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Autore: Dragon gio    18/07/2015    1 recensioni
Una breve storia che narra di come Sai, dopo la grande 4 guerra, abbia compiuto un enorme sacrificio in nome dell'amicizia che lo lega a Naruto e Sakura. Il Team 7 come non lo avete mai letto, potrà mai nascere una sincera amicizia fra Sasuke e il suo "sostituto"? Questa fiction non tratterà di coppie e non tiene conto degli eventi canonici del manga.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sai, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Team 7
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Part 1
Salve bella gente! Ho deciso di iniziare a pubblicare tutte le fiction che ho sparso sui diversi forum che seguo, meglio tardi che mai insomma! XD Allora, questa mini long fiction di 5 capitoli risale a prima che il manga finisse, quindi non tiene conto della maggior parte degli eventi "canonici". Si svolge post 4 guerra ma Naruto e Sasuke non hanno super poteri power up, nè hanno perso un braccio a testa e Kakashi possiede ancora il suo Sharingan. Non tratterà di coppie questa fiction, ma anche se fosse sappiate che il NaruSaku regna per me, mentre tutto ciò che è canonico fa solo volume! XD

Questa storia la dedicai alla mia adorata Oduchan, ed ovviamente anche adesso che approda qui su EFP la dedica resta invariata. ♥

Buona lettura miei prodi, ricordate sempre che le recensioni sono nostre amiche e che pareri, critiche costruttive e quanto altro saranno sempre ben accetti!


Demons
[Look into my eyes... It's where my demons hide]

 

Part. 1#

 
 
Era la cosa giusta da fare.
 
Una semplice frase ripetuta più volte nonostante le ossa rotte, il sangue alla bocca e la paura di aver lasciato pezzi di se stesso in giro per la vallata.
Era la cosa giusta da fare. Sai lo aveva ripetuto fino a che le forze glielo avevano concesso, prima di essere trasportato d’urgenza all’ospedale di Konoha.
Quando Sakura se lo era trovato davanti, steso sul tavolo della sala operatoria era semplicemente irriconoscibile. Continuava a dirsi che quell’ammasso di carne sanguinolenta, con evidenti fratture scomposte alle gambe, non poteva essere Sai.
Trattenne il respiro quel tanto che bastava per rendersi conto purtroppo che l’angosciante visione era reale. Shizune e gli altri chirurghi le urlarono di non stare lì impalata, che il paziente era un codice rosso, di dare una mano perché ne avevano bisogno.
In un tripudio di sudore, paura e tanto sangue, Sakura aveva operato Sai, per cercare di salvargli la vita che ora era decisamente appesa ad un filo.
Non seppe quanto tempo passò lì dentro, quando finalmente spalancò le porte dalla sala operatoria tirò un sospiro di sollievo. Fissò per un momento l’orizzonte fuori dalla finestra e vide che si era fatta notte. Era provata, sia nel corpo che nello spirito, ma volle ugualmente seguire l’infermiera che condusse la barella con Sai nella stanza della terapia intensiva. Quando finalmente tutto fu sistemato, Sakura rimase in silenzio ad osservare. L’artista giaceva in quel letto, praticamente immobilizzato per via delle molteplici fratture alla gambe e alla braccia. La testa e parte del volto coperti di bende, non c’era porzione di pelle che non fosse tumefatta e livida.
 
La squadra Anbu che aveva condotto in ospedale Sai, disse che dopo aver seguito alcune tracce sospette erano giunti in fondo ad una scarpata ove l’artista, a malapena ancora in vita, era stato trovato coperto di sangue. Però, e questo Sakura non poteva ignorarlo, le ferite di Sai erano troppo gravi, lui era uno shinobi molto esperto nei combattimenti a lunga distanza, difficilmente avrebbe permesso ai suoi avversari di avvicinarsi così tanto da ridurlo in quello stato. Era strano, sembrava quasi che Sai non si fosse difeso, come se gli fosse stato impossibile o non avesse voluto, ma era difficile credere che se ne fosse stato fermo e buono mentre gli spaccavano le gambe. Odiava pensarlo, ma le sue ferite facevano pensare ad una tortura, tesi avvalorata da segni evidenti di bruciature e contusioni in via di guarigione. Torture prolungate di chissà quanti giorni, forse una settimana, che era giusto il tempo in cui Sai non si era fatto vivo al villaggio.
 
