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Autore: Arcadia_    19/07/2015    3 recensioni
Il preside si allontanò e così riuscii a guardare meglio il nuovo arrivato.
Portava un lungo trench marrone, un completo blu e un paio di Converse rosse. I capelli castani, non pettinati secondo una strana logica, sembravano quasi non interessare al proprietario. Il naso leggermente appuntito e le labbra sottili mi ricordarono la schermata di blocco del mio cellulare.
«Tennant! - esclamai battendo le mani - Sei identico a David Tennant quando ha interpretato il Dottore»
Il ragazzo mi guardò incuriosito, «Dottore chi?» mi chiese divertito.
[Long][10th Doctor][New Companions][Classic Who Reference]
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Doctor - 10, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A journey of a thousand miles 


Don't you see?
I'm the narrator and this is just the prologue.
 
Osservai la palestra dall'alto delle tribune, guardando prima questa, poi quell'altra coppia danzare sulle note di una vecchia canzone degli anni Settanta.
Il ballo di Natale, una tradizione troppo americana per i miei gusti.
Mi appoggiai alla ringhiera colorata, guardando il mio professore di storia ballare con quella di astronomia sulle note di Johnny Be Good. Erano davvero una strana coppia.
Mi riscossi dai miei pensieri e scesi alla postazione audio, dove il mio accompagnatore stava parlando con il dj della serata.
«Davide, io esco a prendere una boccata d'aria, vieni con me?» chiesi, indossando la giacca nera sopra il mio vestito verde.
«Arrivo tra un attimo» mi disse sorridendo.
Uscii nella fresca brezza serale e andai a sedermi su una delle panchine del giardino interno. Cercai nella mia borsa qualcosa su cui scrivere, dato che, sicuramente, Davide sarebbe rimasto a chiacchierare per almeno altri venti minuti. Tanto valeva tenersi occupati.
Iniziai a scrivere qualche frase, che mi era venuta in mente durante la serata, che avrei potuto inserire nel racconto che stavo scrivendo. La penna scorreva riga dopo riga e, quando voltai pagina, Davide si sedette accanto a me.
«Hai finito di cianciare con il tuo amico? - chiesi voltandomi - Oh, scusi preside» esclamai, ritrovandomi vicino il preside del liceo.
«Non c'è problema, Jade. - disse, sistemandosi la lunga sciarpa a righe attorno al collo - Non sei dentro alla festa, posso sapere il perché?»
Alzai le spalle, «Sono venuta sotto inganno. - ammisi - Pensavo di andare a teatro e invece sono qui»
«Sì, nemmeno a me entusiasma molto il ballo di Natale. - concordò il preside - Ma il comitato studentesco ha insistito così tanto che non ho potuto dire di no. Vuoi un dolcetto, cara?» chiese, porgendomi un sacchetto pieno di caramelle.
Ne presi una, «Grazie. - dissi, scartandola - Allora come mai è qui stasera?»
«Devo vedere un amico. - mi spiegò vago - Ma è in ritardo, come sempre»
«Quindi non è qui per farmi la ramanzina giornaliera? - chiesi, sollevata - Mi risparmia almeno il giorno prima delle vacanze?»
«Assolutamente no. - disse lui ridendo - Il mio amico viene appunto per te. Lo conoscerai al ritorno dalle vacanze, sempre se si degna di arrivare»
«È uno psichiatra?»
«Un dottore» disse, accennando un sorriso divertito.
«A quest'ora? - chiesi scettica, controllando l'ora sul cellulare - Un po' tardi, non trova?»
«Mi deve un favore. - si mise all'erta e guardò verso il primo piano del liceo, dove c'erano alcune luci accese - Maledizione! Arini, su! Andiamo!» esclamò correndo all'interno della scuola.
Lo seguii un po' malferma sui tacchi alti e, quando lo raggiunsi nel corridoio, mi lanciò un deodorante spray e una mazza da baseball.
«Non fare domande, colpisci e basta» mi ordinò, attaccando una delle tante donne delle pulizie che si aggiravano nei corridoi.
«Ma preside. - cercai di fermarlo - Stanno solo facendo il loro lavoro»
«Sì, di distruggermi la scuola!» specificò, colpendo in pieno stomaco una seconda donna.
La guardia medica chiudeva sempre un occhio, ma si sapeva in tutta la città che il preside del liceo scientifico Ecclesi avesse qualche problema mentale. Ricorderò per sempre il discorso che fece il primo giorno del mio primo anno di liceo: parlò delle università su Marte che ancora nel trentacinquesimo secolo erano sotto la sua riforma scolastica, di come sul pianeta Xboso era considerato il miglior professore di astronomia terrestre e, se non ricordavo male, aveva anche accennato a un dottorato che aveva preso nella galassia Bicinque Theta in astrofantasticherie e affini.
