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Autore: Biszderdrix    17/07/2015    0 recensioni
Come possiamo sapere se siamo pronti per le sfide del mondo? Come possiamo sapere se saremo all'altezza di ogni nemico? Ma soprattutto... se fossi tu stesso il tuo nemico?
L'intera saga di Dragon Ball e degli eroi che tutti amiamo riscritta dalle origini del suo stesso universo, per intrecciarsi a quella di un giovane guerriero, che porta dentro sé un potere tanto grande quanto terribile, dai suoi esordi fino alle sfide con i più grandi nemici, e la sua continua lotta contro... sé stesso.
Se non vi piace, non fatevi alcun problema a muovere critiche: ogni recensione è gradita, e se avete critiche/consigli mi farebbe piacere leggerli, siate comunque educati nel farlo.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO TRENTOTTESIMO- ANDATA E RITORNO

4 anni dopo…

Il colpo mi raggiunse con forza: lo aveva preparato bene, avrebbe potuto danneggiarmi senza problemi. Ma nonostante ciò, riuscì comunque a pararlo con facilità.

«È questo tutto quello che sai fare?» gli dissi, provocandolo «Sai che non sei ancora riuscito a colpirmi? Coraggio!»

Lo guardai, mentre, in piedi davanti a me, riprendeva fiato, lievemente piegato sulle ginocchia. Avevo deciso di metterlo definitivamente alla prova, ed era già qualche ora che duellavamo. E nonostante non fosse ancora riuscito a colpirmi in alcun modo, ero più che soddisfatto dai risultati che mi stava mostrando: gli ultimi anni di allenamenti stavano mostrando i loro frutti.

Erano passati quattro anni da quando avevamo iniziato: rispetto a come fui allenato da mio padre, per mio figlio scelsi invece un approccio meno intenso, con allenamenti più brevi e meno frequenti.

«Papà, ne abbiamo ancora per molto?» mi chiese, apparentemente ripresosi.

«Finché non sentirò sul mio corpo qualcosa che potrò definire come “colpo”.  Avanti, Keiichi, so che puoi fare meglio di così!» gli dissi, cercando di spronarlo ancora una volta.

Allora si lanciò su di me a tutta velocità, cercando di colpirmi con una lunga serie di calci e pugni, per fermare i quali mi limitai al semplice uso delle braccia. Tra parate e schivate, anche a questo giro non riusciva proprio a colpirmi. Continuai a lasciarlo fare, vedendo quanto impegno ci stesse mettendo, finché non mi accorsi che stavamo raggiungendo gli alberi che circondavano la radura: lì sarebbe stato piuttosto difficoltoso per entrambi.

Decisi quindi di metterlo ulteriormente alla prova, e nel giro di pochi secondi mi ritrovai a levitare a diversi metri dal suolo. Dopo esser salito per qualche decina di metri ancora, volsi il mio sguardo verso il basso: lui mi osservava con gli occhi spalancati, perplesso, e in tutta risposta gli sogghignai.
Ed ecco che decollò anche lui, raggiungendo la mia stessa altitudine  in un battito d’occhio.

Non ci aveva messo molto ad imparare a volare, fu una delle prime cose che gli insegnai non appena ebbe imparato a padroneggiare il suo ki, e dopo un paio di giorni era diventata per lui una cosa quasi naturale: aveva una vera e propria predisposizione per queste cose, forse per come era cresciuto. In ogni caso, non faceva che rendermi enormemente orgoglioso.

Ma i pensieri paterni dovettero subito scemare quando mi accorsi che si stava avvicinando a tutta velocità. Mi accorsi proprio all’ultimo che si era piegato all’indietro, pronto a colpirmi al mento con la suola della sua scarpa.

Mi spostai all’ultimo istante, e riuscii ad evitarlo per un soffio.

Una volta superatomi anche con la testa, però, effettuò una rapida capriola area, e ancora una volta mi vidi costretto a fermare un suo calcio.

«Bravo! Così mi piace!» gli dissi, mentre provava nuovamente a colpirmi con diversi pugni. Al che rilasciai per un istante la mia aura, generando una piccola onda che lo allontanò via di qualche metro.

Con una rapida capriola, si rimise immediatamente in equilibrio, e mi guardò per qualche istante, piuttosto irritato: esattamente la reazione che mi aspettavo.
Si lanciò su di me come una furia, io ero già pronto per difendermi: ma quando arrivò a pochi metri di me, sparì improvvisamente, in un istante. Neanche il tempo di capire cosa fosse successo, che sentii un fortissimo colpo alla schiena, e vidi il terreno avvicinarsi improvvisamente.

Mi rimisi immediatamente in equilibrio, e atterrai dolcemente sull’erba: guardai quindi in alto, dove un finalmente sorridente Keiichi mi guardava con un’espressione soddisfatta.

