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Autore: Vicarious10    18/07/2015    5 recensioni
Otto anni fa, Sonic the Hedgehog, l'eroe più famoso del pianeta, sconfisse il dio Chaos a Station Square, impedendogli di distruggere Mobius e tutti i suoi abitanti. Quando la battaglia finì, Sonic era scomparso in un potente fascio di luce che ricoprì l'intera città. Sono passati otto anni da allora, ma i suoi amici, così come tutto il mondo, non hanno dimenticato il loro compagno di avventure. Mentre tutti si chiedono cosa sia successo al riccio più veloce del pianeta, un giornalista viene incaricato di scrivere un articolo su di lui per l'anniversario della sua scomparsa.
Un grande omaggio al più grande eroe di Mobius.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che voi ci crediate o meno, penso che i bar siano il posto migliore dove tu possa riflettere in pace. Potrà sembrarvi un cliché, ma sono il classico giornalista che, dopo il lavoro, raggiunge il suo bar di fiducia per pensare o per svagare la mente, dipende dai giorni. Per me è come una seconda casa che condividi con altre persone. Se poteste vedermi ora, mi trovereste seduto su un sgabello al bancone intento a giocherellare con un bicchiere di whiskey mezzo vuoto, l’ultimo della giornata.
Mi chiamo Francis the Cat, ma gli amici mi chiamano Funky.
Lavoro per il New Frontier, uno dei giornali più importanti di Central City e tra i più conosciuti al mondo. Considerando che ho 24 anni, vi verrebbe da pensare che abbia fatto tanta strada per arrivare fin qui. Scommetto che vi state anche chiedendo il perché io sia così triste da chiudermi in un bar a bere fino a toccare il limite massimo. Vedete, io non sto bevendo per dimenticare.
In realtà sto festeggiando.
È cominciato tutto due mesi fa. Era una mattina identica a tutte le altre ed ero appena entrato nel mio ufficio con un tazza di caffè e una copia del giornale che da anni ci fa concorrenza. Dopo nemmeno cinque minuti passati a lavorare al computer, un mio collega mi avvisa che il direttore voleva vedermi.
Mi diede l’incarico della mia vita, quello che mi fece passare notti insonni per via del troppo entusiasmo. Si trattava del sogno di ogni giornalista: scrivere un articolo sul più grande eroe del pianeta.
-Com’è andata la giornata, Funky?- mi chiede il barista mentre pago il mio conto.
-Giornata piena- rispondo disinvolto.
Barcollo un po’, l’alcool comincia a farsi sentire. Esco dal locale e mi fermo un attimo per respirare l’aria fresca che il tramonto porta sempre con sé. È un momento mistico che in pochi riescono  a cogliere, forse perché la gente è troppo presa dai problemi del lavoro o della famiglia. Eppure, un solo sguardo a quel cielo rossastro aiuterebbe chiunque a prendere la vita con più leggerezza. Mi piace pensare che questa fosse la filosofia di Sonic the Hedgehog, l’eroe di cui dovrò scrivere nello speciale del mio giornale. Tra una settimana sarà l’anniversario della sua ultima grande impresa e, purtroppo, della sua scomparsa. Mi avviò per la fitta rete di strade che compone la grande metropoli e ripenso all’evento che sconvolse tutto il mondo. Accadde otto anni fa, proprio qui a Central City.
Il Dottor Eggman, nemesi storica del riccio blu più famoso del mondo, riuscì a prendere il controllo del Master Emerald per i suoi scopi, ma per su sfortuna le cose non andarono come aveva programmato. Lo smeraldo gigante evocò la bestia più imponente che questo pianeta avesse mai visto.
Gli echidna lo chiamano Chaos.
 Molti lo definiscono come un dio, ma per me era solo un orripilante creatura venuta dalla parte più remota dell’universo. Un orrore che avrebbe distrutto la nostra civiltà se non fosse stato per Sonic. Affiancato dai suoi fedeli amici, il riccio combatté fino alla fine per cacciare via quell’abominio dal nostro pianeta. Dovette ricorrere al potere dei Chaos Emeralds per riuscirci, ma ciò che accadde rimase impresso nella memoria di tutti. Un’enorme boato mise fine allo scontro, seguito poi da un’onda di luce che ricoprì tutta la città. Quando essa scomparve, non vi era più nessuna traccia di Chaos.
Non c’era più nessuna minaccia, così come non vi era più nessun Sonic.
Nessuna traccia, niente che facesse intuire cosa fosse accadute all’essere più veloce del pianeta. Così, seppur con enorme difficoltà, la vita riprese per tutti.
Compresi i suoi amici.
Ho passato gli ultimi due mesi a ricostruire tutti gli eventi, a mettere insieme i pezzi di quel complicatissimo puzzle che era la sua vita. La sua nascita, la scoperta dei poteri, il primo scontro/incontro con Eggman, le sue innumerevoli avventure.. cose che vanno ben oltre l’immaginazione di chiunque. Sono così assorto in questi pensieri da non essermi accorto di non aver preso la strada di casa. Forse a causa dell’alcool, alzo lo sguardo e mi accorgo di essere a Station Square, la piazza più grande e il cuore pulsante di questa città. Ci sono bambini mobiani e umani che giocano a rincorrersi mentre i loro genitori parlano tra di loro del più e del meno. Ci sono anche alcune coppiette sedute sulle panchine, in pace con loro e con se stessi. Infine ci sono io, che poso lo sguardo sul centro esatto del piazza.
Eccolo lì, il monumento edificato in memoria dell’eroe.