Lo sguardo limpido di Sakura si offuscò, non riusciva a concepire tanta crudeltà verso un essere umano. Si lasciò sfuggire un singhiozzo malcelato, pensando a quanto fosse triste e furiosa allo stesso tempo. Preoccupata, si chiese inoltre a come avrebbe reagito Naruto quando fosse venuto a conoscenza delle condizioni del compagno, temeva per la sua impulsività, anche se in questo frangente lo avrebbe compreso benissimo. Un rumore di passi la sorprese alle spalle, la voce delicata di Shizune accompagnata da uno sbuffo le disse “Vai a casa a riposarti Sakura, non c’è nient’altro che tu possa fare per lui…”
 
 
Come ci si aspettava, il giorno dopo tutto il team Kakashi venne convocato dall’Hokage, per essere messi al corrente delle condizioni di Sai.
Nessuna parola poté spiegare a fondo quanto gli era capitato, solo quando Naruto, Kakashi e Yamato se lo trovarono di fronte poterono comprendere. Yamato sussultò violentemente, facendo tremare i pugni, al suo fianco Kakashi, strinse sofferente l’unico occhio visibile, per poi chinare il capo come sconfitto da tale atroce visione. Infine Naruto, non riuscì a spiccicare parola. Stette immobile con gli occhi sgranati, la bocca semi spalancata, smossa unicamente da un ringhio silenzioso.
“Ci vorrà molto tempo… e tanta fisioterapia… ma pensiamo che Sai possa rimettersi in piedi…” La voce di Sakura era ridotta ad un sussurro, un flebile lamento che parve non venire nemmeno udito dai presenti.
“Chi è stato a ridurlo così?” Dopo un tempo interminabile, la voce di Naruto era come esplosa creando un eco sinistro nella stanza.
“Non lo sappiamo… non ancora…” Il capitano Yamato fece un passo indietro, dirigendosi verso la porta. Una mano si poggiò sulla maniglia, bloccandosi prima di aprirla. La voce mutò radicalmente divenendo bassa e gelida.
“Ma ho tutta l’intenzione di scoprirlo…”
“L’aiuterò anche io!”
“Pure io!”
Kakashi sbuffò, conosceva fin troppo bene i suoi ex allievi, così come il suo Kohai.
“Naruto, Sakura voi due vi occuperete di Sai… al resto ci penseremo io e Yamato!” replicò il copia ninja con tutta la calma possibile. Poté udire i ringhi di disappunto da parte dei più giovani.
“Non vogliamo essere esclusi, Kakashi sensei!”
“Naruto ha ragione!”
“Sporcarsi le mani con certa gente non è compito vostro!” affermò critico il sensei dai capelli argentati. Lo sguardo severo si puntò su Naruto e Sakura.
“Kakashi ha ragione, inoltre ora Sai ha bisogno che gli stiate accanto! Ricordate che siete le persone più importanti per lui…”
Bastò quella frase per sgonfiare ogni tentativo di rivolta, più nessuno fra i presenti osò replicare. In un tacito consenso, uscirono dalla camera, ognuno con una meta diversa. Ognuno immerso nei propri pensieri.
Ma più di ogni altra cosa, tutti si chiedevano se fosse il caso di avvisare anche Sasuke. Il nukenin da poco aveva ripreso a vivere a Konoha, sempre sotto strettissima sorveglianza da parte degli Anbu, confinato in un piccolo monolocale proprio accanto al palazzo degli Hokage. Raramente gli era concesso uscire o vedere altre persone, ordine tassativo di Tsunade tenere questo rigore per i primi sei mesi. Indi per cui, non poteva sapere nulla di quanto era accaduto all’altro membro del suo vecchio team sette.
 