Il medico lasciava passare e, negli ultimi tre anni, dava la colpa a me, dato che quei discorsi erano sicuramente influenzati da qualche serie tv che il preside si era messo a guardare negli ultimi tempi, come Doctor Who e Torchwood, su mio consiglio.
Feci comunque come richiesto, anche perché una donna stava cercando di strangolarmi. Puntai il deodorante spray al viso e spruzzai, rendendola cieca per qualche secondo, giusto il tempo di scappare e aiutare il preside con tre donne.
«Ma cosa sono?» urlai sopra i colpi di mazza che stavamo dando a destra e manca.
«Donne vuote che non sanno organizzare un attentato come si deve. - mi rispose il preside, afferrando un estintore e spruzzandolo su altre donne, che continuavano ad affluire dalle scale antincendio nel corridoio - Dobbiamo andare nel mio ufficio!»
«E perché diavolo è venuto qui se sapeva che c'erano dei guai?»
«Perché è l'unico modo per far arrivare quell'idiota del mio amico!» esclamò, prendendomi per mano e correndo verso la segreteria.
Chiuse a chiave la porta del suo ufficio e mise una sedia come blocco alla maniglia. Sprofondò nella sua poltrona rossa e si tolse la giacca, lasciandola sul tavolo.
«Sta bene, preside?» chiesi, sedendomi al mio solito posto sul divano nero della stanza, dove rimanevo sdraiata la maggior parte delle volte che venivo convocata per il mio comportamento anomalo. Non era di certo colpa mia se i miei professori si sentivano accidentalmente male proprio prima di una verifica o nell'esatto momento in cui dovevano chiamare gli interrogati del giorno.
«Mai stato meglio. Questo non è niente in confronto ai Dalek dell'epoca elisabettiana!»
«Dalek?» chiesi perplessa, ma non ricevetti risposta.
La porta iniziò a vibrare, accompagnata da dei rumori sinistri provenienti dal corridoio della segreteria. Appoggiai un orecchio al muro e cercai di capire qualcosa, ma tutto quello che riuscii a tradurre al preside fu «Unisciti al Quinto Potere», il resto era un miscuglio di inglese, francese, giapponese e qualche lingua straniera a me sconosciuta.
«Il loro circuito di traduzione deve essere andato in tilt. - constatò il preside spingendo la scrivania contro la porta - Dottore, dove diavolo sei?»
Sentii qualcosa vibrare nella tasca della giacca. Estrassi il cellulare e vidi che Davide mi stava chiamando, ma non risposi. Era già strana la pazzia del preside, figuriamoci se facevo uscire di testa anche il mio accompagnatore!
«Preside, Doctor Who è solo una serie tv. - gli feci notare - Lui non verrà» aggiunsi, incerta delle mie stesse parole. Insomma, fuori dalla porta c'erano delle donne che volevano ucciderci, ovviamente non umane, e io negavo l'esistenza dell'ultimo Signore del Tempo.
Mamma aveva ragione a considerarmi pazza.
«Arriverà, altrimenti lo ucciderò io! Altro che il Silenzio!» urlò il preside sopra il rumore assordante.
Guardai fuori dai vetri chiusi della finestra se c'era una possibile via di fuga, ma cinque donne della polizia controllavano l'unico cancello aperto della scuola e, scommisi con il preside, anche loro erano coinvolte.
«Ma cosa sono?» chiesi, assicurandomi che la finestra fosse ben chiusa.
«Umane riscritte da nanogeni idioti o, nella migliore delle ipotesi, alieni con sembianze umane» rispose.
La porta cedette e le donne entrarono. Rispetto a prima, erano armate di spazzoloni per pulire i pavimenti e flaconi di detersivo.
«Che cosa facciamo?» chiesi, brandendo la mazza da baseball.
«Attacchiamo?» suggerì, colpendo una donna in pieno petto.
Riuscimmo a mettere k.o. un paio di file di donne, ma il corridoio della segreteria ne era pieno.
«Non possiamo continuare in eterno. - esclamai, evitando uno schizzo di detersivo, che bruciò il tappeto dietro di me - Ma in palestra non si accorgono di niente?»
«Isolamento a raggi ultrafotonici di terza generazione. - mi rispose il preside prendendo l'estintore - Siamo soli»
Ragionai mentre le donne erano occupate a ripararsi dal getto dell'estintore. Cosa avrebbe fatto il Dottore in questo caso? Cosa avrei potuto fare io con un cacciavite sonico che fungeva solo da torcia?
