licantropi di un clan locale.
L'inaspettata trasformazione di Drew porterà questi due mondi ad entrare in collisione. Far collimare stili di vita dissimili sembrerà ancora più difficile quando la città verrà sconvolta da una serie di omicidi, questa volta ai danni della comunità soprannaturale.
Umani e licantropi riusciranno a collaborare? E magari anche ad innamorarsi?
Buona lettura!
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 18 Rescue Quest'anno è stato veramente impegnativo e l'Università ha assorbito tutte le mie attenzioni. Mi dispiace veramente tanto perchè sono letteralmente scomparsa e non ho più dato segni di vita. Ora sono tornata e spero di poter recuperare il tempo di inativvità.
Mi sento un po' Martin, dati i tempi biblici, ma tant'è... vi auguro buona lettura!
E scusate ancora per l'attesa :(


P.S.: Anche il salvataggio di Blake sta andando per le lunghe... ma nel prossimo capitolo si concluderà: abbiate fede!



Cap. 18 Rescue


  Avevano deciso di comune accordo di rimanere nell’appartamento di David, principalmente perché lui doveva tirarsi avanti con alcune consegne e aveva tutti gli strumenti con cui lavorava nella propria camera.
Andrew si era rannicchiato sul divano, perso nei propri pensieri. Sentiva ogni fibra del corpo tesa all’inverosimile, nel disperato tentativo di cogliere avvisaglie preoccupanti.
-Drew, ti farai venire un’ulcera, così.- gli fece presente l’inglese. Digitò alcuni comandi e poi attese che il pc elaborasse quanto gli era stato richiesto.
-Mi dispiace…- sbuffò lui. –Ma non riesco a non pensare a cosa ho combinato quando ho dato retta al lupo.
-Devi imparare a controllarlo, quello è vero. Ma lo devi fare con gentilezza: combattere non serve a nulla.- replicò l’altro, lanciandogli una rapida occhiata da dietro lo schermo.
L’americano si prese la testa tra le mani. –E’ tutto una grande contraddizione…- brontolò tra sé.
-Oh, sì. Siamo esseri contraddittori, in effetti.- gli diede ragione Dave.
Drew si concesse qualche minuto per riordinare i pensieri, poi si appoggiò allo schienale del divano coi gomiti e domandò:-Com’è stata per te?
L’inglese gli lanciò un’occhiata distratta. –Com’è stata cosa?
-La tua prima trasformazione.- Andrew roteò gli occhi, divertito dal finto tono noncurante dell’altro.
-Oh… quella. Tutto nella norma.- la sua risposta fu abbastanza frettolosa e destò qualche sospetto nel suo interlocutore. Resosi conto di essere osservato, prese un respiro profondo e mise in pausa il proprio lavoro. –Non è stata esattamente una passeggiata.- ammise infine.
-Hai fatto del male a qualcuno?- il ragazzo si fece ancor più interessato.
Dave fece una smorfia. –No... a parte me stesso.- rivelò, evitando di guardarlo negli occhi.
Capendo che non era un argomento facile, Andrew decise di passare a qualcosa che, sperava, fosse meno spinoso. –Tu ed Evan… quando vi siete incontrati?
Sembrò pensarci su, anche se non aveva bisogno di frugare nella memoria per ricordare quel giorno. Era stato l’inizio e la fine di tutto. –Avevo diciassette anni, quindi era il 1856.- rispose. –Ero un giovane rampollo, istruito e parecchio tronfio.- aggiunse, ridacchiando.
-Tu?- l’americano sollevò un sopracciglio, divertito.
David si esibì in una breve risata. –Sì, proprio io. Cosa non ti torna? Il fatto che fossi tronfio o che fossi un rampollo?- chiese, divertito.
-Entrambi.- ridacchiò l’altro, stando al gioco. Era facile parlare con l’inglese perché riusciva sempre ad alleggerire conversazioni che, altrimenti, sarebbe stato problematico affrontare. O per lo meno faticoso.
-Be’, lo ero.- confermò, tornando serio. –E, nonostante tutti i tentativi di mia madre, ero particolarmente stupido a quell’età.- ammise.
-Chi non lo è? A parte Amanda… lei è nata con un senso del dovere così spiccato da far paura.- replicò Andrew.
L’altro annuì con un rapido cenno, dandogli ragione. Poi si stiracchiò pigramente e si alzò dalla sedia su sui era stato per quasi due ore. –Non sapevo di essere un licantropo e, quando mi sono trasformato, ho creduto di esser stato posseduto.- rivelò, sfiorando distrattamente la superficie lisca del tavolo.
-Posseduto? Intendi dal demonio?
Confermò con un cenno del capo, facendo ondeggiare i ricci scuri. –Esattamente. All’epoca si credeva ancora in cose del genere.- rivelò. –Anche se gli inglesi ci credevano comunque meno degli scozzesi.- aggiunse, ghignando.
-Anche Evan ti credette posseduto?- indagò Drew, curioso. Lasciarsi trasportare dalle parole di David era più facile che cercare di combattere la bestia e sembrava avere un potere calmante sulla parte animale.
-Non lo conoscevo ancora.- confessò. All’espressione stupita del suo interlocutore aggiunse:-Ci saremmo incontrati da lì a sette anni.
-Oh… credevo che…
David gli si avvicinò, sedendosi sul bracciolo del divano. –Che fossimo cresciuti insieme?- suggerì. Al cenno affermativo del ragazzo, lui scosse la testa. –No, ma è come se fosse successo.- concluse con un sorriso.
-Quindi… la prima volta che ti sei trasformato…?- dopo una breve pausa, Andrew tornò all’attacco. Sapere come gli altri avevano affrontato la prima notte di luna piena gli sarebbe stato utile per poterne ricavare consigli e magari qualche dritta.
Era terrorizzato all’idea di diventare un mostro assetato di violenza, impossibile da fermare se non con un colpo al cuore.
-Ero nella stalla, stavo accudendo i cavalli. C’era la luna piena, ovviamente.- raccontò, meditabondo. Si guardò le mani, cercando le parole giuste per raccontare quell’esperienza. –Quando mi sono trasformato ho spaventato i cavalli… loro hanno tentato di fuggire, ma la loro paura ha eccitato la bestia e, prima che potessi fermarmi, stavo affondando i denti nella giugulare di un destriero.- proseguì. –Ne ho uccisi tre prima che mia madre raggiungesse le stalle e…- fece per proseguire, ma il suo cellulare squillò.
I due si guardarono, gli occhi dilatati per la sorpresa. Reprimendo un brivido, David si alzò ed afferrò il cellulare, accettando la chiamata con un’espressione perplessa in viso. –Alst?
-Non mi avevi detto che l’intero branco sarebbe stato ad attendere Evan e gli altri!- lo accusò lo scozzese, l’accento molto più marcato del solito.
-Non ti avrei chiamato, in caso contrario…- si giustificò, facendosi piccolo. A quando pareva Alastair incuteva un certo timore sia a David che ad Evan.
-David Rockbell! Come hai potuto lasciare che il tuo Alfa andasse a farsi ammazzare?! Qui ce ne sono abbastanza per rimetterci le penne!- lo rimproverò, arrabbiato.
Dave sentì uno spiacevole rossore farsi spazio sul suo viso. –Qualcuno doveva rimanere con Andrew: è la sua prima luna piena.- gli fece presente.
-Lo so, lo so.- lo sentì calmarsi. –Solo che… questa è una trappola bella e buona! Ho già dovuto metter fuori combattimento tre lupi e non sono nemmeno riuscito a raggiungere gli altri.- aggiunse.
-Alst…
-Sì, cercherò di arrivare in tempo. Devo farlo. Ma questo non mi impedirà di dirgliene quattro.- brontolò.
-Se ti riesce, fai fuori Jared.- suggerì Dave. Drew lo guardò con tanto d’occhi. Non l’aveva detto sul serio, vero?
-Non ho voglia di andare in galera.- gli fece presente Alastair.
-E io non voglio che i cuccioli subiscano violenze per espiare colpe altrui.- ribattè l’altro.
Ci fu un attimo di silenzio. –Ho detto che non lo ucciderò, non che lo lascerò andare illeso. Nel caso mi capiti tra le mani, avrà un brutto quarto d’ora.
-Conto su di te, Alst.- disse David, rassicurato.