«Bel colpo, figliolo!» gli dissi, carico d’orgoglio: aveva usato la mia stessa strategia di lotta, che non era esattamente una mia esclusiva, ma era comunque parte integrante del mio modo di lottare. E vedergliela applicare così bene mi rese decisamente orgoglioso.

«Ok, voi due, per oggi può bastare! Dobbiamo andare a prepararci!» disse improvvisamente una voce da dietro gli alberi, anticipando l’arrivo di una corta chioma di un rosso intenso.

«Ma mamma…» disse Keiichi, mentre atterrava.

«Niente “ma”, signorino, avete duellato per quasi due ore! E tra un’ora dobbiamo essere alla Capsule Corporation!»

«Uff…» sbuffò, al che lo raggiunsi e gli cinsi le spalle col mio braccio. «Tua madre ha ragione, non ci sono discussioni. Piuttosto, hai deciso se parteciperai anche tu?» gli chiesi.

Lui si fece improvvisamente pensieroso, ma non ci mise molto a rispondermi: «Non ancora, papà. Credo di essere migliorato molto, ma quest’anno sarà una competizione unica, e ancora non mi sento al livello di quelli che parteciperanno! Almeno, così la vedo io…» mi disse, apparendo comunque piuttosto deluso.

«Beh, saresti comunque tra i più forti in gara!»

«Lo so papà, ma il fatto è… che non devo dimostrare niente a quelli là. Oggi parteciperanno tutti i nostri amici saiyan, e sono tutti decisamente più esperti e preparati di me, compresa Pan!» disse, lasciandomi in un misto tra sorpresa ed irritazione.

«Stai forse dubitando del mio modo di addestrarti?»

«NO! No papà… È solo che vorrei sentirmi realmente competitivo, perché possa giocarmela alla pari con tutti, e credo che mi ci vorrà ancora parecchio tempo. Me lo hai insegnato anche tu, che bisogna esssere comunque consapevoli dei propri limiti!»

A questa sua ultima affermazione, l’orgoglio che sentivo per mio figlio crebbe a dismisura. Lui mi sorrideva innocente, forse non rendendosi conto dell’incredibile saggezza che mi aveva dimostrato.

Mi limitai comunque a sorridergli e a scompigliargli affettuosamente i capelli scuri: «Hai fatto la tua scelta, e io non la contesterò: però sappi che, quantomeno, sei comunque più forte del campione del mondo in carica!»

Rise per un istante di gusto, mentre raggiungevamo Pamela al limitare della radura, e prendemmo tutti e tre il volo verso casa.

«Mamma, credi che zia Chichi potrebbe cucirmi un’altra di queste?» disse Keiichi, girandosi verso Pamela, mentre continuava a levitare nel cielo. Si riferiva alla tuta che indossava per gli allenamenti da qualche mese, bianca e rossa come la mia, che Chichi gli aveva cucito su misura per il suo compleanno.

«Basta che non mi tocchi chiedergli già di rammendarla… l’hai praticamente appena ricevuta!» gli rispose.

Sorrisi pensando ad una Chichi infuriata per aver già rovinato uno dei suoi capolavori.

«Ma no mamma! È solo che dopo un po’ puzza!»

Mi ritrovai così a ridere di gusto, mentre ormai sorvolavamo il centro di Pepper Town.

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«Come mai non vuoi partecipare?» domandò Trunks a Keiichi, seduto di fianco a lui. Vidi che le guance di mio figlio si erano leggermente arrossate: evidentemente la cosa lo metteva comunque in imbarazzo di fronte a quello che per lui era come un fratello maggiore.

Decisi quindi di intervenire: «Anch’io sono rimasto sorpreso, ma resta una scelta ponderata, e la cosa non può che farmi piacere. Ma puoi stare tranquillo, Trunks, che dalla prossima edizione avremo anche lui!»

Scompigliai un po’ i capelli di Keiichi, che tornò a sorridere beatamente. Eravamo seduti sui sedili posteriori dell’aereo dei Briefs, e stavamo tranquillamente chiacchierando del più e del meno mentre volavamo verso l’isola Papaya.

«Adesso però ho qualcosa da chiedere anch’io: è stata una scelta ponderata anche la tua?» mi chiese Vegeta, voltandosi dal sedile del passeggero «O semplicemente dopo tutti questi anni ti sei accorto di essere rimasto indietro rispetto a noi altri?»

Aveva sul volto il suo solito ghigno arrogante, al quale ero comunque abituato: anzi, questo suo atteggiamento mostrava solo quanto fosse ormai completamente a suo agio a stare in mezzo a noi altri. Non era il caso di farglielo notare, ma, per quanto mi riguardava, era diventato un terrestre a tutti gli effetti: di questo, forse, bisognava ringraziare Bra, che vidi in braccio a Pamela mentre osservava l’oceano fuori dal finestrino.