«Preside!» esclamai, evitando che cadesse a terra rovinosamente. Era stato colpito ai capelli da una delle donne e stava perdendo i sensi.
«Dottore» ripeté ancora prima di chiudere gli occhi.
Mi rialzai velocemente, cercando il deodorante spray che avevo usato anche prima. Lo spruzzai in faccia alle donne della prima fila e quelle si disattivarono in un attimo, ma quelle dietro erano pronte a gettare acido nella stanza.
Guardai il preside a terra. I suoi capelli erano caduti nella parte laterale e ora sembrava uno di quei ragazzini che, per seguire la moda, si rasava mezza testa. Comunque stava bene, nonostante avesse quarantadue anni e indossasse un completo anni retrò abbinato a una sciarpa a righe.
Mi stavo perdendo troppo con i pensieri durante quell'attacco. Mi concentrai sulle donne davanti a me e iniziai a menar fendente, come mi aveva insegnato anni prima il mio maestro di karate.
«Troppe, dannazione!» esclamai ad alta voce, anche se effettivamente non c'era nessuno, nessun essere umano, ad ascoltarmi.
Mi voltai verso la finestra, sicura di aver percepito un'arietta fredda sul collo, ma ovviamente mi ero sbagliata. Tornai a combattere con le donne, ma venni ferita alla mano da uno spazzolone che, a constatare dal polso rotto, era fatto di metallo super resistente.
Cambiai mano e colpii ancora una fila di donne con la mazza da baseball, ma combattere con la sinistra non era il mio forte.
Caddi a terra, tenendo ben salda la bomboletta spray davanti a me, dato che l'altra mia arma era volata fuori dalla finestra, rompendo il vetro.
«Vieni con noi. Il Quinto Potere ti attende» disse la prima donna davanti a me in giapponese, tendendomi la mano.
Desiderai con tutto il cuore che qualcuno intervenisse in quel preciso istante, perché non volevo morire a scuola.
«Passate sul mio cadavere, poi ne riparliamo» disse qualcuno alle mie spalle, puntando la mano contro le donne.
Le vidi spegnersi una ad una, cadendo miseramente a terra.
«E poi dicono che è buono solo a montare armadi. - borbottò il ragazzo sorpassandomi e andando in corridoio - Bene, cervello condiviso. Mi hanno risparmiato una fatica. - si voltò verso di me - Tutto bene?» chiese, aiutandomi ad alzarmi.
Lisciai la gonna con le mani e controllai di non avere nulla di rotto oltre al polso, «Sì, tutto bene. - mi voltai - Oh mio dio!» esclamai avvicinandomi al preside, che si stava riprendendo.
«Jade. - mi chiamò tenendosi una mano sulla fronte - Ho perso tutti i capelli?»
«Si preoccupa dei capelli ora? - chiesi alzando un sopracciglio, perplessa - La prossima volta che ingaggia un'agenzia di pulizie, controlli prima che non abbia precedenti penali o manie omicide! Potevano scioglierci nell'acido!», ma, ovviamente, il preside non stava ascoltando una sola parola di quello che gli stavo dicendo. Teneva gli occhi fissi su qualcosa dietro di me.
In un attimo si alzò e mise al muro il ragazzo che aveva disattivato le donne delle pulizie.
«Quattro anni che ti chiamo e hai la decenza di arrivare solo adesso? - urlò il preside infuriato - Ti rendi conto di quanti professori e bidelli mi sono dovuto occupare?!»
«Marco. - balbettò il ragazzo cercando di calmare il preside - Lasciami andare, non respiro»
Il preside si allontanò e così riuscii a guardare meglio il nuovo arrivato.
Portava un lungo trench marrone, un completo blu e un paio di Converse rosse. I capelli castani, non pettinati secondo una strana logica, sembravano quasi non interessare al proprietario. Il naso leggermente appuntito e le labbra sottili mi ricordarono la schermata di blocco del mio cellulare.
«Tennant! - esclamai battendo le mani - Sei identico a David Tennant quando ha interpretato il Dottore»
Il ragazzo mi guardò incuriosito, «Dottore chi?» mi chiese divertito.
«Non cambiate discorso. - ci rimproverò il preside - Dove sei stato? Perché non venivi?»
«Sinceramente? Non sapevo mi stessi chiamando, non ho ricevuto nessun messaggio d'aiuto. - si scusò il ragazzo - Ero in volo per le spiagge delle Hawaii del dodicesimo secolo e il TARDIS ha virato bruscamente in questa direzione, attirato da questo», cercò qualcosa nella tasca interna del trench e estrasse una custodia nera, che porse al preside.
