Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    19/07/2015    14 recensioni
L' ebook è scaricabile dal mio profilo autore. Revisione ultimata! Grazie a tutti coloro che continuano a leggerla! :)
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Cosa sarebbe accaduto se nel numero 28 Masumi Hayami fosse riuscito a confessare a Maya di essere l'ammiratore delle rose scarlatte? Leggete la mia versione di questo "what...if" ^_^
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ultima revisione: aprile 2016

 

53. Epilogo



Era lo stesso ufficio di sempre, eppure non lo era. La notte appena trascorsa aveva cambiato la sua vita drasticamente. Non si era aspettato la morte precoce di suo padre e, con la sua dipartita, tutti i suoi piani, le sue cattiverie, i suoi ordini, erano svaniti. Avrebbe dovuto sentirsi sollevato, oppure addolorato, invece non avvertiva nessuno dei due stati d’animo.

In realtà si sentiva soddisfatto. Erano accadute molte cose in quelle ore, ma una sola aveva costantemente dominato i suoi sentimenti: Maya era stata scelta come nuova Dea. Anche pensarlo in quel momento lo fece sentire stranamente orgoglioso. Appena la signora si fosse ristabilita, avrebbero anche espletato tutte le formalità relative all’eredità dei diritti dell’opera.

I soldi non saranno più un problema per te… potrai vivere una vita piena, soddisfacendo ogni tuo desiderio anche se, conoscendoti, so che non ti interesserà affatto… reciterai, ora come in futuro e ogni personaggio sarà una sfida… lo affronterai a testa bassa e, con un’intuizione speciale, lo renderai incredibile sul palcoscenico…

Bussarono alla porta e lui si riscosse dalla contemplazione del documento che avrebbe dovuto leggere. Sorrise fra sé e fece entrare la sua segretaria.

Nonostante fosse rimasta fino a tarda notte anche lei in ospedale, quella mattina alle otto era seduta alla scrivania fuori dal suo ufficio. Mizuki si avvicinò e fece un lieve inchino.

- È arrivato, signor Masumi - lo avvisò - Ha bisogno di qualcosa? - aggiunse fissandolo da dietro le lenti.

- No, lo faccia entrare - replicò Masumi alzandosi e mettendosi la giacca. Poi ci ripensò, se la tolse e l’appoggiò alla sedia. La segretaria uscì e poco dopo entrò il suo ospite.

- Prego, signor Onodera, si accomodi - lo accolse lui cordialmente. Non era mai stato un uomo vendicativo, ma quell’idea ormai gli rimbalzava in testa da troppo tempo.

- Buongiorno, Masumi, accetti le mie condoglianze per la scomparsa prematura di suo padre -

Masumi annuì, quella mattina erano arrivati decine di telegrammi, fiori, e Mizuki si stava occupando di tutto per il funerale che si sarebbe tenuto il giorno seguente.

- La ringrazio, si sieda pure - lo invitò, indicando la poltrona davanti alla scrivania. Onodera si sedette e lui fece la stessa cosa sulla sedia dalla parte opposta.

- Come mai ha voluto incontrarmi così repentinamente? - indagò - Pensavo si sarebbe preso qualche giorno di riposo, la attenderanno delle settimane intense - gli fece notare riempiendo il fornello della pipa. Masumi si accese una sigaretta e gli porse l’accendino.

- Mi conosce, io devo lavorare - replicò semplicemente e il regista scoppiò a ridere.

- Immagino di essere qui per il fallimento della “Dea Scarlatta” - ammise freddamente, si era aspettato almeno uno scambio di persona, invece si era servito della segretaria per prendere quell’appuntamento. Ma Masumi lo stupì scuotendo la testa in segno negativo.

- Non è per la “Dea Scarlatta” - lo rassicurò - Ha fatto un ottimo lavoro, signor Onodera, la vostra rappresentazione è stata eccellente anche se io avrei sfruttato meglio la presenza di Kei Akame - sollevò lo sguardo sul regista e lo fissò. Onodera aveva un’espressione interdetta e confusa.

- In realtà, ho intenzione di modificare l’assetto della Daito Art Production - iniziò sporgendosi in avanti sulla scrivania. Il regista esultò dentro di sé, colto da un’improvvisa ondata carica d’emozione. Forse vuole promuovermi… magari mi offrirà un posto, ora che non c’è più suo padre a tarpargli le ali…

- E anche della Ondine - aggiunse soffiando fuori il fumo della sigaretta. Vide Onodera annuire accondiscendente e rimanere in silenzio.

- Sebbene questa possa sembrarle una mossa dovuta all’assenza di mio padre, la prego di non pensarlo - gli rivelò candidamente. Si alzò e raggiunse la vetrata che guardava la città in fermento. Quella mattina i quotidiani riportavano già la notizia dell’assegnazione della “Dea Scarlatta” e quelli di gossip anche la struggente storia d’amore fra la nuova Dea e il suo misterioso donatore di rose scarlatte che per anni l’aveva ricoperta di fiori e regali restando nell’anonimato.

- Il suo modo di fare, Onodera, non mi piace - gli comunicò gelido tornando a guardarlo e il regista s’irrigidì - Preferisco giocare alla pari, senza trucchi o inganni che, alla fine, non portano comunque a niente -

- Ma… - iniziò il regista senza riuscire a continuare. Masumi lo fulminò con lo sguardo, inchiodandolo alla poltrona. Rimase in piedi, le mani dietro la schiena, si voltò completamente verso di lui e fece un passo avanti.

- Lei è licenziato - gli comunicò, mentre un senso di sollievo e una punta di soddisfazione gli rinfrancarono l’anima.

Onodera digrignò i denti, quelle semplici parole avevano infranto il suo sogno. Si alzò rigidamente, si inchinò appena e uscì in silenzio.

Masumi espirò con un sorriso appagato, prese il cellulare e chiamò Hijiri.



Maya e Sakurakoji si ritrovarono in un vortice infinito di impegni, senza contare le prove di Kuronuma per la nuova “Dea Scarlatta” del 2 gennaio. L’Associazione Nazionale per lo Spettacolo aveva già pronta un’agenda di convegni, interviste, conferenze, indipendentemente da chi si fosse aggiudicato i ruoli dei due protagonisti. La prima cosa che fece la mattina seguente quella terribile notte all’ospedale, assonnata e stanca, fu di firmare il contratto con l’Associazione Nazionale, che l’avrebbe vista impegnata con loro fino alla fine di febbraio: un mese di rappresentazione e uno di seguenti interviste e campagna pubblicitaria.

La domenica seguente, Maya e tutto il nuovo staff stavano provando negli studi assegnati dall’Associazione Nazionale e in cui avrebbero trascorso i prossimi due mesi.

- Maya! Maya! - gridò una collega spalancando le porte della grande sala prove, un salto di qualità rispetto ai Kid Studio. Si bloccò imbarazzata, quando il regista Kuronuma la guardò in cagnesco brandendo il copione.

- Sc-Scusi… - balbettò avvicinandosi in silenzio a lei mentre la scena riprendeva.

Maya la seguì con sguardo interrogativo finché non si sedette accanto a lei prendendole con emozione le mani fra le sue.

- C’è il tuo ammiratore delle rose! - le sussurrò con fare complice. Maya s’illuminò, il pensiero andò immediatamente al signor Hayami, ma sapeva che avrebbe trovato il signor Hijiri. Si alzò di scatto e corse verso l’ingresso con il cuore che batteva all’impazzata. Sapeva che era assurdo illudersi, si sarebbe sposato, non era uomo adatto a lei. Anche se si erano dichiarati e avevano condiviso il loro sentimento nel modo più profondo, il suo destino era alla guida delle aziende di suo padre e un giorno avrebbe ereditato sicuramente anche il gruppo Takatsu. Lei invece sarebbe stata soltanto un’attrice. Ma nonostante tutto, le era impossibile non gioire ogni volta che ci pensava. Resta chiuso nel mio cuore, nessuno lo sa, solo io, e io posso convivere con questo sentimento…

Hijiri l’accolse con un mazzo di rose scarlatte, era di nuovo vestito di bianco e in quel frangente ebbe modo di osservarlo meglio. I capelli corti gli stavano bene, anche se lo preferiva com’era prima, ma gli occhi… quelli erano di un’inusuale tonalità di verde, praticamente inesistente nei giapponesi, forse erano delle lenti a contatto. Si stupì di quella particolare intuizione e ridacchiò fra sé.

- Buongiorno, Maya - la salutò con un sorriso, domandandosi perché stesse ridendo.

- Buongiorno - prese le rose e inspirò il loro profumo, chiudendo gli occhi.

Lui le porse il braccio e la invitò - Ti va di fare due passi con me? -

Maya annuì, infilò la mano nell’incavo del suo gomito, meravigliandosi di quanto negli atteggiamenti a volte somigliasse a Masumi. Arrossì all’improvviso e abbassò lo sguardo. Santo cielo… ho pensato al suo nome…

Le attrici che l’avevano seguita fuori dalla sala prove, li seguirono con lo sguardo, rimirando invidiose il giovane alto e distinto che si era dichiarato in modo così romantico.

Una volta fuori si addentrarono nel piccolo parco al di là della strada e quando gli sembrò naturale, Hijiri la lasciò immediatamente.

