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Autore: babastrell    18/07/2015    2 recensioni
[La Pimpa]
Vi siete mai chiesti perché Tito non partecipi quasi mai alle avventure della Pimpa, nonostante viva in casa sua?
Genere: Demenziale, Parodia, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Questa parodia è nata da un headcanon un po' trash che mi ero fatta su Tito quando ho rivisto per caso un episodio della Pimpa (con cui sono cresciuta) e ho notato che si comportava come un ragazzino strafottente e indifferente.

Non so realmente come giustificare questa storia, prendetela per quello che è: una scemenza.

Però ammetto che è stata molto divertente da scrivere. ^-^”””

 

 

UNA GIORNATA DA SOLO

 

«Dove andrai di bello oggi?» chiese Armando sorseggiando il suo latte.

La Pimpa tuffò il quarto biscotto nella tazza. «In Africa!» esclamò. «Vado a festeggiare il compleanno del mio amico Timoteo»

«E chi è questo Timoteo?»

«Il lemure. È un gran vanitoso, sta sempre a lisciarsi la coda» ridacchiò la cagnolina.

«Ma davvero?» disse Armando girando la pagina del giornale.

Tito sprofondò nella sedia. “Ma non ti accorgi che non ti crede? Il sarcasmo è palese” pensò roteando gli occhi. Sbirciò l'amica. “Forse se non passassi il tuo tempo a mangiare biscotti e ingrassare, potresti provare a diventare più sveglia”.

«E tu, Tito?» chiese Pimpa girandosi verso di lui.

Il cane blu si raddrizzò e afferrò la tazza del latte. «Qualcosa mi inventerò» borbottò evasivo, cercando di sembrare indifferente.

«Io vado» annunciò la cagnetta a pois agguantando svelta un altro paio di biscotti e abbandonando la cucina di gran carriera.

L'uomo al tavolo chiuse il giornale e si mise il cappello. «Farò meglio ad andare anche io» disse facendo un cenno di saluto a Tito.

«Finalmente!» esclamò il cagnolino sollevato appena sentì la porta chiudersi. Spinse via la tazza. «Schifoso latte. Sembra che non ci sia altro nella dieta di quei due».

Saltò giù dalla sedia e spalancò tutti gli sportelli e i cassetti. «Il vecchio cappello nasconde sempre meglio la sua scorta» brontolò.

Pescò dal fondo di una credenza una bottiglia di vetro piena a metà di liquido trasparente. «Eccola!» gioì.

La bottiglia lo squadrò. «Non sei un po' troppo piccolo per la vodka?» indagò.

«Pensa ai fatti tuoi» la zittì lui, svitando il tappo.

Prese una lunga sorsata e si incamminò con calma in bagno. Aprì il rubinetto dell'acqua si bagnò abbondantemente le braccia e le orecchie. Presto la ceramica si macchiò di tinta blu, mentre sul corpo di Tito apparivano numerose linee nere che componevano disegni bizzarri: una spessa ragnatela sul gomito, un cuore fiammeggiante sulla gola e la scritta “Gold Fish” sull'orecchio, proprio sopra ai buchi dei piercing. Prese una scatolina di plastica da cui estrasse quattro orecchini argentati che indossò senza indugio. Un altro anello lo fissò al naso e una pallina alla lingua. “Se la Pimpa o il vecchio cappello sapessero del mio vero aspetto, chissà come reagirebbero” si disse ghignando.

Fulminò con lo sguardo gli spazzolini e le bottiglie di shampoo che lo guardavano in silenzio. «Voi non mi avete visto, chiaro?». Drizzò un orecchio con aria minacciosa.

Gli oggetti arretrarono spaventati e annuirono con forza.

Tito tornò in camera per vestirsi. Si allacciò una bandana nera in testa e infilò una pistola nella cintura. «Si va in scena» gongolò mettendosi un paio di occhiali da sole e un pacchiano ciondolo dorato a forma di T.

Uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle e si addentrò nel boschetto dietro la casa. «Pilade!» chiamò quando giunse nella zona più fitta; i tronchi anneriti e spogli erano senza corteccia e vi erano incise frasi di vario genere. Il cane affondò le zampe nelle tasche della felpa e lesse qualche parola in attesa che Pilade si mostrasse.

Pina mi manchi.

Gesù ti osserva.

Colombino gay con Coniglietto.

Tu e io siamo un quore solo.

6 bellixima! Peccato che ti chiami Marcello...

La Gatta Rosita fa bocchini gratis.

Pimpa cagna in calore.

«Potessi schiantarmi al suolo se non è DoubleT!» esclamò una voce dal forte accento russo.

Tito mosse appena la testa verso il luogo da cui veniva. Dagli alberi sbucò un grosso ratto con una benda sull'occhio sinistro che zoppicò velocemente verso di lui.

«Hai trovato il tempo per vedere una povera pantegana lercia come me? Con tutte le pupe che ti ritrovi, pensavo che fossi fin troppo...»

«Risparmiatelo, Pilade» tagliò corto Tito rigirandosi l'anello di ferro al medio. «Il culo me lo lavo anche senza la tua lingua. Hai la mia roba?».

Il ratto sbiancò. «In realtà ho avuto qualche problema...».

Il cagnolino sogghignò sotto i baffi. «So essere comprensivo, lo sai. I problemi capitano» disse. «Però se il piccolo Tito non riceve la sua valigetta entro questa sera, il piccolo Tito non sarà in grado di ritirare la sua Camero». Mise la mano sulla pistola. «Purtroppo per te, il piccolo Tito ama la sua Camero».

Pilade si fece ancora più pallido e cadde in ginocchio ai suoi piedi. «Mi basta solo un altro giorno!» esclamò con la voce spezzata dalla paura. «Solo un altro giorno e avrai quella valigetta! Devo solo accordarmi con Abramo!».

Tito sbuffò annoiato. «Odio quando strisciate» incrociò le braccia al petto. «Io non ti ucciderò». Lo guardò accostarsi ancora di più al terreno per ringraziarlo, poi gli diede le spalle. «Lo faranno loro».

A quelle parole seguirono un urlo e numerosi spari. Il cane alzò una zampa per evitare che il sangue che si stava allargando sul terreno gli macchiasse la scarpa.

«Jizzy Boy» chiamò, per nulla scosso.

Uno scoiattolo grigio con un fucile legato sulla schiena gli si affiancò. «I miei protetti scandaglieranno la foresta, capo» spiegò.

«Non serve» lo chetò Tito. «Sappiamo dove si trova. Occupati di liberarti di Pilade, io vado a cercare Abramo»

«Abramo?»

«Non hai sentito quando quello schifoso l'ha nominato?».

Jizzy Boy annuì e sparì tra i rami nudi seguito dalla sua squadra di scoiattoli.

Tito lasciò la radura e si diresse verso lo stagno. Un grosso e vecchio rospo era stravaccato sulla riva fumandosi uno spinello accanto a due attraenti raganelle dai seni prosperosi.

«Mi rendi le cose troppo facili» mormorò Tito estraendo la pistola. Chiuse un occhio e prese bene la mira. Quando premette il grilletto, non si udì alcun rumore. «Non mi piacciono quelli che si prendono le mie cose» sussurrò il cane blu neutro.

Abramo non si accorse di quando il proiettile lo raggiunse; solo le due marchette videro chiaramente la sua testa che scoppiava e il sangue che schizzava sui loro corpi perfetti. In preda a grida isteriche, le due fuggirono. “Ora chiameranno la polizia” pensò Tito. “Ho tutto il tempo per ritrovare la valigia prima che arrivi qualcuno”.

Si affrettò verso lo stagno e prese a frugare nel canneto.

«Non troverai niente lì» lo informò una voce femminile.