«No, Vegeta, non è per questo… pensa che in tutta la mia vita non ho mai partecipato ad un solo torneo Tenkaichi! Ma ormai, ho perso interesse nella competizione… mi basta ripensare alla faccia di Broly per essere soddisfatto di ciò che ho raggiunto!» dissi, sistemando la mia posizione sul sedile «O alla tua, quando ti salvai la pellaccia contro quel bestione, eh-eh…»

In tutta risposta, ricevetti un ringhio, che mi fece tornare indietro nel tempo quando mi divertivo a stuzzicarlo. Ma non potei non fermarmi un attimo a pensare alle mie ultime affermazioni.

Effettivamente, erano vere: quando avevo saputo di questo torneo, non avevo più provato quello stesso entusiasmo che sentivo anni fa. Il che mi parve strano, ma poi ebbi modo di rifletterci su, pensando che forse non era così necessario prendervi parte: la vidi molto meglio come una vetrina per i ragazzi, un modo per testarsi. Tra tutti, solo Keiichi aveva optato per farsi da parte, oltretutto all’ultimo.

«Più che altro sono curioso di vedere all’opera Pan! Ho saputo che Gohan e Videl le permettono di partecipare!» dissi, sviando la conversazione.

«Proprio così: ed è nettamente la più motivata di tutti, anche più di quel buono a nulla lì dietro!» disse ancora Vegeta, sogghignando, mentre Trunks sospirò.
«Forse è il caso vi prepariate, siamo quasi arrivati!» disse improvvisamente Bulma.

Atterrammo quindi sull’isola, che non vedevo ormai da diversi anni. Mentre scendevo dall’aereo, presi un lungo respiro, come se l’aria di quel posto fosse particolarmente diversa e particolare. E lo era, effettivamente.

«Dove saranno gli altri?» domandò Pamela, mettendo a terra Bra, che andò a prendere la madre per mano.

«Ehi! Laggiù c’è Goten! I Son devono essere là!» disse improvvisamente Trunks, e ci muovemmo immediatamente in quella direzione, per poi effettivamente incontrare la famiglia Son al gran completo: compreso un certo saiyan che ormai evitava di farsi vedere da parecchio tempo, nella sua nuova tuta azzurra.

«Ah, se mancavi anche questa volta avrei veramente iniziato a sospettare che ci odiassi tutti!» gli dissi, avvicinandomi per abbracciarlo, dopo così tanto tempo.

Lui si grattò, come la solito, il retro della sua testa, imbarazzato: «Beh, avete ragione, ma sai che non sono proprio un asso in queste cose, eh-eh…» disse, e potei vedere Chichi assumere un’espressione altrettanto imbarazzata.

A quel punto, ci incamminammo alla ricerca del resto della banda. Vidi Keiichi discutere con Goten e Trunks mentre camminavamo, mentre Pamela discuteva proprio con Chichi, indicando qualche volta mio figlio: probabilmente gli stava parlando della tuta, ma non mi interessò più di tanto.

«Allora, Pan, so che parteciperai al torneo!» dissi alla piccolina che camminava al fianco di Goku.

«Si! Combatterò con il nonno! E vincerò!» disse, mostrando un fervente entusiasmo.

«Ne sono certo, piccolina!» le risposi, massaggiandole la testa.

«Piuttosto, Keiichi non partecipa? Chichi mi aveva detto che lo stavi addestrando…» mi chiese improvvisamente Goku.

«No…» dissi sommessamente, voltandomi verso mio figlio, che sembrava comunque divertirsi un mondo «In quattro anni ha fatto comunque progressi spaventosi. Non lo so, è come se anche lui avesse qualcosa dentro, ma non riesco a percepire nulla. Eppure ha imparato a volare in due giorni, in quattro ha imparato la Tempesta Mortale, e più in là non mi sono spinto: ma credo che per imparare altre tecniche non gli ci vorrà molto tempo, e ha solo nove anni!»

«E quindi, come mai non partecipa?»

«Mi ha detto di non sentirsi pronto, che gli ci vuole ancora allenamento: il che è positivo, ma mi sarebbe piaciuto si mettesse alla prova… ma sono comunque felice che ragioni in questo modo, spero solo non gli ci voglia tutta la vita per potersi sentire “competitivo”» gli risposi, cercando di alleggerire l’atmosfera.

Ci accorgemmo quindi di aver trovato il resto del gruppo: c’erano tutti, ad esclusione di Reef e Tensing. Goku fu costretto a scusarsi anche con loro: aveva perso i contatti perfino con Crilin, quello che doveva essere il suo migliore amico. Dopo gli ultimi saluti, salutammo i partecipanti, che si recarono alla registrazione.

«Una domanda, gente: adesso, però, come lo troviamo posto? Gli spalti sono pieni!» disse Yamcha, spegnendo per un attimo gli entusiasmi di tutti, che si riaccesero quando, poco dopo, un addetto al torneo ci disse di seguirlo: a quanto pareva, mr. Satan era riuscito a procurarci dei posti.