  Osservò con attenzione la scena che aveva davanti.
Oltre il pianerottolo della scala antincendio si vedevano Jared e il suo Gamma, Simon. Accanto al capo dei Blacks, legato mani e piedi con quelle che sembravano corde intessute di fili d’argento, c’era il piccolo Blake.
I due stavano tenendo sotto controllo uno spiazzo abbastanza ampio davanti ad alcuni capannoni, aiutati da altri sei membri del branco.
“Hanno scelto una buona posizione, non fosse che noi non abbiamo intenzione di attaccarli frontalmente.”, ragionò Evan.
Emily, alle sue spalle, smise di digrignare i denti e lo guardò per alcuni istanti. “Dobbiamo salvare Blake! Non m’importa nulla di strategie, ora come ora!”, protestò.
Lui allora si voltò a guardarla, ghiacciandola coi suoi occhi. “Se uscissimo allo scoperto senza avere un piano d’attacco, non salveresti Blake nemmeno volendo.”, le fece presente. “Sono in vantaggio numerico, se non l’hai notato.”, aggiunse subito dopo, facendole cenno col muso.
La lupa si spazientì e fece schioccare le fauci. “E allora cosa dovremmo fare?!”
“Non sono io la Sentinella, qui. Dimmelo tu.”, fu la risposta.
A quelle parole Emily sembrò ritrovare un po’ di calma e tornò a guardare verso l’esterno con un rinnovato spirito d’osservazione. Utilizzò tutti e cinque i sensi per scandagliare la zona e cercare un angolo cieco da sfruttare.
Aveva riconosciuto i lupi presenti, in particolare uno di loro. Attirò l’attenzione di Evan con un rapido movimento degli occhi e lo spinse ad osservare il licantropo più lontano dal punto in cui si trovavano.
“Quello è Patrick. Recentemente ha avuto una disavventura con un conservatore.”, spiegò. “Il tizio ha cercato di tranciargli di netto la gamba destra con una garrota d’argento. La ferita non è ancora completamente guarita. Potremmo sfruttare questa cosa per forzare il blocco.”, illustrò il proprio piano.
“E’ una Sentinella?”, domandò allora lo scozzese.
Lei scosse il capo. “No, un semplice lupo. Solo un po’ troppo avvezzo all’alcool.”, rispose.
Van mandò a memoria l’informazione e tornò a scandagliare l’intorno, prestando particolare attenzione ai suoni attorno a sé. Non aveva ricevuto richieste d’aiuto da parte di Eric, quindi il ragazzo era riuscito nel suo intento senza problemi. L’aveva sottovalutato, a quanto pareva.
“Resta nascosta. Vado a ridurre il nostro svantaggio.”, le comunicò ad un certo punto. L’americana fece per protestare, ma lui non glielo permise, sparendo rapidamente dalla scena. Scese una rampa di scale secondaria e raggiunse la porta arrugginita che aveva notato entrando. Lentamente e con attenzione la aprì facendo perno col muso.
Sbirciò all’esterno, percependo chiaramente la preoccupazione di Emily. I ciuffi di pelo sulla sua schiena vibravano tanta era l’ansia della lupa.
“Devo insegnarle a controllarsi.”, pensò, infastidito. Puntò gli occhi sul suo obiettivo e sgusciò fuori, trovando riparo dietro alcune casse di legno. Doveva percorrere circa cinquecento metri prima di poter essere abbastanza vicino da attaccare.
Si guardò intorno, cercando un modo per passare inosservato. Individuò una fila di container e, poco più distante, un edificio con la copertura voltata.
“Può andare.”, si piegò sulle zampe e si mise a strisciare il più rapidamente possibile verso il primo container di metallo. Cercò sempre di rimanere sottovento o di camuffare il proprio odore con quello dei rifiuti chimici ammassati un po’ ovunque in quella zona del porto.
Quando raggiunse la propria meta accelerò il passo, zigzagando tra un volume metallico e l’altro. Balzò sull’ultimo e si lanciò sul tetto dell’edificio, sparendo subito dopo dietro uno degli shed della copertura.
  Alle sue spalle la situazione non era cambiata, mentre Patrick sembrava essersi insospettito. Lo vide lanciare occhiate furtive da un lato e dall’altro e allora decise di attirarlo all’interno del capannone e avere ragione di lui. Si lasciò cadere di sotto ed atterrò facendo più rumore del dovuto: questo attirò la sua preda.
 Il licantropo entrò immediatamente nell’edificio, analizzando l’ambiente grazie ai suoi sensi sviluppati. Nemmeno il tempo di mettersi sull’attenti che Evan gli piombò addosso e lo azzannò alla giugulare, stringendo quel tanto che bastò per fargli perdere i sensi.
“Fuori uno.”, comunicò. “Mantieni la posizione.”, aggiunse subito dopo.
Lanciò una rapida occhiata al licantropo privo di sensi, poi si affrettò verso l’uscita, pronto per metterne fuori combattimento un altro.