- Mi scuso, non vorrei averti… - ma Maya non lo fece terminare.

- Non devi scusarti, ho capito a cosa serve tutto questo, la sua posizione è molto delicata e io stessa non voglio essergli d’intralcio - gli confessò stringendo le rose a sé con entrambe le braccia. Karato la fissò a lungo, camminando sotto le fronde e chiedendosi come mai per la seconda volta gli stesse dicendo una cosa simile. Masumi non gli aveva raccontato niente, ma sapeva che la notte in cui l’aveva tirata fuori da quel magazzino l’aveva portata a casa sua. Possibile che non abbiano aperto il loro cuore? No… non lo credo… è più probabile che il signor Eisuke le abbia detto qualcosa il giorno dell’assegnazione… le sue parole a quanto pare hanno effetto anche dopo la sua morte…

- Avrebbe voluto incontrarti di persona ma… - Maya si girò di scatto con gli occhi sgranati e lo interruppe di nuovo, lasciandolo interdetto.

- No! - esclamò con veemenza, arrossendo lievemente - Riferiscigli che non deve venire, che si occupi della sua azienda e pensi ai suoi affari! -

Hijiri alzò un sopracciglio, se non avesse avuto un’espressione così decisa e concentrata, si sarebbe messo a ridere. Ma come parla…?

- Il suo matrimonio salderà l’unione con la famiglia Takamiya e la Daito Art Production ne godrà di riflesso negli anni futuri! E anche lui! Io sarò sempre, solo un’attrice... - aggiunse, mentre gli occhi si facevano lucidi. Karato venne attraversato da un brivido freddo, intuendo quali fossero stati i toni della conversazione che lei aveva avuto con il suo precedente capo. È questo dunque ciò che le ha chiesto… di rinunciare al figlio perché avesse un futuro assicurato e potesse concludere la fusione delle due aziende… come può averla convinta? Maya non ha capito che lui la ama e che anche in questo momento si sta adoperando perché possano stare insieme? Non ha compreso che non la lascerà mai a nessun altro?

- Non posso riportargli un messaggio del genere - le comunicò sorridendo e cercando di sdrammatizzare - Mi licenzierebbe… e non lo vuoi, vero? -

Maya sussultò prima di rendersi conto che stava scherzando. Gli somiglia anche in questo…

- Ti prego… diglielo… - lo supplicò afferrandolo per una manica della giacca, mentre con l’altra stringeva convulsamente le rose. Hijiri la fissò stupefatto, non era una richiesta campata per aria, si era convinta che non avrebbero potuto condividere la stessa vita, voleva che vivesse la sua come l’aveva preordinata suo padre.

- Va bene… - annuì lui iniziando già a pensare alla forma con cui l’avrebbe riportata al suo capo.

- Signor Hijiri! - la sentì sussurrare in apprensione - C’è un giornalista! - aggiunse avvicinandosi - La mano! -

- Eh? - Karato abbassò il volto per guardarla, poi sentì le sue piccole dita insinuarsi nella sua mano. Serrò i denti frenando l’emozione intensa che lo investì. La strinse un po’ e si girò per tornare indietro.

- Inizia a fare freddo, meglio rientrare - le disse simulando un’accortezza che non avrebbe fatto fatica a mostrarle davvero.

La riaccompagnò passeggiando lentamente, senza alcuna fretta, parlando dello spettacolo e lasciando che il giornalista scattasse le agognate fotografie. Quando rientrò, venne circondata immediatamente dalle colleghe, con estremo disappunto di Kuronuma, che cinguettarono mettendola in imbarazzo e ricoprendola di domande e commenti. Lei balbettò qualche risposta e il regista, avendo compreso perfettamente chi fosse l’uomo vestito di bianco che aveva fatto quell’entrata spettacolare al gala, venne in suo aiuto, disperdendo la piccola folla e riprendendo le prove.

Il giorno seguente, Masumi Hayami rispose al messaggio di Maya, inviatogli tramite Hijiri, con un breve comunicato stampa. [nda: perché fare le cose semplici, mai… mandarle un bigliettino… incontrarla… una telefonata...]

Maya era a casa, insieme a Rei, stavano parlando delle reazioni al suo spettacolo “Cime tempestose”, interpretato da sole attrici, e che aveva suscitato grande clamore nell’ambiente. Il suo Heathcliff era stato strepitoso e negli ultimi due giorni, gli studi dove provavano erano stati presi d’assalto da un’orda di ragazze, attratte dal fascinoso e oscuro straniero inventato da Emily Brontë e interpretato da Rei.

Mentre chiacchieravano e consumavano la tradizionale colazione giapponese, Rei cambiava canale alla piccola televisione, saltando da un programma all’altro, senza particolare interesse, finché l’immagine della bellissima Shiori Takamiya la costrinse a bloccarsi. La speaker stava leggendo un foglio, appoggiato alla scrivania, e ogni tanto alzava lo sguardo e sorrideva al pubblico.

- ...che questa mattina ha dato uno scossone ai mercati azionari, è stata causata da un breve e conciso comunicato stampa rilasciato dal Presidente, e ora unico proprietario, della Daito Art Production. Ve lo riportiamo esattamente com’è stato battuto dalle agenzie di stampa - riabbassò lo sguardo e cambiò foglio - “A seguito di un messaggio ricevuto da un collaboratore, è necessario chiarire una spiacevole situazione. Questo comunicato stampa sarà seguito da un altro, similare ed ufficiale, emesso dal Gruppo Takatsu. I sereni e duraturi rapporti commerciali fra la Daito Art Production e il Gruppo Takatsu proseguiranno senza necessità di stipulare nuovi contratti” - concluse la giornalista abbassando il foglio e passando alla notizia successiva.

Rei spalancò la bocca e il telecomando le cadde di mano, ruzzolando sul pavimento. Maya fissava lo schermo con la bocca semi aperta piena di riso bianco.

- Maya… - sussurrò l’amica voltandosi lentamente e cercando a tentoni il telecomando. Lei la guardò interrogativa.

- Cosa significa quello che ha detto? - chiese con un filo di voce, la mente azzerata.

- Significa che non si sposerà più… - spiegò Rei scandendo ogni parola - Ha ricevuto un messaggio da un collaboratore... Ma che vuol dire? - soppesò tamburellando con le dita sul tavolo. Maya avvampò talmente all’improvviso cambiando colore che Rei sgranò gli occhi per la sorpresa.

- Maya… non mi dire che…? - deglutì vistosamente e non ebbe il coraggio di proseguire. Che avrà combinato?

- No! - replicò Maya negando qualsiasi idea potesse aver avuto l’amica - Io… io ho lasciato un messaggio al signor Hijiri che ieri è venuto a portarmi le rose… - mormorò spostando lo sguardo sul vaso a destra dove le rose si aprivano rivelando tutta la loro bellezza.

- Maya! Ma fai ancora queste cose? - Rei s’inarcò sul tavolo sporgendosi verso di lei - Masumi Hayami non è un ragazzino qualsiasi! Possibile che tu non l’abbia ancora capito? - la redarguì aspramente mostrando i denti in un ringhio indignato.

Maya sollevò lo sguardo senza riuscire a controllare il suo imbarazzo.

- Rei… Io so benissimo chi sia… - sussurrò con voce spenta - Ed è proprio per questo motivo che non voglio essere la causa della rovina della sua vita - iniziò titubante - Io sarò sempre un’attrice, Rei, la mia famiglia è sempre stata povera, i nostri stati sociali completamente diversi. Lui ha la Daito Art Production, il suo lavoro, la sua vita, l’eredità di suo padre... - abbassò la testa e il tono della voce andò via via scemando quando quelle semplici parole segnarono il reale divario che li separava.

- Ma che dici? Sono certa che a lui non interessi niente di queste cose! - ribadì con veemenza scuotendo la testa - Ti ama! Sarebbe disposto a lasciare tutto, ne sono convinta! - aggiunse battendo un pugno sul tavolo.

- No! - gridò lei con le lacrime che si affacciavano agli angoli degli occhi - È proprio questo che non voglio, non capisci? - spiegò con voce incrinata - Sarebbe un errore, si pentirebbe ogni attimo di aver lasciato, se dovesse farlo! E pensa... - proseguì alzandosi - Lui è Masumi Hayami, io non sono nessuno! - e scappò in camera piangendo.

Rei la seguì allibita con lo sguardo. Aveva creduto che in realtà le cose fra loro si fossero assestate, che queste idee pazzesche l’avessero abbandonata. Ha fatto un comunicato stampa solo per lei… a seguito di ciò che deve aver detto al signor Hijiri…

Prese il cellulare e scrisse un’email alla signorina Mizuki.



Appena la signora Tsukikage riuscì a ristabilirsi quel tanto che bastava, volle lasciare l’ospedale nonostante il parere contrario dei medici. Lei non aveva ascoltato nessuno e fatto di testa sua, come sempre, ma la sera prima di uscire, ricevette una visita inaspettata, quando Masumi Hayami entrò nella sua stanza.

- Ha deciso di non ascoltare il medico - le disse dopo i saluti di rito. La signora Tsukikage sorrise appena sistemandosi la coperta che le proteggeva le gambe, seduta sulla sedia a rotelle.