Sarebbe stata una grande notizia, se quei posti non fossero stati proprio sul prato che circondava il ring, poco distanti dall’ingresso dei combattenti. Eravamo tutti piuttosto imbarazzati, mentre tutto il pubblico ci osservava, silenziosamente, cosa che non faceva che aumentare il nostro imbarazzo.

«Ok, ammetto che in molte occasioni mi piace stare al centro della scena, ma così è decisamente esagerato!» commentai sommessamente, facendo ridacchiare Yamcha al mio fianco.

«Ehi, voi! Chi vi credete di essere?!» disse improvvisamente una voce roca. Mi voltai, con tutti gli altri, per vedere un omone scavalcare gli spalti e avvicinarsi a noi.

«Vi conviene spostarvi, qui adesso ci sediamo noi!» disse, mentre lo osservavo: indossava un piccolo gilet di pelle, sproporzionato rispetto alle dimensioni del suo corpo, e dei pantaloni scuri, che terminavano in due grossi stivaloni di pelle. Portava i capelli raccolti in un codino in cima alla testa, come me qualche nano fa, prima di ritornare alla mia solita capigliatura: anche se poco professionale, secondo il mio capo, mi piacevano i capelli lisci piegati verso sinistra, che non avevo mai cambiato da quando Crilin me li tagliò anni fa alla Kame House. Ma questi pensieri furono immediatamente sovrastati dal disgusto nel vedere i suoi baffi, lunghi e apparentemente piuttosto sporchi.

«E perché dovremmo ubbidirti? Tu sai chi sono io?» gli disse Videl, piuttosto irritata.

«No, ma nemmeno tu sai chi sono io! Sono il fratello del prossimo campione del mondo, il grande Mo Kekko! E quelli sono i ragazzi della nostra banda.» disse, indicando un altro gruppo di omaccioni, ancora sugli spalti.

«Pff, lascialo perdere, è solo un altro spaccone.» intervenne improvvisamente Pamela, che con Keiichi si era seduta proprio vicino a Gohan e Videl. Io mi ero messo vicino Yamcha, proprio verso la fine della panca stessa.

«E tu che vuoi, rossa? Hai un viso familiare, potrei averti incontrata qualche sera in strada con la mia banda, allora so bene come farti stare zitta, ah!»

Non so chi avesse incontrato mai quel tizio, di certo non mia moglie: ma quel riferimento mi fece scattare qualcosa dentro, e per sua sfortuna, niente di positivo per lui. Su quella panca tutti, ad eccezione di pochi, avrebbero potuto aprire letteralmente in due questo spaccone, ma tra noi vigeva la regola del basso profilo.

Ma questo se l’era proprio cercata.

Mi alzai in piedi, sentendo subito Yamcha tirarmi la manica della camicia bianca. «Calma…» mi disse, mollando la presa.

«Tranquillo…» gli sussurrai, prima di voltarmi nuovamente verso l’omone «non gli farà troppo male.»

«E ora tu cosa vuoi?» mi disse, mantenendo sempre la sua aria di superiorità. Potevo vedere quanto, fisicamente, fosse nettamente più grosso di me: rovinargli l’esistenza sarebbe stato un gioco da ragazzi.

«Voglio solo che tu ripeta quello che hai appena detto a mia moglie.» gli dissi, ostentando molta rilassatezza. Notai dei commissari che lentamente si stavano avvicinando, che ricevettero però un segno da Videl stessa di rimanere al loro posto.

«Cerchi rogne per caso, moscerino? Comunque si, è una sgualdrina, e adesso ci lasciate questi posti a chi se li merita davvero.» mi rispose, mantenendo la sua solita aria sprezzante, dimostrandomi come non temesse qualsivoglia reazione da parte del sottoscritto.

«Oh, ok, è perfettamente chiaro, ma non ve li daremo. Un’intera banda di ragazzi come te rischierebbe di rompere queste panche!» gli dissi, prima di andare a tastare il legno dove prima ero seduto «Guarda, è legno pregiatissimo! Vi ritrovereste a dover pagare molto!»

«Forse non ti è chiaro con chi hai a che fare, moscerino: io non partecipo al torneo solo perché sono certo della vittoria di mio fratello!»

«Woah! Avete sentito ragazzi, abbiamo a che fare con un guerriero!» dissi, voltandomi verso gli altri, prendendolo evidentemente in giro.

«Spero che qualcuno dei tuoi amici conosca il numero dell’ospedale, perché quando avrò finito con te non sarai più nemmeno in grado di alzare un dito!» gridò, piuttosto irritato.

«Guarda, dovrei averlo segnato su un foglietto nel portafoglio, se aspetti un attimo che lo affido a qualcuno…» dissi, fingendo di frugare nella mia tasca posteriore, il che fece ridacchiare il resto della compagnia.