Una statua che lo raffigura come tutti se lo immaginano: fiero, forte, sprezzante verso il pericolo e, soprattutto, giovane. Ha lo sguardo rivolto verso l’orizzonte, rendendo quel tramonto ancora più suggestivo. È come se vedesse il futuro, una realtà migliore per tutti creata grazie all’enorme forza del suo cuore. Si eleva sopra un grande blocco di marmo ornato intorno da vari cespugli in fiore, curati e bellissimi come è giusto che sia. Mi siedo su una panchina isolata a fissare quella statua e, mentre mi massaggio la fronte come per riprendermi, tirò fuori dalla tasca della mia giacca a vento il mio secondo vizio.
Mi accendo una sigaretta con disinvoltura, un gesto quasi del tutto naturale per me. Agli occhi degli umani può sembrare strano vedere un mobiano essere schiavo dei loro stessi vizi, ma alla fine non c’è da meravigliarsi. Non c’è alcuna differenza tra noi e loro, a parte l’altezza e la pelliccia. Alla fine siamo tutti come una grande famiglia, con tanti fratelli e cugini che vivono accanto senza però accorgersene. Penso che anche questa sia stata una delle convinzioni di Sonic.
Per quanto riguarda il mio articolo, rimane un’ultima cosa da fare. Domani mattina dovrò partire presto, ma so che ne varrà la pena. So che chi incontrerò mi darà ciò di cui ho bisogno non solo per il mio lavoro, ma anche per la mia vita. D’altronde, chi può parlarmi di Sonic se non i suoi amici più stretti?
 
Non so cosa ne pensate voi, ma, per quanto mi riguarda, viaggiare in treno fa schifo.
Sono le 9 del mattino e ho ancora qualche postumo della sbornia di ieri sera, il ché rende il viaggio ancora più fastidioso. L’unica cosa decente è che il vagone in cui mi trovo e semi vuoto. C’è solo un gruppo di giovani turisti che parlano senza sosta delle loro mete indicandole su una cartina geografica. Normalmente, per affrontare un viaggio del genere sarei ricorso alla lettura di un buon libro o a tapparmi le orecchie con le cuffie per rifugiarmi nella musica, ma sono troppo eccitato per poterlo fare. Si, lo so che non sembra, ma sono un gatto che sa nascondere il proprio stato d’animo, fidatevi.
Perché sono così eccitato? Come vi avevo già detto, l’unico modo per capire davvero la vita di Sonic the Hedgehog è quello di parlare faccia a faccia con i suoi più grandi amici e confidenti. In pochi sono davvero reperibili e, per non avere troppe informazioni che, seppur utili, non sarei riuscito ad utilizzare per il mio articolo, ho deciso di restringere il campo a due persone. Bisogna tenere in conto anche che, alcuni di loro, sono totalmente fuori dalla mia portata. Ad esempio, Knuckels the Echidna, dopo gli eventi di otto anni fa, è tornato ad Angel Island per proteggere il Master Emerald. Nessuno ha più sue notizie allora, ma gira la voce che abbia finalmente trovato un’altra echidna ancora in vita e che, insieme, hanno messo su famiglia per vivere, ovviamente, “felici e contenti”. Un caso simile ma diverso è quello di Shadow the Hedgehog, la Forma di Vita Definitiva. Ho i brividi se penso ad un individuo così enigmatico da non lasciare più nessuna  informazione sulla sua vita. La gente pensa che sia morto durante una delle sue missioni per conto della G.U.N. ma in giro corre una voce decisamente più plausibile. Dopo la scomparsa di Sonic, il riccio nero sembra aver deciso di dare le dimissioni e lasciare il suo incarico da super-agente per conto dell’organizzazione governativa per intraprendere una strada solitaria. Alcuni sostengono che abbia aperto un organizzazione segreta con altri mobiani dotati di poteri, altri invece sostengono che, durante la notte, lo si può incontrare ai piedi della tomba di Maria Robotonik nel cimitero in cui è sepolta. Confermerete dunque che ci avrei messo troppo tempo per parlare con loro, quindi ho deciso di spostare la mi attenzione su due mobiani in particolare. La mia prima tappa è Radient Garden, una piccola cittadina tranquilla e innocua a 40 Km di distanza da Central City. Dalla tasca interna della mia giacca tiro fuori una foto dell’unica ragazza abbastanza vicina a Sonic da conoscere tutto su di lui. È una foto di quando lei aveva 18 o 19 anni, poco prima dello scontro finale del riccio blu. Per ore mi sono trovato ad osservarla, rimanendo colpito dalla sua bellezza e dal suo sorriso.
Amy Rose, la petulante ragazzina vestita di rosso e armata di un martello di gomma.
Il viaggio in treno è finito e, dopo aver preso un taxi, mi trovo di fronte alla sua attuale casa nel quartiere residenziale. È piuttosto colorata e con un giardino pulito ed ordinato, una totale gioia per gli occhi di un moderno architetto. Percorro il piccolo vialetto stando attento a non inciampare su qualche giocattolo lasciato per terra e, con il cuore in gola, suono il campanello della residenza.
-Chi è?- risponde una voce femminile al suo interno.
-Signora Rose, sono Francis, il giornalista del New Frontier con cui ha parlato al telefono qualche giorno fa. Disturbo?-
La porta si apre e, come mi aspettavo, rimango meravigliato da ciò che vedo.