- Mi controlla ancora, signor Masumi? - lo interrogò lei senza la consueta asprezza nella voce.

- Certamente - rispose lui candidamente con un sorriso malizioso.

- Non la smetterà mai? - replicò la donna alzando un sopracciglio.

- E perché dovrei? Lei mi sta a cuore e deve ancora mettere in scena la “Dea Scarlatta” - le fece notare Masumi sedendosi.

- La “Dea Scarlatta”… - Chigusa girò la sedia verso la grande finestra. Oltre si vedeva il giardino interno dell’ospedale, gli aceri erano rossi per l’autunno inoltrato e molte foglie erano già cadute a terra.

- Una volta mi ha chiesto delle anime gemelle - sussurrò fissando fuori e Masumi annuì senza sapere se l’avrebbe visto - Ci crede? -

- Sì - rispose con sincerità - E lei? -

Chigusa si voltò, osservando la sua espressione, i suoi occhi azzurri, un tempo così freddi, ora ardevano di una nuova luce. Rimase in silenzio a lungo, continuando quello scambio silenzioso.

- Non ha importanza cosa io creda o meno - replicò - Ma le dico che per tutta la vita Ichiren è stato al mio fianco - spiegò con uno sguardo dolce - Se non ci fosse stato lui, non ce l’avrei mai fatta, neanche a tenere testa a lei e a suo padre - aggiunse con un sorriso malinconico.

Masumi si alzò, a disagio, sentendo la responsabilità del peso delle proprie azioni. Ciò che avevano fatto a quella donna era stato davvero ignobile.

- Adesso non ha più niente da temere - la rassicurò sistemandosi la giacca e avvicinandosi alla porta - Arrivederci, signora Tsukikage -

Lei lo guardò seria e sollevò una mano in segno di saluto, stupendolo.

- Abbia cura della mia Dea Scarlatta - gli disse con un sorriso misterioso.

Masumi annuì, indeciso se si riferisse all’opera, a Maya, o ad entrambe. Si trattenne ancora un secondo e poi uscì sentendosi stranamente sollevato. Mi ha perdonato?



Una settimana dopo, Maya Kitajima firmò un contratto che avrebbe cambiato completamente la sua vita anche se lei allora non poteva averne alcun sentore. Quando si presentò nell’austero ufficio di avvocati nel centro di Tokyo, raggiunse immediatamente la signora Tsukikage e Genzo, intimorita e agitata.

L’aria che si respirava era solenne, perfino la signora appariva rosea in volto e il suo sorriso la illuminava. Genzo si trovava alle sue spalle, le mani gentilmente appoggiate sulle manopole della sedia a rotelle. Ormai la signora non riusciva più a stare in piedi, soffriva per quella costrizione, ma era decisa a recarsi quanto prima agli studi dove il regista Kuronuma stava dirigendo gli attori avvalendosi anche di sue esplicite direttive.

Due uomini compunti e severi li fecero entrare nella grande stanza, arredata in modo classico e ricercato, tipico di quell’ambiente. Maya si accostò a Genzo e quando tutti si furono seduti, l’avvocato dai capelli bianchi dalla parte opposta del tavolo iniziò a parlare. Lei capì forse la metà di quello che disse e li fissava con occhi stralunati, come se appartenessero ad un altro mondo. Uno sguardo della signora, però, bastò a rassicurarla.

Le misero davanti i documenti e lei appose la firma accanto a quella della signora Tsukikage dove le venne richiesto. Si sentiva strana, in realtà la parola giusta sarebbe stata “estranea”. Quel mondo non le apparteneva: leggi, avvocati, diritti, niente di tutto quello le interessava, ma si rese conto di quanto fosse importante per la signora Tsukikage e che con quelle carte avrebbe messo al sicuro l’opera dell’uomo che aveva amato con tutta se stessa.

Quando firmò l’ultima pagina, sospirò sollevata e i presenti sorrisero.

- Bene, Maya, come ha spiegato l’avvocato, con questo contratto, alla mia dipartita da questo mondo... - iniziò - ...e non credo dovrai attendere molto, diventerai unica proprietaria dei diritti dell’opera -

Maya sentì le lacrime salirle agli occhi, non le interessavano i soldi, avrebbe preferito che la signora vivesse molto a lungo.

- Questo significa che ogni rappresentazione, ogni attore, ogni sceneggiatura, ogni teatro, tutto dovrà passare per la tua approvazione e sarai sempre tu a decidere chi potrà metterla in scena - spiegò lentamente e con voce dolce. Allungò una mano e le sfiorò una guancia. La giovane attrice tremò, l’abbracciò di slancio e scoppiò a piangere.

- Oh, suvvia, dovresti festeggiare! - ironizzò la signora battendole gentilmente le mani sulla schiena e Maya la guardò con il broncio, mentre si asciugava le lacrime.

- Come può dire una cosa del genere…? - singhiozzò addolorata - Lei sa che a me interessa solo il teatro… - sussurrò affranta. La signora la fissò intensamente, poi prese in mano il contratto appena firmato.

- È il motivo per cui ti ho ceduto quei diritti, Maya - le rivelò candidamente, stupendola - Solo una persona che ama il teatro a tal punto può davvero custodire e rappresentare quest’opera. Fra qualche anno, sarai in grado di formare un’altra attrice, proprio come ho fatto io con te e Ayumi - proseguì gioendo dello sguardo genuino e rapito di quella ragazza così sensibile.

- Ma… signora, io… - balbettò insicura e Chigusa le prese una mano.

- Non pensare a questo adesso, ora devi concentrarti sulla recitazione e prepararti per la rappresentazione ufficiale - le suggerì vedendo il panico affiorare nel suo sguardo trasparente.

Maya annuì ricacciando indietro le lacrime che volevano uscire di nuovo. L’avvocato le consegnò una copia del contratto e quella originale sarebbe stata conservata agli atti in quello studio fino al momento in cui sarebbe venuta a ritirarla.

Ci furono i saluti di rito e ripresero l’ascensore tutti e tre insieme. Maya teneva il contratto fra le mani, fissando il suo nome che figurava accanto a quello della signora Tsukikage.

- Sai chi ha redatto quel contratto? - la voce della signora la riscosse dai suoi pensieri facendola sobbalzare. Maya scosse la testa domandandosi perché dovesse avere importanza.

- Masumi Hayami - le rivelò lentamente godendosi la sua reazione spontanea. Maya arrossì all’istante e rimase in silenzio, così Chigusa proseguì, con un sorriso enigmatico stampato in volto.

- È venuto a portarmelo il giorno dopo la rappresentazione dimostrativa - spiegò corrugando leggermente la fronte - È un contratto esclusivo, chiude le porte a qualsiasi casa produttrice - aggiunse fissandola intensamente - Anche alla Daito Art Production - concluse cercando di mantenere un’espressione seria. Maya non era stupita, come si sarebbe aspettata, ma imbarazzata e addolorata. Qualcosa doveva consumarla dentro, serrava le dita intorno al povero contratto e le tremava il labbro inferiore come se stesse trattenendo una grande tensione.

- Il signor Hayami? - sussurrò come un automa.

- Sì - annuì Chigusa - Mi disse che avrei dovuto darlo alla candidata che avessi scelto, in modo da proteggere i diritti della “Dea Scarlatta” - raccontò ancora, mentre l’ascensore si apriva a piano terra.

Uscirono nella fredda aria di Tokyo, novembre si avvicinava e il clima stava cambiando. Maya non riusciva a frenare i battiti del suo cuore, il solo sentirlo nominare l’aveva fatta trasalire e quando aveva saputo cosa aveva fatto si era sentita ancora più triste e, nel contempo, riconoscente.

- Maya - la chiamò la signora con estrema dolcezza.

- Sì? - rispose riscuotendosi dai suoi pensieri.

- Abbi cura della mia “Dea Scarlatta” - si raccomandò consegnandole quell’ultimo lascito verbale. Maya annuì con vigore, incapace di frenare le lacrime, che scesero generose.



Nei due mesi che seguirono quell’importante firma, Maya quasi dimenticò quel pomeriggio nello studio di avvocati. Kuronuma e la signora Tsukikage li fecero provare senza sosta, Maya fu costretta ad affrontare dure sessioni di danza classica e moderna per dare maggiore fluidità al suo corpo senza contare il corso di dizione, quello di trucco, portamento e musica. Si domandò arrabbiata a cosa le servisse imparare a suonare il flauto e quando la signora la redarguì aspramente dicendole che non aveva niente di femminile, si decise ad affrontarlo seriamente. La sera, quando tornava a casa, le dolevano tutti i muscoli e spesso non riusciva neanche a mangiare, crollando addormentata con la testa appoggiata sul tavolo.

Rei continuò a tenersi in contatto con la signorina Mizuki, l’ammiratore non le aveva più fatto avere delle rose, sebbene il signor Hijiri avesse incontrato Maya ancora, diradando sempre più le visite. Si convinse che anche quell’uomo sconosciuto e silenzioso in qualche modo si fosse innamorato di lei. Se ne accorse un pomeriggio, quando venne a prenderla a casa e il suo sguardo smeraldino non riuscì a nascondere i suoi sentimenti.

