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Autore: Cara_Sconosciuta    21/01/2009    5 recensioni
Come tutte le persone, anche i personaggi di Bones hanno un passato che li ha portati ad essere chi sono. Quindi, perché Hodgins adora gli insetti? E perché Booth ha paura dei clown? E quali erano i pensieri di una Temperance bambina?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angela Montenegro, Jack Hodgins, Seeley Booth, Temperance Brennan, Zack Addy
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi di nuovo qui...questa volta con una raccolta di sei minishot che vogliono prendere in esame i personaggi principali di “Bones” uno ad uno, spiegando come sono nate le loro passioni o particolari aspetti del loro carattere.

Comincio, ovviamente, con il mio preferito: il mitico Hodgins!!!

 

Bones non mi appartiene e le mie storie non sono scritte a fine di lucro.

 

Temperance

 

Ants

Jack Hodgins aveva tredici anni ed era, a detta sua e degli altri, il ragazzino più figo di tutta la spiaggia.

Ok, era basso.

E non particolarmente modesto.

Quei suoi ricci chiari, però, abbinati ad un paio di enormi occhi azzurrissimi e ad una parlantina di tutto rispetto, avevano il potere di conquistare in un istante tutte le bambine che gli capitassero a tiro e lui ne era perfettamente cosciente.

Jack Hodgins, però, era anche nei guai.

Grossi guai.

Eveline era bellissima, aveva le trecce rosse e gli occhi verdi.

Dirle di no era impensabile.

Jordan, invece, era la ragazzina più dolce che gli fosse mai capitato di incontrare, era timida e riservata e spezzarle il cuore con un no sarebbe stato davvero crudele da parte sua.

E Melissa... beh, Melissa aveva sedici anni e già questo da solo diceva tutto.

Poteva, forse, rifiutare l’invito di una ragazza più grande?

Assolutamente no.

Era un tipo generoso, Jack Hodgins.

E non si sarebbe nemmeno fatto particolari problemi, se si fosse trattato semplicemente di uscire con tre fanciulle diverse, se non fosse che i tre appuntamenti si erano concentrati, appunto, quella stessa sera e lui non aveva la minima idea di come fare a non finire appeso a qualche albero da tre adorabili e squisite creature gelose.

Perché Jack Hodgins era molto, molto intelligente, ma i miracoli, per ora, esulavano dalla gamma delle sue competenze.

Forse avrebbe dovuto essere sincero, sperando che loro capissero, così avrebbe mantenuto almeno un po’di credibilità.

A quel pensiero completamente ridicolo, Jack scosse la testa, montando sulla sua bicicletta ultimo modello che aveva ricevuto per la promozione.

Qualsiasi persona sana di mente si sarebbe scusata: era la decisione più sensata.

Ma lui non era qualsiasi persona, lui era Jack Hodgins e questo era quanto.

Tuttavia, il ragazzo non fece in tempo a pedalare per più di una decina di metri che un gatto gli attraversò la strada, costringendolo a torcere all’improvviso il manubrio, perché per frenare non c’era tempo.

Fu così che il grande, intelligente e modesto Jack Hodgins si ritrovò lungo e tirato sulla terra sabbiosa del campeggio, imprecando a gran voce contro tutti i gatti del pianeta.

Qualcosa, però, interruppe il suo sproloquio, attirando la sua attenzione come nulla, nemmeno una bella ragazza, aveva mai fatto prima.

Le formiche si muovevano in una fila ordinata verso un piccolo foro nel terreno, poco lontano da lì.

Alcune erano leggere e rapide, fremevano nell’essere costrette a rimanere alle spalle delle compagne che, cariche di semi e pezzi di foglie grandi come e più di loro, faticavano a stare dietro al resto del gruppo.

Eppure, non una che abbandonasse la propria posizione per passare più avanti, non una che abbandonasse la fila distratta da qualcos’altro.

Affascinato, Jack si alzò, posò da un lato la bicicletta e si sedette a gambe incrociate a lato del sentiero, ammirando in silenzio quell’interminabile processione.

Il tempo sembrava non scorrere più; persone, macchine, motociclette gli passavano accanto senza che lui se ne rendesse minimamente conto: le formiche erano tutto ciò che per lui esisteva.

Pian piano, decise che stare a guardarle non gli bastava più e cominciò a porre degli ostacoli sul loro cammino per studiare i loro comportamenti di fronte a degli imprevisti.

Sarebbe anche rimasto lì in eterno, Jack Hodgins, se ad un tratto non si fosse trovato davanti al naso tre paia di infradito dall’aria minacciosa.

E, più su, tre parei che non promettevano nulla di buono anche se, a confronto degli occhi che incontrò di lì ad una ventina di centimetri, ciabattine e copricostume non erano assolutamente nulla.

Quella sera Jack Hodgins imparò tre cose che, in futuro, gli sarebbero tornate davvero, davvero utili: uno, che non sempre cadere dalla bicicletta porta guai; due, che una grande passione può nascere nel luogo e nel momento più inaspettato; tre, che Jordan non era poi così dolce e timida, dopotutto.

 

 

   
 
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