  Era quasi riuscito ad avere la meglio su tutti e quattro i lupi lanciati al suo inseguimento, non fosse stato per quello che continuava ad inseguirlo.
Sistemare i primi tre era stato relativamente facile, ma l’ultimo rimasto era riuscito a trasformarsi ed ora lo stava quasi raggiungendo, dato che aveva una falcata lunga quasi il doppio della sua.
  Aveva il fiato corto e il costato gli doleva terribilmente.
Ma non poteva chiedere aiuto ad Evan, rischiando così di distrarlo dal suo compito, ossia salvare il piccolo Blake.
“Ti sto per raggiungere, stupido lupo.”, lo minacciò il suo inseguitore. Per poco Eric non inciampò nelle proprie zampe, carambolando a terra. Recuperò la concentrazione e chiese un ultimo sforzo al proprio corpo.
Doveva trovare qualcosa che potesse aiutarlo a sbarazzarsi di quel licantropo, ma non gli veniva in mente nulla. La sua testa era occupata da un solo pensiero: scappare.
Poi, con la coda dell’occhio, notò alcuni barili accatastati l’uno sull’altro. “Trovato!”, virò verso sinistra, cambiando direzione. Alle sue spalle, il suo inseguitore fece lo stesso.
Eric accelerò ancora di più il passo, circumnavigando alcune casse da imballaggio grosse il doppio di lui.
“Non vorrai mica nasconderti, vero cuccioletto?”, lo schernì l’altro.
“Adesso vedrai.”, pensò il giovane. Piegò a gomito, rischiando di sbattere contro un container e cambiò bruscamente direzione. Le sue zampe slittarono sull’asfalto, producendo un leggero rumore metallico, ma recuperò immediatamente la stabilità.
Balzò sulla prima cassa ed iniziò la risalita.
Durante l’ascesa cercò di tenere sott’occhio il proprio avversario, ma ben presto lo perse di vista. Ansante, fu costretto a fermarsi e guardarsi intorno. Percepiva ancora la sua presenza, ma l’odore dei fluidi chimici gli faceva pizzicare il naso a tal punto da impedirgli di fiutare qualsiasi altra cosa.
Si era messo nei guai da solo.
“Maledizione!”, imprecò, infastidito dalla sua stessa ingenuità.
“Stavi cercando me?”, la voce del membro dei Blacks gli arrivò alle spalle. Eric si voltò con uno scatto, tentando di allontanarsi, ma quello lo afferrò per la coda e lo lanciò verso le casse più in basso.
  Il giovane lupo tentò di avvitarsi su se stesso per attutire la caduta, ma si schiantò comunque contro i contenitori, mandandoli in mille pezzi. Cadde dentro uno di essi, mentre una pioggia di schegge e segatura lo investiva.
Stordito, tentò di rimettersi in piedi il più in fretta possibile, ma la testa gli risuonava come una cassa armonica. Digrignò i denti e chiuse gli occhi, provando a scacciare quel fastidioso ronzio.
Quando li riaprì si ritrovò a fissare l’altro licantropo, ritto davanti a lui e pronto a finirlo con un colpo della sua zampa artigliata.
Mosse un passo all’indietro nel disperato tentativo di evitare l’attacco, ma si ritrovò bloccato dal fondo della cassa. Non avendo altra scelta, si preparò a lottare fino all’ultimo sangue.
L’altro rise sguaiatamente del suo tentativo di difendersi e caricò il colpo, sicuro di metterlo a segno.
Stava per abbassare violentemente la zampa quando una forma indistinta gli piombò addosso.                                                                                                                   
Eric lo vide sparire dall’apertura e sentì poco dopo il rumore di due corpi che sbattevano violentemente contro il terreno. Confuso, mise immediatamente il muso fuori dalla cassa ed osservò il licantropo alle prese con un avversario dal pelo rossiccio.

Da principio pensò fosse Evan, ma poi non riconobbe l’odore e si rese conto che il colore del manto era diverso.
“Ma chi…?”, si ritrovò a chiedersi, confuso.
Al nuovo arrivato bastarono pochi attimi per mettere fuori gioco l’avversario, mandandolo a sbattere contro i barili che l’europeo aveva puntato poco prima.
Dopo essersi assicurato che il lupo avesse veramente perso i sensi, si voltò ed osservò il ragazzo. “Tu sei il nuovo affiliato del branco di Evan, giusto?”, gli domandò, annusandolo accuratamente. L’odore gli era nuovo, quindi non poteva essere Andrew.
“S-sì… ma voi chi siete?”, domandò l’altro.
“Alastair, Beta del branco MacGregor e mentore di Evan.”, spiegò sommariamente. “Lui dov’è?”, aggiunse subito dopo.
“E’ andato a liberare Blake. Io dovevo distrarre le sentinelle.”, spiegò, dopo l’attimo di sorpresa.
“Andiamo ad aiutarlo prima che si faccia ammazzare.”, disse perentorio. Lanciò una rapida occhiata per assicurarsi che il giovane lupo fosse incolume e poi si mise a correre verso la banchina.
Dopo un’esitazione, Eric si affrettò a mettersi nella sua scia, rassicurato e insieme spaventato dall’intervento di un membro esterno al branco.
  Probabilmente era stato David a contattarlo, ma ciò significava che la situazione in cui si erano cacciati poteva essere più pericolosa di quanto avessero preventivato.