Si avvicinava inesorabilmente Natale e con esso la prima della “Dea Scarlatta”. Maya era nervosa, suscettibile, intrattabile, così Rei e Mizuki escogitarono un piccolo piano.

La mattina del 23 dicembre Maya entrò sbadigliando in cucina e, come ogni mattina da qualche settimana, trovò buste e pacchetti impilati ordinatamente sul tavolo.

- Dovrai cambiare casa, questa non si addice più a una stella - ridacchiò Rei versandole il tè. Maya scorse senza troppa voglia le varie buste finché una completamente bianca ed elegante attirò la sua attenzione. L’aprì e rimase sconvolta, tanto che Rei alzò lo sguardo incuriosita.

- Qualche fan? - le domandò cercando di mantenere il controllo delle sue azioni.

- No… - sussurrò, sentendosi investire immediatamente da un’onda di calore. Rei allungò il collo e, con soddisfazione e un sorriso complice, lesse le poche righe: “È molto tempo che non ci vediamo, ho ristrutturato l’ultimo piano della Daito Art Production e vorrei farglielo vedere, sono convinto che le piacerà. L’aspetto questo pomeriggio alle sedici.”.

Maya si rese conto di quanto le fosse mancato nell’istante in cui il suo volto si delineò davanti a lei. In quei due mesi si era concentrata sulla “Dea Scarlatta”, ricacciando il suo ricordo in fondo all’anima. Aveva cercato di non pensarci, tenendo sempre a mente le parole del padre che l’avevano messa in guardia su quanto lui avrebbe veramente perso se avessero continuato a frequentarsi, ma ogni suo sforzo era stato vano. Non avrebbe mai potuto cancellare quella notte che avevano trascorso insieme proprio prima dello spettacolo dimostrativo, né il dolore che provava all’idea di non poterlo più rivedere.

- Hai intenzione di andarci? - la interrogò Rei tenendole lo sguardo addosso. Non se ne era resa conto, ma erano più di cinque minuti che fissava il vuoto davanti a sé. Avremmo dovuto farlo prima… le manca e si vede… lui è l’unico che può tranquillizzarla… la signorina Mizuki non sa perché si sia allontanato da lei… però mi ha detto che soffre alla stessa maniera anche se non vuole ammetterlo… si è buttato anima e corpo nel sistemare le società del padre dopo la sua morte… Maya era impegnata con la Dea Scarlatta… forse sono solo gli impegni che li hanno tenuti lontani…

- Sì… - mormorò Maya tornando a vedere con gli occhi e uscendo dal suo sogno. Arrossì lievemente e appoggiò l’invito.

- Vedo che continua a tenerti d’occhio - le fece notare Rei - Sa che oggi pomeriggio non hai impegni - e le strizzò un occhio facendola arrossire ancora di più. Che tenera… è trasparente come un vetro…



Maya si recò all’appuntamento con il cuore che le ballava in petto, sussultando ogni volta che le sembrava di udire la sua voce. Davanti all’entrata della Daito, ricordò la prima volta che vi si recò, le gambe presero a tremarle incontrollabilmente e fu tentata di tornare indietro, ma il desiderio di poterlo rivedere anche solo per un breve attimo la spinse a salire le scale, abbandonando ogni timore.

Quando le porte dell’ascensore si aprirono, vide immediatamente la scrivania della signorina Mizuki e, vedendola seduta, tirò un sospiro di sollievo. Era molto affezionata a quella donna sincera e diretta, e si rammaricava per come l’aveva trattata quando era stata la sua manager.

Appena fu davanti a lei, la segretaria alzò la testa e le regalò un bellissimo sorriso.

- Maya! - la salutò alzandosi e andandole incontro. Si salutarono e la giovane attrice riuscì a smaltire un po’ di tensione grazie alle parole gentili e interessate della signorina Mizuki che le chiese della signora Tsukikage, della sua salute e delle prove.

La porta dell’ufficio si aprì all’improvviso e Maya quasi svenne dall’emozione. Sentì il sangue defluire dal viso come se si stesse svuotando, non avvertiva più i piedi, la gola era secca. Saeko la fissò divertita, aspettando la sua reazione.

- Che succede qui? - la voce dell’uomo che uscì dall’ufficio la lasciò basita.

- C’è Maya Kitajima, signor Presidente - lo informò Mizuki facendo un lieve inchino.

- Pre-Presidente? - balbettò Maya fissando il signor Hijiri con occhi spalancati. Indossava un abito scuro da ufficio, camicia azzurra e cravatta blu, i suoi capelli erano neri come l’ala di un corvo e i suoi occhi di un inquietante grigio cenere, freddi e distaccati.

- Sì, Maya, ti presento il signor Hijiri Karato, il nuovo Presidente della Daito Art Production - le rivelò godendosi il momento.

Lo sguardo di Hijiri cambiò all’istante, quando la raggiunse per salutarla.

- Benvenuta, signorina Kitajima - fece un lieve inchino e le sorrise arrossendo lievemente. Saeko li guardò entrambi cercando di mantenere un contegno professionale. Povera Maya… si vede chiaro e tondo che si aspettava di incontrare il signor Masumi!

- Si-Signor Hijiri… - balbettò - Co-Complimenti - riuscì a dirgli continuando a tenere gli occhi spalancati fissi su di lui. Il signor Hayami non è qui… perché ha lasciato la Daito a lui…? Perché mi ha mandato quell’invito? Cosa succede?

Karato scoppiò a ridere e si portò una mano fra i capelli, imbarazzato.

- Se era venuta per il signor Hayami, mi dispiace ma non lo troverà qui - la informò, dispiaciuto. Maya scosse vigorosamente, negando chiaramente l’evidenza. Mizuki cercò di restare seria e le mise un braccio intorno alle spalle.

- Suvvia, signor Hijiri, non metta in imbarazzo la nostra piccola stella - suggerì pacatamente mostrando una spiccata confidenza con il nuovo Presidente. Maya passò lo sguardo da uno all’altra, domandandosi se stessero complottando contro di lei.

- Vieni, Maya, ti riporto a casa - le mormorò con voce sicura.

- Vi chiamo una macchina - disse serio Hijiri avvicinandosi alla scrivania della segretaria e chiamando il garage del piano interrato. Maya lo fissò stranita, aveva un atteggiamento completamente diverso dal signor Hayami, però, quando era uscito dall’ufficio, il suo sguardo era concentrato e gelido.

Dopo pochi minuti erano per strada e tutto procedeva perfettamente. Mizuki osservò il profilo deluso della ragazza seduta accanto a lei e sorrise lievemente.

- Eri venuta per lui? - la interrogò con dolcezza.

Maya chiuse gli occhi e annuì, mentire alla signorina Mizuki era impensabile, avrebbe capito comunque.

- Ti manca? - chiese ancora, impietosa.

- Sì - sussurrò appena Maya, imbarazzata.

- Dopo la morte di suo padre, ci sono stati dei problemi con il Consiglio di Amministrazione della Daito Art e ha dovuto lottare per sistemare le cose. Gli è occorso un mese per mettere tutti d’accordo, ma alla fine ce l’ha fatta - raccontò mentre Maya si girava a guardarla, improvvisamente incuriosita.

- Perché il signor Hijiri è…? - le sembrava così strano che fosse al suo posto, per lei il signor Hayami, fin da quando aveva solo 13 anni, era il Presidente della Daito Art Production, il cinico uomo d’affari che voleva strappare i diritti alla signora Tsukikage e che usava qualsiasi scorrettezza pur di ottenere ciò che voleva.

- Ho pensato anche io, molto, alla stessa domanda che ti stai ponendo e sinceramente non lo so - le rispose candidamente - Forse perché è un suo amico d’infanzia, mi sembra. L’unica cosa di cui sono certa è che quell’uomo dagli occhi grigi non esisteva, il suo stato sociale era stato annullato per qualche motivo, ma il signor Masumi ha fatto di tutto per poterlo riabilitare e, quando gli ha proposto la Presidenza della Daito, si è scatenato un altro inferno -

Maya la fissò stupita, era colpita da ciò che aveva fatto per il signor Hijiri e le venne spontaneo pensare al contratto che aveva firmato con la signora e che lui aveva fatto redigere. Sembrano non interessargli più i diritti… ha lasciato anche la presidenza della sua azienda…

- Anche tu sei stata molto occupata - le fece notare riscuotendola dalle sue riflessioni. Maya annuì e tornò a tormentarsi le mani.

- Sono così tesa… sono stanca, le prove sembrano non finire mai… - si lamentò sommessamente, vergognandosi per quel suo atteggiamento poco professionale.

La macchina si fermò e Mizuki scese, facendole cenno di seguirla. Lo fece passivamente, senza rendersi conto di dove fosse.

- Vieni, facciamo due passi - le propose la segretaria, percorrendo un marciapiede e svoltando in una via minore. Maya la seguì in silenzio, era sicura di essere nei pressi del parco Asahi, ma non era certa, non conosceva bene quella parte della città.

- Sai, Maya? - riprese Mizuki dopo una pausa - Ci sono dei momenti, nella vita, in cui si deve tirare un bel sospiro e smettere di pensare a tutto -

- Cosa significa? - le domandò, seguendola verso un edificio bianco.