Tito alzò lo sguardo: a parlare era stata una delle giovani raganelle. Il cane trasalì.

«Abramo tiene le cose importanti sul fondo dello stagno» disse lei, camminando tranquillamente sui resti del rospo. «Non sei un po' troppo piccolo per questa vita?» chiese alzando un sopracciglio.

Lui ghignò sotto i baffi. «Sono grande dove è importante».

La rana non si scompose. «Quindi vuoi quella valigia o no? Potrei andarla a prendere per te».

Tito la studiò sospettoso. «Tu cosa ci guadagni?»

«La gratitudine del capo di una banda? Sai com'è, una come me ha molti nemici» propose la raganella. «Andiamo, non hai molta scelta, da solo non riuscirai mai a raggiungere il fondo».

Il piccolo cane sorrise. «Mi hai messo in buca, sono colpito». Fece un cenno con la testa.

Lei si sistemò sul bordo dello stagno. «A proposito: il mio nome è Agata» disse prima di tuffarsi.

Mentre i minuti passavano, Tito sentiva uno strano nervosismo salire. Forse Agata lo aveva aggirato. Non aveva voglia di uccidere una ragazza così carina.

Finalmente la testa verde riemerse. «Sei ancora colpito?» esclamò la rana saltando sulla terra stringendo una piccola ventiquattr'ore nera tra le mani palmate.

Lui le tese la zampa per farsela restituire, ma lei gliela allontanò. «Perché dovrei darti una cosa che poi tu dovresti ridare a me?».

Tito sbarrò gli occhi. «Tu sei il mio contatto?».

Agata si limitò a sorridere con astuzia. «Non preoccuparti, non dirò alle alte sfere che non sei riuscito a prenderla da Pilade».

Prima che Tito potesse replicare, la raganella con un balzo sparì tra le canne. Il cane restò imbambolato a fissare il vuoto per un paio di secondi, prima di accorgersi che era ormai il tramonto e la Pimpa e Armando sarebbero tornati presto. Sbirciò il suo grosso orologio d'oro. «Se mi sbrigo riuscirò a rifare la tinta senza farmi scoprire».

Era quasi ora di cena. Tito, ripreso il suo aspetto innocuo, fissava le due strisce di polvere bianca sulla scrivania davanti a lui e pensava all'affascinante ranocchia che aveva incontrato quel giorno; Agata era riuscita in qualcosa che nessuno prima aveva saputo fare: l'aveva fatto fesso.

“È troppo in gamba per essere una tale gnocca”.

Il rumore della porta lo riportò alla realtà. Fulmineo, Tito afferrò una banconota arrotolata e la infilò in una narice, aspirando con forza la polvere farinosa.

«Tito! Dove sei?» chiamò la voce di Pimpa.

«Arrivo» rispose lui precipitandosi fuori dalla stanza.

A cena Pimpa era molto loquace, anche se Armando come al solito non le credeva. «Sapevi che i lemuri non vivono proprio in Africa?»

«Ah, no?»

«No. Vivono su un'isola che si chiama Madagascar». La Pimpa si voltò a guardare il piccolo amico blu. «Tu che cosa hai fatto oggi?».

Lui quasi sputò il suo pollo. «Una... passeggiata nel bosco» improvvisò cercando di non scoppiare a ridere.

 

 

Fine.

Spero che vi abbia fatto un po' sorridere. Non so, mi è venuto in mente questo “Thug Tito” e ho dovuto farci qualcosa...

In realtà non so se possa piacere, a me l'idea faceva ridere. :D

Fatemi sapere cosa ne pensate in una recensione, vi prego!

P.s. Quel “Gold Fish” che Tito ha tatuato sull'orecchio è ispirato al fatto che in un episodio Pimpa l'ha letteralmente vinto al tirassegno e lui era convinto di essere un pesciolino rosso. Questa cosa per qualche motivo mi è rimasta impressa O.O””

  
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