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Autore: kikka_67    17/07/2015    0 recensioni
Presumo che anche Amleto rimase “leggermente” stupito, allarmato o forse profondamente scioccato dinanzi al fantasma del padre defunto, ma in qualche modo riuscì a trovare la forza di sostenere quel breve soliloquio senza cadere in terra svenuto. Premetto che io spero che ci sia un luogo tranquillo dove gli animi possano riposarsi dopo aver lasciato il corpo alla fine della vita “terrena”, credo nella fortuna e nel destino, ma non credo alla magia che manipola il destreggiatore davanti al pubblico, così come non credo esistano i fantasmi. Una parte di me è totalmente paralizzata da un sacro santo terrore, mentre l’altra parte è assolutamente scettica. Come è possibile che una donnina così graziosa e delicata “incarnasse” uno spirito da più di centottanta anni!? Ok sto sognando! Eh eh eh eh si è così, sono dentro ad un sogno stranissimo e adesso mi risveglierò con il torcicollo dentro la mia macchina. Molto probabilmente mi sono fermato per riposarmi un po’ e mi sono addormentato. Forte di questa convinzione sorrisi benevolo, se è un sogno posso mostrarmi disponibile e magnanimo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Non mi  è  mai capitato di perdermi in mezzo ad una foresta,  si  beh non è  proprio una foresta, durante un violento temporale, questa volta non ho esagerato,   con  il cellulare inservibile e gli strumenti dell’auto fuori uso.  Luke è  rimasto in città per concludere finalmente l’accordo con  i legali della produzione che mi aveva ingaggiato come protagonista maschile  nel nuovo film di uno dei più ammirati  registi emergenti e io aveva avuto la bella idea di raggiungere, da solo,  la ridente contea dei laghi. Nulla di più facile a parole, le strade seguivano  i dolci pendii del terreno e forse, ripeto forse, un altro pilota un po’ più accorto non avrebbe sbagliato a svoltare nell’unico incrocio che aveva interrotto il mio percorso. 
Dopo aver viaggiato per più di un’ora senza incontrare alcuna segnalazione, avevo  deciso di ritornare indietro, ma sfortunatamente,  grazie anche  alla pioggia torrenziale che inondava le verdi vallate, non ero riuscito a riprendere la strada da cui ero  arrivato.    Il regista e alcuni dei   miei colleghi  erano partiti insieme qualche giorno prima, per visitare la location in cui i tecnici stavano  montando i vari  set. Aleandro era ansioso di mostrare ai suoi attori le imponenti scenografie e alcuni dei più mirabolanti effetti speciali che avrebbe  utilizzato durante le riprese. La felice prospettiva di farmi indicare l’itinerario giusto era naufragata  nel nulla a causa della totale  assenza di  connessione ad una qualsiasi  rete. Il mio cellulare sembrava isolato e il navigatore dell’auto totalmente inutilizzabile.

All’improvviso  noto,  sul ciglio della strada,    un cartello in legno  mezzo sbilenco  che  indicava   con una grande  scritta rossa  dipinta a mano l’accesso ad un B&B.  Senza esitare un secondo    girai  immediatamente  per seguire  la freccia e con un sospiro di sollievo al fondo di   un lungo viale alberato  intravvidi  una costruzione enorme.  Dopo aver  parcheggiato l’auto nel cortile di quella che sembrava una villa immensa probabilmente costruita nel primo ottocento, che  a dire la verità sotto quel diluvio assumeva un aspetto sinistro quasi minaccioso. Per un nano secondo mi vidi rientrare in macchina e fuggire lontano da questa strana casa.
Sembrava la location perfetta  per il thriller in cui avrei  interpretato il violento assassino che massacrava  una decina di persone nel giro di venti minuti di riprese. Un brivido a fior di pelle mi  percorse,  odiavo  i thriller violenti, ma  avevo accettato la parte conscio di  non poter  sprecare  l’occasione di lavorare con quel regista.  In realtà  quando avevo  letto la sceneggiatura ero  rimasto affascinato dalla storia.  Il libro da cui era tratto il film,  era stato pubblicato un anno dopo l’improvvisa scomparsa  dell’autrice. Joanne Smith era una giovane donna dai lineamenti delicati,  grandi occhi tristi  e lunghi capelli  neri. Aveva visto la sua foto sulla copertina del libro in biblioteca. Qualcosa mi aveva spinto a  comprarlo   e non ero stato in grado di abbandonarlo  finché non aveva voltato  l’ultima pagina. Le  parole meravigliose che ancora ricordavo, ispiravano sentimenti contrastanti,    tristezza, allegria, tenerezza e non per ultima,   la  più subdola, sleale e ingannatrice delle emozioni, che ti paralizza la mente e ti rende prigioniero senza  l’ausilio di catene, la paura.


