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Autore: fly90    17/07/2015    8 recensioni
Sara ama fare jogging ma una mattina decide di prendere un percorso diverso dal solito...
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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BRACCATA.



Il suono acuto della sveglia interruppe il mio sonno facendomi scattare seduta sul letto.

Sembra assurdo come in un baleno giunga l'ora di alzarsi.

Stiracchiandomi e sbadigliando scalciai via le coperte e mi diressi verso il bagno dove mi buttai l'acqua gelida sul viso per svegliarmi del tutto.

Mi guardai a lungo allo specchio.

Avevo appena compiuto trent'anni da una settimana e già mi pareva di notare nuove rughe agli angoli degli occhi e della bocca.

Jeremy mi prendeva sempre in giro perché ero molto attenta al corpo, lo curavo, cercavo di mangiare cibi sani e di tenermi allenata nonostante la pigrizia.

Eppure, per quanto stessi attenta, scovavo sempre qualche difetto.

Lo sguardo mi scivolò sul post it appiccicato all'angolo dello specchio dove, con calligrafia minuta ed elegante, Jeremy aveva scritto alcuni mesi fa:

Sei bellissima Sara e io ti amo da morire. Ricordalo sempre.”

Un sorriso mi schiuse le labbra mentre pensavo al mio dolce fidanzato.

Erano ormai dieci anni che condividevamo tutto e non mi sarei potuta immaginare senza di lui.

Tornai in camera e mi levai la sua maglietta di dosso che usavo come pigiama e mi rivestii velocemente.

Presi al volo le scarpe da ginnastica e la bottiglietta dell'acqua e uscii per la mia consueta ora di jogging.

L'aria di inizio primavera era ancora piuttosto frizzante e mi sentii rinvigorita mentre raggiungevo il ritmo giusto.

Un pezzo rock partì a bomba attraverso le cuffie dandomi la carica.

Dopo una decina di minuti mi ritrovai a passare accanto alla stradina che portava nel bosco e che di solito non prendevo mai.

Jeremy mi aveva sempre sconsigliato di fare jogging nel bosco, sosteneva che potevo inciampare e slogarmi una caviglia.

Il solito pessimista catastrofico!

Eppure lo avevo sempre ascoltato perché, in fondo, avevo timore anche io di ritrovarmi sola in mezzo ad un bosco, magari ferita.

Nonostante tutto quella mattina decisi di prendere ugualmente quella strada.

Mi guardai intorno assaporando l'odore dolce della resina dei pini e lasciandomi avvolgere da quell'atmosfera calma e serena che regnava in quel luogo.

Sotto le scarpe gli aghi scricchiolavano creando un tappeto soffice.

Se non fosse che mi sarei fatta male mi sarei tolta le scarpe!

Chissà perché mi ero fatta convincere a non prendere mai questo percorso, era così rilassante!

Cambiai musica e misi qualcosa di più soft che si addicesse al momento.

La voce dolce di Elisa si diffuse e iniziai a canticchiare piano.

All'improvviso fui pervasa da un lieve senso di disagio.

Mi sentivo osservata, come se qualcuno mi spiasse.

Ma chi mai poteva spiarmi nel bel mezzo di un bosco alle sette di un lunedì mattina?

Assurdo!

Scuotendo il capo e dandomi della sciocca sollevai lo sguardo per incontrare il cielo che a sprazzi si intravedeva nel fitto fogliame.

Procedetti per un altra ventina di minuti ma la sensazione tornò a colpirmi più forte di prima.

Mi fermai riprendendo fiato e mi guardai intorno lentamente.

Il mio sguardo fu catturato da un ramo che ballonzolava ad una decina di mentri da me.

Non poteva essere il vento a farlo muovere perché ogni altro ramo era perfettamente immobile data l'assenza della minima bava d'aria.

Spensi l' i-pod e tolsi le cuffie continuando a fissare quel punto senza nemmeno battere le ciglia.

Un flebile rumore proveniva da dietro un cespuglio.

Deglutii rumorosamente e mossi qualche passo incerto davanti a me.

Il rumore continuava simile a dei passi.

Con il cuore che batteva all'impazzata arretrai spaventata.

Fu allora che chiunque fosse a produrre quel rumore decise di uscire allo scoperto e... mi ritrovai faccia a faccia con un piccolo scoiattolo che mi guardava curioso.

Rimase a fissarmi per un lungo minuto prima di raccogliere una ghianda da terra e scappare sull'albero più vicino in un lampo.

Asciugandomi il sudore dalla fronte mi misi a ridere di me stessa.

Ero proprio una fifona!

Respirai a pieni polmoni e ripresi la corsetta veloce sentendomi nuovamente serena e in pace col mondo.

I miracoli della natura!

Non mi accorsi che, appena dietro di me, un altro cespuglio si stava muovendo e una figura sinistra fece capolino seguendomi.

Più procedevo e più la sensazione di essere spiata si faceva insistente tanto che fui tentata di fare dietro front e tornare a casa.