- Lo ami? - chiese all’improvviso fermandosi davanti ad una delle finestre e Maya la fissò meravigliata.

- Sì - annuì arrossendo.

- Anche lui ti ama, profondamente - le disse indicando la finestra e facendola fremere d’emozione.

Maya guardò attraverso e rimase scioccata.

Il signor Hayami stava suonando il pianoforte, l’espressione concentrata e rapita.

- Ora sta a te, Maya, scegliere cosa fare - le dette un bacio lieve sulla guancia e la lasciò. Quando, mesi prima, aveva scoperto cosa facesse in quelle ore che aveva occupato durante la giornata, era sicura che quell’informazione le sarebbe tornata utile. Sorrise e scoccò un’ultima occhiata a quella ragazzina, che ormai ragazzina non era più, salire le scale dell’edificio.

Ha deciso.



Maya si tolse il cappotto e se lo mise al braccio insieme alla borsa. Entrò e percorse il corridoio finché non le giunse all’orecchio una melodia che ricordava perfettamente: gliel’aveva sentita suonare una volta quando era andato a trovarla alla villa di Ayumi durante Le due regine. È la Träumerei di Schumann!

Si fermò in mezzo al corridoio, ricordò una cena in un fast food e ciò che gli disse quella sera tornò prepotente a galla: “dovrebbe riprendere a suonare il pianoforte. Le sue mani sono perfette per quello strumento.”

Ha ripreso davvero a suonare il pianoforte…!

Raggiunse la porta e la scostò piano, per non disturbarlo. La musica lieve permeava l’aria e le sue dita danzavano sui tasti come ballerine. Il suo cuore sembrava battere all’unisono con il tempo di quella melodia, quel sentimento che aveva tenuto dentro in quei due mesi scaturì tutto insieme, facendole uscire un singhiozzo strozzato proprio sull’ultima nota.

Masumi si voltò di scatto, incontrando i suoi occhi lucidi e sorpresi.

- Maya… - sussurrò, forse più meravigliato di lei, l’emozione che saliva alle stelle. Era così tanto che non la vedeva, era stato sommerso dal lavoro e non aveva avuto, o forse voluto, tempo per incontrarla.

Lei cancellò ogni suo pensiero appena incrociò i suoi occhi azzurri. Gli corse incontro, lasciando cadere il cappotto e la borsa, con in mente solo lui e il sentimento che le stava strappando il cuore. Masumi rimase seduto sul panchetto, non ebbe il tempo neanche di alzarsi, allargò le braccia e l’accolse stringendola forte a sé.

Entrambi restarono in silenzio, stretti l’uno all’altra, il respiro trattenuto, gli occhi chiusi, il volto affondato nel collo dell’altro.

- Mi sei mancato tanto - sussurrò tutto d’un fiato e lasciando che il cuore volasse alto, dimenticando del tutto, per la prima volta, la forma di rispetto che gli aveva sempre riconosciuto.

- Anche tu, Maya, anche tu - rispose Masumi con lo stesso ardore, affondando il viso nei suoi capelli sottili come seta. Quando la udì rivolgergli quelle parole così sentite e finalmente prive di distacco, gioì immensamente, stringendola ancor più a sé.

- Scusa… io… - balbettò imbarazzata continuando a tenergli le braccia intorno al collo - Io… -

Masumi non la lasciò finire, le prese il volto fra le mani e la baciò con un’urgenza che riscontrò anche in lei, nelle sue mani che gli afferrarono la camicia, nelle labbra dolci che l’accolsero immediatamente. Maya… Maya…

Si abbandonarono a quell’unione fremente, scordando il mondo intorno a loro, persi in quell’amore infinito che li legava, malgrado età, aspetto, rango. Restarono abbracciati a lungo, nel silenzio della scuola di musica, finché Maya sentì la sua voce, un sussurro lieve vicino all’orecchio.

- Guarda, Maya, nevica - lei si voltò, restandogli accanto, e spalancò gli occhi per la meraviglia.

- Ti va di fare due passi? - le chiese dolcemente. Maya annuì sorridendo, colma di una felicità che non credeva fosse raggiungibile.

Raccolse le sue cose, si infilarono i cappotti e uscirono in quella fredda notte, uno accanto all’altra. Sollevarono entrambi il volto al cielo facendosi colpire dai leggeri fiocchi di neve. All’improvviso lei si fermò e Masumi si girò a guardarla. Frugava nella borsa e ne tirò fuori un ombrello, arrossendo lievemente. Lo aprì e arrossì ancora di più.

Masumi alzò un sopracciglio e prese il manico coprendo entrambi.

- L’ombrello con le fragole… - sussurrò ricordando un’altra passeggiata sotto la neve di molto tempo prima.

- Ti ricordi… - mormorò Maya sollevando lo sguardo.

- Sì, mi ricordo - annuì lui imboccando la strada principale il cui ampio marciapiede era affollato di gente che scappava verso casa.

Nonostante il traffico e la confusione, camminavano fianco a fianco, in silenzio, gioendo per quel momento di condivisione insieme. Masumi sentì la piccola mano insinuarsi nella sua e intrecciare le dita. La guardò stupito, era imbarazzata e guardava in basso. Lui gliela strinse sorridendo e continuò a camminare.

- Guarda! - esclamò Maya all’improvviso indicando dall’altra parte della strada - Una pasticceria! - iniziò a correre, tenendolo per mano, verso il passaggio pedonale. Maya si lanciò proprio quando il semaforo dell’attraversamento divenne verde. In un attimo erano dall’altra parte e Masumi si fermò trattenendola a sé.

Osservò le strisce bianche e l’omino che brillava di verde, con un’emozione incredibile che gli riempiva il cuore.

- Che succede? - chiese lei in apprensione. Lui si voltò a guardarla sorridendole e ricordando l’esito completamente diverso che aveva avuto la precedente passeggiata.

- Niente, Maya, andiamo - la rassicurò stringendole la mano.

Signorina Mizuki… aveva ragione anche questa volta… il semaforo non sarebbe rimasto rosso per sempre...



La Dea Scarlatta del 2 gennaio fu un successo immenso, che gratificò regista e attori, e fece guadagnare molti soldi all’Associazione Nazionale. Il Presidente Yamagishi espresse tutta la sua gratitudine allo staff e alla signora Tsukikage che avevano profuso i loro sforzi perché lo spettacolo fosse indimenticabile.

Come aveva immaginato Eisuke Hayami, Maya, sotto la guida della signora, esplose in tutta la sua bravura, diventando un’Akoya splendida e una Dea Scarlatta ultraterrena, costringendo l’organizzazione a prolungare la messa in scena di un ulteriore mese, fino alla fine di febbraio.

Durante il mese dell’hanami, Maya e Sakurakoji furono impegnati nelle interviste e nella partecipazione a programmi televisivi e radiofonici, senza avere un momento libero.

Un pomeriggio della fine di marzo, Maya aspettava Rei presso una caffetteria con l’intento di trascorrere un po’ di tempo insieme. L’amica era già impegnata in un nuovo progetto ed era molto occupata.

Appena la commessa la fece sedere ed ebbe ordinato un tè in attesa di Rei, venne avvicinata da una coppia di signori che le sembrava di conoscere.

- Buonasera, signorina Kitajima - esordì quello più attempato, con un tono mellifluo. Lei sbatté gli occhi più volte cercando di ricordare chi fossero, senza però riuscirci.

- Buonasera - ricambiò cordiale e i due si sedettero senza neanche chiedere.

- Volevamo farle i nostri più sentiti complimenti per la sua stupefacente interpretazione della Dea Scarlatta - sorrise quello più giovane.

- Grazie, siete gentili - ringraziò lei, con un lieve cenno del capo.

- Ecco, ci domandavano se per caso le interessasse, ora che ha terminato questo immane impegno, una partecipazione, con ruolo da protagonista, si intende, per uno spettacolo delle Produzioni Tanaka... -

Maya li fissò sbalordita, ma non ebbe neppure il tempo di ribattere, che una profonda voce si intromise.

- No -

Tutti e tre si voltarono e i due uomini sbiancarono visibilmente. Maya rimase a bocca aperta. Masumi si ergeva a fianco del tavolino, imponendo la sua presenza, l’usuale impermeabile che amava tanto copriva un perfetto completo blu, camicia bianca e cravatta azzurra. Come i suoi occhi…

- Signor Hayami - lo salutò ossequiosamente quello giovane, seguito dall’altro - Con tutto il rispetto, non credo che possa rispondere per la signorina… - ma l’occhiata gelida che Masumi  gli rifilò lo fece zittire all’istante.

- Essendo il suo manager, ho più che diritto - si sporse minacciosamente in avanti - Ho il dovere di proteggerla da gente come voi - sibilò con occhi infuocati. I due si scusarono malamente e se la dettero a gambe levate.

Maya li guardò sconsolata e Masumi si sedette davanti a lei.

- Dovresti fare un comunicato stampa e dire a tutti la verità - gli fece notare lui, ma lei si voltò sorridendogli e facendolo struggere d’amore.