«Non voglio morire a scuola. - lesse il preside ad alta voce, poi mi guardò - Arini!»
«Che c'è?» chiesi, ancora intenta a studiare il ragazzo, che da vicino dimostrava minimo trent'anni e aveva gli occhi verdi più brillanti che io avessi mai visto.
«C'è che questa è la tua scrittura. - mi lanciò il portadocumenti - Guarda»
«Sì, è mia. - alzai un sopracciglio - Quindi?» chiesi, ma non ricevetti risposta. Una fitta al torace mi fece piegare in due e dovetti appoggiarmi alla scrivania. Il ragazzo mi fu subito davanti e mi puntò una luce blu tra gli occhi. Un brivido corse lungo la spina dorsale.
«Cos'avevano come armi?» chiese, controllandomi gli occhi.
Non riuscii a dire niente, nemmeno allontanarmi. Vedevo solo i movimenti del ragazzo davanti a me come se si stessero svolgendo al di là di uno schermo.
«Acidi lunari e spranghe di metallo sycorassico, suppongo» rispose il preside, anche se non lo stava ascoltando nessuno.
L'improvvisato infermiere poggiò una mano sul mio stomaco. In quel momento riuscii a mormorare qualcosa per il male. Non mi ero accorta di essere stata colpita anche lì.
«Scusa, farà comunque male», schiacciò la mano contro il vestito e con l'altra mi colpì sulla schiena nello stesso punto.
Sentii l'aria uscire dai miei polmoni e per un momento non sentii il battito cardiaco. In compenso, la fitta al torace era sparita.
«Ora respira a fondo. - mi disse prendendo il mio polso e illuminandolo con la sua minitorcia blu - Ti ci vorrà un attimo per riprenderti»
«Come mai non reagisce?» chiese il preside passandomi una mano davanti agli occhi più volte.
«Ibernazione temporanea del sistema nervoso. - spiegò muovendo il mio polso circolarmente e lentamente - Spiacevole da subire, necessario per non sentire il dolore»
«Quando si riprenderà, lei ti ucciderà» lo avvertì il preside, ma il ragazzo non si scompose, se non per un piccolo sorriso.
Sentii un leggero crack e un attimo dopo il sosia di Tennant si tolse la cravatta e me l'avvolse molto stretta attorno al polso. Riprese la torcia e me la puntò tra gli occhi.
«Perciò ora devo scappare?» chiese allontanandosi di qualche passo da me, pronto a scattare dietro la scrivania.
«Oh, no. - rispose il preside divertito prendendolo per il colletto del trench - Continuavo a chiamarti giusto per lei»
Mi risvegliai, come dal classico dormiveglia dell'ora di filosofia, e la prima cosa che feci fu controllare la fasciatura rossa che mi avvolgeva il polso.
«Grazie. - dissi al ragazzo comodamente seduto al mio posto sul divano - Chi sei?»
«Non ringraziarmi. - alzò le spalle - E comunque sono il Dottore»
«Impossibile, assomigli a Tennant» risposi prontamente, dato che ormai con la serie tv eravamo alle porte dell'era Capaldi.
«E quindi? - rispose con un sorriso - Anche se assomiglio a un attore, sono comunque il Dottore. - guardò il preside - Nella vostra lingua Dottore e attore fanno rima, ah!»
«No, ora come attore c'è... - mi trattenni dal dire qualsiasi cosa - Come fai a sapere che Tennant è un attore?»
«Beh, dalla Terra qualche volta ci passo e sembra che io abbia lasciato qualche diario delle mie avventure indietro nel tempo. - sorrise e fece un mezzo inchino - Ecco davanti a te l'ideatore di Doctor Who. - guardò il preside di nuovo - Quelli della BBC devono aver fatto un successone con la mia vita»
«Sì, diciamo di sì. - rispose il preside - Ti sei rigenerato sei volte dall'ultima volta che ci siamo visti. - gli fece notare, un po' irritato - Almeno una telefonata la potevi fare»
«Ho avuto da fare. - concentrò nuovamente la sua attenzione su di me - Allora, come mai Marco aveva tanta fretta di chiamarmi? Ma soprattutto, tu cos'hai combinato per essere in presidenza la sera prima delle vacanze di Natale?»
«A dire il vero, sono sempre qui. - puntualizzai - Quindi tu sei il Dottore»
«Ancora non ne sei convinta?»