«ORA BASTA!» gridò, e fece per colpirmi con un pugno. Io lo ricevetti in pieno volto, ma non mi fece niente, come mi aspettavo. Rimasi fermo, le sue nocche contro la mia faccia: più che un pugno quello era stato come ricevere un pizzicotto.

«Hai già cominciato? No perché sono curioso di vederti all’opera!»

Provò a darmi altri pugni, ma il risultato fu sempre lo stesso. Alla fine gli venne il fiatone, e si fermò, guardandomi con aria stupita.

«Sei già stanco? Che delusione… Ma se vuoi posso insegnarti qualcosa che può tornarti utile: hai mai pensato di imparare a volare?»

Al che mi guardò con aria ancora più stupita. Io mi avvicinai ulteriormente a lui: «È facile, guarda, ti mostro come si fa…»

E lo colpii con un pugno al mento che lo scagliò in alto di diverse centinaia di metri, tanto che finì per sparire alla nostra vista. Mi limitai a guardare verso l’alto, così come tutti gli altri.

«Dieci… Nove… Otto… Sette…»

«Tesoro, non hai un pochino esag-» provò a interrompermi Pamela, ma la fermai, con un gesto della mano.

«Sei… Cinque… Quattro… Tre… Due…»

Il suo grido si rifece nuovamente forte mentre si avvicinava rapidamente al suolo, in una caduta perfettamente verticale.

«Uno…»

Dopo pochi istanti, quando mi accorsi che era proprio vicino a schiantarsi a terra, allungai il braccio e lo afferrai per la colletta del gilet, mentre continuava a gridare. Lo avevo fermato proprio a pochi centimetri dal suolo.

Quando smise di gridare, e si accorse di essere ancora vivo, impallidì e cominciò a tremare. Si voltò a guardarmi, e a quel punto i tremori divennero ancora più forti.
«Adesso fai il bravo bimbo, torna dai tuoi amici, e goditi il torneo dai posti che avevi. Siamo intesi?» gli sussurrai, mollando quindi la presa sul gilet. Appena il suo fondoschiena toccò terra, si rimise immediatamente in piedi e corse in fretta e furia verso gli spalti, dove la sua banda lo stava aspettando.

«Credo di aver stabilito un record!» dissi, compiaciuto.

«Quello del minor tempo in cui riuscire a far sentire ulteriormente in imbarazzo la propria consorte? Ti ha visto tutto lo stadio, cretino!» mi sgridò Pamela.

«E allora? Qualcuno si sarà divertito!» dissi, facendo l’occhiolino alla piccola Bra, che applaudiva.

«E meno male che questa situazione ti sembrava “esagerata”» commentò Yamcha, ridendo.

«In ogni caso, credo di poter riuscire a farci trovare degli altri posti, qui proprio non mi piace!» disse quindi Videl, alzandosi per recarsi dai commissari.

Alla fine riuscimmo a trovare dei posti più consoni: sopra l’ingresso dei combattenti, al fresco, con dei divanetti a disposizione. Decisi comunque di rimanere in piedi, mettendomi di fianco a Piccolo.

Quando fu il momento dei sorteggi, Vegeta diede immediatamente sfoggio delle sue qualità, spedendo un irritante combattente dai lunghi capelli lisci contro il divisorio che separava l’arena dalla sala d’attesa dei combattenti.

«Ehi, Pan sta estraendo il suo numero!» indicò Marron, proprio mentre Pan estraeva il numero uno dalla scatola. Non lessi con chi fu sorteggiata: aspettavo solo l’inizio dei giochi.

«Chi vuole una birra?» chiesi, mentre i sorteggi proseguivano. Non l’avessi mai fatto: Bulma, Gohan, Videl, Crilin, C18 e Yamcha risposero affermativamente.
«Ti aiuto io, pà!» mi disse Keiichi, che mi accompagnò verso il bar appena fuori la struttura.

Comprai anche una cola per Keiichi, come premio, e l’appoggiai sul piccolo vassoio che il barista ci aveva gentilmente lasciato. Salire le scale senza rovesciare nulla fu decisamente un’impresa.

«Sbrigati, papà, tocca già a Pan!» mi urlò Keiichi dalla cima delle scale, mettendomi ulteriore fretta. Arrivato miracolosamente in cima alle scale, era effettivamenete arrivato il turno di Pan, annunciata insieme ad un certo Mo Kekko.

«Oh, la cosa si fa piuttosto interessante…» dissi, raccogliendo i sogghigni di tutto il gruppo, perfino di Piccolo, nel vedere il fratello del gradasso di poco fa.

Ovviamente, non durò più di qualche secondo: Pan lo spedì contro il muro con un solo calcio ben diretto, per la nostra esultanza.

«Si vede che la propensione all’umiliazione è una cosa genetica.» commentò sarcastica C18, guardando lo sfidante di Pan portato via in barella.