-Cosa sta succedendo? Perché Alastair sta raggiungendo Evan e gli altri?- domandò allarmato.
David si voltò a guardarlo, sul viso un’espressione di vergogna. –Non potevo permettere che andasse nella tana del lupo senza supporto. Alst ha molta esperienza e saprà sicuramente essere un valido aiuto.- spiegò.
Andrew si accigliò. –Ma ti aveva detto…
-Lo so cosa mi aveva detto. Non ho mai assicurato che avrei obbedito.- gli fece notare, leggermente infastidito. Drew lo osservò distogliere lo sguardo, probabilmente irritato per esser stato scoperto.
-Non devi giustificarti con me: l’avrei fatto anche io.- commentò il neo nato licantropo.
-Questo non mi salverà la pelliccia, più tardi.- replicò l’altro con un sorriso amaro. –Ma non sono riuscito ad impedirmelo.
-Tu ed Evan siete molto legati, vero?- Andrew decise di spostare lo conversazione sul vecchio argomento. O quasi.
Dave si appoggiò al bordo del tavolo ed incrociò le braccia. –Sì, siamo come fratelli.- rispose in un sussurro. Puntò lo sguardo oltre la finestra della sala, vagando in vecchi ricordi che stavano chiedendo di essere ascoltati.
Dopo qualche attimo d’esitazione, l’americano tentò di riprender l’argomento trasformazione. –Prima… mi stavi raccontando della tua prima mutazione…- buttò lì, cercando di non sembrare assetato di notizie come in verità era. Voleva capire come gli altri fossero sopravvissuti, dato che erano secoli che i licantropi affrontavano la loro prima trasformazione e riuscivano a controllarla, chi in modo più efficace chi con qualche difficoltà.
-Già…- David si lasciò sfuggire un sospiro. Drew si sporse leggermente dallo schienale del divano, in attesa. –Be’, per fortuna mia madre era una donna dalle insospettabili risorse.- aggiunse.
-Ok, da questo posso dedurre che se la sia cavata...- il suo interlocutore cercò di tirare le somme.
-Precisamente. Mi ha tenuto a bada con lo spillone per capelli che aveva sempre con sé. Era d’argento.- confermò l’altro. –Ricordo che la riconobbi, dopo un po’… probabilmente dall’odore o per via della voce. Fatto sta che iniziai una dura lotta con la bestia, per impedirmi di attaccarla e farle del male.
-E ci sei riuscito?- chiese Andrew, interessato. Era proprio questa l’informazione che voleva ottenere.
Dave si passò una mano tra i capelli, scompigliando i ricci scuri. –Sì… ma mi sono beccato quello spillone sulla spalla.- ammise. –Quello bastò a fermarmi, però. Scappai verso la brughiera e me ne restai nascosto, a leccarmi la ferita, per il resto della notte. Se escludiamo gli animali selvatici che ho sbranato.- concluse.
-Quindi non eri completamente fuori controllo!- esclamò Drew. Il tono improvvisamente alto della sua voce colse di sorpresa l’inglese, che lo guardò con tanto d’occhi. –Mi dispiace… è che sto cercando di capire come voi siate riusciti a sopravvivere alla prima notte.- si giustificò.
-Be’, non credo che farti pungere da uno spillone possa essere una soluzione.- osservò David, ironico.
Il giovane lupo scosse la testa. –Direi di no… Ma ora ho un po’ più di fiducia nelle mie capacità.
-Lieto di esser stato d’aiuto.- rispose il suo Beta. Lo vide aprir bocca per aggiungere altro, ma lo anticipò con un gesto della mano. –Concentrati su quello che senti. Io torno subito.- mormorò, prima di dirigersi verso la propria camera.
Sentì lo sguardo di Andrew su di sé per tutto il tempo, ma lo ignorò: aveva bisogno di cinque minuti da solo.
  Si chiuse lentamente la porta alle spalle e poi ci si appoggiò di peso, chiudendo gli occhi. Prese un respiro profondo e lasciò che i ricordi lo invadessero.


***

   L’odore ferrigno del sangue era tutt’attorno a lui e sembrava eccitare il demonio che l’aveva posseduto. Non sapeva cosa fosse successo né perché fosse stato scelto come bersaglio, fatto sta che un attimo prima stava pulendo uno degli stalloni di suo padre e l’attimo dopo ne stringeva la giugulare tra le fauci.
Sconvolto aveva mollato la presa, per poi ritrovarsi nuovamente investito da quell’odore dolce e invitante. Senza pensarci aveva attaccato il destriero nel box accanto, scatenando il panico tra gli altri cavalli nella stalla.
Mentre era intento a far scempio di quella povera creatura, si era aggiunto un nuovo odore a quello del sangue. Confuso, aveva alzato la testa e fiutato l’aria.
-David…?- si era sentito chiamare. Quel nome gli diceva qualcosa, ma era troppo difficile pensare in quel momento. Affondare i denti nella carne di quei cavalli era più semplice, più immediato.
Osservò la nuova preda e si rese conto che non apparteneva al mondo animale. In qualche modo, il demonio dentro di lui capì che si trattava di un essere umano.
L’istinto di caccia montò in  lui come la marea e, senza pensarci, si scagliò contro quell’esile figura che reggeva in mano una lampada.
Quella, vedendosi attaccata, ebbe la prontezza di depositare l’oggetto ed estrarre un lungo ago dalla folta massa di riccioli scuri. Quando i due corpi entrarono in collisione, si ritrovò ad uggiolare, invaso da un dolore improvviso quanto bruciante.
  Si contorse su se stesso, riempiendosi il pelo di paglia. La sua percezione del mondo circostante era stata messa sottosopra e non riusciva più a capire quali fossero le sue priorità: uccidere o scappare.
Con la coda dell’occhio colse un movimento e la bestia fu lesta a rimettersi sulle quattro zampe, nonostante riuscisse ad appoggiarle completamente solo tre.
-David… va tutto bene…- tentò nuovamente la voce. Gli suonava familiare, ma non riusciva a schiarirsi la mente. Era come se tutto fosse avvolto da un alone rosso.
Prese ad ansimare, tentando di prendere aria. I suoi occhi erano fissi su quella figura e la sua mente vagava impazzita tra mille immagini e sensazioni.
  Sentiva il sangue gocciolare copioso dalla ferita alla spalla e la zampa pulsare come l’Inferno. Doveva essere la punizione divina per essersi opposto al padre e aver imposto le proprie idee: sapeva di non averne il diritto, ma l’aveva fatto comunque.
“Chiedo perdono.”, riuscì a formulare quel breve pensiero prima di esser nuovamente aggredito da odori e suoni. La sua scatola cranica rimbombava come una cassa di risonanza e aveva la bocca piena di saliva.
Voleva attaccare la figura umana che l’aveva ferito, ma qualcosa gli diceva che non poteva farlo. Che se ne sarebbe pentito.
  E poi c’era il sangue, caldo e denso.
L’odore lo avvolgeva come una morbida coperta, mandando su di giri l’essere infernale che si era impossessato di lui.
-Dave… devi calmarti.- ancora quella voce, questa volta con un tono più deciso.
Serrò gli occhi e cercò di ricordare, ma l’istinto premeva per essere ascoltato. Ad un certo punto si sentì schiacciare da una ferocia così cruda che balzò di lato ed attaccò senza remore un altro cavallo, direzionando sul povero animale tutta la propria forza.
Ebbero un’intensa colluttazione, durante la quale distrussero una parete del box. I cavalli rimasti ne approfittarono per rompere i cancelli e fuggire definitivamente. La proprietaria della voce dovette buttarsi in un cumulo di paglia per non essere investita.
Ma alla bestia non importava: il suo mondo finiva lì dove iniziava il collo del cavallo.
Tentò di azzannarlo, ma fu buttato violentemente a terra. Ricevette un colpo sulla cassa toracica, ma si ribellò e colpì l’avversario con una zampa, ferendolo all’altezza delle budella.
  L’odore sgradevole delle interiora lo colpì come un maglio e si gettò a capofitto su quel banchetto.