La ragazzina nevrotica e ossessiva di cui avevo tanto sentito parlare ha lasciato il posto ad una giovane donna bella come nessun’altra. Ha i capelli lunghi sino alle spalle porta un vestito celeste ornato da qualche fiore bianco e una gonna del medesimo colore che arriva fino alle ginocchia. Mi sorride radiosa e con sincerità, come se aspettasse con ansia il mio arrivo.
-Prego, si  accomodi- mi dice con la sua voce dolce e melodiosa.
La sua casa e piccola, ma parecchio confortevole. Si vede che è stata una donna con buon gusto ad arredarla. Sui mobili del soggiorno ci sono tante foto che ritraggono momenti diversi della sua vita e altri oggetti ornamentali. Mi fa accomodare in soggiorno facendomi sedere sul divano mentre lei prepara il caffè. Mentre lei è in cucina, lascio andare la testa sullo schienale del divano e penso a quanto sia cambiata la vita di Amy Rose. Ha smesso di vivere avventure da anni per diventare un casalinga che si occupa della famiglia. Ora è sposata con un famoso avvocato del luogo e, a quante ne so, ha un figlio.
-La sua casa è davvero stupenda, signora Rose- le dico quando ritorna nel soggiorno.
-Grazie. Mantenerla in ordine è più difficile di quanto sembri, ma quando ho saputo del suo arrivo ho dovuto fare il diavolo a quattro per rimettere tutto a posto!- confessa mentre versa il caffè nelle rispettive tazze.
-Scusi per il disturbo, allora-
-Nessun disturbo. Non capita tutti i giorni di avere come ospite un giornalista del New Frontier- rispose Amy Rose sorridendo.
-La concorrenza ne sarebbe contenta, gliel’assicuro-
Quando la sento ridere di gusto a quella battuta capisco che il ghiaccio si è rotto.
-Se per lei va bene, possiamo cominciare- annunciai dopo aver finito di bere il mio caffè.
Lei fa un cenno con la testa mentre finisce di sorseggiare il suo.
Esito un secondo cercando di usare le parole giuste.
-Mi racconti di Sonic. Com’era il suo rapporto con lui?-
Mentre lascio che il mio registratore catturi la conversazione, Amy chiude gli occhi e sorrise quando la mia domanda scaturì in lei una moltitudine di ricordi.
-Ecco.. è difficile da spiegare. Eravamo amici, questo è sicuro, ma c’erano due tipi di momenti con lui: quelli in cui volevi abbracciarlo e quelli in cui volevi prenderlo a schiaffi. Era sfrontato, irresponsabile, non pensava mai alle conseguenze delle sue azioni e, soprattutto, prendeva tutto alla leggera. Farlo maturare era la cosa più difficile di tutti e posso assicurarle che ci ho provato almeno un milione di volte. Pensava solo a correre e a combattere, nient’altro. Poi, quando meno te l’aspettavi, Sonic era capace di essere più maturo di quello che sembrava. Era per questo che mi innamorai di lui, molto probabilmente..-
La conversazione continuò per almeno un mezz’ora. Lei mi racconto del loro primo incontro, quando Sonic la salvò dalle grinfie di Metal Sonic e del Dottor Eggman, di quando aiutarono Knuckels ha capire che fine avessero fatto tutte le echidne del pianeta e di tante altre avventure il cui racconto più dettagliato non renderebbe giustizia alle emozioni provate.
-In molti le avranno fatto questa domanda- cominciai io -Ma è essenziale per me sapere cosa accadde davvero da chi lo ha vissuto in prima fila: cosa successe a Station Square quella mattina di otto anni fa?-
Usai tutto il tatto possibile per paura di aprire un ferita nei ricordi della mia interlocutrice. Non ero lì per fare l’avvoltoio come la maggior parte dei miei colleghi. Ero lì per parlare con Amy Rose, non per opprimerla.
-Fu una mattina come tutte le altre- cominciò lei lasciandomi piacevolmente sorpreso -A quei tempi Sonic dormiva a casa di Tails e io, come d’abitudine, mi ero recata da loro per preparargli la colazione. Ero in cucina quando venimmo a sapere di cosa stava accadendo a Central City. Vedemmo Eggman sbraitare come un pazzo alla tv, minacciando tutto il mondo di fronte alle telecamere. Dietro di lui, il Master Emerald cominciò ad illuminarsi come mai prima di allora. Credo che, evidentemente, quell’oggetto così sacro era rimasto troppo a lungo fuori dal suo naturale equilibrio a Angel Island e, forse per punire chi riteneva indegno, liberò Chaos nella sua forma più potente. Ci dirigemmo lì all’istante, ma notai qualcosa di strano in Sonic. Di solito, in situazioni come quelle, il suo nervosismo veniva fuori come per tutti. Quella volta invece era tranquillo. Sembrava deciso come sempre, ma non dimostrava di avere la minima paura verso il nemico, un essere così potente come Chaos. Quando arrivammo a Station Square trovammo Knuckels già sul posto che cercava di tenere testa a quel mostro senza riuscirci. Poco dopo arrivarono Shadow, Rouge, Omega e quelli del Team Chaotix. Dopo non molto venimmo tutti sbaragliati dalla forza incontenibile di quel mostro, ma Sonic era l’unico ad avere la forza di rialzarsi dopo ogni colpo..-
-Cosa accade dopo?- chiesi quando venni catturato da quel racconto.