Dopo aver percosso più volte con  un battocchio di ottone dalla curiosa forma  a spirale l’imponente portone di legno intagliato, il  dubbio di aver nuovamente sbagliato direzione  iniziò a tormentarmi.  Non vi era alcuna insegna e nessun’altra macchina parcheggiata  e dulcis in fundo nessuna luce accesa che potesse indicarmi l'effettiva presenza di qualcuno all’interno. Forse era la residenza estiva di qualche signorotto locale che l’aveva  abbandonata al degrado del tempo.  Con un sospiro rassegnato riaprii  l’ombrello e feci  per discendere le scale  ma un cigolio stridulo attirò la mia attenzione. Da un sottile spiraglio innegabilmente qualcuno mi  stava osservando con sospetto. 


- Ehm… buona sera. Mi spiace averla disturbata. Devo aver sbagliato strada, credevo di aver intravvisto l’indicazione per un albergo e… sono arrivato fin qui,  pensando di fermarmi per la notte.. –  mormoro spero cordialmente,  sono  stanco e non vedevo l’ora di fare una doccia e riposare .
- Sa,  mi sono perso e ormai sta imbrunendo ed io… non so proprio dove andare… - conclusi  scoraggiato, magari il  personaggio che mi  guardava era un turista e  non capiva la mia lingua, oppure molto semplicemente non voleva essere disturbato..
- Va bene, tolgo il disturbo, scusi se l’ho disturbata e buona.. –
- Thomas? – chiede una vocetta incerta indubbiamente femminile.
- Ehm… si , Thomas è il mio nome… ma magari non sono lo stesso che cerca lei.. – insinuo  ridacchiando brevemente.


Il portone viene aperto prontamente e dall’ombra emerge come una visione una giovane donna  vestita semplicemente con un grande scialle avvolto intorno alle spalle.  Mi venne   incontro sorridendomi apertamente e tendendomi entrambe le mani.  Rimasi  assolutamente basito dal quell’accoglienza così cordiale, ma non essendo una persona diffidente ricambiai  il sorriso leggermente perplesso. La mia memoria lavorava velocemente cercando di associare   quel viso ad un nome e magari anche solo  di individuare l’occasione in cui l’avevo  conosciuta, si perché ero  quasi  certo di averla già incontrata ma non mi ricordavo né dove né quando. Lo sguardo  affettuoso della donna mi affascinava  e nonostante mi rendessi   conto di   mostrare una ben misera prontezza di spirito, rimasi inerme ad ammirare  il  emozionato luccichio  con cui mi  contemplava.


- Finalmente sei arrivato! Paventavo che non riuscissi a  trovar la strada per raggiungermi. Sono così felice di vederti, hai fatto un  buon viaggio? – chiede stringendomi  le mani.
- Mi stava aspettando? Ehm…. evidentemente ci dev’essere un errore, signora. Io mi sono perso, sono arrivato fin qui per sbaglio e.. –
- No, Thomas non sei arrivato fin qui per errore. Vieni dentro,  sarai stanco.  Se vuoi ti mostro la stanza in cui potrai rinfrescarti e  davanti ad una tazza di tea parleremo un poco, vuoi?  -  mi disse invitandomi  con un gesto della mano a seguirla dentro la casa.