***

  Il suo diversivo ebbe vita breve, proprio come aveva preventivato.
Sapeva che i Blacks non erano degli stupidi e dopo la sparizione di tre dei sei lupi posti a guardia del magazzino, ritrovarsi attaccato fu la naturale e logica conseguenza.
Evan fissò i due lupi che gli erano arrivati alle spalle e lasciò lentamente andare la presa sulla collottola della sua ultima vittima.
Percepiva chiaramente la loro ostilità e sapeva che l’avrebbero attaccato di lì a poco. Il licantropo mancante era sicuramente andato ad avvertire il loro Alfa.
“Che venga pure. Ho proprio bisogno di fare un po’ di confusione.”, pensò, mantenendo la calma. La corazza emotiva che aveva costruito attorno a sé era ancora lì: si era ammorbidita, quello era vero, ma c’era ancora. E gli permetteva di mantenere una padronanza di sé quasi totale.
“Jared e Simon si stanno per muovere. Sono nervosi.”, la voce di Emily lo colse di sorpresa, distraendolo per alcuni istanti.
  Quando tornò a focalizzarsi sulla situazione si ritrovò a schivare, grazie al puro istinto, un affondo diretto all’articolazione della zampa anteriore sinistra. Si gettò di lato e poi scattò immediatamente contro uno dei suoi avversari, finendo a rotolare con lui sull’asfalto.
I denti raggiunsero ogni punto libero ed in poco i due si ritrovarono a sanguinare simultaneamente da diverse ferite. La più brutta era quella sul muso di Evan: aveva parte del naso lacerata e in alcuni punti si vedeva il vivo della carne sottostante.
  Evitò di arricciare le labbra e ringhiare il proprio disappunto, preferendo attaccare con rinnovata energia. Si slanciò a fauci aperte ed azzannò il licantropo poco sopra la scapola, disarticolandogli l’arto.
  Quello lanciò un uggiolio agghiacciante e finì zampe all’aria, guaendo per il dolore. Il suo compagno non perse tempo a soccorrerlo e si gettò sullo scozzese. Evan si abbassò giusto in tempo, riuscendo a scivolare sotto il corpo dell’altro. Fece perno con tutte e quattro le zampe e spinse contro la cassa toracica dell’avversario: in poco lo ribaltò come un vecchio tavolo, mandandolo a sbattere contro il muro di mattoni alle loro spalle.
  D’accordo, non era stata una mossa degna di un lupo, ma lui era un licantropo e nessuno aveva mai detto che non si potessero sfruttare le tecniche di lotta libera durante uno scontro.
A quanto pare il suo sfidante la pensava allo stesso modo, dato che afferrò un grosso pezzo di legno coi denti e tentò di colpirgli la testa. Lo stupore gli fece rischiare una bella botta, ma riuscì ad evitarla rotolando di lato.
Nel momento esatto in cui riguadagnò la posizione eretta, l’altro lupo si avventò su di lui con tutto il suo peso, cercando d’inchiodarlo a terra. Van approfittò dell’accelerazione della caduta e lo spedì nuovamente contro un muro, spingendolo via con le zampe posteriori.
“Ma non impari mai…?”, chiese, quasi divertito.
“Taci, stupido europeo!”, ringhiò quello. Evan poteva benissimo essere scozzese, ma il suo avversario aveva un riconoscibile accento sudamericano.
Ignorò l’insulto e si mise a scandagliare l’intorno coi sensi. Simon e Jared non si erano ancora accordati sulla strategia da adottare ed Emily fremeva, in attesa. Doveva liberarsi in fretta di quello scocciatore per poter impegnare l’Alfa e il suo Gamma.
“Non ti distrarre!”, ringhiò il suo avversario, scattando nuovamente verso la sua gola. Infastidito da quell’interruzione, il giovane MacGregor lo colpì con forza sul muso, finendo per danneggiargli l’occhio destro.
Il licantropo tentò di proteggersi dalla zampata, ma la sua reazione fu troppo lenta. Non appena venne colpito il suo muso scattò di lato, entrambi gli occhi serrati. “Come hai osato?!”, sbraitò.
“Ho solamente contrattaccato.”, fu la risposta.
“Bastardo!”
Mezzo accecato, l’altro cercò di attaccare nuovamente, ma il suo attacco fu facilmente deviato. Disorientato e con la vista danneggiata, terminò la propria corsa in mezzo ad alcuni pallet di legno. Quando il polverone si dissolse, Van notò che aveva finito per infilzarsi una coscia con una scheggia grossa quanto la zanna di un cinghiale.
Ringhiando ed imprecando, il sudamericano cercò di liberarsi, ma fu tutto inutile.
“Io eviterei di agitarmi così: potresti fare molti più danni di quanti tu ne abbia già fatti.”, gli consigliò Van, prima di uscire dal magazzino.
Si era stufato di quel riscaldamento: aveva poco tempo ed era ora di fare sul serio.