-Lo ricordo come se fosse ieri..- riprese lei -.. comparvero gli Smeraldi del Chaos intorno a lui. Si erano manifestati magicamente e circondarono il corpo di Sonic, permettendogli di raggiungere la forma necessaria per sconfiggere Chaos. Svenimmo quasi tutti quando la battaglia vera e propria cominciò. Quando riprendemmo conoscenza, un fascio di luce travolse tutta la città, noi compresi. In quel momento, nonostante non riuscissimo a vederlo.. sentimmo la voce di Sonic-
-Cosa vi disse?-
-Non riuscimmo a sentire le esatte parole che usò. Riuscimmo solo a capire che era tutto finito e che Chaos era stato sconfitto. L’energia che ci aveva invaso tutti scomparve e, sbalorditi, non trovammo più Sonic da nessuna parte. Era come se fosse scomparso dalla circolazione-
-Lei cosa crede che gli sia successo?-
Amy ci pensò un attimo prima di rispondere.
-Non ne sono sicura, ma credo che Sonic.. in qualche modo.. sapesse cosa sarebbe accaduto quel giorno, per questo era così pronto. Ancora oggi non riesco a spiegarmi il perché gli smeraldi apparvero accanto a lui, ma sono certa che la ragione per cui accadde era perché Sonic.. aveva qualcosa di speciale dentro di sé-
-In che senso?-
-Lui.. sembrava essere predestinato a quell’evento. Era come se tutto quello che fosse venuto prima gli fosse servito da allenamento per quella battaglia, in modo tale da poter vincere. Non so ora dove sia, magari è morto alla fine di quello scontro e si è sacrificato per noi, ma sono certa di una cosa.. in lui c’era qualcosa di molto più grande rispetto a quello che voleva far vedere, qualcosa di impossibile da comprendere-
Qualcosa di impossibile da comprendere
Quelle parole echeggiarono nella mia testa quando la mia intervista fu conclusa. Spensi il registratore e lo riposi nella mia giacca mentre Amy Rose, educata nei modi, si preparava per gli ultimi saluti.
-Spero di esserle stata utile- disse sistemandosi i capelli.
-Assolutamente. Grazie a lei per la sua disponibilità- risposi sorridendole.
Quando mi accompagnò all’uscita, sentimmo la porta aprirsi lentamente. In casa era appena entrato un piccolo riccio dagli aculei celesti. Senza accorgersene, il bambino si scontro contro di me e cadde a terra.
-Charlie!- esclamò Amy preoccupata.
-Non si preoccupi, signora- le dissi per tranquillizzarla.
Mi chinai verso il bambino e lo aiutai ad alzarsi. Sembrava spaventato, così gli sorrisi nel tentativo di sembrare amichevole.
-Dovresti stare più attento la prossima volta- commentai dandogli un leggero buffetto sulla spalla.
Fu solo in quel momento che me ne accorsi.
I suoi occhi, il suo volto e l’acconciatura dei suoi aculei.. non era la prima volta che lo avevo visto
-Charlie, questo è un giornalista venuto per intervistare la mamma. Perché non lo saluti?- disse Amy Rose mentre il mio volto assunse un’espressione sconvolta. Il bambino si limitò a fare un leggero cenno con la mano e, con evidente timidezza, si diresse verso la rampa di scale che portava al piano successivo della casa. Lo osservai andarsene silenziosamente e, quasi come un lampo, una sola verità comparve tra i miei pensieri.
Non poteva avere più di otto anni.
-Lei è un giornalista molto sveglio, Francis- disse Amy Rose dopo essersi accorta del mio stupore.
Mi guardava con una punta di preoccupazione che difficilmente riusciva a trattenere. Eppure sorrideva, perché aveva capito il motivo del mio stupore così evidente.
-Suo figlio è una bambino speciale- dissi guardandola negli occhi.
-È tutto suo padre- rispose la donna sorridendo.
Un altro pezzo si aggiunse per completare quel puzzle.
Il pezzo definitivo.
-Può stare tranquilla.. non lo dirò a nessuno- la rassicurai con sincerità.
Sapeva che non stavo mentendo e, per tutta risposta, si limitò a sorridermi.
-Buona fortuna per il suo articolo, Francis-
-Addio, Amy- dissi uscendo per sempre da quella casa.
Quando ripercorsi quel vialetto, sorrisi a causa del segreto che porterò per sempre con me e capii cosa Amy Rose intendesse davvero con i momenti in cui voleva abbracciarlo.
 
-Signor Francis, il signor Prower è pronto per riceverla- annunciò una donna quando entrò nella stanza d’attesa.
Questa volta il viaggio è stato più piacevole. Tre ore di aereo che passarono quasi subito, il ché ha dell’incredibile. Quando uscii dall’aeroporto di Metropolis, una lussuosissima limousine mi portò agli stabilimenti della Prower Enterprises, la sede lavorativa di uno dei più grandi geni del pianeta. Una volpe che, dopo gli eventi di otto anni fa, fece carriera grazie al suo genio per la meccanica e divenne uno dei mobiani più ricchi della società. Un filantropo il cui unico scopo era quello di aiutare gli altri grazie al suo intelletto e con la creazione di macchine alimentate a energia pulita e rinnovabile.
Si, Miles Prower ne aveva fatta di strada dopo la conclusione delle sue avventure.
L’ufficio che mi trovo d’avanti è enorme, pieno di fotografie appese ai muri che ritraevano la sua vita. I suoi riconoscimenti, le sue creazioni e tutto ciò che riguardava la sua più grande passione. C’è persino una foto che lo ritrae con il Presidente degli Stati Uniti, roba da non credere.
La fotografia più importante è però posta di fronte l’imponente scrivania in legno scuro. È una gigantografia della foto che ritrae la volpe con i suoi amici, Sonic compreso. Anche qui, i riccio blu è fiero e coraggioso come in tutte altre. Trovo la volpe indaffarata con alcuni documenti, ma quando sente i miei passi volge lo sguardo verso di me.