«Oh, non chiamarla umiliazione: mi piace pensare di avergli dato una lezione di vita.» ribattei.

«Ok, dopo questa confermo che le tue battute non mi mancavano, così come il tuo esibizionismo.» commentò, freddo, il namecciano in piedi alle mie spalle.
«Ti voglio bene anch’io, Piccolo.»

Ovviamente sapevo che comunque non era serio, alla fine eravamo tutti amici lì dentro. C’era veramente un’atmosfera meravigliosa, e la birra che lentamente scendeva lungo la gola non faceva che migliorare queste situazione.

Fu quindi il momento di Goku, che affrontava un certo Ub. Vidi i contendenti avvicinarsi al ring, ed in quel momento ebbi di che sorprendermi: l’avversario di Goku non era che un ragazzino, vestito con qualche straccio, dalla pelle scura. Eppure, emanava un’aura veramente particolare.

«Piccolo…»

«Si, l’ho percepito anche io.» mi rispose, frettolosamente, come se fosse consapevole di altro.

«Anche voi, ragazzi? Allora non sono impazzito.» disse improvvisamente Crilin, aggregandosi.

«Di che diavolo state parlando?!» chiese improvvisamente Bulma.

«Ti senti esclusa?» dissi, sogghignando, ma prima che potessi spiegarle il perché, mi anticipò Gohan: «Quel ragazzino, Ub, ha un’aura piuttosto strana.»

«Beh, deve comunque vedersela con Goku, non credo che gli andrà comunque a finire bene!» ribatté l’azzurra, nell’ennesimo atto di fiducia nei confronti dell’amico di sempre.

«In ogni caso, sono veramente curioso di vederlo all’opera!» disse Yamcha, ponendo fine a tutti i discorsi, riassumendo il pensiero di tutti.
E, in effetti, fu veramente interessante: Ub dimostrò una forza veramente notevole mentre affrontava Goku, sembrava diventare più forte ad ogni scambio di colpi. Osservai con attenzione ogni suo movimento, e mi parve che il suo modo di combattere avesse qualcosa di familiare. Ma non ci feci troppo caso, anche perché, dopo uno scontro di veramente incredibile, per quelle che erano le prospettive con cui era iniziato.

«Impressionante!» commentò nuovamente Yamcha, mentre una forte esplosione faceva a pezzi il ring.

Vedemmo poi Goku levitare sopra ad un perplesso Ub: mentre tutti eravamo in attesa della conclusione del combattimento, sembrò invece mettersi a parlare pacatamente con il suo contendente.

«Cosa diavolo combina adesso quel disgraziato?!» sbraitò Chichi, nel momento in cui Goku si avvicinava alle finestre dalle quali osservavamo la scena.

Ed ecco, che la sua irritazione si trasformò in shock non appena Goku ci comunicò la sua decisione: voleva andare con Ub nella sua terra, per poterlo allenare e farlo diventare, un giorno, il nuovo protettore della Terra. Non avemmo neanche il tempo per controbattere, che se ne era già volato lontano, con Ub sulle spalle.
«Non cambierà mai…» commento Bulma, lo sguardo ancora rivolto verso il cielo.

Non fui l’unico che, a quel commento, smorzò un sorriso: in fondo, sapevamo com’era fatto Goku, e anche noi come lui eravamo guerrieri, la sua decisione aveva comunque un fine importante. Ma erano comunque comprensibili le reazioni decisamente irritata di Chichi: spero che manterrà la promessa di visitare spesso, almeno la moglie, giusto per essere sicuro di non incappare in eccessive sfuriate.

Guardavo ancora verso il cielo, quando mi accorsi che Keiichi si è sistemato al mio fianco.

«Papà… lo zio Goku tornerà mai?»

Come faccio a rispondergli? Si vede che la cosa lo ha decisamente scosso: mi limito a passargli una mano tra i capelli, per poi posarla sulla sua spalla.

«Non ti preoccupare, Keiichi. Dobbiamo solamente attendere.»

Mi accorsi che quella era non solo la risposta più corretta, ma anche l’unica possibile: quando si trattava di Goku l’unica, ma fondamentale certezza era che prima o poi sarebbe tornato. Nessuno è mai sicuro di quando, ma di certo lo farà, un giorno.

Con quest’ultimo pensiero, dò un ultimo sorso alla mia birra, stringendo a me Keiichi, con la consapevolezza che un bel presente non ci metterà mai completamente al sicuro dall’incertezza del futuro, e per questo dobbiamo sempre essere preparati.

E questo, Goku lo ha sempre saputo.
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5 anni dopo…

«Crilin, mi passeresti una birra, per cortesia?» dissi, togliendomi la sigaretta dalla bocca, voltando lo sguardo alla mia destra.

«Certo, amico!»