“Quanti ne hai seminati, ragazzo?”, si sentì chiedere.
Per poco Eric non incespicò nelle proprie zampe, colto alla sprovvista. “Come…?”, gorgogliò, confuso.
Alastair gli lanciò una rapida occhiata da sopra la spalla. “Quante erano le sentinelle?”, domandò, senza spazientirsi. Era comprensibile che il giovane fosse disorientato, considerata la sua età e il fatto che quella fosse una prima esperienza di lotta parecchio difficile.
“Quattro. Ma uno lo ha sistemato lei.”, rispose, ricomponendosi.
“E quanti ce ne sono ancora?”, continuò a correre, sfruttando il proprio senso del fiuto per captare l’odore di Evan. Sperava solo che non fosse troppo tardi per aiutarlo.
“Ah… credo ci fossero altri sei lupi a guardia del piccolo. Più l’Alfa e il Gamma.”, disse, riportando alla mente ciò che gli aveva riferito Emily. Nonostante ognuno di loro stesse svolgendo compiti diversi, il collegamento mentale era rimasto attivo, simile ad un rumore di fondo. “Però…”, il pensiero attraversò la sua mente come un fulmine.
Alst decelerò, in modo da affiancarlo. Lo interrogò con lo sguardo, spingendolo a terminare la frase.
“Emily aveva parlato di trenta elementi… se i conti sono giusti, lì ce ne sono a malapena tredici. Anche supponendo che loro due ne abbiano fatti fuori altri, ne mancherebbero comunque una decina.”, realizzò. Sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena. Che avessero commesso un passo falso di quelle dimensioni?
Lo scozzese sgranò leggermente gli occhi, facendosi d’un tratto allarmato. Era probabile che, spinti dall’urgenza di salvare il cucciolo, Evan e la giovane lupa avessero sottovalutato il problema, focalizzandosi solo sui lupi presenti nelle immediate vicinanze.
Mentre la sua mente ragionava a più non posso, notò il suo compagno tendere le orecchie e farsi più vigile.
Sollevò il capo e si mise in ascolto. “Ci stanno seguendo. Otto, a giudicare dal rumore.”, disse solamente. Come aveva temuto, gli altri lupi si erano tenuti in disparte per poter fungere da spalla nel caso in cui la situazione si fosse fatta difficile. Era come trovarsi stretti due cappi al collo: non appena si credeva di aver allentato il primo, ecco che sopraggiungeva l’altro.
  Eric tentò di mantenere la calma, ma sapeva che non ci sarebbe riuscito tanto facilmente. Aveva dato per scontato di aver portato a compimento il proprio incarico, ma si era sbagliato di grosso. Il fatto che avesse incontrato solo quattro lupi a sorvegliare una delle vie d’accesso al porto non significava che non ce ne fossero altri, nei paraggi.
“Sono fritto!”, piagnucolò.
“Lo sarai se non riusciremo ad aiutare il tuo Alfa.”, gli fece presente Alst. “Muoviamoci.”


  Il grosso lupo dal pelo chiazzato di ruggine lo fissava bellicoso, ma non sembrava aver intenzione d’attaccare.
-Tu..!- Simon non poté impedirsi di esclamare. Fece un passo avanti, ma Jared lo trattenne con un gesto della mano.
-E’ quello il lupo che vi ha attaccati?- chiese al suo sottoposto. Il licantropo lanciò una rapida occhiata verso Evan e poi annuì più volte, convinto. L’Alfa dei Blacks sorrise lentamente, sornione e poi si voltò verso il suo terzo in comando. –Tieni d’occhio Blake.- ordinò.
-Cosa vuoi fare, capo? Lascia che se ne occupino gli altri.- protestò Simon. Al che Jared lo gelò con un’occhiata, sdegnato.
-Non ho intenzione di rifondare il branco solo perché siete troppo deboli per poter abbattere uno stupido europeo del cazzo.- ringhiò. –Me ne occuperò io: una volta per tutte.
“Lo stupido europeo ha messo fuori gioco quasi tutte le tue sentinelle.”, gli fece notare Evan, ironico. Il commento non l’aveva scalfito più di tanto o, se l’aveva fatto, la sua corazza emotiva impediva di vederne gli effetti all’esterno.
  A quelle parole l’americano emise un forte verso di gola, irritato. Evan poteva vedere le sue pupille dilatarsi fino a divenire due pozzi neri: la bestia stava prendendo il sopravvento. –Mai scherzare coi Blacks.- disse con voce metallica, distorta.
Il giovane MacGregor roteò gli occhi, chiedendosi perché parlassero tutti per frasi fatte. Gli sembrava di esser stato catapultato in un action movie davvero scadente.
Il suo gesto non passò inosservato e, poco dopo, Jared trasmutò parte del proprio corpo per poterlo attaccare. Gli avambracci ricoperti di pelo e gli artigli lunghi diversi centimetri colsero di sorpresa Van. “Fa parte del nuovo ceppo.”, realizzò.
-Piaciuta la sorpresa?- ghignò il suo avversario, orgoglioso della propria trasmutazione.
“Emily…”, lo scozzese ristabilì il contatto mentale con la propria compagna d’azione. “Tu lo sapevi?”, le chiese, subito dopo aver ottenuto la sua attenzione.
“No… non ha mai assunto quella forma davanti agli altri membri del branco. Molti dei Blacks non sarebbero in grado di trasformarsi come ha appena fatto lui.”, replicò la giovane, preoccupata dalla piega che stavano prendendo gli eventi.
“Tu ne sei in grado..?”, le chiese allora, curioso. Non sapeva che ci potessero essere limitazioni per quanto riguardava la trasformazione parziale: lui non aveva mai avuto problemi e aveva scioccamente creduto che funzionasse così anche per tutti gli altri licantropi della nuova generazione.
“Solo denti ed unghie.”, rispose, leggermente in imbarazzo. Non capiva il perché di quella domanda in un momento del genere.
“Ne riparleremo quando avremo risolto questa questione.”, Evan terminò la conversazione per tornare a concentrarsi sull’Alfa avversario. “Possiamo iniziare.”, disse, cercando di risultare il più strafottente possibile.
Jared sembrava particolarmente incline ad irritarsi e la cosa poteva andare a suo vantaggio, se ben sfruttata.
-Pensi di poter vincere in quella forma?- lo sbeffeggiò l’americano. In risposta Evan iniziò a caricarlo, percorrendo la distanza che li separava con lunghe falcate. –Come vuoi tu.- ridacchiò, balzando a sua volta in avanti.
Emily trattenne il respiro, osservando la scena dal suo nascondiglio.