-Ah, ben arrivato Francis!- disse alzandosi dalla sua poltrona.
Ci salutiamo stringendoci la mano. Abbiamo la stessa età, ma lui ha in volto la stessa espressione di felicità come quando era bambino. Sprizza positività da tutti i pori, cosa che incute in me un certo senso di fiducia.
-Com’è andato il viaggio? Le piace la città?- mi chiese mentre ci accomodammo su due poltrone di fronte l’enorme vetrata che mostra la città dall’alto.
-Tutto bene, grazie. Metropolis è molto più bella di quanto ricordassi-
I miei occhi cadono poi su alcuni modellini di macchine posti sul tavolino di cristallo di fronte a noi.
-Questa non è una Ford Mustang?- chiesi indicando il modellino giallo posto di fronte a me.
-Si, esatto. È una delle mie macchine preferite. Sono sempre stato un’amante degli aerei, ma anche le auto hanno sempre esercitato un certo fascino su di me. Pensi che fu proprio Henry Ford, il fondatore della compagnia, a utilizzare la “catena di montaggio” per la prima volta nel campo  dell’industria automobilistica. Ogni operaio era addetto ad un solo compito, non dovevano fare altro che quello, rendendo il risultato più efficiente rispetto ai precedenti e semplificando la vita dei suoi stessi dipendenti-
-Scommetto che divennero più pigri nel lavoro-
A quel mio commento, la volpe rise di gusto, dimostrando apprezzamento per il mio carattere.
-Scusi, Francis. Quando comincio a parlare delle mie passioni non mi fermo più. Considerando che è anche il mio lavoro, immagini quanto è incasinata la mia vita sociale-
Questa volta il ghiaccio si ruppe dopo nemmeno cinque minuti che ero lì.
-Dunque, cosa vuole sapere?- mi chiese mettendosi comodo sulla poltrona.
Dopo aver acceso il registratore, l’intervista cominciò.
-Com’era il suo rapporto con Sonic?-
-Ah, è semplice. Era il mio miglior amico, ma credo che il termine più adatto per definirlo sia “fratello”. Non ho mai saputo chi fossero i miei veri genitori, mi abbandonarono quand’ero molto piccolo. Fu Sonic a prendersi cura di me e, insieme, vivemmo le avventure più belle che un bambino potesse mai desiderare. Era il mio mentore, ma in realtà l nostro rapporto era uno scambio reciproco. Lui mi insegnò a credere in me e a non avere paura del domani, mentre io, anche se inconsapevolmente, gli insegnai il peso delle responsabilità e il rispetto verso chi ci stava intorno. È sempre stato un tipo solare e vivace, ma dentro di lui c’è sempre stato qualcosa che lo portava a fare sempre del bene. Era libero, ma, allo stesso tempo, aveva il compito di proteggere i più deboli da chi rappresentava una minaccia, che fosse Eggman o chiunque altro-
L’intervista continuò e posi le stesse domande che avevo fatto a Amy Rose. Incredibilmente, le risposte combaciavano quasi alla perfezione. Quando chiesi cosa fosse successo otto anni fa a Station Square, la sua versione dei fatti fu quella di Amy. Arrivarono lì per fermare Chaos ma vennero sbaragliati tutti tranne Sonic. Poi, quando si svegliarono, una luce fortissima li investì e la voce di Sonic gli comunicò che era tutto finito e che non c’era niente di cui preoccuparsi. Vidi negli occhi della volpe una luce che per anni era rimasta spenta. Raccontò delle avventure più belle che avesse vissuto con la gioia di un bambino, come se tutto fosse accaduto ieri. Fu piacevole per me parlare con una persona del genere, un eroe la cui arma più forte era il suo cervello. Non gli importava dei soldi, il suo unico obbiettivo era quello di aiutare gli altri. Ogni anno donava in beneficenza somme enormi alle varie associazioni a scopo umanitario e, soprattutto, al grande orfanotrofio che aveva aperto fuori città. Un’immensa villa in campagna dove i bambini senza più i genitori venivano accuditi fino a quando non venivano adottati.
Fin da subito capii di star parlando con un grande eroe.
-Cosa crede che sia successo a Sonic?-
-Beh.. in tutti questi anni, mi sono posto questa domanda almeno un milione di volte. È stato difficile per tutti noi continuare a vivere senza la sua esperienza, senza le sue battute e senza il suo animo energico e inarrestabile. Ancora oggi ci sono momenti in cui mi manca più di ogni altra cosa, ma so che in realtà.. non ci ha mai abbandonato-
-Cosa intende dire?- chiesi incuriosito.
Miles Prower si alzò dalla poltrona e si diresse verso la vetrata di fronte a noi. Vi poggiò una mano sopra, come se stesse ripensando a tutto ciò che aveva vissuto.
-Io credo che lui sia ancora qui con noi. Ci protegge e ci guida ogni giorno, ne sono sicuro. So che sembra stupido da dire, ma sono fermamente convinto di questo. Rimarrà con noi per sempre e ci sarà ogni volta che verremo buttati giù. Ci tenderà la mano e ci aiuterà ad alzarci, come sempre-
Rimasi commosso da quelle parole.
La sensazione di vuoto che sentii in me fu enorme, ma non alla pari di quella che provava Miles Prower. Sorrisi e, come sempre, spensi il registratore e lo rimisi al suo posto nella mia giacca. La volpe si girò verso di me, sorridendo quando mi vide alzarmi dalla poltrona.