E detto ciò, l’ex monaco mise una mano nel frigorifero da campeggio che ci eravamo portati dietro, e mi passò una lattina gelata, che aprii immediatamente.

«Ahhhhh…» dissi, dopo aver dato un bel sorso «Adoro questo posto.»

«In effetti è veramente splendido! Come mai hai aspettato tutto questo tempo per portarci qua?» disse, alla mia sinistra, Bulma, anche lei sigaretta alla mano.

«Sono il primo che non veniva qua da un’eternità!» dissi, alzando le mani «Qui ho passato dei bei trascorsi con la famiglia… Eppure, l’ultima volta che sono venuto qua ero solamente un bambino.»

Al che fui colto da un’improvvisa tristezza, a ripensare a quei momenti della mia infanzia, quando ancora ero un bimbo innocente e schivo, desideroso di imparare a combattere come gli eroi del mondo idilliaco che sognava. Il tutto durò qualche istante, finché non fu proprio Bulma a rompere il silenzio che si era venuto a creare.

«Beh, a questo punto, il lago Shoen ci vedrà sicuramente più spesso! Questo posto è veramente magico!»

Non aveva torto: eravamo seduti, sulla ghiaiosa riva del lago, su tre sedie da campeggio, circondati da una foresta di pini. Nell’acqua incredibilmente limpida, gli altri membri delle nostre famiglie si divertivano con un pallone gonfiabile. Vedevo chiaramente i loro sorrisi dalle lenti scure dei miei occhiali da sole. C’erano tutti tranne Vegeta e Trunks, rimasti alla Capsule per motivi differenti: se uno si allenava, l’altro si preparava a prendere il posto della madre.

In quanto ai Son, beh, oltre all’assenza dello stesso Goku  si erano venuti a creare ulteriori impegni: la carriera accademica di Gohan proseguiva alla grande, ma lo occupava parecchio, così che sua moglie gli faceva da assistente. Pan, non da meno, oggi aveva il suo ultimo giorno di scuola.

Riguardo Chichi, si preoccupava di star dietro a Goten, che avevo visto trasformarsi da ragazzino innocente a donnaiolo incallito: non che lo biasimassi, sia chiaro, è normale per la sua età.

Ma d’altronde, nella nostra “famiglia”, quello di normalità era un concetto piuttosto ambiguo: e nemmeno vivere in pace per tutti questi anni aveva cambiato questa cosa.
«Oggi niente allenamento per Keiichi?» mi chiese Crilin. Prima però che potessi rispondergli, la voce squillante di mio figlio mi anticipò: «No, zio Crilin! Papà ha detto che oggi potevo prendermi una pausa! Ma se fosse per me, io oggi mi sarei anche allenato!»

Vidi che tutto il gruppetto era uscito dall’acqua e si stava avvicinando ed, iniziò così il rituale della mummificazione negli asciugamani: tranne che per Keiichi, che ancora si trovava nei pressi della riva.

«Allora, visto che sei così determinato, perché non fai vedere cosa sei riuscito ad imparare recentemente?» gli proposi. Appena però provò a muoversi verso il lago, fu interrotto da sua madre: «Eh no, adesso basta! Stare troppo in acqua non ti fa bene! Asciugati!»

Si avvolse quindi anche lui in un grande telo da spiaggia, asciugandosi per quanto possibile. Ma dopo appena cinque minuti, si levò il telo, che finì in faccia a Marron. «Stai attento, scemo!» gli gridò dietro.

«Scusami! Ehi zio, guarda qua!» disse, prima di iniziare a levitare sul lago. Incrementò improvvisamente la sua aura, e unì le mani. Quando le separò, formò un piccolo globo di energia, che rimase sospeso davanti a lui, finché non lo colpì con il braccio destro: «Cannone Doomsday!»

Appena dopo il suo grido, dal piccolo globo partì una gigantesca onda di energia, che andò a schiantarsi sul lago, sollevando un enorme quantitativo d’acqua. Quando fu tutto finito, si girò a prendersi gli applausi di tutti.

«Fai veramente grandi progressi.» commentò C18, che nonostante non tendesse a mostrare le sue emozioni, sembrava sinceramente impressionata.

«Grazie, zia! Mi ci è voluto un anno, ma papà ha avuto pazienza!» rispose Keiichi, ridisceso a terra.

«Quella che adesso perderò io se non ti decidi ad asciugarti per bene!» lo sgridò improvvisamente Pamela, riavvolgendolo nuovamente nel telo mare, cosa che lo fece sbuffare sonoramente.

Passò così qualche istante, nei quali, tra sbuffi e lamenti sommessi, Keiichi si sedette, avvolto nel grosso asciugamano, lasciandosi asciugare dal sole.

«Mamma, io ho fame!» disse Bra, volgendosi verso la madre. Che fu rapida ad estrarre una piccola capsula, dalla quale usci una grossa cassa, la cui interno si trovavano diverse cibarie. Mi presi un panino imbottito e incominciai a mangiare, rivolto verso il lago.