 
L’ultimo degli Uchiha vagava insofferente fra il letto e la scrivania, stufo marcio di rileggere sempre i soliti quattro libri pidocchiosi. Sospirando sonoramente chiuse il libro sgualcito che aveva fra le mani, scostò delicatamente la sedia e si alzò in piedi. L’ultima volta che lo aveva fatto di scatto, senza pensarci quasi, si era ritrovato con la faccia spalmata contro il muro e un Kunai puntato alla schiena. Gli Anbu che lo controllavano giorno e notte erano cinque, e di certo non conoscevano le mezze misure.
Arrivato davanti alla porta del bagno, Sasuke inspirò, contrito dalla frustrazione e per niente felice di avvertire la solita presenza molesta alla sue spalle.
“Vi prego, per una volta potrei almeno pisciare senza avervi fra i piedi?”
“Sai benissimo che non possiamo permetterti di rimanere da solo, in nessun caso!”
Se solo non lo gli avessero tenuto costantemente il chakra sigillato, Sasuke avrebbe volentieri sparato il suo Chidori dritto nei coglioni di quel tipo. Solo perché il consiglio dei cinque Kage non si fidava ancora totalmente di lui, questo non voleva dire che potevano violare così spudoratamente la sua privacy. Erano passati già quattro mesi da quando era iniziata questa prigionia forzata. I mesi più lunghi della sua vita.
“Abbiamo visite…” affermò piatto lo stesso Anbu che aveva tampinato Sasuke fin davanti il gabinetto. Svanì in una nube di fumo e riapparve all’ingresso del monolocale.
Kakashi Hatake lo attendeva, lo sguardo greve e impassibile. L’Anbu, più giovane di lui, fece un profondo inchino invitandolo ad entrare.
Lui era uno fra i pochi “eletti” che aveva il permesso di incontrare il giovane Uchiha. Kakashi varcò la soglia, si tolse i sandali che posizionò all’ingresso e si diresse nella stanzetta, diciamo così, salotto.
“Yo, Sasuke! Ti trovo in forma anche oggi!”
Come risposta percepì un sommesso grugnito, ed un espressione altamente scocciata.
“Sempre di buon umore…”
“Perché? Dovrei forse fare i salti di gioia?”
“Attento a come parli, Uchiha!” Immediatamente attorno al ragazzo comparvero gli altri Anbu, pronti a fare da scudo per evitare che aggredisse Kakashi. Anche se era privato del suo chakra, era comunque un elemento pericoloso.
Sasuke schioccò un occhiata stizzita, e poi alzò le mani in segno di resa “Chiedo scusa, sensei… quale buon vento la porta qui?”
Il modo in cui falsava la voce era anche più orrendo di quanto non avrebbe mai pensato. Kakashi si disse tristemente che, per una volta, Sasuke aveva tutto il diritto di fare i capricci a quel modo. Simili arresti domiciliari avrebbero mandato fuori di testa anche una persona sana. Figuriamoci lui.
“Pensavo ti interessasse sapere che uno dei tuoi compagni, è rimasto ferito gravemente…” Kakashi non si lasciò sfuggire il cipiglio di sorpresa che percorse, fugace e silenzioso, il viso di Sasuke.
“Mh, scommetto che quell’idiota di Naruto se le è prese dal solito imbecille di turno!” sputò la sentenza senza remore, impegnandosi nello scandire il più possibile ogni singola parola. Ma l’espressione che gli rivolse il Jonin era tutta un programma.
“E’ una cosa seria, Sasuke…”
Si squadrarono male per un breve istante, quando poi l’Uchiha capì che avrebbe perso questa battaglia di occhiatacce, si lasciò andare ad  un sonoro sospiro. L’ennesimo di quella maledetta giornata che era iniziata già con il piede sbagliato.
“Mi racconti tutto…” mesto, andò a sedersi al piccolo tavolinetto che usufruiva come base per mangiare e leggere, invitando inoltre Kakashi a fare lo stesso. La sedia scricchiolò appena quando gli si sedette sopra, segno che doveva essere davvero vecchia e malandata. Come il resto della casa, composta da mobili scalcinati, mura che odoravano di muffa, tende spesse e polverose che adombravano l’unica finestra disponibile. Kakashi sorrise tristemente, era ovvio che nessuno al villaggio si sarebbe sforzato di rendere “piacevole” la prigionia a Sasuke. Troppo doveva a Konoha, troppo.
Kakashi si prese il suo tempo, spiegò di come Sai fosse sparito tutto un tratto la settimana scorsa, di quanto lo avessero cercato e di come infine fu stato ritrovato da una squadra Anbu di pattuglia.
“Mh…” fu la criptica affermazione di Sasuke, nulla di più, nulla di meno. Non che si aspettasse chissà che, in fondo Sasuke non aveva avuto modo di conoscere Sai al punto da preoccuparsi per lui sinceramente.
“In qualità di capitano del team, mi sono sentito in dovere di avvisarti!”
“Buffo, stavolta rischio di essere io il sostituto del team 7, vero sensei?”
“Tu non puoi nemmeno uscire di casa Sasuke, figuriamoci l’essere reintegrato nel mio team!” Puntualizzò con una certa rabbia quel mio team. Una risata malcelata sgorgava dalla gola di Sasuke.
“Se non faccio più parte del suo team, perché cavolo si è preso il disturbo di venire fin qui?!”
“Francamente Sasuke, se ancora non l’hai capito, allora Naruto e Sakura stanno davvero sprecando il loro tempo con te…”
Il modo in cui Sasuke sgranò gli occhi fu qualcosa di comico per Kakashi. Sembrava un bimbo a cui avevano appena detto che doveva fermarsi a scuola, oltre l’orario, perché in punizione per qualcosa che non aveva fatto. Si morse il labbro, nervoso, assottigliando lo sguardo come un felino pronto a ghermire la sua preda.
“Sono stanco di ripeterlo… non me ne frega un cazzo di cosa pensano quei due o il resto del villaggio, se lo metta in testa!”
Kakashi non gli diede corda, evitando bellamente di rispondere a quella provocazione spudorata. Si alzò, silente e elegante imboccando l’uscita dell’angusta abitazione.
“Se ci saranno novità, sarai informato…”
“Tsk! Come le pare!”
 
  
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