“Devia a destra, ragazzo!”, ordinò Alastair.
Eric girò il muso di scatto, stupito, ma obbedì senza protestare.
Giusto in tempo per evitare l’attacco a sorpresa di uno dei loro inseguitori, gettatosi su di loro dall’alto di una pila di pallet.
I due furono costretti a separarsi e ad arrestare la loro corsa: gli artigli stridettero sull’asfalto mentre ruotavano di novanta gradi e si fermavano.
  Il licantropo che li aveva attaccati ringhiò contro Alst e poi fece lo stesso con Eric. Senza tanti preamboli lo scozzese balzò in avanti, atterrandogli sulla schiena. Lo morse con forza alla base del collo, affondando i denti fino a grattare contro le prime vertebre.
Il lupo guaì di dolore, gettandosi a terra nel tentativo di scrollarselo di dosso. I due avversari presero a rotolare furiosamente a terra, avvinghiati l’uno all’altro come coccodrilli intenti a lottare.
  Uno schizzo di sangue chiazzò il muso del più giovane lupo, accecandolo per alcuni istanti. Istanti che permisero ad un altro dei Blacks di attaccarlo e gettarlo a terra.
Quando Eric poté vedere di nuovo si ritrovò le fauci dell’altro a pochi centimetri, pronte a serrarsi sul suo muso. Girò istintivamente la testa, sentendole scattare di fianco al suo orecchio destro un attimo dopo.
Colto dal panico fece perno con tutte e quattro le zampe e spinse verso l’alto, riuscendo a sollevarlo quel tanto necessario per scaraventarlo contro una cassa di legno. Il licantropo non gradì particolarmente la sua trovata, dato che gli si gettò nuovamente contro. Questa volta Eric era pronto e lo colpì con forza sullo sterno, deviando la sua traiettoria contro un’altra enorme cassa.
“Ben ti sta!”, esultò il ragazzo.
“Eric, alle tue spalle!”, l’avvertì Alastair. Istintivamente si appiattì a terra, evitando un colpo alla testa che avrebbe potuto essergli fatale. Il suo avversario si sbilanciò e gli finì addosso, mordendogli l’elice di un orecchio.
Guaì una protesta, ma non ebbe il tempo per scrollarselo di dosso, dato che ci aveva già pensato il suo salvatore. I due si scambiarono una breve occhiata, per poi girarsi a fronteggiare i cinque inseguitori rimasti. Erano tutt’attorno, ringhianti e bellicosi.
Il più giovane dei due deglutì, preoccupato. Non sapeva chi attaccare, come attaccarlo e nemmeno se sarebbe stato abbastanza abile da uscirne vivo.
Tutta la spavalderia che aveva esibito non molto tempo prima sembrava solo un lontano ricordo.
Alastair sembrò capirlo, perché gli suggerì di rimanere concentrato su un solo obiettivo per volta.
  Detto fatto: due lupi si staccarono dal gruppo e li attaccarono.
Ripresero a lottare con ancor più foga di prima, soprattutto quando anche gli altri tre avversari di unirono alle danze.


  Mentre Evan e Jared erano avvinghiati in un feroce corpo a corpo, Emily non staccava gli occhi di dosso a Simon. Blake era dietro di lui, tremante e legato. Riusciva a percepire la sua paura, l’agitazione e la bestia che cercava di fuggire, liberarsi da quelle emozioni.
Non poter intervenire la faceva sentire un’infame, ma capiva la necessità di essere cauti: una mossa sbagliata e la vita di suo nipote sarebbe stata a rischio.
  Un rischio mortale, probabilmente.
Una parte della sua mente captò due presenze appena fuori del suo raggio d’azione. Voltò la testa di scatto, cercando di capire se si trattasse di amici o nemici.
Una delle due si palesò essere Eric, mentre non riconobbe l’altra. Fece per chiedere spiegazioni al compagno di branco, ma la sua attenzione fu richiamata brutalmente altrove.
Sgranò gli occhi, sentendo i peli dietro il collo rizzarsi.
“No!”, cercò con lo sguardo la fonte di quel brivido e poco dopo la percepì. I restanti membri del branco si erano nascosti fino a quel momento, azzerando completamente le loro auree per non esser percepiti.
Era una delle tattiche a cui il branco doveva la sua fama. E lei se n’era dimenticata.
“Stupida. Idiota. Cretina!”, trattenne a stento un ringhio di frustrazione. “Evan! Eric!”, chiamò a gran voce.
“Siamo circondati, lo so. È un po’ tardi per dare l’allarme.”, fu la risposta del suo nuovo Alfa. Fece per uscire dal suo nascondiglio, ma l’ordine dello scozzese giunse perentorio e fu costretta a piantare le unghie nelle vecchie assi di legno. “Non posso aiutarvi, così!”, protestò.
“Devi aiutare Blake, non noi.”, le ricordò. “Eric, tieni a bada gli altri.”, spostò subito la sua attenzione sul nuovo arrivato, per poi bloccarsi a metà di un affondo e sgranare leggermente gli occhi d’ametista. “Cos…?”
“A dopo le spiegazioni. Tieni alta la guardia.”, tagliò corto Alastair, balzando su uno dei Blacks appena comparsi.
Evan si riscosse ed evitò per un soffio il pugno di Jared, ricevendo in pieno petto il suo gancio. Sputò tutta l’aria che aveva nei polmoni, rischiando di soffocarsi.
-Non distrarti.- ordinò il suo avversario. Caricò un altro colpo, ma lo scozzese lo evitò rotolando di lato. Imprecò e seguì il suo movimento con la sola rotazione del busto, per avere un appoggio stabile sulle gambe.
Peccato che Van puntò proprio ad uno dei suoi polpacci, affondandogli i denti nella carne con forza. Strappò i muscoli e riuscì quasi a disarticolargli l’articolazione della caviglia, prima di ricevere un pugno sulla tempia.
Mollò la presa, stordito ed arretrò di qualche passo.
Il capo dei Blacks imprecò, portandosi entrambe le mani alla ferita. –Bastardo!
Evan sollevò il capo e sputò un po’ del suo sangue. Prese un respiro profondo e gonfiò i muscoli, pronto a trasmutarsi.
  Non apprezzava particolarmente la forma intermedia perché per mantenerla doveva spendere molte più energie che per quella animale, ma voleva combattere ad armi pari quindi quella era l’unica soluzione.
Avvertì muscoli e ossa riassemblarsi e, dopo una momentanea instabilità, si mise in posizione di combattimento. Poco importava che fosse nudo: quello era un fastidio secondario.
Jared, ormai ripresosi, lo squadrò da capo a piedi. –Notevole.- commentò, impressionato dalla sua stazza.
Van non rispose e lo attaccò, cercando di metterlo alle strette.