Dopo che tutti ebbero consumato il proprio pranzo, le ragazze optarono per fare una passeggiata in mezzo ai boschi, per digerire tranquillamente.

«Tesoro, mostragli il tempietto che c’è sulla collina poco più avanti! Quello è un bel posto!» le suggerì, voltandomi leggermente.

«Non hai tutti i torti! Tu non vieni, piuttosto?»

«No, non ne ho voglia. Preferisco stare qui seduto in riva al lago!»

«E tu, Crilin?» disse improvvisamente C18, rivolgendosi al marito, ancora seduto al mio fianco.

«Io resto a fargli compagnia!» disse, ghignando, cosa che fece sbuffare la moglie.

«Pigroni…» commentò Bulma, prima che iniziassero a camminare in direzione della foresta. Quando poi sparirono definitivamente alla nostra vista, sprofondai nella poltroncina.

«Pigroni? Noi? Tsk! Io lo chiamo meritato riposo!» commentai, afferrando una lattina di birra «Con la vita che abbiamo fatto e che facciamo, figurati se nonci meritiamo un po’ di riposo!»

«L’hai detto, amico!» mi rispose Crilin, ancora con il suo solito ghigno ebete stampato sulla faccia.

Fu allora che iniziai a pensare, realmente, a quella che era stata la mia vita, e la presenza di Crilin al mio fianco contribuiva. Anni e anni passati ad addestrarmi, quando nelle idee del mio vecchio io non sarei nemmeno dovuto diventare un combattente. E invece mi guardo ora, come uno dei più forti guerrieri in circolazione, un demone sigillato nel mio corpo, e mi meraviglio del ribaltamento che ha subito.

E mentre osservavo l’azzurro chiarissimo della volta celeste, non potei non ritrovarmi a pensare a quali saranno i suoi sviluppi.

«Come passa il tempo, eh? Mi sembra ieri quando iniziasti il tuo addestramento alla Kame House!» mi disse, aprendo una lattina a sua volta.

«Puoi dirlo forte. Già per me era dura vederti con i capelli, ora che sono grigi che dovrei dire?»

«Vuoi mettere con il ricordarti ancora bambino, timido e impacciato, per poi vederti mettere su una famiglia e diventare uno dei guerrieri più forti di questo universo? Scusa ma è piuttosto scombussolante a pensarci!»

Ci scambiammo uno sguardo d’intesa, e improvvisammo un brindisi facendo cozzare le nostre lattine: dopo di che tornammo a contemplare il lago, silenziosamente.

«Un ultima cosa, già che siamo qua e ho finito la mia quarta lattina di birra» mi disse, improvvisamente «Quando ti trasformi, normalmente, ti viene la pelle grigia e i tuoi occhi diventano gialli e simili a quelli di una lucertola; Doomshiku, invece, è blu scuro e ha gli occhi rossi. Qual è il nesso?»

Lo guardai, sorpreso, e credo che anche con gli occhiali da sole addosso la mia espressione fosse inequivocabile.

«Sinceramente? Non me n’è mai importato più di tanto.» dissi, quasi irritato, però in un attimo l’alcol fece sentire i suoi effetti anche su di me: «Però hai ragione, è strano. Decisamente strano.»

Improvvisamente, i sassolini che formavano la spiaggia del lago iniziarono a fare un gran casino, come se qualcuno ci stesse correndo sopra. Non feci nemmeno in tempo a voltarmi, che mi ritrovai Pamela praticamente addosso, la mano sinistra teneva in mano il cellulare, la destra posata sulla mia spalla.

«Tesoro, tu hai vissuto per più di anno al palazzo del Supremo, vero?» mi disse, frettolosamente. Potei vedere che era parecchio agitata, ma non potevo ancora capire il motivo.

«S-Si… perché?»

«Hai mai sentito delle sfere del drago dalla stella nera?»

A quel punto rimasi di sasso: non tanto per l’improvvisa nuova domanda, tanto per il fatto che non avessi mai sentito nominare tali oggetti.

«N-No… Ma come mai tutte queste domande?»

Pamela sospirò, e io mi voltai verso il resto della compagnia che si era avventurata nei boschi, vedendo degli sguardi piuttosto preoccupati.

«Goku è tornato…» sentenziò Pamela, con un tono quasi affranto.

«Ma questa è una notizia grandiosa!» disse Crilin, saltando letteralmente in piedi. Anch’io come lui mi sentii sollevato, tanto che mi sollevai anch’io dalla poltroncina.

«Si, lo è… se non fosse che è stato trasformato in un bambino!»

Sgranai gli occhi, e mi voltai verso Crilin: nel notare che anche lui aveva assunto la mia stessa espressione di assoluto stupore, potei lasciarmi andare completamente.

«COSA?!»
   
 
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