Al minimo rumore tendevo le orecchie sempre più nervosa.

Il bosco sembrava essersi trasformato da paradiso a inferno, le ombre degli alberi parevano mani pronte a ghermirmi da ogni lato e il canto degli uccelli sembrava più un avvertimento che un canto.

Fu proprio mentre mi fermavo a bere che percepii il rumore di un ramo spezzato.

Mi voltai di scatto e stavolta colsi un ombra nascondersi dietro ad un pino.

Ora ne ero certa: qualcuno mi stava seguendo.

Pensai in preda all'ansia a quale opzione avevo.

O scappare o fare finta di nulla dando l'idea di non essersi accorti di niente.

Fu la seconda che scelsi.

Dopo aver ingoiato un altro sorso ripresi a muovermi un po' più velocemente del dovuto e subito sentìì che qualcosa si muoveva assieme a me tenendosi a distanza.

Il cuore prese a martellarmi nel petto mentre cercavo freneticamente con lo sguardo una via d'uscita.

Intorno a me solo alberi che sembravano non condurre da nessuna parte.

Purtroppo non potevo tornare indietro ma solo proseguire sperando cdi trovare un modo per uscire da quel bosco.

Il rumore di passi alle mie spalle si fece leggermente più forte o forse erano solo i miei sensi all'erta che lo coglievano con maggiore precisione.

Non resistetti e diedi una sbirciata da sopra alla spalla.

Dietro di me, ad una certa distanza, un uomo mi seguiva con passo svelto.

Si, era un uomo dalla corporatura massiccia.

In mano reggeva un coltello da cucina che pareva molto affilato.

Accelerai il passo mettendomi ben presto a correre.

Dovevo seminarlo ad ogni costo.

Col cuore che mi batteva all'impazzata ed il respiro spezzato mi lanciai in una corsa forsennata saltando tronchi caduti e inciampando nelle radici che spuntavano dal terreno.

L'uomo prese a correre dietro di me gridando come un animale.

Fermati stupida puttana!” la voce acuta mi trapanò i timpani e un brivido mi raggelò mentre acceleravo ulteriormente.

All'improvviso davanti a me notai una ripida discesa che procedeva per diversi metri al di sotto.

Non mi fermai a pensarci e mi catapultai in quella direzione inciampando e prendendo a rotolare sempre più velocemente verso il fondo.

Se avessi sbattuto la testa probabilmente sarei morta sul colpo.

La spalla sbatté violentemente su di una pietra strappandomi un grido di dolore mentre lo scricchiolio di ossa rotte mi pervase la mente.

Giunsi sul fondo con la schiena e la spalla doloranti.

Tenendomi la spalla mi rialzai a fatica e guardai freneticamente verso l'alto.

L'uomo mi guardava immobile dalla cima.

Il suo sguardo era quello di un folle, gli occhi iniettati di sangue e allucinati si vedevano chiaramente nonostante la lontananza.

Ora vengo a prenderti!” urlò prima di muovere i primi passi lungo la ripida discesa.

Urlando a mia volta presi di nuovo a correre ma ero vicina allo sfiancamento, ero ferita e il fianco mi pizzicava invocando di fermarmi, ero sfinita.

Nonostante questo non potevo fermarmi assolutamente.

L'uomo continuava ad urlarmi dietro avvicinandosi sempre di più.

Per quanto corressi non riuscivo a distanziarlo.

Mi fu così vicino che sentii la sua mano ghermirmi la maglietta.

Per fortuna era ancora abbastanza lontano e non riuscì a fermarmi.

Accelerai ancora ignorando il dolore ai muscoli e saltando un tronco che ci sbarrava la strada.

Sentii un tonfo alle mie spalle e, guardando dietro, vidi che l'uomo vi era inciampato cadendo sulla lama del coltello e procurandosi una profonda ferita al fianco.

Sollevata procedetti fino a raggiungere una parete di roccia.

Fu quasi per sbaglio che mi accorsi di una stretta fessura che sembrava procedere in una specie di caverna.

Mi ci infilai velocemente.

Speravo che l'ombra mi nascondesse e mi spinsi più in là possibile graffiandomi il ventre e la schiena.

Soffocai un gemito.

Sentii l'uomo avvicinarsi a passo sostenuto.

Si fermò di colpo penso per guardarsi attorno.

I passi si allontanarono lentamente.

Mi azzardai a muovermi solo quando non sentii più nulla ma non appena fui a qualche passo dalla fessura i passi tornarono indietro facendomi bloccare di colpo.

Trattenendo il respiro lo sentii avvicinarsi nuovamente al mio nascondiglio.

Chiusi gli occhi ormai sicura che mi avrebbe trovata.

Miracolosamente cambiò idea e prese a correre proseguendo.

Non osai muovermi per non so quanto tempo ma alla fine, non sentendolo tornare, mi decisi ad uscire allo scoperto.

Guardandomi intorno mi apprestai a procedere svelta tornando indietro.