Non ero riuscito a riconoscere la strana sensazione che mi gravava sul petto fino a quando il pesante portone non si fu chiuso dietro alle mie spalle,  istintivamente sentivo che quella casa e  quella donna rappresentavano una minaccia per me  e il fatto di ritrovarmi  lì  dentro da solo senza che nessuno fosse a conoscenza dei miei spostamenti  non rappresentasse di certo la mia più brillante  idea.

L’ingresso della villa era immenso e mentre camminavo  intravvidi  volte altissime, dipinti  in ogni parete e un meraviglioso pavimento in marmo. La donna che mi  precedeva  aprì una  porta in legno massiccio e  facendosi da parte mi invitò ad entrare. La stanza si mostrava buia come il resto della casa ma nella penombra indovinai  le sagome di un grandioso letto a baldacchino circondato da  sontuose poltrone in velluto.

- Questa stanza è a tua disposizione, il bagno è oltre quella porta. Ti aspetto in cucina, devi perdonare la modesta ospitalità che posso offrirti, sono arrivata da poco ed è parecchio  tempo che questa casa è disabitata. –
- Non so come ringraziarla per   la sua cortesia.  Ma non vorrei mai turbare la sua tranquillità, partirò appena smette di piovere.  –
- Vedremo.. a tra poco. –

 

§§

 


Appena la porta si chiude mi fiondo sul cellulare, pregando che la connessione sia sufficiente per effettuare almeno una chiamata. Purtroppo il mio telefono è privo di vita, non provo neanche ad aprire il portatile, certo che anche quello risulterebbe inutile. L’interruttore della luce,  naturalmente,  non funziona ed è solo per un puro caso fortuito che riesco a trovare delle candele e un acciarino per accendere il fuoco.
Quindi con un candelabro in mano esploro  curioso quella stanza meravigliosa,  il  profumo delicato di quella donna   permane nell’aria .  Dei tessuti  preziosi   celano la testiera del letto che risulta essere intagliata finemente. Il copriletto e le fodere dei cuscini mi ricordano vagamente lo sfarzo di alcune   residenze  che ho  visitato  nel sud della Francia. Non colgo nessun rumore, questa casa è chiaramente disabitata.
Anche la cucina come la  stanza è magnifica, i solidi mobili in legno e le pentole in rame esposte appese al muro scintillano sotto il riverbero delle candele che illuminano dolcemente le mura. La donna si muove velocemente disponendo le tazze e i piattini sul vassoio e per un secondo i suoi gesti si bloccano quando si accorge della mia presenza. I lunghi capelli neri che le coprono quasi interamente la schiena ondeggiano indisciplinati mentre si gira verso di  me  sorridendo.

- Mi scusi non volevo spaventarla. Stavo ammirando i mobili e le decorazioni, sono veramente notevoli. E’ una costruzione dei primi dell’ottocento presumo. –
- Esattamente. Precisamente 1754, venne ultimata nel 1832 e da allora è la dimora principale dei  Conti di  Kenneth. La villa ha una storia entusiasmante ma  molto lunga ma  io purtroppo non ho più molto tempo. Ti chiedo perdono. Te la racconterò la prossima volta. Accomodati. –
- G-grazie, ma come le ho detto sono di passaggio e mi creda non vorrei sembrarle scortese, ma non credo   di conoscerla. – mormoro a disagio. Inizio a pensare che forse questa donna non abbia esattamente tutte le rotelle che le girano nel verso giusto. Forse è meglio che me la do a gambe prima che smetta di diluviare.
- A dire la verità neanche io ti ho riconosciuto subito, con quei  lunghi capelli neri,  non sembravi tu, ma poi ho intravvisto i tuoi occhi e mi sono detta, eccolo, finalmente è arrivato! So che potrà sembrarti strano, assurdo,   ciò che sto per dirti e vorrei che non tu non avessi paura, Tom non sono una  pazza. – mormora indovinando i miei timori.
- Non lo metto in dubbio, però cerchi di capire.. – replico un po’ preoccupato. Aspettando le sue prossime parole inizio a sudare freddo. Non ho paura … è la tensione!
- Il mio nome è Joanne, Joanne Kenneth. Ci siamo conosciuti a Londra nel 1822, ci siamo sposati due anni dopo e per dieci anni abbiamo vissuto in questa villa con i nostri figli,  fino al giorno in cui sono morta dando alla luce  la nostra  unica figlia, Julienne.  Io ero  l’ultima discendente dei Kenneth e il mio  ultimo discendente anzi la mia ultima  discendente, l’ultima dei  Kenneth è   scomparsa.  – 
- Vago tra queste mura da molti anni invisibile a chiunque tranne che a te. Thomas, ho bisogno del tuo aiuto. Devi aiutarmi a trovare la mia discendente solo così potrò finalmente trovare pace e dissolvermi. –