- Mi diverto di più a vedere l’effetto che fai sulla gente - ammise lei tirando fuori la lingua - Non ha prezzo! -

- Ti diverti alle mie spalle, ragazzina? - la interrogò corrugando la fronte: stare troppo a contatto con Kuronuma l’aveva resa una selvaggia, più di quanto non fosse già in precedenza.

- No, non mi permetterei mai - ammise lei schietta - In fondo sei il manager più temuto dell’intero Giappone e io sono solo l’ultima delle attrici che hai preso sotto la tua ala - sospirò, fintamente delusa.

- Sei stata la prima - borbottò Masumi fissandola interdetto.

Rei entrò e li vide battibeccare come al solito. Sorrise e si avvicinò, salutandoli con calore e unendosi a loro per quel tè pomeridiano.



Mizuki osservò l’agenda di quella giornata e constatò con un sospiro che era il 10 maggio. A breve sarebbe cominciata la stagione delle piogge accompagnata da un’umidità pazzesca. Se inizialmente aveva pensato che il suo lavoro sarebbe stato più semplice con l’arrivo del signor Hijiri, aveva fatto i conti nel modo sbagliato. Se prima era costretta a tenere l’agenda del Presidente della Daito Art Production, ora era costretta a tenerne due. Perché il signor Hayami aveva lasciato la Presidenza all’amico, ma parte della società era ancora sua e inoltre, essendo il manager di Maya Kitajima, aveva chiesto il suo supporto come segretaria. L’unica nota positiva era l’appropriata retribuzione che era riuscita a ottenere.

Sospirò e rispose all’interfono, dove il signor Hijiri le chiedeva gentilmente un caffè. Si alzò, lo preparò nella stanza accanto ed entrò nell’ufficio dopo aver bussato discretamente.

- Grazie, Mizuki, lo metta sulla scrivania - disse Hijiri senza alzare lo sguardo dal documento che stava leggendo. Dopo le prime settimane di confronto si era subito resa conto che quell’uomo era preparato quanto il signor Hayami, in fondo avevano fatto la stessa università ed erano cresciuti insieme. In breve la Daito aveva ripreso i suoi ritmi frenetici, esattamente come quando alla guida c’era Masumi Hayami.

Appoggiò il caffè, fece un lieve inchino e tornò verso la porta.

- Ah, Mizuki? - la fermò lui sempre scorrendo il documento - Questa sera manderò un’auto a prenderla, si vesta elegante, non è un incontro di lavoro - le comunicò con apparente freddezza.

Saeko lo fissò qualche istante, sorrise in modo misterioso e si inchinò di nuovo.

- Sì, signore - uscì e chiuse la porta.

Karato espirò e si appoggiò allo schienale della poltrona, le guance lievemente arrossate e il cuore che batteva a mille.

Il cellulare vibrò e lui controllò immediatamente l’email.

“Ha funzionato?”

Sorrise fra sé e digitò la risposta per Masumi.

“Sì, ha funzionato.”



*** *** ***


Il vento spirava lieve, muovendo dolcemente le tende bianche. Il silenzio imperava intorno a lei, non c’erano auto, né pubblicità fastidiose che gridavano i loro prodotti. Non c’era odore di smog, né quell’aria stagnante tipica delle grandi città. Si affacciò alla finestra e inspirò la brezza marina. Le onde si infrangevano sulla costa frastagliata della penisola di Izu, provenendo da chissà dove nel Pacifico.

Chissà quale forza le spinge fin qui? Forse Ryujin?

Sorrise del suo pensiero e incrociò le braccia sul davanzale della finestra appoggiandoci il mento. Un gruppo di gabbiani garriva intorno ad un peschereccio che si allontanava nel mare blu e il sole splendeva alto nel cielo in quel caldo marzo.

Rei si trovava ad Hokkaido, la Ondine l’aveva assunta quasi un anno dopo il suo successo con “Cime Tempestose”, dove aveva interpretato un meraviglioso Heathcliff. In breve era passata alla regia, scoprendosi capace e geniale, quasi quanto Kuronuma.

Il regista, aveva accettato davvero la proposta di Masumi di creare un’agenzia indipendente dai grandi giri dello spettacolo ed ora la gestiva col consueto pugno fermo, aiutato dall’intuito del suo Presidente. Continuava anche a fare il regista, scegliendo sempre spettacoli difficili e adattandoli come solo lui sapeva fare. Selezionava i suoi attori, i fornitori con cui realizzare musica e scenografie, i teatri in cui andare in scena. All’inizio la casta dello spettacolo aveva chiuso loro le porte, ma col tempo, il genio di Kuronuma aveva costretto tutti alla resa e ora i teatri e le grandi compagnie facevano a gara per averlo in cartellone. Chiaramente il regista non si era mai piegato ai rifiuti, optando anche per i palchi delle scuole, per i vecchi cinema, ben felici di affittare i loro spazi, arrivando addirittura a mettere in scena un suo adattamento della favola italiana “Pinocchio” in un minuscolo villaggio vicino Takayama dove gli spettatori si muovevano seguendo gli attori nelle varie “scene” invece di restarsene fermi sulle poltrone.

Dando corda al suo intuito, aveva scelto un giovane attore per interpretare il famoso burattino, scovato in una scuola di periferia durante le sue ricerche incessanti di un palcoscenico da usare.

- Kitajima, è proprio come te! - aveva urlato col suo vocione mettendola in imbarazzo davanti a tutti il giorno della prima. Anche l’attore dodicenne era arrossito fino alla radice dei capelli in mezzo a quei complimenti e le aveva ricordato davvero il suo modo di affrontare i personaggi in quell’interpretazione sentita. Quando il regista l’aveva insistentemente invitata allo spettacolo, non avrebbe mai creduto di assistere ad un adattamento così audace.

- Ha trascorso due settimane a casa di un falegname famoso, Kenji Matsumoto, convincendolo, non so come, della necessità di osservarlo mentre lavorava… - aveva aggiunto il regista fissando pensieroso il giovane che guardava a terra.

Quel ragazzo si chiamava Tetsuya Takahashi e all’epoca nessuno poteva immaginare chi sarebbe diventato sebbene, proprio come la signora Tsukikage, Kuronuma sembrava avere un fiuto particolare per scovare i talenti.

Saiaka e Mina si erano orientate sugli spettacoli per bambini. Il loro progetto aveva avuto una tale risonanza a livello nazionale, grazie anche ad una pubblicità strategica di Masumi, che, a seguito di un’intervista con un quotidiano di San Francisco, erano state “costrette” a trasferirsi per quasi un anno in California portando il loro spettacolo nelle scuole statunitensi.

Sakurakoji era, anche in quel momento, l’attore di punta della Ondine. Dopo la “Dea Scarlatta”, la sua popolarità era salita alle stelle, quasi come la sua, soprattutto per il pubblico femminile che aveva gradito particolarmente l’interpretazione di Isshin. Da quell’incredibile giorno dell’assegnazione dei ruoli, da quando gli aveva restituito il ciondolo, lui non aveva più accennato ai suoi sentimenti. I giornali di gossip gli attribuivano una storia la settimana, ma, grazie anche alla presenza di Rei alla Ondine, sapeva che lui non aveva la ragazza, tanto meno una fidanzata.

Nonostante il suo comportamento, aveva pensato spesso che parte di ciò che era avvenuto era stata anche colpa sua: non gli aveva mai dato una risposta certa, se ne era resa conto con l’andare avanti del tempo, e questo aveva generato una situazione anomala. L’ho sicuramente illuso col mio comportamento…

Ricordava ancora perfettamente la cena al ristorante e la decisione di indossare la collana col delfino. Sono stata una stupida…

Ayumi aveva sposato il suo fotografo due anni dopo la “Dea Scarlatta”, non aveva più riacquistato la vista, ma, a suo parere, aveva acquisito molte altre caratteristiche. Non aveva perduto niente della sua determinazione, né del piglio deciso che le inarcava le sopracciglia quando qualcosa non le andava a genio. Peter Hamil doveva averla compresa perfettamente, probabilmente era davvero la sua anima gemella, perché nelle volte in cui li aveva visti, le ricordavano esattamente lei e Masumi. Battibeccavano di continuo e di solito lei vinceva e lui capitolava. Ma la cecità le aveva donato una sensibilità e una dolcezza che prima erano assenti. La voglia di emergere dall’ombra dei genitori famosi l’aveva corrosa troppo profondamente e l’altra vista, donata dall’assenza di quella principale, aveva nutrito e fatto crescere la sua parte più amabile e amichevole, facendole abbandonare quella altezzosa e snob, retaggio della sua infanzia.

In quel momento si trovava in Inghilterra, probabilmente uno dei luoghi che preferiva dato che ci era tornata più volte, e di sicuro una delle nazioni in cui era più conosciuta e apprezzata. Se non eri al corrente della sua disabilità, era davvero difficile capire che non ci vedesse. Aveva sviluppato esponenzialmente gli altri sensi e questo le permetteva comunque di recitare alla perfezione e di relazionarsi con gli altri.

La signora Tsukikage, terminato il lavoro sulla “Dea Scarlatta” e tutte le repliche che erano seguite, si era ritirata a Nara, nello stesso tempio che aveva accolto Ayumi e lei durante le dure prove a cui le aveva sottoposte per il ruolo di Akoya.