-Ha trovato quello che cercava, Francis?- chiese avvicinandosi.
-Si, signor Prower- dissi sorridendo spontaneamente -Grazie di tutto-
-No, Francis- cominciò la volpe -Grazie a te-
Ci stringemmo di nuovo la mano, sta volta in modo più solenne. Fu un gesto che servì a dimostrare tutto il mio rispetto e la mia ammirazione verso di lui e, stranamente, anche lui sembrava fare lo stesso.
-Abbia cura di lei, Francis- disse accompagnandomi alla porta.
Quando uscii dall’edificio, capii che la storia non avrebbe mai dimenticato Miles “Tails” Prower.
Un grande eroe.
 
Cosa successe dopo?
La settimana finì e, dopo aver passato gli ultimi giorni in casa a modificare, correggere e aggiungere altri dettagli, consegnai l’articolo al mio capo redattore. Alla fine, decisi di dargli un titolo semplice ma che avesse un grande effetto per chi lo pronunciasse.
Che fine ha fatto Sonic the Hedgehog?
 Alla vigilia dell’anniversario, il mio capo mi chiamò nel cuore della notte quando lo finì di leggere.
Hai scritto oro puro! mi disse entusiasta rompendomi i timpani e risvegliandomi dal sonno
Vincerai il Pulitzer! disse.
Risi a quell’idea, perché il premio più importante a cui un giornalista potesse mai arrivare non era il mio obiettivo. Se arriverà, ne sarò felice, se no, la vita continuerà a scorrere come sempre per me.
La mattina dell’anniversario, l’articolo fu pubblicato come inserto speciale del New Frontier e andò a ruba come se fosse qualcosa di davvero prezioso. Ci fu una parata che trasmisero in tv e da tutto il mondo giunsero notizie su come il mondo aveva deciso di ricordare Sonic quell’anno.
Avrebbe compiuto 28 anni quest’anno, se fosse ancora qui con noi.
-Non te lo chiedo nemmeno se oggi è stata una giornata piena, Funky- commentò il barista quando mi vide attaccato alla mia bottiglia di whiskey.
-Sai, Dave, questa volta ti avrei dato la mancia se me l’avessi chiesto-
Quando vedo che la giornata cominciava ad avviarsi verso la sera, mi rimetto in piedi e prendo i soldi per pagare da bere.
-Non ti permettere di pagare, gattaccio che non sei altro. Questa volta offre la casa!- esclamò Dave mentre mi vede tirare fuori il portafogli.
Ve l’avevo detto, in un bar ti puoi sentire davvero come se stessi a casa.
Quando credo che la giornata sia davvero finita, ecco che il destino prende una piega inaspettata. Esco dal bar a testa bassa e urto qualcuno, una donna. Faccio per chiedere scusa quando mi accorgo che quella donna è Amy Rose.
-Signora Rose! Mi scusi!- dissi mentre pensai all’incredulità di quell’incontro.
-Non si preoccupi- rispose tranquilla.
-Che ci fa lei qui?-
È vestita con un cappotto nero e porta una borsetta del medesimo colore da cui tira fuori qualcosa.
Una copia del New Frontier di quel giorno.
-Il suo capo mi ha detto che l’avrei trovata qui. Volevo ringraziarla per il suo articolo. È stato bellissimo, non mi aspettavo che sarebbe uscito così bene. Le faccio tutti i miei complimenti- disse mostrandomi uno dei suoi bellissimi sorrisi.
Rimasi sbalordito da quella scena. Mi aspettavo una lettera di ringraziamenti, ma non una visita vera e propria.
-È stato un dovere per me scriverlo, mi dispiace che lei abbia fatto tanta strada per venirmelo a dire di persona-
-Lei lo ha fatto per parlare con me, mi sembrava carino fare la stessa cosa per lei- rispose la donna -Le va di fare una passeggiata? Ho ancora un po’ di tempo prima di tornare a casa-
Accettai senza esitare.
Quella donna esercitava su di me un grande fascino e grande ammirazione. Passare un po’ di tempo con lei era il regalo più bello che potessero mai farmi.
Anche in questo caso il destino fece di nuovo una sorpresa, facendoci imboccare la strada verso la piazza centrale. Quando vi arrivammo, Amy Rose si bloccò un attimo nel vedere la statua che avevano eretto per il suo più grande amore.
-Era da molto che non venivo qui- disse con una punta di nostalgia.
-Sa, dopo il lavoro vengo sempre qui. Il tramonto rende questa piazza un luogo fuori dal tempo, un posto bellissimo- le rivelai osservando la statua come mio solito.
-Già..- confermò levando gli occhi verso il cielo.
Ci sedemmo su una panchina proprio di fronte alla statua di Sonic. Intorno a noi non c’era quasi nessuno, solo qualche passante assorto nei propri pensieri.
-Francis, posso farle una domanda?-
Quella richiesta, formulata in modo così semplice e sincero, attirò la mia curiosità.
-Certo-
-L’articolo che ha scritto.. o meglio, il modo in cui l’ha scritto, mi ha colpito veramente tanto. Le confesso che avevo gli occhi in lacrime quando finii di leggerlo. Credevo che si sarebbe limitato a raccontare la sua storia, ma lei lo ha fatto come se quegli eventi, tutto quello che accadde.. la riguardarono in prima persona. È come se lei fosse stato coinvolto quando Sonic scomparve.. com’è possibile?-
Era una domanda difficile quella, ma nei suoi occhi c’era qualcosa che mi spinse a non tirare fuori la solita scusa. Capii che era arrivato il mio momento di essere intervistato, così tirai fuori una sigaretta, distolsi lo sguardo dai suoi occhi e sorrisi, lasciandomi abbandonare ai ricordi.