«Beh, per me sei una bellissima storia dietro allo schermo. - risposi, convinta - Non puoi essere reale»
Si alzò e mi porse la mano, «Vieni con me»
Accettai un po' perplessa e mi portò dietro la scrivania del preside, dove c'era parcheggiata una cabina blu che non avevo ancora notato, dato che era in penombra.
«Vuoi entrare?» mi chiese porgendomi la chiave per aprire la porta.
Indietreggiai, cercando qualcosa che tradisse quella messa in scena, ma non c'era niente: era tutto autentico.
«Andiamo, non ti mangia. - sembrò pensarci - Anche se con tua moglie aveva tentato, vero? A proposito, come sta la cara Loren?» chiese al preside.
«Abbiamo divorziato sei anni fa, è tornata sul suo pianeta»
«Oh, mi dispiace. - disse per niente coinvolto, poi guardò me, ancora intenta a fissare il cartello sulla porta sinistra - Forza, entra»
Guardai la chiave che avevo in mano e la inserii nella fessura, girando lentamente, quasi avendo paura di far del male al legno blu.
Spinsi leggermente e l'interno mi si presentò esattamente come l'avevo sempre visto nelle puntate: alti e sinuosi coralli arancioni, una grande piattaforma per la console e le grandi cose rotonde alle pareti.
Amavo le grandi cose rotonde.
«È davvero così sconvolgente vedere qualcosa più grande al suo interno?» mi chiese superandomi e gettando il trench su un corallo, ignorando volutamente l'appendiabiti all'ingresso.
«No, è sconvolgente vedere qualcosa più grande all'interno dal vivo. - corressi - Ok, Dottore, puoi darmi un secondo?»
Lui alzò le spalle e annuì. Ritornai nello studio del preside in completo silenzio e mi sedetti al mio solito posto. Mi sdraiai e chiusi gli occhi, respirando profondamente.
«Jade?» mi richiamò il preside, preoccupato.
«Shh, mi sto rilassando. - dissi coprendomi il viso con le mani - Le allucinazioni, di norma, spariscono dopo una breve pausa»
Rimanemmo in silenzio per circa un minuto, poi mi decisi e mi rialzai, ma il TARDIS, le donne robot disattivate, e soprattutto il Dottore, erano ancora lì.
 
 
 
Angolo autrice:
Buongiorno e buona domenica a tutti, whovians!
Mi presento, sono Arcadia_, anche se molti ormai mi chiamano Jade, come la protagonista di quasi tutte le mie fanfiction. E' la prima volta in assoluto che scrivo nel fandom di Doctor Who, pur seguendo la serie da qualche annetto e avendola impressa sulla pelle.
Vorrei rubarvi ancora un paio di minuti, giusto per spiegarvi alcune cose del capitolo/prologo:
-Compilando il modulo della storia, ho inserito anche "Nuovo Personaggio", ovviamente mi riferisco non solo a Jade e Marco (vecchio compagno del Dottore, inventato da me, nella sua quarta rigenerazione), ma anche ad altri personaggi che compariranno più avanti nella storia e che copriranno un ruolo importante. Questo non vuol dire che non vedrete vecchie conoscenze #spoiler
-Ho inserito qualche citazione (io amo le citazioni!) per richiamare due Dottori che ho amato alla follia: il Quarto (vedi la sciarpa e "vuoi un dolcetto?", ovviamente riadattato) e il Nono (ho giocato sul cognome di Christopher per il nome del liceo)
-Anche se David Tennant ha gli occhi scuri, ho voluto inserire una piccola differenza tra lui e il Dottore "vero e proprio". E poi, lo ammetto, mi piaceva da impazzire Tennant con gli occhi chiari in Casanova.
-Vi lascio il link della canzone citata all'inizio, classico intramontabile di Chuck Berry, presente anche in Ritorno Al Futuro. Per la serie "perchè il TARDIS non ci bastava, volevamo anche una Delorian per viaggiare nel tempo". Inoltre, il "titolo" del capitolo è una frase di un'altra canzone, stavolta dei Panic! At The Disco, che si intitola The Only Difference Between Martyrdom And Suicide Is Press Coverage.

Bene, direi che posso smetterla di rompervi le scatole e chiudere qui l'angolo autrice, anche perchè potrebbe risultare più lungo del capitolo stesso! Un'ultima cosa: molto probabilmente aggiornerò ogni due/tre settimane, dipende dalle idee che mi frullano nella testa. Intanto vi mando un grande bacio, un grazie enorme per aver letto il capitolo e, se vi va, fatemi sapere che ne pensate con una bella recensione, ok?

Con la speranza che abbiate ventilatori e aria condizionata,
Jade

 
  
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