 

Io sono lo spirito di tuo padre, condannato a girivagare durante la notte, fino a quando i peccati del tempo della vita mortale non saranno  espiati…  *

 

Presumo che anche Amleto  rimase “leggermente” stupito, allarmato o forse   profondamente scioccato  dinanzi al fantasma del padre defunto, ma in qualche modo riuscì a trovare la forza di sostenere quel breve   soliloquio senza cadere in terra svenuto. Premetto che io spero che ci sia un luogo tranquillo  dove gli animi possano riposarsi dopo aver lasciato il corpo alla  fine  della  vita “terrena”, credo nella fortuna e nel destino,  ma  non credo alla magia che  manipola il destreggiatore  davanti al pubblico, così come  non credo esistano i fantasmi. Una parte di me è totalmente paralizzata da un sacro santo  terrore,  mentre l’altra parte è assolutamente scettica. Come è  possibile che una donnina così graziosa e delicata  “incarnasse”  uno spirito da più di centottanta  anni!? Ok sto sognando! Eh eh eh eh si è così, sono dentro ad un sogno stranissimo e adesso  mi  risveglierò con il torcicollo dentro la mia macchina.  Molto probabilmente mi sono fermato per riposarmi un po’ e mi sono addormentato.  Forte di questa convinzione sorrisi benevolo, se è un sogno posso mostrarmi disponibile e magnanimo.

- Ecco… non so proprio cosa dire, sono decisamente stupito e come può ben capire è difficile per me credere che lei sia un… - forse non è  stata una buona idea parlare perché all’improvviso una forte nausea mi stringe la gola. Gli occhi della donna mi fissano dolcemente, come se avesse previsto  una reazione del genere da parte mia.   
- Il fantasma di tua moglie? Si,  beh in realtà io ero la moglie del tuo quinquisavolo del tuo quinquisavolo, non devi aver paura non è mia intenzione farti del male. Ma sono convinta che se solo tu riesci a vedermi, sei  anche l’unico che può aiutarmi a trovare la mia discendente. –
- Signora Kenneth per quanto io comprenda i suoi patemi e condivida il suo dispiacere,  le assicuro che non saprei proprio  come aiutarla e comunque adesso…la  devo proprio lasciare, la ringrazio di nuovo  della gentile ospitalità. – mormoro con una tranquillità che sono ben lungi dal  provare, mi alzo e la lascio seduta in cucina davanti ad due  tazze  di tea che nessuno ha toccato.


Da quella strana sera sono passati parecchi giorni che si sono trasformati in altrettante  settimane ed io non sono  mai riuscito a dimenticare Joanne Kenneth….. né a liberarmene! La prima volta che mi apparve ero in compagnia di una mia…. amica a casa mia, quando  la vidi salutarmi sorridendo seduta sulla mia poltrona preferita,  inscenai un attacco isterico in piena regola e scappai di casa. Ma  ormai mi sono abituato ad averla vicino e so perfettamente che nessuno la può vedere tranne me e questo è un mio grande conforto.

 


• Cit. Amleto. W. Shakespeare.

 
  
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