-La scrittura è sempre stata la mia passione. Cominciai a leggere quand’ero molto piccolo, decisamente presto rispetto alla media. A sei anni mi stupii anch’io quando cominciai a scrivere i miei primi racconti. Per me le giornate passavano tra fumetti e libri, venendo travolto ogni volta da tutte quelle storie che si nascondevano dietro le copertine. Tutto quello che scrivevo partiva da quello e il mio unico lettore era anche il mio migliore amico: mio padre..-
Mi fermai un attimo, giusto il tempo di approfondire quei ricordi.
-Era un poliziotto. Un gatto forte e coraggioso, è così che amavo descriverlo quando me lo chiedevano. Stava fuori tutto il giorno, ma, quando tornava ogni sera, voleva sempre vedere cosa avevo scritto e se avevo fatto i miei compiti. Non per controllare se li avessi fatti o meno, ma per gioire di quanto fossi portato per lo scrivere. Ogni volta rimaneva davvero entusiasta dei miei racconti, ne parlava con tutti, soprattutto con i suoi colleghi. A volte lo sentivo parlare con mia madre riguardo il mio futuro. Voleva che facessi il giornalista e, da quel giorno, decisi che lo avrei reso fiero di me. È stato un padre molto presente che mi ha sempre insegnato il valore delle cose, la responsabilità e, soprattutto, il rispetto verso sé stessi e verso gli altri. Diceva che ero destinato a grandi cose e che sarei andato molto lontano-
Mi fermai di nuovo non appena arrivò il primo ricordo che ho di quanto dura fosse la vita. Esitai un attimo, ma trovai la forza per poterlo raccontare.
-Quando avevo 12 anni, presi il massimo dei voti ad uno dei testi più difficili della scuola. Quando mi consegnarono il risultato ero così felice che chiesi il permesso agli insegnanti per portarlo con me a casa per farlo vedere ai genitori. Quando uscii da lì, corsi a perdifiato fino a casa. Non ero mai stato così felice prima di allora, ma quando aprii la porta d’entrata.. mio padre non c’era. Quella mattina, mentre io ero a scuola a fare quel test, mio padre si era diretto con il suo collega in un supermercato dove qualcuno aveva attivato l’allarme antifurto. Mio padre entrò per primo e si trovò di fronte un ragazzino lupo di 15.. forse 16 anni. Teneva in mano una pistola che puntava contro tutti i presenti, stessi a terra e impauriti come mai prima di allora. Qualunque altro poliziotto avrebbe tirato fuori la sua pistola d’ordinanza e avrebbe urlato a quel ragazzo di lasciare l’arma e di tenere le mani in alto, ma mio padre vide in quel ragazzo qualcosa. Tremava, era pallido e aveva gli occhi lucidi.. mio padre comprese fin da subito che si trattava di un disperato senza famiglia che giocava a fare qualcosa che non era. Così mio padre cercò di parlargli, di rassicurarlo affinché nessuno si facesse male, perché quel lupo non era un cattivo, era solo un ragazzo che aveva perso la strada e che non riusciva a tornare indietro. Mi dissero che ce l’aveva quasi fatta.. ma il destino quella volta non giocò a favore di mio padre. Gli altri poliziotti entrarono di soprassalto nel supermercato, spaventando il lupo più di prima. A causa di tutto quel terrore, il ragazzo premette il grilletto.. in direzione di mio padre-
Di nuovo il silenzio.
Nemmeno Amy Rose osò dire qualcosa.
-Mi dissero che era stato un incidente, che mio padre era morto con onore mentre faceva il suo lavoro. In quel momento, quando mia madre e i colleghi di mio padre mi diedero quella notizia, strappai il test che avevo fatto mentre le lacrime bagnarono le miei guance. Capii che non c’era giustizia in questo mondo, che non ci fosse nulla che valesse davvero la pena di fare e che io, in realtà, ero solo un ingenuo.  Vivevo la mia vita tra i sogni, cosa che cominciai a detestare più di ogni altra cosa. Mi avevano portato via mio padre.. che senso aveva per me continuare ad essere uno studente modello? Così, cominciai a lasciarmi andare. Cominciai a frequentare dei ragazzi che vivevano per strada per motivi più futili dei miei. Diventai un perditempo che se ne fregava dei voti a scuola e di tutti i valori che gli adulti volevano insegnarmi. Mi rifugiai in un mondo fatto di graffiti, piccoli furti qualche atto vandalico di poco conto.. un mondo nascosto nel cuore della grande metropoli, l’unico posto dove mi sentivo al sicuro e dove stavo bene. Poi, arrivarono i miei 16 anni.. un giorno mia madre, venuta a sapere della mia sospensione a scuola, andò su tutte le furie. Mi disse che stavo gettando all’aria tutto quello che avevo costruito e che.. mio padre sarebbe stato molto deluso. Quelle parole bruciarono così tanto da convincermi che quello non era più il mio posto. Così scappai durante la notte e, non sapendo dove andare, mi rifugiai dentro la metropolitana, in una delle sezioni ancora in costruzione-
Chiusi gli occhi per un attimo e ripresi fiato.