Era l'unico modo per uscire da quel dannato inferno.

Misi la mano in tasca in cerca del cellulare senza però trovarlo.

O lo avevo perso nella corsa oppure lo avevo dimenticato a casa.

Cercai di correre ma ero sfinita, le gambe non rispondevano più ai comandi facendomi incespicare qua e là e facendomi cadere diverse volte.

Ehi puttanella! Ti ho vista, vieni qui a giocare!” la voce dell'uomo mi giunse nuovamente alle orecchie.

Dio no!” gemetti disperata.

Non sarei riuscita a scappare questa volta, ero troppo provata.

Rialzandomi a fatica procedetti incerta mentre l'uomo si avvicinava sempre più.

Bastò una sua spinta per farmi crollare a terra.

Mi girai sulla schiena per affrontarlo ma mi fu subito chiaro che non avrei potuto nulla contro quella massa di muscoli e follia pura.

Mi guardò ghignando e fece scorrere la lama fredda sul ventre nudo, la punta aguzza mi torturò la pelle prima di affondare superficialmente.

Un dolore lancinante mi strappò un grido e le lacrime presero a sgorgarmi dagli occhi.

Ti prego, lasciami stare. Farò tutto ciò che vuoi ma lasciami vivere ti prego!” lo implorai con voce rotta.

Per tutta risposta lui rise più forte e mi aprì un altra ferita sul viso.

Il sangue prese a scorrere riempiendo l'aria di un odore metallico che mi fece venire la nausea e fui costretta a reprimere un conato.

Il suo corpo schiacciava il mio impedendomi di muovermi.

Un altra ferita si aprì sul braccio e un altro urlo riempì l'aria.

Non so cosa mi diede la forza, forse la paura di morire, forse la disperazione, fatto sta che incredibilmente riuscii a colpirlo con un pugno facendolo sbilanciare quel tanto che bastava per far leva con le gambe scaraventandolo a terra.

Nella collutazione il coltello gli sfuggì di mano e io fui pronta ad afferrarlo.

Non ero mai stata una persona violenta e non avevo mai fatto del male nemmeno ad una mosca prima di allora ma l'odio verso quell'uomo mi fece diventare fredda e malvagia.

Con violenza affondai il coltello nella sua gamba lacerando la coscia per l'intera lunghezza.

Un fiotto di sangue prese a zampillare dalla ferita inondando il fogliame.

L'uomo urlò una serie di improperi e retrocesse trascinando la gamba cercando di bloccare l'emorragia.

Ma non mi bastava ancora, volevo vederlo soffrire, sentire il suo dolore e portarlo a invocare pietà.

Gli sferrai un calcio alla gamba ed uno al mento spaccandogli i denti che sputò a terra misti a sangue.

Il suono di una risata gutturale spaventò alcuni corvi che volarono via schiamazzando.

Solo in un secondo momento mi resi conto che la risata usciva dalla mia stessa gola.

Mi lanciai su di lui affondandogli nuovamente la lama nella carne aprendo un profondo squarcio nella pancia.

Dalla ferita si intravide un pezzo di intestino molle che fuoriusciva.

Non potevo più fermarmi e continuai ad aggredire l'uomo colpendolo dove capitava finché non mi trovai seduta sopra di lui.

Gli affondai la lama nell'occhio destro reprimendo un altra risata.

Poteva bastare.

Lentamente rotolai via da lui e rimasi a guardarlo finché non prese l'ultimo respiro agonizzante.

Lo spinsi con difficoltà nella fessura dove, con un po' di fortuna, nessuno l'avrebbe più trovato quindi gettai il coltello nel piccolo ruscello e mi lavai le mani e il viso.

A fatica mi diressi verso casa.

Il percorso fu lungo e difficile, sentivo la stanchezza opprimermi i muscoli ma procedetti stringendo i denti finché non mi ritrovai sulla strada principale.

Non ci volle molto prima che alcune persone si accorgessero di me sporca com'ero di sangue, sfinita e in preda allo schock.

Raccontai di essere stata aggredita da un uomo ma che ero miracolosamente riuscita a scappare.

Dell'uomo non sapevo nulla tanto meno dove fosse finito ed ero così fuori di me da non ricordare nemmeno come fosse realmente quest'uomo.

Dissero che probabilmente la mia mente aveva rimosso l'avvenimento, una sorta di difesa per non diventare pazza.

Il caso fu archiviato e l'uomo non venne mai ritrovato ma io da quel giorno non fui più la stessa persona.

In me risiedevano due persone: la Sara di sempre dolce e gentile e l'altra, l'assassina fredda e malvagia che era emersa dal profondo della mia anima e che, lo sapevo, non mi avrebbe lasciata mai più.


FINE


ANGOLINO DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti!

Da un po' mi frullava questa storia nella testa e stasera le mie mani l'hanno trasformata in parole e fantasia.

Spero vi sia piaciuta, non è proprio un horror ma diciamo che ce lo infilo comunque nel genere.

Un bacione da Fly90.








  
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