Era morta nel mese di aprile dello stesso anno, mentre i susini erano completamente in fiore. Genzo era rimasto nel tempio, unica proprietà della signora che per testamento era stata destinata a lui. Andava a trovarlo spesso, adorava quei boschi, il silenzio, il contatto con la natura, i suoni, i profumi. Ogni cosa le ricordava il mese che vi aveva trascorso e tutto ciò che era avvenuto lì.

Quando la sensei se ne era andata, lei si era sentita amputata di una parte fondamentale: era sempre stata la sua guida, il suo faro nella notte, la candela che faceva luce nella stanza. Quando aveva avuto qualche dubbio sulle sue interpretazioni, era corsa da lei, quando si era innamorata e non riusciva a capire quel sentimento, si era rifugiata nei suoi consigli, quando si era sentita abbandonata da quell’amore appena scoperto e incapace di capire le anime gemelle, aveva trovato nella sua voce un caldo conforto.

Si era sentita smarrita, sola, angosciata, finché Masumi, con la sua invidiabile praticità, le aveva consigliato di vedere il bicchiere mezzo pieno, considerando tutto ciò che le aveva dato e non ciò che era andato perduto. E lei lo aveva preso alla lettera, passando giorni a raccontargli quello che era accaduto negli anni: discussioni, aneddoti, le prove a cui l’aveva sottoposta, la durezza del suo comportamento, che aveva contribuito a farla crescere. Ma anche i momenti di estrema dolcezza che aveva avuto, le paure, il coraggio, la determinazione e, soprattutto, il suo talento innato di attrice.

Sorrise a quei ricordi, distese le braccia in avanti, stirandosi come un gatto e sbadigliò. Prese in mano i documenti che erano sulla scrivania e scese al piano di sotto. Qualcuno trafficava in cucina, forse la signora Satō, ma lei la ignorò e sgattaiolò sulla terrazza che le piaceva tanto. Abbandonò la cartellina sul tavolino e si appoggiò alla balaustra, lasciando che il vento filtrasse fra i suoi capelli.

Amava tutto, di quel posto: i suoni della natura, il mare, l’alba incredibile che sorgeva dal Pacifico, i ciliegi del giardino, che in quel momento esplodevano, pieni di fiori. A differenza di altre case della zona, quella aveva una scalinata che portava ad una spiaggia privata che Masumi aveva mantenuto esattamente come la natura l’aveva creata. Non c’erano strutture, né abbellimenti, solo sabbia, mare e un gruppo di pini giapponesi che profumavano tantissimo. Sospirò rimirando l’oceano e ripensò all’incontro che aveva avuto con Karato. Distese la mano sinistra e osservò l’anello che brillava nel sole. Arrossì e nascose la mano coprendola con l’altra, mentre un’emozione intensa la sconvolgeva.

Solo una settimana prima, Hijiri aveva voluto incontrarla e le aveva raccontato tutto: si era dichiarato, le aveva confidato i sentimenti che erano nati nel tempo, di ciò che provava per lei anche in quel momento e che avrebbe sempre provato. Lei si era sentita completamente annientata da quella rivelazione, non aveva compreso ciò che provasse per lei, non aveva capito che si era innamorato a tal punto da rinunciare anche ad un banale tentativo quando aveva compreso l’amore che la legava a Masumi Hayami. Pur di far felice il suo migliore amico, aveva sofferto in silenzio.

Lei era rimasta scioccata alle sue prime parole, il cuore che batteva follemente, al pensiero di ciò che aveva fatto, di quanto probabilmente avesse sofferto a causa di quella condizione. All’ultima rappresentazione della “Dea Scarlatta”, c’era stato l’ultimo mazzo di rose. Non era più necessario fingere per i giornalisti, la sua storia con l’ammiratore, nata la sera dell’assegnazione dei ruoli, si era andata affievolendo col tempo, proprio come aveva intuito Eisuke Hayami. Il modo in cui si era presentato in quel salone, l’abito completamente bianco, gli occhi verdi come smeraldi, i capelli castani, avevano completamente distolto l’attenzione dei media e quando era diventato il Presidente della Daito Art Production, riprendendo il suo aspetto, nessuno avrebbe potuto scambiarlo per quell’ammiratore. Aveva scoperto che l’aveva protetta per anni, senza farsi vedere, senza ricevere mai un grazie da parte sua. Ma lui aveva proseguito e anche ora, ne era certa, svolgeva quella mansione di sorveglianza.

La sua dichiarazione aveva uno scopo. Probabilmente si era liberato di un peso che gli gravava sull’anima, perché proprio in quel momento stava chiedendo a Mizuki Saeko di sposarlo. Arrossì al ricordo delle sue bellissime parole che avrebbe portato per sempre celate nel cuore, non era necessario che Masumi venisse a conoscenza dell’esatto tenore del loro incontro.

- Esistono molti tipi di amore e tutti hanno un tempo, alcuni sono destinati a terminare, altri a durare in eterno - aveva esordito fissandola coi suoi occhi grigi - Ciò che io provo per te non potrà mai cambiare, perché è radicato in profondità dentro di me - le aveva rivelato candidamente e lei era arrossita - Sono, però, un uomo pratico, e mi rendo conto quando una battaglia è persa - le aveva sorriso in modo così disarmante da annullare qualsiasi sua possibilità di replica - Con mia meraviglia, e non sono facile allo stupore, ho scoperto di poter donare la mia anima ad un’altra persona. È stato un processo lento, mi è occorso del tempo per capire cosa mi stesse accadendo realmente - lei l’aveva guardato con occhi spalancati, mentre lui aggrottava la fronte pensieroso rievocando quei momenti - Incredibilmente i ruoli si sono invertiti, e, se fui io a spronarlo perché si rivelasse con te, è stato Masumi, adesso, a mettermi con le spalle al muro e a farmi capire che ero innamorato di Saeko -

In quel momento aveva capito ogni cosa. Karato aveva parlato ancora a lungo e lei era rimasta volentieri ad ascoltarlo. Una sorta di confessione liberatoria, in cui sembrava giustificarsi del fatto che avrebbe amato un’altra donna e non più lei. Lo aveva abbracciato, alla fine, felice e piangente, perché la signorina Mizuki era perfetta per lui e lui l’uomo adatto a lei.

Sollevò di nuovo la mano e ripensò al giorno in cui il suo ammiratore, quello vero, aveva chiesto a lei di sposarla. Era avvenuto quattro anni prima, il giorno di Natale dell’anno della “Dea Scarlatta”, in quella villa a Izu, mentre un’alba stupenda infiammava l’oceano. Arrossì e nascose di nuovo la mano al ricordo di quei momenti.

Quel giorno la sua prospettiva delle cose cambiò radicalmente. Inaspettatamente l’aveva portata lì, narrandole di come quella villa sul mare fosse stata il suo rifugio, proprio come le aveva detto sull’Astoria. Poi, esattamente su quella terrazza, l’aveva stretta a sé e con voce carica di sentimento che l’aveva fatta sciogliere, le aveva chiesto di sposarlo. Ricordava distintamente di essersi sentita annullata, persa in quella richiesta d’amore futuro da non riuscire a spiccicare parola. Aveva sussurrato un “sì” tremolante e lui le aveva cinto il dito con quel bellissimo anello.

La promessa che si erano scambiati si era concretizzata due anni dopo. Quella dimora a Izu e il bellissimo giardino erano stati il palcoscenico per il loro matrimonio, attorniati da tutte le persone che gli volevano bene.

Fissò il sottile cerchio dorato accanto all’anello di fidanzamento che l’aveva catapultata in un nuovo mondo, fatto di altre responsabilità e, soprattutto, di felicità. La sera di quel giorno, stanca e con la testa ancora fra le nuvole per il meraviglioso sogno che si era avverato, era rimasta nel grande bagno a lungo, godendo dell’acqua bollente nell’ampia vasca che le aveva ricordato tanto l’onsen che aveva frequentato da bambina. L’idea di quello che sarebbe accaduto di lì a poco nella stanza di fianco l’aveva resa nervosa, nonostante non fosse la prima volta che trascorrevano la notte insieme.

Quando era entrata in camera, titubante e imbarazzata, avvolta in un telo bianco, un profumo intenso l’aveva riempita d’emozione, rendendosi conto che un manto di petali scarlatti copriva il pavimento. Solo la luce della luna entrava dalle grandi finestre aperte, le tende bianche svolazzavano spinte dalla brezza di primavera. Immobile, in mezzo alla stanza c’era lui, la cui sagoma era illuminata per metà. Ogni timore era svanito nell’istante in cui aveva visto il suo sorriso e le sue braccia si erano aperte.

Quando si erano rilasciati dall’abbraccio aveva sentito le sue mani intorno al collo e quando le aveva staccate, si era resa conto di indossare la collana con la rosa che le aveva messo sull’Astoria. Era rimasta a bocca aperta, il cuore in tumulto, finché lui aveva fatto scivolare nella mano i due orecchini.

- Li avevi… comprati? - aveva balbettato con un filo di voce.

- Sì - aveva risposto lui - Quell’alba sulla nave cambiasti la mia vita - le aveva confessato facendola tremare d’emozione.