-Quella mattina  di otto anni fa mi svegliai distrutto. Non sapevo dove andare e non avevo soldi, ero ridotto alla deriva.. non osai pensare di tornare a casa e di chiedere perdona perché lo trovai troppo umiliante, ma poi accadde qualcosa. Udii un enorme boato echeggiare per tutta la metropolitana. Poi un altro e un altro ancora.. in poco tempo capii che qualcosa stava accadendo in superficie. Così cominciai a correre come mai prima di allora. Uscii all’esterno e vidi una folla di persone scappare via da qualcosa che non avevo ancora visto. Non so perché.. ma qualcosa mi spinse a correre nella direzione opposta. Ancora oggi non riesco a spiegarlo, ma fu una forza più grande di me a trascinarmi fin lì. Sapevo solo che dovevo dirigermi a Station Square e basta.. ma quando arrivai lì, ciò che vidi mi lasciò pietrificato. Una creatura immensa e gelatinosa, un orrore cosmico venuto da chissà dove, stava distruggendo i palazzi come se fossero fatti di carta. Di fronte a lui, con uno sguardo deciso e con i pugni stretti, un riccio cominciò a lanciarsi contro quella bestia a tutta velocità. Lo riconobbi subito.. era Sonic the Hedgehog, ma era diverso dal solito. Tutto il suo corpo era colorato d’oro e i suoi aculei spiccavano verso l’alto. Dal suo copro partiva una luce quasi accecante ed emanava una forza pari a quella scaturita da un milione di soli che esplodono. Colpiva quel mostro con tutta la forza che aveva, scatenando dei boati così forti da stordire l’udito di chiunque. Io però rimasi lì a guardare quella scena a bocca aperta, per una ragione che in quel momento non riuscivo a capire. Venni investito dall’immensa forza di Sonic e, in quel momento, capii. Non avevo solo perso mio padre.. avevo perso me stesso. Avevo tradito tutto quello in cui credevo per vivere una vita vuota nella paura e senza alcun significato. Mi ritornarono in mente le parole che mio padre mi disse.. che ero destinato a diventar qualcosa di più. Nel frattempo lo scontro imperversava e, quando Sonic diede il colpo finale su Chaos, un enorme onda di luce investi tutta la città.. me e voi compresi. Quando mi risvegliai miracolosamente senza alcuna ferita, mi guardai intorno e scoprii che non vi era più nulla.. nessun mostro e nessun eroe.. solo io. Allora compresi tutto e scelsi l’adulto che sarei voluto diventare.  Sonic aveva sacrificato sé stesso per proteggere gli altri, così come mio padre lo aveva fatto per proteggere gli innocenti in quel supermercato. Decisi che avrei usato quel semplice donoo che avevo per rendere omaggio a quegli eroi. Mentre la città veniva ricostruita e il mondo tornava alla normalità, io tornai ad essere quello che ero destinato a diventare. Fu dura, ma due scene mi ritornavano sempre in mente quando avevo bisogno di trovare la forza per continuare a vivere. La prima era quella di mio padre quando mi disse che non avrebbe mai smesso di essere fiero di me.. la seconda era quella in cui Sonic rischiava la vita per salvare tutto il mondo. Per questo ho scritto quell’articolo.. per rendere fiero mio padre.. e per rendere omaggio al più grande eroe di Mobius..-
Il mio racconto era finito. Buttai a terra la sigaretta ormai finita e, titubante, mi voltai verso Amy Rose.
La trovai che mi guardava con occhi lucidi e, dopo un solo attimo, mi abbracciò così forte da togliermi il respiro. Quel gesto così improvviso mi lasciò esterrefatto, ma, a poco a poco, ricambiai quell’abbraccio con tutto l’affetto che avevo. Quel momento sembrò essere eterno, come se tutto il mondo si fosse bloccato nello stesso istante. In quel momento è come se io e Amy ci conoscessimo da anni, come se fossimo amici da tempi remoti. Quando tutto finisce, ci guardiamo negli occhi, stranamente felici come mai prima d’ora.
-È arrivato il momento di tornare a casa- disse lei
Ci alziamo entrambi e rimaniamo un attimo in silenzio.
-Saluta tuo figlio da parte mia, Amy-
-Lo farò, stanne certo- rispose facendomi l’occhiolino.
Eccolo, l’ultimo attimo prima dell’addio.
-Buona fortuna, Francis. Abbi cura di te-
-Anche tu, Amy. Grazie di tutto-
I saluti più sinceri di tutta la mia vita.
Sento una punta di rammarico quando la vedo andare via per la sua strada, quando esce definitivamente dalla mia vita. Forse un giorno ci incontreremo di nuovo, magari con occhi diversi, ma saremo sempre noi.
Mi rivolgo un ultimo volta verso la statua.
È maestosa come sempre e come sarebbe sempre stata.
-Grazie Sonic..- sussurrò poggiando una mano sul blocco di marmo sotto la scultura.
Sorrido e, come ogni eroe alla fine della propria storia, mi avvio verso il tramonto a passo leggero. Infilo le mani in tasca e lascio che il vento primaverile mi accarezzi in viso.
Proprio come Sonic, mi dirigo verso quello che è il domani insieme a tutti gli esseri viventi di questo pianeta, con la convinzione che un giorno, se si presentasse un’altra minaccia per il nostro pianeta, Sonic tornerà e ci salverà di nuovo perché, nonostante sia scomparso, lui è rimasto e rimarrà sempre con noi. Proprio come il sole che, nonostante il tramonto, tornerà a sorgere e ad illuminare la nostra vita.
Sulla strada verso il futuro, ti faccio questa promessa, Sonic.
Se puoi sentirmi, sappi che, ogni volta che mi ritroverò a guardare il sole sorgere, io penserò a te.
Alle vite che hai salvato.
E al mondo che ci hai donato.
  
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