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Autore: itsamikaelson    18/07/2015    1 recensioni
Breve one-shot ambientata nel 1822 a New Orleans, due anni dopo che Niklaus prende Marcel con sé.
"I dubbi che aveva iniziato a nutrire lo facevano sentire un ingrato nei confronti dell’uomo che due anni prima lo aveva salvato dalla schiavitù, che lo aveva accolto nella sua casa e trattato come suo pari, noncurante del colore della sua pelle."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Klaus, Marcel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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What are you?
New Orleans
1822


Marcel udì dei passi per le scale e, in preda all’ansia, strinse forte le ricche coperte del suo letto mentre mentalmente ripassava il discorso che aveva formulato nella sua testa per tutto il giorno.
Niklaus aprì la porta ed entrò nella sua stanza, ma nel medesimo istante in cui il ragazzino posò gli occhi sulla figura dell’uomo in piedi davanti alla porta, dimenticò ogni cosa.
« Elijah mi ha riferito che volevi vedermi. » disse, ricoprendo con ampie falcate la lunghezza della stanza fino ad accomodarsi accanto a lui, sul bordo del letto. Gli sorrise appena, in attesa.
Marcellus sentì all’improvviso la gola farsi secca e le parole davvero non avevano la benché minima intenzione di uscire dalle sue labbra. Tutto quello che avrebbe voluto dire a Niklaus era improvvisamente svanito nel nulla. Non che lo temesse, anzi, ma i dubbi che aveva iniziato a nutrire lo facevano sentire un ingrato nei confronti dell’uomo che due anni prima lo aveva salvato dalla schiavitù, che lo aveva accolto nella sua casa e trattato come suo pari, noncurante del colore della sua pelle.
All’inizio aveva pensato che fosse un angelo, una creatura celeste che il Signore gli aveva inviato, quando aveva alzato lo sguardo ed aveva incontrato i suoi occhi chiari e la sua mano tesa in modo rassicurante. Quei sospetti, per un attimo, avevano quasi trovato conferma quando Marcel si era intrufolato per sbaglio nella stanza di Niklaus mentre questi si cambiava d’abito: era stato solo per pochi istanti, ma il ragazzino aveva visto chiaramente la sua pelle perfetta, priva di segni di malattia o cicatrici, un incarnato che solo un essere perfetto poteva possedere.
E poi lo aveva visto arrabbiarsi e quella collera aveva distrutto le sue infantili convinzioni. Un angelo non poteva avere dentro sé così tanta ira e altrettanto odio. Silente e freddo come una serpe, il dubbio aveva iniziato ad impossessarsi di lui, penetrando nel profondo del suo cuore.
Marcel non poteva, non voleva neppure credere alla possibilità che Niklaus fosse un demone.
Le domande circa il suo benefattore, poi, finirono per sparire gradualmente.
Fino a quella mattina.
Erano state delle urla a svegliarlo, il rumore del vetro che si schianta e si infrange a terra. Aveva corso di soppiatto le scale e si era nascosto dietro al corrimano, osservando la scena. Non riuscì a vedere tanto se non la mano di Niklaus completamente insanguinata, di sicuro si era tagliato con il vetro; eppure, subito dopo essersi ripulito, la pelle della sua mano pareva intatta.
Marcel non aveva fatto altro che ripensare a quella vicenda per tutto il giorno. Ed aveva finalmente deciso che era ora di porre le sue domande e smetterla di tormentarsi con esse.
Non riuscì a spiccicare una sola parola. Quindi afferrò la mano sinistra di Niklaus, la voltò verso il palmo e ne osservò la superficie illesa. L’uomo, dal canto suo, pareva confuso.
« Stamattina vi siete tagliato con il vetro … i-io l’ho visto! E ora niente! Dov’è il taglio?! » chiese, non voleva suonare spaventato, ma la voce lo tradì.
Afferrò anche la mano destra dell’uomo, solo per esser certo, ed osservò anche il palmo di quest’ultima  liscio e senza l’ombra di un graffio. Niklaus sorrise e ritrasse le mani, ma Marcel capì che c’era qualcosa nel suo atteggiamento che dimostrava come non si stesse sbagliando con quei dubbi e quelle ipotesi, sebbene paressero improbabili.
« Suvvia, Marcellus, l’avrai semplicemente immaginato. » fu la sua risposta, vaga.
« No! Ho visto il sangue! E … e poi perché non mi avete mai detto quanti anni avete? »
Marcellus si rese conto di quanto stupida potesse suonare quella domanda, ma più Niklaus si sforzava di chiudere in fretta quella questione, più lui desiderava capirci di più e ormai era un fiume in piena di curiosità e conti che non tornavano.
« Ho ventitré anni. Sei contento adesso? Mettiti a dormire: è tardi. »
« È una bugia! Siete più vecchio, io lo so! Quando mi spiegate la storia neppure guardate i libri ed è come se quelle cose le aveste davvero vissute, anche se sono accadute secoli fa! »
Vide Niklaus emettere un sospiro, capendo immediatamente che stava perdendo la sua già minima pazienza, ma Marcellus non voleva arrendersi, non ora che era ad un passo dalla verità.
« Marcellus, ascolta. »
Niklaus aveva preso le sue mani e si era ritrovato incatenato ai suoi occhi azzurri, senza riuscire a distogliere lo sguardo da essi. Era come ammaliato, ipnotizzato da essi.
E in quel momento, ecco la verità: l’uomo che aveva davanti era davvero un demone.
« Non ricorderai questa conversazione e non nutrirai alcun sospetto nei miei confronti o in quelli della mia famiglia. Tutto ciò che ricorderai sarà che abbiamo chiacchierato e che poi ti sei addormentato. »
Così come era arrivata, la verità scivolò via da Marcel così come le mani di Niklaus dalle proprie. Vedendolo lì seduto sul proprio letto, sorrise e gli porse la domanda che l'aveva tormentato tutto il giorno e per la quale aveva scomodato Elijah affinché andasse a chiamare Niklaus:
« Domattina possiamo andare a fare due passi nel bosco? »
L’uomo non rispose, si limitò a sorridergli e dargli una pacca sulla spalla poco prima di lasciare la sua camera.

 L’indomani, quando Niklaus lo svegliò per la passeggiata, Marcel notò che aveva la mano sinistra fasciata.
« E quello cos’è? »
« Ieri mattina mi sono tagliato con i cocci di un bicchiere rotto. »
Il ragazzino si diede mentalmente dello stupido.
Era ovvio. Lui l’aveva visto.


   
 
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