Sorrise dolcemente al ricordo e spostò lo sguardo sui documenti che aveva appoggiato sul tavolino del terrazzo: era ora di portare la “Dea Scarlatta” in giro per il Giappone.

La porta principale della casa si aprì e si chiuse. Maya rimase immobile, guardando il mare e aspettando lui con il cuore che batteva frenetico.

Le sue braccia le cinsero la vita, avvicinandola a sé. Rabbrividì, come accadeva sempre da quell’abbraccio a Nagano. Appoggiò la testa al suo petto, abbandonandosi, e lui le sfiorò il collo con un bacio. Quel lieve tocco la fece tremare e Masumi non seppe resistere a quel cedimento, la girò tenendola fra le sue braccia e la baciò.

Esattamente come la prima volta, Maya si lasciò conquistare, appoggiò le mani al suo petto e afferrò la camicia, aggrappandosi. Ogni volta che lei lo toccava in quel modo spontaneo, Masumi perdeva parte della sua coscienza e la cosa veramente incredibile era che in quei quasi cinque anni, niente era cambiato, anzi, si era acuito ancora di più. Entrambi attendevano solo il momento di potersi incontrare la sera, o in qualsiasi altro posto la necessità richiedesse. Maya aveva scoperto con imbarazzo che Masumi otteneva sempre quello che voleva, non importava dove fossero, trovava un modo per poter passare del tempo da solo con lei. All’inizio quel forte senso di possesso che emanava l’aveva messa a disagio, poi invece aveva iniziato ad apprezzare anche quel suo modo di fare e si trovava ad attendere con impazienza il momento in cui l’avrebbe stretta fra le sue braccia e baciata di nuovo.

Neanche il loro modo di confrontarsi era cambiato: si punzecchiavano in continuazione, lui provava a darle degli ordini, lei si rifiutava e alla fine trovavano un compromesso. Ma questa volta vincerò io, caro ammiratore…

Lasciò che l’accarezzasse, le mani scivolarono aderendo al suo corpo, riempiendola di brividi da capo a piedi. Rispose al suo bacio con altrettanto ardore, le era mancato, stava tutta la settimana a Tokyo e tornava da lei il sabato sera.

- Sei tornato prima, oggi - sussurrò a fior di labbra perdendosi nei suoi occhi azzurri.

- Ti disp… - iniziò lui inarcando un sopracciglio, ma Maya non gli permise di continuare.

- No! - lo tirò per la camicia e si alzò sulla punta dei piedi, baciandolo di nuovo. Non riusciva mai a capacitarsi del perché, ogni volta che lo baciava, avesse delle sensazioni diverse. Era come se quello scambio d’anime reagisse in un modo nuovo alle loro emozioni. Mai avrebbe potuto immaginare che la costanza di Masumi, la sua pazienza e determinazione avrebbero fatto crollare tutte le sue insicurezze. Anche se aveva deciso di rispettare il patto con Eisuke Hayami, condividendolo in parte, Masumi aveva proseguito per la sua strada, fino a quel giorno di Natale, in cui le aveva chiesto di sposarlo e lei aveva capitolato di fronte all’evidenza.

Maya aveva quel modo incredibile e spontaneo di baciare, così, prima che l’istinto prendesse il sopravvento, mise fine a quell’unione d’anime e corpi.

- Hai fame? - sussurrò cercando di mantenere salda la voce. Non era certo usuale che un uomo della sua età e posizione balbettasse come un ragazzino al primo bacio. Maya annuì illuminandosi, ma quando lui si voltò, vide i documenti sul tavolino e si rabbuiò immediatamente.

- Abbiamo già parlato di questo - disse freddamente senza guardarla.

- No - ribadì Maya serena - TU hai parlato, io sono stata costretta ad ascoltarti - puntualizzò, le mani sui fianchi - Ho riflettuto su quello che mi hai detto, ma ho intenzione di iniziare comunque, non c’è un motivo valido per cui io debba fermarmi -

Masumi si girò a guardarla. Qualche anno prima, quello sguardo privo d’emozione l’avrebbe terrorizzata, ma adesso sapeva perfettamente che era una difesa e lei avrebbe profuso tutto l’impegno necessario per fargli capire che niente le avrebbe impedito di organizzare quella tournée.

- Un motivo valido? - sibilò Masumi tenendo a freno la rabbia. Si ostinava a non comprendere le ragioni ovvie e aveva capito da tempo che più le dava ordini, più lei faceva come voleva, quindi doveva usare una tattica diversa.

- Sì - annuì Maya - Sono tranquillamente in grado di recitare Akoya dopo gli insegnamenti della signora Tsukikage e anche se sono passati quattro anni, potrò riprendere senza alcun problema. E ci sarà Kuronuma - aggiunse, sicura del suo punto di vista.

- Sai benissimo che non dubito delle tue capacità artistiche - replicò lui gelido, fronteggiandola.

- Allora i tuoi investimenti saranno al sicuro - lo punse lei voltando di scatto la testa. Se c’era una cosa che Masumi sapeva gestire, erano i soldi. La compagnia indipendente fondata con Kuronuma aveva il bilancio in positivo dal primo anno di attività e da allora era cresciuto esponenzialmente. La scuola aveva già cambiato edificio due volte, andando in uno sempre più grande. Gli attori aumentavano, le iscrizioni anche, per non parlare degli investitori che volevano il regista a capo dei loro progetti.

- Smettila! - ringhiò Masumi stringendo i pugni - Sai che la compagnia non c’entra niente con tutto questo! - fece qualche passo avanti, minaccioso, ma Maya non si mosse, né apparve intimorita. Aveva ancora la capacità di irritarlo e ancora lo fronteggiava senza paura.

Lei alzò un sopracciglio, perplessa alla sua reazione. Era pronta a girare i tacchi e mollarlo lì, quando il suo sguardo cambiò.

- Voglio che resti qui, non devi andare - la supplicò lui, sinceramente afflitto, abbracciandola dolcemente.

Maya chiuse gli occhi, sospirando per quel contatto caldo e premuroso, ma doveva mettere in chiaro le cose subito, prima di perdere il coraggio. Si voltò uscendo dal suo abbraccio e afferrò la balaustra. Il peschereccio che aveva visto prima non si scorgeva più e anche i gabbiani erano spariti.

- Non c’è motivo per cui io debba stare segregata qui, non puoi incarcerarmi - sussurrò, sperando che si arrendesse e capisse i suoi sentimenti.

- Maya… - le sussurrò in un orecchio attirandola a sé. Lei si lasciò andare, chiudendo gli occhi.

Masumi le baciò il collo, inspirando il suo profumo. Fece scivolare le mani lungo i suoi fianchi, lentamente, immaginando perfettamente la pelle liscia sotto i vestiti. Nessun altro l’avrebbe mai avuta, nessuno l’avrebbe toccata in quel modo.

Proseguì quel percorso e la sentì sospirare. Reagiva sempre spontaneamente, infiammando ancora di più il suo desiderio. Allargò le mani e le distese sul ventre rotondo, godendo di ogni attimo di quell’esplorazione.

- Non sono malata, Masumi - mormorò con voce carica di aspettativa.

- No, non sei malata - replicò in un sussurro lieve pieno d’emozione - Ma non voglio che la madre di mio figlio se ne vada in giro per il Giappone a recitare - abbracciò con le dita la piccola pancia prominente, mentre la commozione gli chiudeva la gola. Se anni fa credevo che preoccuparmi per lei fosse una priorità, oggi pensare a loro mi fa impazzire…

- C’è ancora tanto tempo… - sospirò Maya appoggiando le mani sopra le sue e sorridendo dolcemente, i capelli che ricadevano in avanti - Lasciami recitare - aggiunse intrecciando le dita alle sue. Ogni volta che le passava le dita sulla pancia in quel modo, l’emozione era così forte da impedirle qualsiasi azione coerente.

- Recitare… - anche in quel momento pensava al teatro.

- Sì, interpreterò una nuova Dea! - gli confidò raggiante voltandosi e fissandolo con occhi brillanti.

Masumi la osservò, la maternità l’aveva resa ancora più bella, il suo sorriso aveva il potere di incantarlo e così avvenne anche in quel momento.

- Sì - capitolò infine, consapevole che era ciò che avrebbe dovuto dirle immediatamente. Maya s’illuminò letteralmente, riempiendolo di gioia. In fondo vivo per questo… per vederla sorridere...

- Grazie, mio ammiratore - ciò che vide nel suo sguardo cristallino le fornì la conferma, una volta di più, che era davvero la sua anima gemella.

Tornò a voltarsi verso il mare e Masumi la tenne stretta a sé, riportando le mani su quello scrigno che custodiva il tesoro più grande e frutto del loro amore.

- Riesci sempre ad avere la meglio su di me, ragazzina… - borbottò lui, fintamente arrabbiato. Lei ridacchiò lasciando che il cuore si colmasse di quel momento di estrema felicità.

Unì le mani alle sue, si appoggiò a lui e insieme guardarono il mare.




My fair lady

FINE.



Quei due, così come sono, sono reciprocamente necessari. Ecco, questo modo d’essere è l’amore.

Italo Calvino


Di occhi belli ne è pieno il mondo, ma di occhi che ti guardano con sincerità e amore ce ne sono pochi.

Bob Marley

   
 
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