-Secondo te come se la stanno cavando?- domandò ad un certo punto Drew.
David distolse lo sguardo dallo schermo del computer, che in realtà non stava minimamente guardando, e fece una smorfia. –Spero bene… ma ci stanno mettendo troppo.- disse.
In effetti era già metà pomeriggio e non avevano più avuto notizie né da Alastair né da nessuno degli altri membri del branco.
Iniziavano a preoccuparsi, tutti e due. E la luna stava per sorgere.
-Come ti senti?- Dave cambiò argomento. Andrew contrasse qualche volta la mano destra, saggiando il controllo sul proprio corpo. –Inizia a farsi sempre più pressante, vero?
L’altro annuì: era da un paio d’ore che era scosso da spasmi e altre piccole avvisaglie dell’imminente trasformazione. –Pensi che debba scendere..?- domandò, ansioso.
-Dipende da te. Da come ti senti.- fu la risposta.
Drew arricciò il naso. -Non sei d’aiuto.- brontolò.
-Non sono dentro di te, non posso sapere cosa senti. Posso solo osservare i sintomi esterni.- replicò, cercando di tranquillizzarlo.
Il giovane allora chiuse gli occhi ed inspirò qualche volta, concentrandosi sulla bestia che aveva dentro di sé. La sentì brontolare, infastidita e gonfiare i muscoli, come se si stesse preparando a squarciarlo dall’interno.
Aveva il pieno controllo del lupacchiotto dentro di lui… no?
-E’ agitata.- ammise. –Parecchio.
David si sporse verso di lui. -Vedi rosso?- s’informò.
-Metaforicamente o letteralmente?
L’inglese sollevò un angolo della bocca, apprezzando il tentativo di sdrammatizzare. –Letteralmente.
Il suo interlocutore scosse lentamente la testa, anche se non sembrava molto convinto della risposta. –Però sento la sua forza crescere…- dovette ammettere.
-D’accordo. Tienila sotto controllo: avvertimi prima di arrivare al limite.- si raccomandò.


  La lotta stava andando per le lunghe e tutti i suoi compagni, compreso il lupo sconosciuto dal pelo fulvo, avevano il corpo ricoperto di ferite.
E lei non poteva fare nulla, se non aspettare che Simon tentasse la fuga con Blake.
Mentre formulava quel pensiero accaddero due cose: il Gamma dei Blacks prese l’iniziativa ed uno degli ultimi membri del branco rimasti si gettò a sorpresa sul lupo sconosciuto.
“Eric!”, ebbe appena il tempo di avvertirlo prima di balzare giù dal pianerottolo su cui si trovava, decisa a fermare Simon.
Mentre scendeva i gradini traballanti avvertì distintamente lo scatto dei muscoli di Eric e il rumore di due corpi che si schiantavano l’uno contro l’altro con forza. Scavalcò il corrimano ed atterrò pesantemente al suolo, il cuore letteralmente in gola.
  Non sapeva cosa fosse successo, ma sperò che fosse andato tutto per il meglio.
Lanciò una breve occhiata alle proprie spalle per accertarsi che non ci fosse nessuno e poi corse verso suo nipote.
Mentre usciva allo scoperto, vide con la coda dell’occhio Evan e Jared, entrambi immobili sul campo di battaglia ormai viscido di sangue. S’impedì di cambiare traiettoria e puntò dritta verso Simon il quale, vedendola arrivare, si fece prendere dal panico.
Afferrò Blake per il colletto della maglietta e lo trasse bruscamente in piedi, frapponendolo tra sé e quella furia nera.
“Bastardo! Ora ti uccido!”, pensò Emily, furiosa.
Percorse ancora una decina di metri e poi saltò, decisa ad atterrare il suo ex compagno di branco. Simon si scansò appena in tempo e lei derapò con le zampe posteriori, rischiando di farsi male.
Rotolò per gli ultimi metri, annullando l’inerzia che le aveva dato il balzo e poi si rialzò subito dopo. Nell’assalto Blake era finito qualche metro più in là, riverso su un fianco: ora la guardava con occhi terrorizzati.
  Ignorò momentaneamente quello sguardo e puntò nuovamente sulla sua preda, ancora in forma umana. Prese la rincorsa e spalancò le fauci, decisa a morderlo. Simon, dal canto suo, si preparò a riceverla posizionandosi di tre quarti.
Quando furono uno davanti all’altro, l’uomo l’afferrò saldamente sotto le mascelle e la mandò a schiantarsi contro un pianale. La forza dell’urto le spezzò il fiato, oltre che un paio di costole.
-Mamma!- gridò il piccolo.
Si rialzò con fatica e scosse il capo per schiarirsi la vista. Giusto in tempo per evitare un altro assalto di Simon. Rotolò a terra, avvicinandosi involontariamente a Blake e alla banchina.
“Emily, che stai facendo?!”, la voce di Evan le esplose nella testa.
“Salvo la mia famiglia.”, fu la sua risposta mentre caricava il suo avversario, ora in forma di lupo.
I due licantropi si scontrarono con forza, azzannandosi ripetutamente. Dopo quelle che parvero ore si separarono, atterrando pesantemente al suolo. Sanguinavano entrambi, anche se Emily aveva un brutto squarcio sul fianco sinistro che metteva in evidenza il bianco delle costole.
Faticava a respirare e aveva della schiuma in bocca. “Mi si è perforato un polmone…”, realizzò, spaventata.
Come avrebbe potuto combattere ridotta così?
Simon sembrò capirlo perché emise un verso di gola e si avvicinò a Blake. Tenne gli occhi fissi in quelli della giovane e, quando fu sicuro di avere tutta la sua attenzione, afferrò il piccolo per la maglietta e lo gettò in acqua.
  
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